Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 34805 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 34805 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/12/2024
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18107/2022 R.G. proposto da:
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
Mancato riscontro di tutte le risultanze istruttorie da parte del giudice di merito -Esclusione.
AC 07/11/2024
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della SARDEGNA n. 22/2022 depositata il 20/01/2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/11/2024
dalla Consigliera NOME COGNOME
Rilevato che:
La Commissione Tributaria Regionale della Sardegna ( hinc: CTR), con sentenza n. 22/2022 depositata in data 20/01/2022, ha dichiarato estinto il giudizio n. 333/2014 ed estinto parzialmente il giudizio n. 267/2014 per cessazione della materia del contendere per l’avviso di accertamento societario TW3030604743 -2011 (anno 2007), per definizione ai sensi dell’art. 46 d.lgs. n . 546 del 1992 e dell’art. 6 d.l. 23/10/2018, n. 119 (convertito con modificazioni dalla legge 17/12/2018, n. 136) operata dalla società. In relazione alla posizione dei due soci ha dichiarato inammissibile il ricorso in primo grado proposto dal sig. NOME COGNOME per tardività, con la conseguente definitività dell’avviso di accertamento emesso nei suoi confronti, mentre ha confermato l’avviso di accertamento emesso nei confronti del sig. COGNOME NOMECOGNOME
Con riguardo alla posizione del sig. COGNOMEodierno ricorrente), il giudice di secondo grado ha ritenuto fondato l’appello dell’Agenzia delle Entrate, evidenziando che, con l’espressione « trasparenza per presunzione» , si fa riferimento all’applicazione dell’istituto della trasparenza fiscale ai soci delle società di capitali a ristretta base sociale per la quota di maggior reddito accertato in capo alla società, fatta salva la facoltà del contribuente di offrire la prova del fatto che i maggiori ricavi non sono stati oggetto di distribuzione, ma sono stati accantonati dalla società o reinvestiti da quest’ultima. Più
specificamente ha ritenuto: – non sussiste la violazione del divieto di presunzione di doppio grado perché il fatto noto non è costituito dalla sussistenza dei maggiori redditi accertati, ma dalla ristrettezza della base sociale, dal vincolo di solidarietà e dal reciproco controllo dei soci che, in simili ipotesi, caratterizza la gestione sociale; – in presenza di compagini societarie ristrette, i soci possono apprendere gli utili prodotti dalla società cui partecipano al di fuori dei tradizionali meccanismi civilistici sicché, per procedere alla tassazione di tali utili, non è necessaria l’esistenza di una formale delibera di distribuzione, ma è sufficiente che la prova di tale distribuzione sia raggiunta anche in via presuntiva.
2.1. La CTR ha quindi evidenziato che per la società la definitività dell’accertamento societario a monte è data dalla definizione agevolata della lite , alla luce di quanto previsto dall’ art. 6, comma 9, d.l. n. 119 del 2018. Il socio sig. NOME COGNOME non ha definito la sua lite pendente nascente dall’avviso di accertamento impugnato. La CTR ha quindi esaminato la legittimità e fondatezza dell’avviso di accertamento societario, ritenendo non condivisibile, in relazione all’accertamento induttivo eseguito con il cd. tovagliometro, la riduzione del 50% dei ricavi operata dal giudice di prime cure, avendo l’Ufficio già decurtato -dal numero di tovaglioli lavati presso la società RAGIONE_SOCIALE – di quelli usati dai soci e dai dipendenti.
Avverso la sentenza della CTR il sig. NOME COGNOME ha proposto ricorso in cassazione con un motivo.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso è stato contestato l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di
discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.
1.1. La ricorrente rileva come la CTR, partendo dalla premessa corretta che l’ammontare dei dividendi presuntivamente distribuiti ai soci è condizionato dalla verifica dell’ammontare dei redditi della società, dà atto dell’avvenuta definizione dei debiti f iscali di quest’ultima (con l’accoglimento della richiesta di parziale estinzione del giudizio d’appello). Pur non potendo entrare nel merito del gravame a causa dell’estinzione del giudizio ha ritenuto, tuttavia, di dover valutare la correttezza dei maggiori utili extracontabili accertati in capo alla RAGIONE_SOCIALE per poter decidere in merito alla correttezza della loro presunta distribuzione.
Ha quindi precisato che: « per la posizione del socio Sig. COGNOME COGNOME deve, dunque e comunque, esaminare preliminarmente la legittimità e fondatezza o meno dell’avviso di accertamento societario, la cui definizione da parte della società, come non può, in bonam partem, estendersi al socio, non può su di esso riverberare effetti pregiudizievoli in malam partem.» È stato quindi esaminato unitamente al terzo motivo d’appello anche il primo motivo relativo alla violazione dell’art. 36 d.lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 39, primo comma, lett. d), d.P.R. n. 600 del 1973. Con tale motivo, in particolare, era stato chiesto, in riforma della sentenza di primo grado, di statuire sulla legittimità dell’avviso di accertamento e l’infondatezza della riduzione del 50% dei maggiori ricavi. La ricorrente rileva, quindi, che: « è proprio a partire da questo punto che la decisione del Giudice d’appello si manifesta censurabile sotto il profilo dell’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, con specifico riferimento ai fatti dedotti nell’appello RGA n. 333/2014 (riunificato nell’RGA n. 267/2014 ) dalla società RAGIONE_SOCIALE (ALLEGATO N. 9), al
fine di ottenere una riforma della statuizione della CTP, nella parte in cui si era limitata alla riduzione del 50% dei maggiori ricavi accertati, in luogo dell’annullamento integrale dell’avviso di accertamento n. TW3030604743/2011.»
1.2. Ad avviso di parte ricorrente la decisione di riformare la sentenza di primo grado discende dalla sola valutazione dei fatti dedotti dall’amministrazione finanziaria nel primo motivo d’appello, come dimostra la circostanza che la CTR abbia fatto riferimento unicamente a quest’ultimo, considerando provato quando dedotto a pag. 5 dell’atto di appello (nella parte in cui veniva dato atto che rispetto al numero di tovaglioli lavati presso la RAGIONE_SOCIALEp.a, pari a 59.812 era stato decurtato il numero di tovaglioli usati da soci e dipendenti, pari a 10.261). In tal modo la CTR ha omesso l’esame delle ampie e specifiche contestazioni contenute a pag. 11-15 dell’atto d’appello R.G.A n. 333/2014 formulate al fine di dimostrare l’insussistenza di maggiori utili ext racontabili accertati induttivamente. In particolare, non è stato tenuto conto dei tovaglioli impiegati dal personale di sala durante i due turni lavorativi, quelli usati per coprire i seaux à glace , lo sfrido prudenziale al 4% per il cambio dei tovaglioli ai clienti, ai bambini e al personale di sala.
1.3. La CTR avrebbe dovuto esaminare il fatto che il ristorante rispettava i protocolli e gli standards della ristorazione stellata e che il consumo di vino bianco nel 2007 era stato pari a n. 11.580 bottiglie e che, con una media di 1,5 bottiglie a pasto, si sarebbe dovuto tener conto di n. 7.720 di tovaglioli non addebitabili a pasti in nero. Ulteriori n. 3324 tovaglioli dovevano essere ricondotti al personale di ristorazione (11 addetti per 1612 giornate lavorative). Ciò nonostante, il giudice d’appello non ha svolto alcuna valutazione di questi fatti.
La controricorrente ha eccepito, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso, in quanto non si ricava alcun fatto storico decisivo che, se esaminato, avrebbe condotto a una diversa statuizione. Ha altresì evidenziato l’infondatezza del ricorso, rilevando che il giudice di secondo grado ha tenuto conto delle doglianze e delle censure mosse dalla società, scegliendo, in virtù del principio del libero convincimento non sindacabile in sede di legittimità, le prove ritenute più convincenti e ragionevoli.
Il motivo è inammissibile.
3.1. In primo luogo, il fatto decisivo di cui sia stato omesso l’esame ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. è un fatto in senso storico-naturalistico, secondo un orientamento, ormai consolidato, di questa Corte, la quale ha precisato che: « L’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, prevede l'”omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione”, come riferita ad “un fatto controverso e decisivo per il giudizio” ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico -naturalistico, non assimilabile in alcun modo a “questioni” o “argomentazioni” che, pertanto, risultano irrilevanti, con conseguente inammissibilità delle censure irritualmente formulate. » (Cass., 08/10/2014, n. 21152). Nella specie il fatto oggetto di discussione (numero di tovaglioli posti a base di un accertamento induttivo) non è stato oggetto di omesso esame, ma è stato valutato dal giudice di seconde cure in senso sfavorevole a quello auspicato dal contribuente, odierna parte ricorrente.
In altre parole, gli elementi cui fa riferimento la parte ricorrente non riguardano un fatto decisivo di cui sia stato omesso l’esame, ma attengono piuttosto alla prova del numero di tovaglioli impiegati quale base per l’accertamento di maggiori redditi non dichiarati,
trattandosi, quindi, di valutazione delle risultanze istruttorie riservata al giudice di merito.
3.2. La valutazione del fatto storico non richiede, poi, che il giudice dia conto di tutte le risultanze istruttorie.
Questa Corte ha ribadito, anche recentemente, che l’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. (così come riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv. in l. n. 134 del 2012) introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Di conseguenza, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., 20/06/2024, n. 17005).
Il ricorso deve essere, quindi, dichiarato inammissibile, con la condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.900,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 07/11/2024.