Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 28336 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 28336 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13577/2019 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore AVV_NOTAIO pro tempore, ex lege domiciliata in INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE DELLO RAGIONE_SOCIALE (P_IVAP_IVA che la rappresenta e difende
-resistente- avverso SENTENZA di COMM. TRIB. REG. VENEZIA n. 1189/2018 depositata il 26/10/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/10/2025 dal Co: COGNOME NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La contribuente società RAGIONE_SOCIALE ha fatto investimento per circa dodici milioni e mezzo di euro nella realizzazione di un impianto fotovoltaico, installato sulla copertura
del mercato agroalimentare di Padova, avvalendosi della detassazione prevista dall’art. 6, commi 13 -19, della l. n. 388/2000, apportando variazione del reddito in diminuzione sul Modello Unico 2011, relativo all’anno di imposta 2010, periodo in cui è stato realizzato l’impianto.
Con atto impositivo l’RAGIONE_SOCIALE delle entrate contestava i criteri e le modalità di calcolo della predetta variazione in diminuzione, rideterminandola in €. 3.889.667,49, rispetto agli originari €. 7.183.029,00.
Nello specifico, veniva contestato alla contribuente di aver indebitamente sottostimato l’ammontare dei benefici ovvero dei ricavi operativi derivanti dall’utilizzazione dell’impianto (che operano in senso diminutivo della detassazione), in particolare l’i mporto corrisposto a titolo di tariffa incentivante dal GSE. Veniva altresì contestata la deduzione dall’ammontare dei ricavi operativi dell’importo delle quote di ammortamento dei primi cinque anni di vita, guardando non correttamente al quinquennio al quale riferire i costi-profitti operativi, cioè il 2010-2014, anziché il 2011-2015, sul presupposto che l’impianto, realizzato nel 2010, fosse entrato in funzione nel 2011.
Spiccava ricorso la società contribuente, contestando i criteri di ricalcolo utilizzati dall’Ufficio, ma i gradi di merito esitavano in rigetto delle ragioni di parte privata, che ricorre per cassazione affidandosi ad otto articolati motivi, mentre l’AVV_NOTAIO dello Stato si è riservata di spiegare difese in udienza.
CONSIDERATO
Vengono proposti otto articolati motivi di ricorso.
1.1. Con il primo motivo si prospetta censura ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4 del codice di procedura civile per nullità della sentenza in relazione agli articoli 36 e 61 del d.lgs. n. 546/1992, dell’art. 132, secondo comma, n. 4 del medesimo codice
di rito civile, nonché dell’art. 118 delle relative disposizioni di attuazione.
Nella sostanza si lamenta motivazione mancante, illogica, parvente e non intelleggibile in ordine alla supposta lacunosità dell’art. 6 della l. n. 388/2000 e alla non applicabilità del Regolamento CE n. 800/2008.
1.2. Con il secondo motivo si prospetta censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 3 del codice di procedura civile per violazione dell’articolo 132, secondo comma, numero 4 del medesimo codice per nullità della sentenza affetta da motivazione per relationem senza autonoma valutazione critica ed incompatibilità logico giuridica del richiamo operato ad altra sentenza.
1.3. Con il terzo motivo si prospetta censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 3 del codice di procedura civile per violazione o falsa applicazione dell’articolo 6 della legge numero 388 del 2000.
Nello specifico il collegio di appello non avrebbe applicato la regola secondo cui l’importo della detassazione ambientale è pari al sovraccosto dell’investimento ambientale rispetto all’investimento tradizionale.
1.4. Con il quarto motivo si profila censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 3 del codice di procedura civile la violazione falsa applicazione sotto altro profilo dell’articolo 6 della legge numero 388 del 2000.
Nel concreto si lamenta errata la pretesa di ritenere lacunosa la normativa interna e di integrarla mediante rinvio alle direttive comunitarie. L’articolo 6 della legge precitata non prevede lo scomputo dei costi ammissibili dei vantaggi derivanti dall’investimento ambientale.
1.5. Con il quinto motivo si prospetta censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 3 del codice di procedura civile per violazione falsa applicazione del combinato disposto del
Regolamento CE numero 800/2008 e dell’articolo 6 della legge numero 388 del 2000.
Nello specifico si afferma che la normativa comunitaria, in linea con quella nazionale, prevede espressamente che i costi ammissibili debbano essere considerati senza scomputare i vantaggi derivanti dall’investimento ambientale.
1.6. Con il sesto motivo si prospetta censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 3 del codice di procedura civile per violazione o falsa applicazione del combinato disposto del Regolamento CE n. 800/2008 e dell’articolo 6 della legge numero 388 del 2000.
Più precisamente, si afferma che la sentenza impugnata trovi fondamento sulle regole contenute nella prassi amministrativa in contrasto con la volontà del legislatore.
1.7. Con il settimo motivo si prospetta censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 3 del codice di procedura civile per violazione o falsa applicazione dell’articolo 6 della legge numero 388 del 2000 e della disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato per l’ambiente.
Nella sostanza si afferma errato computare i profitti e i costi operativi dei primi sei anni di vita dell’investimento ambientale.
1.8. Con l’ottavo e ultimo motivo si prospetta censura ai sensi dell’articolo 360, primo comma, numero 3 del codice di procedura civile per violazione e falsa applicazione dell’articolo 6 della legge numero 388 del 2000 e della disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato per l’ambiente.
Nel concreto si afferma errato escludere gli ammortamenti del computo dei profitti e dei costi operativi.
Vanno primieramente esaminati i primi due motivi che attengono alla struttura e alla congruità della motivazione della sentenza in oggetto.
Essi sono infondati.
2.1. L’orientamento di questa Suprema Corte di legittimità si è affinato, in conseguenza delle novellazioni codicistiche, nel ritenere residuale l’ipotesi della censura per motivazione apparente.
Deve premettersi che è ormai principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte l’affermazione secondo la quale (Cass. VI- 5, n. 9105/2017) ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento. In tali casi la sentenza resta sprovvista in concreto del c.d. “minimo costituzionale” di cui alla nota pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. S.U, n. 8053/2014, seguita da Cass. VI – 5, n. 5209/2018).
In termini si veda anche quanto stabilito in altro caso (Cass. Sez. L, Sentenza n. 161 del 08/01/2009) nel quale questa Corte ha ritenuto che la sentenza è nulla ai sensi dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c., ove risulti del tutto priva dell’esposizione dei motivi sui quali la decisione si fonda ovvero la motivazione sia solo apparente, estrinsecandosi in argomentazioni non idonee a rivelare la ratio decidendi (cfr. Cass V, n. 24313/2018).
2.2. Sotto altro profilo è stato ribadito essere inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (cfr. Cass. S.U. n. 34476/2019).
Infatti, per questa Suprema Corte di legittimità, la motivazione per relationem “è legittima soltanto nel caso in cui a) si riferisca ad una sentenza che abbia già valore di giudicato tra le parti b) ovvero riproduca la motivazione di riferimento, autonomamente ed
autosufficientemente recepita e vagliata nel contesto della motivazione condizionata” (Cass., S.U. n.14815/2008).
Inoltre, si è affermato che, nel processo tributario, la motivazione di una sentenza può essere redatta “per relationem” rispetto ad altra sentenza non ancora passata in giudicato, purché resti “autosufficiente”, riproducendo i contenuti mutuati e rendendoli oggetto di autonoma valutazione critica nel contesto della diversa, anche se connessa, causa, in modo da consentire la verifica della sua compatibilità logico – giuridica. La sentenza è, invece, nulla, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., qualora si limiti alla mera indicazione della fonte di riferimento e non sia, pertanto, possibile individuare le ragioni poste a fondamento del dispositivo (Cass. VI -5, n. 107/2015; n. 5209/2018; n. 17403/2018; n. 21978/2018).
Deve, poi, considerarsi nulla la sentenza di appello motivata “per relationem” alla sentenza di primo grado, qualora la laconicità della motivazione non consenta di appurare che alla condivisione della decisione di prime cure il giudice d’appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame, previa specifica ed adeguata considerazione delle allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi di appello (Cass. VI -5, n. 22022/2017).
2.3. Nel caso in esame la consistenza della motivazione della sentenza in scrutinio supera la soglia del ‘minimo costituzionale’ di cui a S.U. n. 8053/2014 e, per altro verso, si confronta criticamente con le argomentazioni della pronuncia di primo grado, con autonoma valutazione dei fatti e dell’apporto probatorio.
I primi due motivi non possono pertanto essere accolti.
Possono essere esaminati congiuntamente il terzo, il quarto ed il quinto motivo, attinenti al calcolo dell’ammontare da portare in detassazione ambientale, del sovraccosto e dello scomputo dei costi ammissibili dei vantaggi derivanti dall’investimento a mbientale.
Essi sono fondati.
3.1. La questione è già stata affrontata da questa Corte, con orientamento cui si intende qui dare continuità, non rinvenendo ragioni per discostarsene.
È stato affermato che in tema di agevolazione cd. RAGIONE_SOCIALE, prevista dall’art. 6, commi da 13 a 19, della l. n. 388 del 2000, quale applicabile ratione temporis , nella quantificazione del valore dell’investimento consistente nella realizzazione di un impianto fotovoltaico, ai sensi dell’art. 23, par. 3, del reg. (CE) n. 800 del 2008, i costi ammissibili, corrispondenti ai sovraccosti sostenuti dal beneficiario rispetto a quelli connessi ad un impianto tradizionale, devono essere calcolati senza prendere in considerazione i vantaggi ed i costi operativi (cfr. Cass. T., n. 8052/25).
A tali principi non si è attenuta la sentenza in scrutinio, laddove ha confermato la ripresa a tassazione, tenendo conto dei vantaggi e dei costi operativi, riducendo così illegittimamente la porzione detassabile.
Per quanto sopra esposto, il sesto motivo resta assorbito, laddove lamenta la violazione delle disposizioni eurounitarie nel calcolo della quota detassabile, cioè per violazione o falsa applicazione del combinato disposto del Regolamento CE n. 800/2008 e dell’articolo 6 della legge numero 388 del 2000.
Anche con riguardo a quanto eccepito da parte contribuente nel terzo motivo, valga ricordare come questa Corte abbia precisato che l’agevolazione prevista dall’art. 6, commi da 13 a 19, della l. n. 388 del 2000, quale applicabile ratione temporis , va richiesta, in assenza di diversa disposizione di legge, per l’intero importo dell’investimento, secondo il metodo di calcolo dell’approccio incrementale, con riferimento all’anno in cui il costo d’acquisto delle relative immobilizzazioni materiali necessarie a prevenire, ridurre e riparare i danni causati all’ambiente è iscritto nello stato patrimoniale
(cfr. Cass. T., n. 17868/2024). Ne consegue la piena applicabilità del regolamento euro-unitario CE n. 800 del 2008, per cui i costi ammissibili (cioè i già citati sovraccosti) devono essere calcolati senza prendere in considerazione i vantaggi ed i costi operativi.
Il motivo resta quindi assorbito dall’accoglimento dei precedenti.
Fondato il settimo motivo, laddove pretende non computare i profitti ed i costi operativi dei primi sei ( recte , cinque) anni di vita.
5.1. Ed infatti, è stato già affermato che ‘L’agevolazione prevista dall’art. 6, commi da 13 a 19, della l. n. 388 del 2000, quale applicabile ratione temporis , va richiesta, in assenza di diversa disposizione di legge, per l’intero importo dell’investimento, secondo il metodo di calcolo dell’approccio incrementale, con riferimento all’anno in cui il costo d’acquisto delle relative immobilizzazioni materiali necessarie a prevenire, ridurre e riparare i danni causati all’ambiente è iscritto nello stato patri moniale’ (Così Cass. T., n. 11868/2024.
Detto diversamente, il quinquennio decorre dall’iscrizione in bilancio del costo d’acquisto delle immobilizzazioni materiali, id est , l’impianto, a prescindere dal suo funzionamento e, quindi, dalla produzione di reddito che non va a decurtare l’importo detassabile.
Non può essere accolto l’ottavo ed ultimo motivo, ove si ritiene errato escludere gli ammortamenti dal computo dei profitti e dei costi operativi.
6.1. Infatti, si è statuito che in tema di determinazione del reddito d’impresa, gli investimenti aziendali detassati in quanto finalizzati alla prevenzione, riduzione o riparazione di danni causati all’ambiente, di cui all’art. 6 l. n. 388 del 2000, applicabile “ratione temporis,” si identificano nei costi di investimento supplementari necessari per conseguire i previsti obiettivi di tutela ambientale da valutarsi al netto di qualsiasi vantaggio generato dall’utilizzo di tali investimenti. (Nella specie, la S.C. ha confermato la legittimità della rideterminazione del reddito imponibile operata dall’amministrazione
finanziaria, ritenendo che la deduzione integrale del costo di un impianto fotovoltaico, attraverso il calcolo incrementale, non possa prevedere anche la deduzione dell’ammortamento per ognuno dei cinque anni successivi, perché in tal modo si verificherebbe un’illegittima e non prevista duplicazione agevolativa, essendo le quote di ammortamento periodico di un bene strumentale ricomprese nel costo di acquisto dello stesso, già preso a base di calcolo dell’agevolazione in esame) (cfr. Cass. T., n. 23054/2023).
7. In definitiva, il ricorso è fondato per le ragioni attinte dal terzo, quarto, quinto e settimo motivo, assorbito il sesto e rigettati il primo, il secondo e l’ottavo.
La sentenza impugnata dev’essere cassata con rinvio al giudice di merito, perché provveda alla rideterminazione della tassazione, secondo i principi sopra enunciati.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 09/10/2025.
Il Presidente NOME COGNOME