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Trattamento fiscale dividendi: la Cassazione e la UE

Una società assicurativa ha contestato il trattamento fiscale dividendi percepiti da società UE, ritenendolo discriminatorio rispetto a quelli nazionali. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, affermando che la normativa italiana vigente all’epoca dei fatti violava il principio UE di libera circolazione dei capitali e ha cassato la sentenza di merito con rinvio.

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Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Trattamento fiscale dividendi: La Cassazione tutela la libera circolazione dei capitali UE

Con la sentenza n. 500 del 2025, la Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale del diritto europeo, stabilendo che il trattamento fiscale dividendi provenienti da altri Stati membri dell’Unione Europea non può essere discriminatorio rispetto a quello riservato ai dividendi di fonte nazionale. Questa decisione, che si allinea alla consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ha importanti implicazioni per le società che investono a livello transfrontaliero.

I Fatti di Causa

Una primaria compagnia di assicurazioni italiana aveva percepito dividendi da società residenti in altri Paesi dell’Unione Europea. Nel 2007, la società presentava un’istanza di rimborso all’Amministrazione Finanziaria, sostenendo di aver subito un trattamento fiscale deteriore rispetto a quello che avrebbe ricevuto se i dividendi fossero stati distribuiti da società italiane.

La controversia nasceva dalla normativa fiscale italiana in vigore all’epoca (ratione temporis), in particolare dal confronto tra due articoli del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR):

* Art. 14 TUIR (dividendi nazionali): Prevedeva un meccanismo di credito d’imposta che permetteva alla società ricevente di recuperare integralmente l’imposta sul reddito (IRPEG) già pagata dalla società partecipata italiana sugli utili distribuiti. Questo sistema eliminava di fatto la doppia imposizione economica.
* Art. 15 TUIR (dividendi esteri): Consentiva un credito d’imposta limitato alle sole imposte pagate all’estero dal percettore (come le ritenute alla fonte), ma non permetteva di recuperare l’imposta sul reddito pagata dalla società estera nel suo Paese di residenza.

Questa disparità, secondo la ricorrente, costituiva una restrizione alla libera circolazione dei capitali, principio sancito dall’attuale art. 63 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), in quanto rendeva meno convenienti gli investimenti in società di altri Stati membri.

Dopo un lungo iter giudiziario, che ha visto la Commissione Tributaria Regionale dare ragione all’Amministrazione Finanziaria, la compagnia di assicurazioni ha proposto ricorso in Cassazione.

L’Analisi e il trattamento fiscale dividendi secondo la Corte

La Corte di Cassazione ha accolto pienamente le argomentazioni della società ricorrente, ribaltando la decisione del giudice di secondo grado. Gli Ermellini hanno richiamato la costante giurisprudenza della Corte di Giustizia UE (in particolare i casi Meilicke e Manninen), la quale ha più volte chiarito che normative nazionali che creano un trattamento fiscale dei dividendi meno favorevole per quelli di fonte estera rispetto a quelli di fonte interna costituiscono un ostacolo alla libera circolazione dei capitali.

La violazione del diritto comunitario

Il cuore della decisione risiede nella constatazione che la legislazione italiana dell’epoca, pur non vietando esplicitamente gli investimenti all’estero, li rendeva fiscalmente meno attraenti. Una società italiana era di fatto disincentivata a investire in una società residente in un altro Stato membro, poiché non avrebbe potuto beneficiare della neutralizzazione completa della doppia imposizione economica garantita invece per i dividendi domestici. Questo tipo di restrizione è vietato dal diritto dell’Unione Europea.

Le motivazioni della Sentenza

La Corte Suprema ha sottolineato che la differenza di trattamento tra i dividendi esteri e quelli nazionali non poteva essere giustificata. L’Amministrazione Finanziaria aveva sostenuto che i due sistemi fiscali non erano comparabili, ma la Cassazione, seguendo l’orientamento europeo, ha rigettato questa tesi.

La Corte ha affermato che l’adozione da parte degli Stati membri di legislazioni che riservano un trattamento fiscale diverso a seconda che la società distributrice sia residente o non residente crea un ostacolo alla libera circolazione dei capitali. Ne consegue che il sistema previsto dall’art. 14 del TUIR, essendo fiscalmente più vantaggioso, doveva essere esteso anche ai dividendi provenienti da società stabilite in altri Paesi dell’Unione Europea per eliminare la discriminazione.

La Corte ha quindi enunciato il seguente principio di diritto:

> «Con riguardo alla versione ratione temporis applicabile agli anni di imposta 2002 e 2003, ove l’applicazione del trattamento fiscale dei dividendi percepiti da società italiane previsto dall’art. 14 t.u.i.r., conduca ad un risultato fiscalmente più vantaggioso rispetto a quello riconosciuto dall’applicazione dell’art. 15 t.u.i.r. per la tassazione dei dividendi percepiti da società stabilite all’estero, il diverso migliore trattamento garantito dall’art. 14, si pone in contrasto con i principi di non discriminazione e di libertà di circolazione dei capitali come emergenti dagli artt. 18, 63 e 64 TFUE.»

Le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado in diversa composizione. Quest’ultima dovrà ora decidere la controversia attenendosi al principio di diritto enunciato, riconoscendo il diritto della società al rimborso basato su un trattamento non discriminatorio. La sentenza consolida l’orientamento secondo cui le normative fiscali nazionali devono sempre essere interpretate e applicate in conformità con i principi fondamentali del diritto dell’Unione Europea, garantendo parità di trattamento e promuovendo un mercato unico integrato.

Perché il vecchio sistema fiscale italiano sui dividendi esteri era considerato discriminatorio?
Perché non consentiva di eliminare la doppia imposizione economica in modo completo, a differenza di quanto previsto per i dividendi nazionali. Il sistema per i dividendi nazionali (art. 14 TUIR) permetteva di recuperare l’imposta pagata dalla società che distribuiva gli utili, mentre quello per i dividendi esteri (art. 15 TUIR) concedeva solo un credito limitato per le ritenute alla fonte, rendendo l’investimento in altri paesi UE fiscalmente meno vantaggioso.

Qual è il principio di diritto stabilito dalla Corte di Cassazione in questa sentenza?
La Corte ha stabilito che, qualora il trattamento fiscale previsto per i dividendi nazionali sia più vantaggioso di quello per i dividendi percepiti da società estere UE, questa disparità viola i principi europei di non discriminazione e di libera circolazione dei capitali (artt. 18, 63 e 64 TFUE). Di conseguenza, il trattamento più favorevole deve essere applicato anche ai dividendi di fonte comunitaria.

La potenziale perdita di gettito fiscale per uno Stato può giustificare una restrizione alla libera circolazione dei capitali?
No. La sentenza, richiamando la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, afferma che la riduzione delle entrate fiscali derivante dal riconoscimento di un credito d’imposta o di un’esenzione ha una rilevanza puramente economica e non può costituire un ‘motivo imperativo di interesse pubblico’ tale da giustificare una misura nazionale che limiti una libertà fondamentale dell’Unione Europea.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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