Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 500 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5   Num. 500  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/01/2025
TRATTAMENTO FISCALE DIVIDENDI DIRITTO COMUNITARIO * PRINCIPIO DI DIRITTO
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 30299/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO in virtù di procura speciale in calce al ricorso ed elettivamente  domiciliata  presso  lo  studio  del  difensore  in  RomaINDIRIZZO INDIRIZZO;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE,  con  sede  in  Roma,  in  persona  del Direttore AVV_NOTAIO pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura  AVV_NOTAIO  dello  Stato,  ove  per  legge  domicilia  in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrente – avverso  la  sentenza  della  RAGIONE_SOCIALE  tributaria  regionale  della Toscana n. 710/4/2022, depositata il 20/5/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29 novembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME;
udito  il  Pubblico  Ministero  in  persona  del  AVV_NOTAIO,  che  ha  concluso  chiedendo l’accoglimento del ricorso;
udito l’AVV_NOTAIO per la parte ricorrente;
udito  l’AVV_NOTAIO  dell’Avvocatura  generale  dello Stato per la controricorrente RAGIONE_SOCIALE.
FATTI DI CAUSA
Il 20 giugno 2007, la RAGIONE_SOCIALE, ritenendo sussistente una disparità di trattamento tra i dividendi percepiti da società italiane rispetto a quelli percepiti da società residenti in altri paesi facenti parte dell’Unione Europea e tanto anche a seguito della pubblicazione della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea n. C -292/04 –COGNOME, ha presentato all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Direzione Provinciale di Firenze alla Direzione Regionale della Toscana un’istanza di rimborso con la quale ha domandato: in via principale, il rimborso di Euro 3.834.246,08 e cioè del 56,25 per cento dell’ammontare dei dividendi provenienti dai paesi facenti parte dell’Unione Europea oltre interessi maturati e maturandi; in subordine, il rimborso di Euro 3.363.320,62 e cioè RAGIONE_SOCIALE imposte assolte dalle società estere che avevano erogato i dividendi e calcolate sulla base RAGIONE_SOCIALE aliquote vigenti nei paesi di residenza RAGIONE_SOCIALE predette società oltre interessi maturati e maturandi.
Concretizzatosi il silenzio rifiuto dell’Amministrazione, RAGIONE_SOCIALE ha impugnato il rigetto dell’istanza innanzi alla RAGIONE_SOCIALE tributaria provinciale di Firenze. In particolare, COGNOME dopo aver premesso che sulla base della lett. a) dell’art. 87 del TUIR nel testo pro tempore vigente, l’art. 14 del medesimo d.P.R. trovava applicazione solo agli utili distribuiti da società residenti nel territorio dello Stato e non anche da quelle residenti all’estero, ha indicato che ai sensi dell’art. 56 del Trattato di Roma, oggi art. 63 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (d’ora in poi solo TFUE), «sono vietate tutte le restrizioni ai movimenti di capitali tra Stati membri, nonché tra Stati membri e paesi terzi» e quindi anche quelle restrizioni suscettibili di dissuadere i residenti di uno
Stato membro dall’investire in altri Stati membri come confermato dalla consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia e ha, dunque, concluso che l’adozione da parte degli Stati membri di norme come l’art. 14 del TUIR, nel testo pro tempore vigente, tali da riservare un trattamento differente agli utili derivanti da partecipazioni in società residenti rispetto a quelli derivanti da società non residenti si poneva in contrasto con l’art. 63 del TFUE perché idoneo a creare un ostacolo alla libera circolazione dei capitali, come sarebbe confermato in un caso analogo a quello di specie dalla sentenza COGNOME della CGUE. L’RAGIONE_SOCIALE si è costituita in giudizio contestando la domanda e chiedendone il rigetto.
2.1.  Con  la  sentenza  n.  464/4/2018  depositata  il  18/05/2018,  la RAGIONE_SOCIALE tributaria provinciale di Firenze ha dichiarato cessata la  materia  del  contendere  per  la  somma  di  euro  3.154.654,00, come richiesto da RAGIONE_SOCIALE ed ha accolto, nel resto, il ricorso con compensazione RAGIONE_SOCIALE spese di lite.
 Avverso  detta  sentenza  ha  proposto  appello  l’RAGIONE_SOCIALE  RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.  RAGIONE_SOCIALE  si  è  costituita  in  giudizio chiedendo il rigetto dell’impugnazione. Con la sentenza n. 710/4/2022, depositata il 20 maggio 2022, la RAGIONE_SOCIALE tributaria  regionale  della  Toscana  ha  accolto  l’appello  formulato dell’Ufficio, compensando la spese di lite.
 Per  la  cassazione  della  sentenza  della  RAGIONE_SOCIALE  tributaria regionale  della  Toscana  propone  ricorso  RAGIONE_SOCIALE  con impugnazione  affidata  a  tre  motivi. Resiste con  controricorso l’RAGIONE_SOCIALE.
La società ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c.
 La  procura  generale  ha  concluso  per  l’accoglimento  del  primo motivo  di  ricorso  e  per  dichiararsi  assorbiti  il  secondo  e  il  terzo motivo di ricorso.
Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 29/11/2024.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1.  Con il  primo  motivo  di  ricorso  RAGIONE_SOCIALE deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 18, 63 e 65 TFUE nonché degli artt. 14 e 15 del d.p.r. 22/12/1986, n. 917 nel testo pro tempore vigente in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. e all’art. 62 del d.lgs. 31/12/1992, n. 546.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso RAGIONE_SOCIALE deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 96 e 96-bis del d.p.r. 22/12/1986, n. 917 nel testo pro tempore vigente in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. e all’art. 62 d.lgs. 31/12/1992, n. 546. La sentenza impugnata avrebbe violato e falsamente applicato le diposizioni richiamate nel ritenere che gli art. 96 e 96-bis del t.u.i.r. sarebbero stati idonei ad eliminare la restrizione alla libera circolazione dei capitali denunciata quanto agli artt. 14 e 15 t.u.i.r. perché diretti a ridurre parzialmente la doppia imposizione sugli utili RAGIONE_SOCIALE società estere distributrici.
1.3.  Con  il  terzo  motivo  di  ricorso  la  società  deduce  in  via subordinata  e  per  l’ipotesi  di  mancato  accoglimento  del  secondo motivo di ricorso l’omesso esame di un fatto decisivo ed oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ. e dell’art. 62 del d.lgs. 31/12/1992, n. 546.
Occorre esaminare innanzi tutto il primo motivo di ricorso, anche perché logicamente preliminare all’esame degli altri strumenti. Secondo la società ricorrente la RAGIONE_SOCIALE tributaria regionale avrebbe violato e falsamente applicato gli artt. 18, 63 e 65 del trattato sul funzionamento dell’unione europea nonché degli artt. 14 e 15 del d.p.r. 22/12/1986, n. 917 nel testo pro tempore vigente in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. e all’art. 62 del d.lgs. 31/12/1992, n. 546 laddove ha ritenuto non sussistente una restrizione alla libertà di circolazione dei capitali di cui all’art. 63 del TFUE sul presupposto che anche prima della
riforma del TUIR il legislatore italiano avesse introdotto disposizioni potenzialmente idonee a contrastare fenomeni di doppia imposizione e di discriminazione tra i soggetti residenti nei diversi Stati dell’Unione.
2.1. Secondo la società ricorrente emergeva una restrizione alla libera circolazione dei capitali e, pertanto, una lesione del diritto comunitario alla luce degli artt. 14 e 15 del t.u.i.r. nel testo ratione temporis vigente e tanto perché dal confronto RAGIONE_SOCIALE predette discipline che regolavano la tassazione dei dividenti di fonte nazionale ed estera poteva apprezzarsi la discriminazione nel trattamento fiscale riservato ai secondi rispetto ai primi. Ed infatti, mentre l’art. 14 del t.u.i.r. consentiva alla società percettrice del dividendo di fonte nazionale di recuperare integralmente, sotto forma di credito d’imposta, l’IRPEG assolta dalla società partecipata sugli utili prodotti e poi distribuiti, l’art. 15 del t.u.i.r. non consentiva il medesimo trattamento con riferimento ai dividendi di fonte estera e quindi l’eliminazione della doppia imposizione economica derivante dall’assoggettamento del dividendo tassato anche all’imposta sul reddito della società estera al momento di produzione del reddito medesimo limitandosi, di contro, ad attenuare il rischio di doppia imposizione solo con riguardo ad eventuali forme di tassazione alla fonte dei dividendi in uscita previste dall’ordinamento estero eventualmente mitigate dalle convenzioni contro le doppie imposizioni e, dunque, con l’applicazione di una diverse forma di imposizione sui dividendi operata dallo stato estero direttamente a carico del percettore del dividendo e non a carico della società distributrice.
2.2. Sul punto la RAGIONE_SOCIALE tributaria regionale ha disatteso le argomentazioni della società ricorrente osservando in motivazione: «l’appello dell’Ufficio merita accoglimento. Ritiene questa commissione che il principio  di  libera  circolazione  dei  capitali  non debba  essere  inteso  come  una  regola  di  assoluta  parità  ma
diversamente come la necessità di eliminare ingiustificati fattori distorsivi di accesso al mercato. Conviene con parte appellante circa il fatto che la Corte di giustizia nel tempo ha più volte riconosciuto la sussistenza di legittime cause oggettive capaci di giustificare la non applicazione di alcune RAGIONE_SOCIALE libertà comunitarie. Nel merito si osserva che il meccanismo compensativo introdotto con il sistema del credito di imposta consentiva di eliminare almeno parzialmente il fenomeno della doppia imposizione ed infatti gli articoli 96 e 96 bis del t.u.i.r., vigenti ratione temporis, prevedendo un regime di esenzione dei dividendi per il 95% per il 60% a seconda della natura della partecipazione nella società distributrice, attenuavano decisamente la possibile doppia imposizione economica generando un sistema non perfettamente coincidente tra le due fattispecie ma perfettamente coerente e compatibile con i principi. L’Italia, dunque, ancor prima RAGIONE_SOCIALE modifiche intervenute con la riforma del 2004 aveva certamente già introdotto puntuali disposizioni tese a contrastare fenomeni di discriminazione basate sul paese di residenza. Ne consegue che a parere di questa commissione deve ritenersi non fondata la denuncia di incompatibilità del diritto tributario italiano con il principio di libera circolazione dei capitali così come prospettato da parte appellata ed infatti la valutazione della fattispecie complessivamente intesa consente di affermare che la posizione del residente e quella del non residente non sono assimilabili tout court, stante i numerosi motivi di distinzione tra le due situazioni (così come riassunti nella causa CGCE causa C- 279/93 COGNOME) non sono comunque lesive di alcun principio ma rese necessarie dalla differenza tra i sistemi tributari dei diversi Paesi in materia non armonizzata. Appare pertanto evidente, come sottolinea l’ufficio, che la legislazione italiana applicabile all’anno d’imposta in contestazione non poteva ritenersi capace di realizzare una rilevante disparità di trattamento tra i dividendi ricevuti dalle partecipate italiane ed i
dividendi  di  provenienza  estera  tale  da  dover  comportare  una disapplicazione della normativa italiana; al contrario, le scelte del legislatore  domestico  possono  essere  ricondotte  alla  necessità  di differenziazioni  RAGIONE_SOCIALE  situazioni  giuridiche  determinate  dai  profili strutturali  dei  diversi  sistemi  normativi  e  fiscali,  spesso  assai differenti in quanto fondati su regole, lo si ribadisce, non armonizzate».
2.3. Al fine di valutare la correttezza della motivazione sottoposta allo  scrutinio  di  legittimità,  ritiene  il  Collegio  che  si  debba  innanzi tutto considerare il tenore della disciplina di rilievo.
2.4. In particolare, l’art. 14 del t.u.i.r. sotto la rubrica «credito di imposta per gli utili distribuiti da società ed enti» nel testo pro tempore vigente, disponeva che se alla formazione del reddito complessivo concorrono utili distribuiti in qualsiasi forma e sotto qualsiasi denominazione dalle società o dagli enti indicati alle lettere a) e b) del comma 1 dell’articolo 87, e cioè le società e gli enti pubblici o privati diversi dalle società che esercitino attività commerciali nel territorio dello Stato, al contribuente è attribuito un credito d’imposta pari al 56,25 per cento, ovvero ai nove sedicesimi, per le distribuzioni deliberate a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 1° gennaio 2001, e al 53,85 per cento, per le distribuzioni deliberate a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 1° gennaio 2003, dell’ammontare degli utili stessi nei limiti in cui esso trova copertura nell’ammontare RAGIONE_SOCIALE imposte di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell’articolo 105. Detta disposizione era applicabile esclusivamente ai dividendi distribuiti da società ed enti residenti nel territorio dello Stato ed aveva lo scopo di eliminare la doppia imposizione economica su tali redditi evitando che fossero tassati la prima volta in capo alla società distributrice in quanto utili e una seconda volta in capo al percettore di tali utili una volta distribuiti sotto forma di dividendi.
2.5. L’art. 15 t.u.i.r. sotto la rubrica «credito di imposta per i redditi prodotti all’estero» nel testo pro tempore vigente, disponeva che «se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi prodotti all’estero, le imposte ivi pagate a titolo definitivo su tali redditi sono ammesse in detrazione dall’imposta netta fino alla concorrenza della quota di imposta italiana corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all’estero e il reddito complessivo al lordo RAGIONE_SOCIALE perdite di precedenti periodi di imposta ammesse in diminuzione». Tale disposizione attribuiva, quindi, al soggetto percettore di dividendi distribuiti da società estere residente in Italia un credito limitato alle sole imposte da lui pagate a titolo definitivo all’estero e dunque un credito pari alle ritenute subite all’estero sui dividendi in uscita in base alla normativa dello Stato della fonte o alle convenzioni stipulate dall’Italia contro le doppie imposizioni.
2.6. La differenza di trattamento tra i dividendi distribuiti da società estere e dividendi distribuiti da società stabilite nel territorio dello Stato  era  oggettiva  ed  emergente  dal  tenore  RAGIONE_SOCIALE  disposizioni riportate. La motivazione della sentenza impugnata ha ritenuta che questa differenza non valesse, tuttavia, a concretizzare una discriminazione  contraria  al  diritto  comunitario  in  ragione  della concorrente disciplina dettata dagli artt. 95 e 96 t.u.i.r.
2.7. In senso contrario deve, tuttavia, osservarsi come questa Corte abbia già valutato con orientamento al quale si intende dare continuità, la disciplina degli artt. 14 e 15 t.u.i.r. come in contrasto con i principi dettati dal Trattato e tanto anche considerando il complesso RAGIONE_SOCIALE disposizioni emergenti dal citato Testo unico e anche prendendo in esame l’argomento circa il possibile rilievo RAGIONE_SOCIALE convenzioni sulle doppie imposizioni. Si considerino, in tal senso, i passaggi di motivazione della sentenza Cass. 14/05/2014, n. 10465: «a.- anche se la materia RAGIONE_SOCIALE imposte dirette rientra nella competenza degli Stati membri, questi ultimi devono
esercitare la competenza nel rispetto del diritto dell’Unione, così che da tale esercizio non derivino ostacoli alla piena realizzazione RAGIONE_SOCIALE libertà fondamentali enunciate dal Trattato (Corte di giustizia, 4 marzo 2004, RAGIONE_SOCIALE/Francia, C-334/02, punto 21; Corte di giustizia 20 gennaio 2011, RAGIONE_SOCIALE/Grecia, C-155/09, punto 39; Corte di giustizia 16 giugno 2011, RAGIONE_SOCIALE/Austria, C10/10); b.- le misure vietate in quanto restrizioni dei movimenti di capitali (ex art. 56 del Trattato Ce, attuale art. 63 del TFUE) comprendono quelle che sono idonee a dissuadere i non residenti dal fare investimenti in uno Stato membro o a dissuadere i residenti in detto Stato dal farne in altri Stati (Corte di giustizia 25 gennaio 2007, COGNOME, C-370/05, punto 24; Corte di giustizia 18 dicembre 2007, A, C-101/05, punto 40; Corte di giustizia 10 febbraio 2011, NOME e NOME COGNOME, C-436/08 e C-437/08, punto 50; Corte di giustizia 10 maggio 2012, NOME, cause da C-338/11 a C-347/11, punto 15). Indubbiamente, va chiarito, il dividendo di per sè non è un movimento di capitale; ma il fatto che per conseguirlo sia necessario investire capitali in partecipazioni in società o in acquisto di titoli rende la distribuzione del dividendo fenomeno indissolubilmente legato al movimento di capitali, in quanto tale presidiato dalla tutela apprestata dall’indicata norma del Trattato (nel senso che, per identificare i movimenti di capitali, occorre far riferimento alla nomenclatura allegata alla direttiva 88/361 ed alle fattispecie ad essa indissolubilmente legate, vedi Corte di giustizia 16 marzo 1999, causa C-222/97, COGNOME, punti 21 e 24); cin particolare, l’adozione da parte degli Stati membri di legislazioni che riservino un trattamento fiscale agli utili derivanti da partecipazioni in società diverso a seconda che a distribuire l’utile sia una società residente o una società non residente crea un ostacolo alla libera circolazione dei capitali, ponendosi in contrasto con l’articolo 56 del Trattato: è da tale trattamento che dipende il
giudizio di convenienza ad investire capitali fuori dallo Stato in cui ha sede la società che distribuisce gli utili (nel senso che l’art. 56 Ce e art. 58 Ce ostano ad una normativa ai sensi della quale il diritto di una persona, che sia fiscalmente residente in uno stato membro, al credito d’imposta sui dividendi versatigli da società per azioni sia escluso qualora queste ultime non abbiano sede in tale Stato, vedi, con riguardo alla legislazione finlandese, Corte di giustizia 07 settembre 2004, C-319/02, COGNOME e, in relazione alla legislazione tedesca, Corte di giustizia grande sezione, 6 marzo 2007, C- 292/04, COGNOME; per analoga soluzione relativa alla concessione di un’esenzione dall’imposta sul reddito alla quale sono soggetti i dividendi versati a persone fisiche in possesso di azioni al condizione che tali dividendi siano versati da società aventi sede in tale stato membro, vedi Corte giustizia 6 giugno 2000, C-35/98, COGNOME, concernente la legislazione dei Paesi Bassi); d.- sono ammesse differenze di trattamento fra contribuenti che non si trovano nella medesima situazione per quanto riguarda il loro luogo di residenza o il luogo di collocamento del loro capitale (ex art. 58, comma 1, lett. a) del Trattato Ce, attuale art. 65, paragrafo 1, lett. a), del TFUE), ma è necessario che la differenza di trattamento riguardi situazioni che non sono oggettivamente paragonabili o sia giustificata da ragioni imperative d’interesse generale (Corte di giustizia 6 giugno 2000, COGNOME, C-35/98, punto 43; Corte di giustizia 7 settembre 2004, COGNOME, C-319/02, punto 29; Corte di giustizia 1 dicembre 2011, RAGIONE_SOCIALE/Belgio, C- 250/708, punto 51); e – in particolare, la perdita di gettito fiscale derivante al Paese di residenza del percettore di dividendi distribuiti da società estere, che ha assolto l’imposta sugli utili regolata dalla legislazione dello Stato in cui ha sede la società ed a questo affluita, non è motivo imperativo d’interesse generale capace di giustificare una misura nazionale che si ponga in contrasto con una libertà fondamentale (Corte di giustizia 7 settembre 2004, C-
319/02, COGNOME, punto 49; Corte di giustizia 16 luglio 1998, C264/96, lei, punto 28; Corte di giustizia 3 ottobre 2002, causa C136/00, COGNOME, punto 56). Ciò in quanto la riduzione RAGIONE_SOCIALE entrate fiscali scaturente dal riconoscimento del diritto del soggetto residente di fruire del credito d’imposta o dell’esenzione per gli utili ha rilevanza meramente economica, non potendo assurgere a motivo imperativo d’interesse pubblico». La sentenza citata conclude affermando che «la disciplina dettata dall’art. 14 del testo unico RAGIONE_SOCIALE imposte dirette delinea una situazione in tutto analoga a quella da ultimo affrontata dalla Corte di giustizia in relazione alla legislazione tedesca, con riguardo al caso COGNOME, in quanto il residente in Italia che percepisce gli utili da una società residente in un altro Stato membro non può fruire del credito d’imposta semplicemente perché gli utili della società non sono stati assoggettati ad imposizione in Italia». 2.8. Non si ravvisano ragioni per discostarsi da questo orientamento, di seguito confermato da Cass. 04/07/2022, n. 21159 che ha, a sua volta, affermato che «l’eliminazione della disparit à di trattamento tra societ à percipienti in ambito UE o SEE rispetto alle percipienti italiane si pone su di un piano diverso rispetto a quello della eliminazione della doppia imposizione, tanto che la stipulazione, da parte dello Stato membro, di una convenzione finalizzata ad elidere, o quantomeno limitare, quest’ultimo fenomeno potrebbe lasciare integra la disparit à di trattamento, allorquando la societ à percipiente in altro Stato membro non abbia modo di compensare in tale Stato l’imposta pagata in Italia a mezzo di ritenuta (sul punto, ex aliis, vedi Cass. n.26377/29018; n.1967/2020; n.2313/2020; nn.13845, 13846, 13847 e 13848/2021; n. 5152/2022)».
2.9.  Ritiene  il  Collegio  sia,  allora,  meritevole  di  affermazione  il seguente  principio  di  diritto:  «con  riguardo  alla  versione ratione temporis applicabile agli anni  di  imposta  2002  e  2003,  ove
l’applicazione del trattamento fiscale dei dividendi percepiti da società italiane previsto dall’art. 14 t.u.i.r., conduca ad un risultato fiscalmente più vantaggioso rispetto a quello riconosciuto dall’applicazione dell’art. 15 t.u.i.r. per la tassazione dei dividendi percepiti da società stabilite all’estero, il diverso migliore trattamento garantito dall’art. 14, si pone in contrasto con i principi di non discriminazione e di libertà di circolazione dei capitali come emergenti dagli artt. 18, 63 e 64 TFUE (già articoli 12, 56 e 58 TCE)».
2.10. La sentenza impugnata è viziata nella misura in cui non si è attenuta ai principi di diritto definiti da questa Corte nell’interpretazione della disciplina interna come da conformarsi al diritto comunitario e, in accoglimento del primo motivo di ricorso, deve essere cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria  di secondo grado competente.
L’accoglimento del primo motivo di ricorso preclude l’esame del secondo e del terzo motivo perché questi rimangono assorbiti.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbiti il secondo e il terzo motivo di ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte  di  giustizia  tributaria  di  secondo  grado  della  Toscana,  in diversa composizione, cui è demandata anche la regolazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità.
Così  deciso,  in  Roma,  nella  camera  di  consiglio  del  29  novembre