Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16470 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16470 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/06/2025
NOME COGNOME -IRES 2011-20122013.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22716/2019 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro-tempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ex lege , -ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante protempore, rappresentata e difesa dal prof. avv. COGNOME NOME COGNOME e dalla prof. avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale in calce al controricorso,
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Piemonte n. 681/03/2019, depositata il 29 maggio 2019; udita la relazione della causa svolta nell’adunanza in camera di consiglio del 19 febbraio 2025 dal consigliere relatore dott. NOME COGNOME
– Rilevato che:
1. L a società RAGIONE_SOCIALE esercente l’attività di produzione, scambio e cessione di energia e/o calore tramite impianti di produzione e trasporto dell’energia realizzati in proprio o acquistati in proprietà mediante leasing, presentava, in data 13 marzo 2015, all’Agenzia delle Entrate Direzione provinciale di Cuneo, istanza di rimborso avente ad oggetto tutte le somme versate a titolo di IRES, per gli esercizi 2011, 2012 e 2013, pari rispettivamente ad € 47.568,90 per il 2011, € 68.173,58 per il 2012 ed € 78.473,25 per il 2013 (e quindi, complessivamente, per € 194.215,73), oltre interessi maturati e maturandi.
Deduce, in particolare, la società contribuente che aveva realizzato, nel corso dell’esercizio 2010, un investimento per la realizzazione di un impianto fotovoltaico avente numero identificativo 252609, ubicato nel comune di Sant’Albano di Stura (CN), en trato in funzione l’11 maggio 2011; a tale impianto era stata concessa la tariffa incentivante prevista dal Decreto Interministeriale del 19 febbraio 2007 (c.d. II Conto Energia), applicabile agli impianti entrati in funzione sino al 30 giugno 2011, in virtù della l. 13 agosto 2010, n. 129.
Tale investimento, inoltre, costituiva un investimento ambientale, ai sensi dell’art. 6, commi da 13 a 19, della l. 23 dicembre 2000, n. 388 (c.d. Tremonti Ambiente), e, stante la ritenuta cumulabilità dell’agevolazione fiscale in questione con la tariffa incentivante di cui al II° Conto Energia, tenuto conto della quota di investimento ambientale, da riportare in diminuzi one della base imponibile IRES dell’esercizio 2010, pari ad € 1.346.279,00, veniva determinato un risparmio d’imposta
di € 194.215,73, del quale veniva richiesto il rimborso ripartito negli anni successivi.
Formatosi il silenziodiniego sull’istanza di rimborso in questione, la società contribuente proponeva ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Cuneo la quale, con sentenza n. 90/01/2018, pronunciata il 4 dicembre 2017 e depositata in segreteria il 26 febbraio 2018, lo accoglieva, ordinando il rimborso richiesto.
Interposto gravame dall’Agenzia delle Entrate , la Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, con sentenza n. 681/03/2019, pronunciata il 13 maggio 2019 e depositata in segreteria il 29 maggio 2019, rigettava l’appello, condannando l’Ufficio alla rifusione delle spese di lite.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate , sulla base di cinque motivi (ricorso notificato il 10 luglio 2019).
Resiste con controricorso la TARAGIONE_SOCIALE
Con decreto del 2 dicembre 2024 è stata fissata per la discussione del ricorso dinanzi a questa sezione l’adunanza in camera di consiglio del 19 febbraio 2025, ai sensi degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1 c.p.c.
La controricorrente ha depositato memoria.
– Considerato che:
Il ricorso in esame, come si è detto, è affidato a cinque motivi.
1.1. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate eccepisce nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 c.p.c. e/o per omessa motivazione ex art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, num. 4), c.p.c.
1.2. Con il secondo motivo l’Ufficio deduce, invece, in via subordinata, violazione e falsa applicazione dell ‘art. 23, comma 11, d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. dalla l. 7 agosto 2012, n. 134, in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3), c.p.c.
Deduce, in particolare, con entrambi i motivi, che la C.T.R. aveva omesso di pronunciarsi in merito all’ eccezione secondo la quale non sarebbe stato possibile ammettere il riconoscimento dell’agevolazione in oggetto, in quanto la relativa opzione era stata manifestata dalla società solo con l’istanza di rimborso presentata nel marzo 2015, e dunque in epoca successiva alla data del 26 giugno 2012, indicata nella normativa suindicata come termine ultimo per la presentazione della domanda di agevolazione (a seguito dell’abrogazione dell’art. 6, commi 13 -19, della legge n. 388/2000, in forza dell’art. 23, comma 7, del d.l. n. 83/2012), ed aveva comunque omesso di motivare su un eventuale rigetto implicito; in via subordinata, ove si fosse voluto ravvisare nella sentenza impugnata una implicita pronuncia di rigetto, quest’ultima, ad avviso della ricorrente, sarebbe stata affetta da violazione dell’art. 23, comma 11, d.l. n. 83/2012, per avere riconosciuto una agevolazione pur in assenza di domanda pendente all a data dell’entrata in vigore del citato d.l. n. 83/2012, e cioè il 26 giugno 2012.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate deduce violazione e falsa applicazione dell ‘art. 6, commi 13 -19, della l. n. 388/2000, in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3), c.p.c.
Rileva, in particolare, che erroneamente la C.T.R. aveva ritenuto applicabile la c.d. ‘RAGIONE_SOCIALE Ambiente’ alla TA.VO.RAGIONE_SOCIALE, in quanto tale normativa si applicava per sostenere le imprese che intendessero effettuare investimenti in nuove opere, o ampliamento di opere esistenti funzionali all’esercizio dell’impresa, e quindi di imprese che intendessero valersi di energia prodotta da fonti rinnovabili allo scopo di rendere il proprio ciclo produttivo meno inquinante, mentre tale normativa non riguardava le imprese il cui oggetto sociale era proprio la produzione di energia, per le quali si applicavano, invece, le cc.dd. tariffe incentivanti.
1.4. Con il quarto motivo di ricorso si eccepisce violazione e falsa applicazione dell’art. 6, commi 13 -19, della l. n. 388/2000, in combinato disposto con il D.M. (Ministero Sviluppo Economico) 19 febbraio 2007 (II° conto energia), il D.M. 6 agosto 2010 (III° conto energia), art. 5, commi 1 e 4, e con l’art. 7 del d.l. 8 luglio 2010 n. 105, conv. dalla l. n. n. 129/2010 , in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3), c.p.c.
Rileva, in particolare, la ricorrente che la C.T.R. aveva errato nel ritenere cumulabile il regime agevolativo previsto dalla c.d. ‘RAGIONE_SOCIALE‘ con i regimi di tariffe incentivanti previsti dal c.d. III° conto energia, disciplinante la fattispecie di causa.
1.5. Con il quinto motivo di ricorso, infine, l’Agenzia delle Entrate eccepisce violazione e falsa applicazione dell’art. 84 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (testo unico delle imposte sui redditi), in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3), c.p.c.
Deduce, in particolare, che, in forza delle modifiche dell’art. 84 cit. intervenute con il d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv. dalla
15 luglio 2011, n. 111, le perdite pregresse erano utilizzabili in ciascun periodo d’imposta in misura non superiore all’80% del reddito imponibile, ed era quindi venuto meno il limite temporale quinquennale previsto dal sistema previgente.
Così delineati i motivi di ricorso, la Corte osserva quanto segue.
2.1. Deve essere esaminato preliminarmente, per il suo carattere pregiudiziale ed assorbente, il terzo motivo di ricorso, che è fondato.
Secondo la più recente giurisprudenza di questa Corte, le agevolazioni di cui alla c.d. ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ non si applicano alle imprese che hanno come oggetto sociale la produzione e commercializzazione di energia elettrica.
Già con Cass. 23 dicembre 2020, n. 29365 è stato evidenziato che, ai fini della spettanza di tale beneficio, occorre che l’investimento ( rectius : l’immobilizzazione immateriale con esso acquistata) sia necessario per prevenire, ridurre e riparare danni causati all’ambiente dall’attività dell’impresa che lo realizza, ma non i danni causati dall’attività di soggetti terzi.
Vero è che, con due pronunce dissonanti rispetto a tale principio (Cass. 14 ottobre 2022, n. 30225 e Cass. 29 dicembre 2022, n. 38043) si è invece ritenuto che dalla lettura dell’art. 6 cit. non è dato evincere che l’investimento ambientale, per essere meritevole della relativa agevolazione fiscale, debba essere destinato all’autoconsumo e non al mercato.
Il collegio ritiene tuttavia di condividere e intende dare continuità al principio espresso dalla menzionata ordinanza n.
29365/2020 – ribadito da Cass. 22 dicembre 2023, n. 35919, nonché da Cass. 23 agosto 2023, n. 25157 e da Cass. 29 maggio 2024, n. 15060 – precedenti che hanno chiarito l’effettiva portata precettiva della norma in conformità con il diritto Eurounitario.
Si è infatti osservato che la L. n. 388 del 2000, art. 6, comma 13 e il comma 15 stabiliscono, rispettivamente: “(l)a quota di reddito delle piccole e medie imprese destinata a investimenti ambientali, come definiti al comma 15, non concorre a formare il reddito imponibile ai fini delle imposte sul reddito” (comma 13); “(p)er investimento ambientale si intende il costo di acquisto delle immobilizzazioni materiali di cui all’art. 2424 c.c., comma 1, lett. 8), n. H, necessarie per prevenire, ridurre e riparare danni causati all’ambiente. Sono in ogni caso esclusi gli investimenti realizzati in attuazione di obblighi di legge. Gli investimenti ambientali vanno calcolati con l’approccio incrementale” (comma 15).
Dalle suddette disposizioni si evince che la concessione dell’agevolazione a favore della generalità delle imprese (piccole e medie) – e non, quindi, di altri soggetti che non esercitano attività di impresa -si fonda sull’implicito presupposto della dannosità per l’ambiente di tale attività, alla quale la stessa dannosità è inerente; pertanto, nel definire gli investimenti cui si applica l’agevolazione come quelli necessari per prevenire, ridurre e ripianare “danni causati all’ambiente”, il legislatore ha inteso fare riferimento ai danni all’ambiente inerenti all’attività dell’impresa investitrice, cioè ai danni causati da tale sua attività.
E’ stato quindi rilevato che l’accoglimento della tesi opposta comporterebbe che il beneficio in questione si tradurrebbe in un’agevolazione all’attività stessa delle imprese il cui oggetto è costituito da un’attività di prevenzione, riduzione e riparazione di danni causati all’ambiente da terzi – e i cui investimenti sono, perciò, strutturalmente diretti a prevenire, ridurre e riparare danni all’ambiente – esito che, oltre che contrastare con l’indicata intenzione del legislatore, sarebbe suscettibile di trasformare l’agevolazione in parola in un aiuto di Stato, in contrasto con gli artt. da 87 a 89 del Trattato CEE (e, successivamente, con gli artt. da 107 a 109 TFUE), stante il vantaggio che essa potrebbe comportare a favore del detto settore di imprese rispetto ai concorrenti di altri Paesi dell’Unione Europea, con la conseguente alterazione (o minaccia di alterazione) della concorrenza.
Invero, la diversità tra la situazione dell’impresa che realizzi un investimento diretto a prevenire, ridurre e riparare danni causati all’ambiente da terzi e la situazione dell’impresa che realizzi un investimento diretto a prevenire, ridurre e riparare danni causati all’ambiente dalla propria attività giustifica il fatto che, a fronte dell’acquisto di un’identica immobilizzazione materiale, il relativo costo non sia detassato nel primo caso e lo sia, invece, nel secondo.
Posto che le norme di agevolazione fiscale hanno carattere eccezionale e derogatorio e, come tali, sono di stretta interpretazione ( ex plurimis , Cass. 12 giugno 2020, n. 11337, Cass. 12 dicembre 2019, n. 32635; Cass. 10 maggio 2019, n. 12500), va poi ulteriormente osservato che la materia dell’imposizione tributaria fa parte del c.d. “nucleo duro” delle
prerogative della potestà pubblica, poiché la natura autoritativa del rapporto tra il contribuente e la collettività è predominante (Corte EDU, COGNOME c. Italia), laddove “le scelte in questa materia implicano normalmente una ponderazione di problemi politici, economici e sociali che la Convenzione lascia alla competenza degli stati firmatari, poiché le autorità interne sono evidentemente nella posizione di valutare meglio tali aspetti che non la Corte” (Corte EDU, COGNOME c. Italia).
Il motivo in scrutinio è dunque fondato avendo errato la C.T.R. nel ritenere che l’agevolazione spettasse anche a imprese di scopo, il cui unico oggetto è la produzione e la cessione a terzi di energia elettrica.
2.2. L’esclusione ab origine dell’applicazione dell’agevolazione alla società contribuente determina l’assorbimento de gli altri motivi di ricorso.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, costituendo circostanza pacifica l’attività svolta dalla società originaria ricorrente, la causa va decisa con il rigetto dell’originario ricorso.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza della controricorrente, secondo la liquidazione di cui al dispositivo.
Spese compensate per i gradi di merito.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario proposto dalla TA.RAGIONE_SOCIALE
Condanna la TARAGIONE_SOCIALE alla rifusione, in favore dell’Agenzia delle Entrate, delle spese del presente giudizio, che
si liquidano in € 5.600,00 per onorari, oltre spese prenotate a debito.
Compensa integralmente le spese di giudizio dei gradi di merito.
Così deciso in Roma, il 19 febbraio 2025.