Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16712 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16712 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/06/2025
Diniego di rimborso – IRES 2011
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7069/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, INDIRIZZO, è domiciliata ex lege.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentate pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocato NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso il suo studio sito in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. CALABRIA, n. 2920/2021, depositata il 10 settembre 2021.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 5 febbraio 2025 dal Consigliere dott.ssa NOME COGNOME
Letta la requisitoria scritta del Sostituto Procuratore Generale dott.ssa NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Rilevato che:
RAGIONE_SOCIALE in data 11 marzo 2016, presentava alla direzione provinciale di Cosenza istanza di rimborso relativa ad IRES per l’anno di imposta 2011, per l’importo di € 598.006,00, conseguente ad asserito erroneo versamento per gli anni di imposta 2011, 2012 e 2013. L’istanza di rimborso scaturiva dall’investimento, attuato nel corso dell’esercizio 2011 dalla società contribuente, consistente nell’acquisizione di cinque impianti fotovoltaici per cui aveva ottenuto l’accesso alla cosiddetta tariffa incentivante, disciplinata dal d.m. 19 febbraio 2009 (II conto Energia) e nel d.m. 6 agosto 2010 (III conto Energia). Nell’incertezza derivante dalla cumulabilità della tariffa incentivante con l’agevolazione introdotta dalla legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Tremonti ambiente), e solo a seguito del chiarimento pervenuto con la pubblicazione del d.m. 5 luglio 2012, la società chiedeva ad un tecnico specializzato di determinare la componente ambientale da portare in detassazione ai sensi dell’articolo 6, commi 13-19, legge 23 dicembre 2000, n. 388. A seguito della perizia, la società contribuente si orientava verso l’istanza di rimborso ex art. 38, d.P.r. 29 settembre 1973, n. 600.
A fronte del mancato riscontro da parte dell’Ufficio, la società notificava il ricorso avverso il silenzio rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso presentata.
La C.t.p. con sentenza n. 1124/2020, depositata il 25 febbraio 2020, rigettava il ricorso della società contribuente, confermando il diniego al rimborso IRES e stabilendo che la stessa non avesse dato adeguata dimostrazione della sussistenza di tutti i requisiti e del rispetto del limite di cumulabilità delle agevolazioni indicate.
Contro tale sentenza proponeva appello la società contribuente dinanzi alla RAGIONE_SOCIALE della Calabria; si costituiva l’Ufficio, chiedendo il rigetto dell’appello.
Con sentenza n. 2920/2021 depositata in data 10 settembre 2021, la C.t.r. adita accoglieva l’appello, ritenendo che la società
ricorrente, con la perizia di parte prodotta in primo grado, avesse fornito prova dei presupposti per ottenere il rimborso richiesto.
L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi mentre il contribuente ha resistito con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 5 febbraio 2025.
Considerato che:
Con il primo motivo, così rubricato «Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., nonché degli artt. 6, commi 16 e 17, legge 23 dicembre 2000 e art. 19 d.m. 5 luglio 2012 (art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ.)» l’Ufficio lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. non ha fatto buona applicazione del principio dell’onere della prova con riferimento a richieste di rimborso, ove incombe sulla contribuente l’onere di allegare e provare i fatti cui la legge ricollega il trattamento impositivo rivendicato, mentre le argomentazioni con cui l’Ufficio nega la sussistenza di detti fatti, o la qualificazione loro attribuita, costituiscono mere difese, non soggette ad alcuna preclusione processuale.
1.2. Con il secondo motivo, così rubricato «Violazione e falsa applicazione dell’art. 6, commi 15, 16 e 17 della legge 388/2000, nonché dell’art. 19 d.m. 5 luglio 2012 (art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ.)» l’Ufficio lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha riconosciuto l’agevolazione prevista dalla RAGIONE_SOCIALE, nonostante la contribuente non avesse proceduto alla rappresentazione degli investimenti ambientali in bilancio e, quindi, alla riapprovazione di quest’ultimo.
1.3. Con il terzo motivo, così rubricato «Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6, comma 17 della legge 388/2000 (art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ.)» l’Ufficio lamenta l’ error in
iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha inteso un obbligo di legge (quello alla effettuazione della comunicazione al MISE) a mera facoltà, senza che né la norma, né le disposizioni applicative dell’Agenzia delle Entrate consentissero tale opzione ermeneutica.
2. Il primo motivo è inammissibile.
Invero, la censura ivi contenuta si declina al di fuori dei canoni tradizionali della deduzione del vizio della violazione del riparto dell’onere probatorio di cui al 2697 cod civ. In particolare, la doglianza investe il fatto che la C.t.r. aveva affermato che la perizia versata in atti dal contribuente assumesse un valore centrale dichiarando che, mediante la stessa, il contribuente avesse dato prova dei presupposti per ottenere il rimborso richiesto. Nel ricorso si contesta la valutazione riguardo alla documentazione probatoria fornita dalla contribuente sostenendo che la CRAGIONE_SOCIALE aveva erroneamente valutato la perizia di parte, senza, tuttavia, specificare in che modo l’analisi del giudice fosse stata fallace. Vieppiù che la ricorrente avrebbe dovuto contestare un eventuale vizio di motivazione, asserendo un omesso esame di un fatto storico controverso e decisivo per il giudizio, piuttosto che una violazione di legge.
2.1. Vieppiù che la C.t.r. ha deciso di non confermare le ragioni difensive dell’Agenzia delle Entrate ritenendo che la contribuente avesse dimostrato correttamente i presupposti per l’agevolazione “RAGIONE_SOCIALE” e non risulta contestato l’ an dell’agevolazione, sia in ordine all’effettività dell’investimento sia con riferimento alla data 2010, e la C.t.r. ha fatto riferimento alla perizia di parte rilevandone la correttezza con riferimento alla determinazione del quantum con riferimento al calcolo secondo il c.d. approccio incrementale, calcolo che non risulta, peraltro, oggetto di specifica contestazione da parte dell’Ufficio. Ancora, nel corpo del motivo, si è del tutto obliterato la specificazione in ordine al fatto che la C.t.r.
avesse erroneamente valutato la documentazione prodotta in giudizio limitandosi l’Avvocatura dello Stato a dedurre che, trattandosi di richiesta di rimborso, fosse pacifico che dovesse essere onere di controparte produrre all’Ufficio la documentazione atta a dimostrare di avere adempiuto a quanto imposto dalla normativa di cui all’art. 6, commi da 13 a 19, della legge 388/2000 nonchè la regolarità della documentazione contabile sottostante.
2.2. Nella fattispecie in esame, la C.t.r., con una motivazione della quale si profila agevole scorgere l’iter logico giuridico sottostante, ha vagliato attentamente la documentazione depositata in atti ritenendo assolto l’onere probatorio posto a carico della contribuente.
Il secondo ed il terzo motivo di ricorso, da trattare congiuntamente per evidenti ragioni di connessione e stante l’affinità delle critiche sollevate, sono infondati.
Correttamente la C.t.r. ha ritenuto che non fosse necessaria la riapprovazione dei bilanci di esercizi; invero, l’art. 6, comma 16, della legge n. 380/2000 prevede semplicemente che le imprese interessate sono tenute a rappresentare nel bilancio di esercizio gli investimenti ambientali realizzati e non che i bilanci devono essere approvati.
3.1. Sul precipuo punto, la motivazione addotta appare esaustiva e dirimente laddove afferma che, come si evince da bilanci di esercizio 2010 e 2011, la società ha precisamente rappresentato ‘a bilancio’ l’investimento ambientale realizzato ed ha, inoltre, depositato con l’istanza del rimborso dal 2016 le fatture di acquisto degli impianti oltre ai contratti di leasing stipulati pertanto la società non aveva l’obbligo di riapprovare i bilanci. Anzi, la contribuente ha seguito la metodologia europea approvata per determinare i contributi agli investimenti in fonti rinnovabili e risparmio energetico, illustrando dettagliatamente i costi e i passaggi per la determinazione della componente ambientale e la
documentazione prodotta si profila adeguata è stata valutata e ritenuta sufficiente per soddisfare i requisiti
3.2. Ancora, assumono pregnante valenza i documenti di prassi dalla stessa Agenzia richiamati, con particolare riferimento alla risoluzione n. 58/E del 20 luglio 2016 dell’Agenzia delle Entrate circa la non necessità di riapprovazione in bilancio, nonché in relazione alla finalità statistica della comunicazione al MISE (in generale al riguardo Cass. sez. trib. 19.12.2022, n. 37152; Cass. sez. trib. 29.5.2024, n. 15060).
Quindi, contrariamente all’assunto dell’Agenzia, la comunicazione dell’investimento al MISE nei termini previsti non costituiva un requisito essenziale per accedere all’incentivazione della Tremonti Ambiente, non potendosi e dovendosi condividere la tesi che la comunicazione rivestiva carattere statistico atteso che le cause di decadenza dai benefici fiscali sono specifiche e non possono essere estese analogicamente.
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono il criterio della soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura generale, non si applica l’art. 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in € 10. 2 00,00, oltre ad € 200,00 per esborsi, rimborso forfettario nella misura del 15 % oltre ad IVA e c.p.a. come per legge.
Così deciso in Roma il 5 febbraio 2025.