Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24467 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 24467 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/09/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 38168/2019 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME come da procura speciale a margine del ricorso per cassazione (PEC: aEMAIL);
-ricorrente –
contro
Agenzia delle dogane e dei monopoli , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia n. 2783/14/2019, depositata il 9.05.2019.
Udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME all’udienza pubblica del 10 giugno 2025;
Oggetto: Accisa su olio combustibile – Traslazione dell’imposta – Prova
Sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. NOME COGNOME il quale ha chiesto l’ accoglimento dei motivi di ricorso dal terzo al settimo.
Sentiti, per la ricorrente, l’avvocato NOME COGNOME e, per l’Agenzia delle dogane , l’avvocato dello Stato NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La CTP di Palermo rigettava il ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE avverso il diniego di rimborso prot. n. 20461 del 29.10.2010 della somma di euro 372.674,46, versata a titolo di accisa in data 11.04.2007, in relazione ad una partita di olio combustibile, destinata alla produzione di energia elettrica nella centrale di Termini Imerese, da vendere al mercato all’ingrosso .
A sostegno della richiesta di rimborso era stata invocata la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 17/07/2008 (C226/07), secondo cui l’esenzione dall’accisa per i prodotti energetici utilizzati per produrre elettricità – esenzione disciplinata dall’art. 14, comma 1, lett. a), della Direttiva del 27/10/2003, n. 2003/96/CE, del Consiglio, che aveva ristrutturato il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità – era da ritenersi sufficientemente chiara ed incondizionata e, dunque, aveva effetto diretto negli ordinamenti giuridici degli Stati membri che , come l’Italia, non avevano recepito detta Direttiva entro il 31.12.2003, avendovi provveduto solo in data 1.06.2007, con l’entrata in vigore del d.lgs. n. 26/2007.
La CTR della Sicilia, dopo un breve richiamo alla sentenza di primo grado, di cui riportava alcuni passi, rigettava l’appello proposto dalla contribuente, osservando che l’accisa chiesta a rimborso rientrava fra i costi di produzione che concorrono a formare il prezzo finale del
prodotto e, conseguentemente, ricadeva sugli acquisti di energia elettrica venduta.
La società contribuente impugnava la sentenza della CGT-2 con ricorso per cassazione, affidato a sette motivi, illustrati con memoria.
L ‘Agenzia delle dogane resisteva con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso la contribuente deduce, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., la nullità della sentenza ai sensi degli artt. 1, comma 2, 36 del d.lgs. n. 546 del 1992, 118 disp. att. cod. proc. civ., per avere la CTR omesso l’esposizione del contenuto dell’istanza di rimborso, dell’atto impugnato, delle doglianze avanzate dal ricorrente con il ricorso introduttivo, dello svolgimento del processo di primo grado, delle richieste avanzate dalle parti e dell’indicazione dei fatti rilevanti, non permettendo di individuare gli elementi in fatto ed in diritto, posti a fondamento della decisione e non facendo comprendere l’iter logico seguito per rigettare il gravame.
Con il secondo motivo di ricorso denuncia , in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., la nullità della sentenza ai sensi degli artt. 1, comma 2, 36 del d.lgs. n. 546 del 1992, 132, comma 2, n. 4 cod. proc. civ. e 118 disp. att. cod. proc. civ., per avere la CTR richiamato genericamente un passaggio della sentenza di primo grado e poi rigettato l’appello con una motivazione apparente e incomprensibile.
2.1 I primi due motivi, che per connessione vanno esaminati unitariamente, sono infondati.
2.2 Come hanno sottolineato le Sezioni Unite di questa Corte (con la sentenza n. 8053 del 2014), l’anomalia motivazionale denunciabile in Cassazione è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esiste nza della
motivazione in sé, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; deve trattarsi, dunque, di un’anomalia che si esaurisce nella mancanza assoluta di motivazione sotto l’aspetto materia le e grafico, ma anche nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili o nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, non essendo più ammissibili mere censure di contraddittorietà ed insufficienza motivazionale (Cass. n. 23940 del 2017).
2.3 Solo in tali casi la sentenza è nulla perchè affetta da “error in procedendo” , in quanto, benchè graficamente esistente, non rende percepibile il fondamento della decisione, perchè reca argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. S.U. n. 22232 del 2016).
2.4 La sentenza impugnata non è affetta da tale grave vizio, in quanto presenta una motivazione che, a prescindere dalla sua correttezza o meno, palesa l’ iter logico seguito dai giudici di appello, secondo i quali l’accisa rientrava fra i costi di produzione che concorrono a formare il prezzo finale del prodotto e il suo peso economico ricadeva, conseguentemente, sugli acquirenti dell’energia elettrica venduta. Le argomentazioni svolte, seppure in modo succinto, esplicitano le ragioni della decisione, per cui eventuali profili di insufficienza della motivazione, anche se sussistenti, non la viziano in modo così radicale da renderla meramente apparente, dovendosi ritenere che il giudice tributario di appello abbia assolto il proprio obbligo motivazionale al di sopra del “minimo costituzionale” (Cass. S.U. n. 8053 del 2014 cit.).
Con il terzo motivo deduce la violazione degli artt. 29, comma 2, della l. n. 428 del 1990, 2727 e 2729 cod. civ., nonché della sentenza della Corte di Giustizia UE del 9.12.2003, C-129/00 , in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., per avere la CTR negato il rimborso sull’apodittico presupposto, neppure completamente esplicitato, che l’accisa versata avrebbe costituito un costo di produzione, come tale traslato sugli acquirenti dell’energia elettrica quale parte del prezzo di vendita, seb bene l’Amministrazione doganale, sulla quale gravava il relativo onere, non avesse fornito la prova dell’avvenuta traslazione del tributo ad altri soggetti; lamenta, invero, che il giudice di appello ha tratto le proprie conclusioni sulla base di una duplice mera presunzione, ritenendo, da un lato, sufficiente, quale fatto impeditivo del diritto al rimborso, la mera iscrizione in bilancio, come costo di produzione, dell’ammontare dell’accisa versata sugli oli combustibili impiegati dalla contribuente, che di per sé non è rilevante sul piano probatorio, dovendosi accompagnare ad ulteriori e più pregnanti dati, forniti dei requisiti richiesti dall’art. 2729 cod. civ., e fondando, dall’altro lato, la propria decisione sul presupposto implicito che le imposte indirette sono normalmente trasferite a valle della catena delle vendite.
Con il quarto motivo, deduce la violazione dell’art. 29, comma 2, della l. n. 428 del 1990, come interpretato ed integrato alla luce della giurisprudenza dell’Unione europea, ed in particolare della sentenza del 2.10.2003, resa nella causa C-147/01, della Corte di Giustizia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., per non avere la CTR considerato che la mera iscrizione in bilancio, come costo, dell’impo rto versato a titolo di accisa non costituiva prova neppure dell’ingiustificato arric chimento che la società avrebbe ricevuto per effetto del rimborso, senza verificare se l’eventuale trasferimento del peso economico su terzi fosse realmente avvenuto e
avesse comportato o meno un ingiustificato arricchimento della contribuente.
Con il quinto motivo deduce la violazione dell’art. 5 del d.lgs. n. 79 del 1999, in relazione al D.M. 19.12.2003, come modificato dal D.M. 17.09.2008 e successive modifiche ed integrazioni, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., perché, nell’affermare che “l’accisa per la quale la S.p.A. ha chiesto il rimborso rientra infatti fra i costi di produzione che concorrono a formare il prezzo finale del prodotto e, conseguentemente, ricadente sugli acquirenti dell’energia elettrica venduta”, la CTR ha violato la disciplina che regola il mercato dell’energia elettrica in Italia ed i criteri normativamente prefissati che presiedono alla formazione del prezzo di tale bene, non avendo considerato che la contribuente, al pari di ogni altro operatore nella borsa elettrica, non può determinare direttamente ed univocamente il prezzo di vendita dell’energia, ma ricev e per ciascuna ora del giorno e per le quantità offerte ed accettate dal Gestore dei Mercati Energetici (GME), secondo un criterio di merito economico, un corrispettivo rappresentato dal prezzo formatosi in borsa secondo un meccanismo predeterminato, che prescinde totalmente dai costi di produzione dell’energia stessa, sicchè non vi può essere un riaddebito di accise o di altri costi dal venditore all’acquirente.
Con il sesto motivo denuncia, in via subordinata, la nullità della sentenza impugnata, per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., riproponendo le medesime censure mosse con il terzo, il quarto e il quinto motivo, sotto il profilo dell’omessa pronuncia in ordine al motivo di appello (pp. 11 e seguenti dell’atto di appello) con il quale era stata dedotta la violazione e falsa applicazi one dell’art. 29, comma 2, della l. n. 428 del 1990 , con riferimento alla questione della modalità della prova della traslazione
dell’accisa e della sussistenza o meno di un ingiustificato arricchimento della ricorrente per effetto del rimborso.
Con il settimo motivo denuncia la nullità della sentenza impugnata, per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., per non essersi la CTR pronunciata sulla questione dedotta nell’atto di appello (pp. 14 18), rappresentata dal fatto che l’iscrizione a conto economico dei costi per l’accisa sugli oli combustibili non comporta in alcun modo che tali costi concorrano a determinare il prezzo pagato dai cessionari dell’energia elettrica prodotta, in ragione delle peculiari modalità con cui le disposizioni vigenti prevedono sia fissato il prezzo dell’energia elettrica.
Il terzo e quarto motivo, che vanno esaminati unitariamente per connessione, sono fondati con conseguente assorbimento delle restanti censure.
8.1 Occorre premettere che nel caso in esame viene in rilievo un’istanza di rimborso di accisa versata in data 11.04.2007 sull’olio combustibile destinato alla produzione di energia elettrica, che costituisce pacificamente un ‘pagamento indebito’ , in quanto non dovuta ab origine , in considerazione del regime di esenzione, in forza dell’efficacia diretta dell’art. 14, comma 1, lett. a), della Direttiva del Consiglio, n. 2003/96/CE del 27/10/2003, anche prima della adozione del d.lgs. n. 26 del 2007, in base ai principi espressi dalla Corte di giustizia UE nella sentenza del 17.07.2008 (C-226/07 –RAGIONE_SOCIALEBonn RAGIONE_SOCIALE.
8.2 In proposito va precisato che, in relazione al rimborso dei tributi rilevanti per l’ordinamento comunitario, l’art. 29, comma 2, della legge n. 428/1990, prevede che: ‘I diritti doganali all’importazione, le imposte di fabbricazione, le imposte di consumo, il sovrapprezzo dello zucchero e i diritti erariali riscossi in applicazione di disposizioni nazionali incompatibili con norme comunitarie sono rimborsati a meno
che il relativo onere non sia stato trasferito su altri soggetti, circostanza che non può essere assunta dagli uffici tributari a mezzo di presunzioni’ .
8.3 L’ultimo inciso ‘ circostanza che non può essere assunta dagli uffici tributari a mezzo di presunzioni “, che è stato aggiunto dall ‘art. 21 della l. n. 13 del 2007 (in vigore dal 4 marzo 2007 e, dunque applicabile anche al caso in esame) costituisce una modifica che si era resa necessaria a seguito della sentenza della Corte di giustizia europea nella causa C-129/00, Commissione c. Italia.
8.4 Secondo la giurisprudenza unionale, infatti, un’interpretazione dell’art. 29, comma 2, della l. n. 428 del 1990 che consenta l’utilizzo di presunzioni – quale quella per la quale le imposte indirette siano in via di principio trasferite a valle della catena delle vendite da parte degli operatori economici – è contraria al diritto unionale. La prova della traslazione dell’imposta deve essere a carico dell’Amministrazione doganale che non può fare ricorso ad una prova presuntiva generica, fondata sull’ id quod plerumque accidit (ritenendo, ad esempio, che l’imposta sia stata traslata perché così sono solite fare le imprese), ma deve indicare gli elementi concreti dai quali evincersi, anche in via indiziaria, l’effettiva traslazione dell’imposta.
8.5 In tema di rimborso dell’accisa, questa Corte ha stabilito con un orientamento ormai consolidato (Cass. n. 19618 del 01/10/2015; Cass. n. 19975 del 24/07/2019; Cass. n. 2810 del 06/02/2020; Cass. n. 22823 del 20/10/2020; Cass. n. 31679 del 26/10/2022; Cass. n. 4933 del 16/02/2023; Cass. n. 32982 del 17/12/2024), in linea con la giurisprudenza unionale, che: a) in caso di richiesta di rimborso di una accisa armonizzata, la mancata traslazione del tributo stesso non è elemento del fatto costitutivo del diritto al rimborso, essendo, invece, l’avvenuta traslazione un fatto impeditivo di detto diritto, con conseguente onere a carico dell’Amministrazione finanziaria di provare
tale fatto impeditivo; b) la prova del fatto impeditivo costitutivo della traslazione dell’imposta può essere fornita dall’Amministrazione finanziaria anche attraverso presunzioni aventi i requisiti richiesti dall’art. 2729 cod. civ., ma non anche con presunzioni semplici (e ciò sia precedentemente alla modifica normativa, in virtù della giurisprudenza della Corte di giustizia, che, a maggior ragione, successivamente); c) l’Amministrazione finanziaria, per escludere il diritto al rimborso, ha anche l’onere di dimostrare l’esistenza di un effettivo arricchimento che l’operatore conseguirebbe per effetto del rimborso.
8.6 Premesso, quindi, che la prova della traslazione dell’imposta gravava sull’ADM, occorre in primo luogo verificare se nella specie tale prova sia stata fornita, così come affermato dalla CTR, ovvero se tale prova debba ritenersi insufficiente, come sostenuto dalla società contribuente.
I giudici di appello hanno ritenuto, richiamando anche alcuni passi della motivazione della sentenza di primo grado, che la traslazione dell’accisa si potesse evincere dall’analisi del bilancio della contribuente che aveva iscritto le somme versate come costi nel conto economico, per cui, rientrando tra i costi di produzione ‘ che concorrono a formare il prezzo finale del prodotto ‘, ricadevano ‘ sugli acquirenti dell’energia elettrica venduta ‘.
9.1 Il riferimento generico al bilancio della contribuente è stato considerato, pertanto, un elemento presuntivo sufficiente per dimostrare l’avvenuta traslazione dell’imposta, senza alcuna ulteriore specificazione.
9.2 Questa Corte ha affermato, al riguardo, che « la Corte di giustizia ha escluso che la verifica dell’effettuazione della traslazione dell’onere economico su terzi possa fondarsi unicamente sulla circostanza che la società non ha provveduto a iscrivere in bilancio,
come credito, l’avvenuto pagamento dell’imposta, essendo, quindi, necessario che l’assolvimento dell’onere della prova in esame da parte dell’amministrazione doganale si fondi su altri e ulteriori elementi presuntivi, dotati di precisione, gravità e concordanza, come postulati dall’art. 2729, cod. civ. » (Cass. n. 19975 del 2019).
9.3 L’orientamento è stato parzialmente confermato da altra pronuncia (Cass. n. 2810 del 2020), secondo la quale è ammissibile l’utilizzo presuntivo del bilancio, sia pure a certe condizioni, dovendosi evincere, tuttavia, chiaramente dal documento contabile della società che dei relativi esborsi l’imprenditore abbia tenuto conto nella determinazione del prezzo finale praticato all’utente inciso.
9.4 Come è stato poi recentemente precisato, « L’onere della prova della traslazione delle accise sul gas naturale, quale fattore impeditivo del diritto al rimborso, ai sensi dell’art. 29 l. n. 428 del 1990 (anche dopo le modifiche apportata dall’art. 21 della l. 6 febbraio 2007, n. 13), è a carico dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, la quale può ricorrere anche a presunzioni, purché gravi precise e concordanti ai sensi dell’art. 2729 cod. civ.; ne consegue che l’appostazione di una voce generica nel bilancio d’esercizio dell’imprenditore tenuto al pagamento delle accise, costituendo un mero indizio, non è idonea di per sé sola ad integrare la prova indiziaria della traslazione dell’imposta su terzi, a meno che dal bilancio si evinca che l’imposta pagata dall’imprenditore sia collocata tra i costi di produzione del reddito, dei quali si tiene normalmente conto ai fini della determinazione del prezzo » (Cass. n. 32982 del 2024).
9.5 Pertanto, se l’inserimento dei costi per accise nel conto economico del bilancio di esercizio è di per sé corretto, rappresentando essi un “costo della produzione”, risulta decisivo stabilire – ai fini dell’analisi che qui specificamente interessa (ossia, se dal trattamento contabile dell’esborso per accise possano trarsi elementi di prova,
diretta o logica, idonei a dimostrare la traslazione dell’imposta all’utente finale) – in quale specifica voce dello stesso conto economico essi siano stati collocati. Infatti, mentre una appostazione nella voce “oneri diversi di gestione” assume, sempre per i fini che qui rilevano, una valenza indubbiamente neutra, al contrario, l’inserimento nella voce B6 (o in altra ad essa sostanzialmente riconducibile) è connotato da intrinseca specificità. Secondo i principi propri di una libera economia di mercato, infatti, l’inserimento delle accise in discorso nell’ambito dei costi di produzione per acquisto di materie prime, sussidiarie, di consumo e di merci, non può che avere un solo significato ovvero che di esse si è tenuto conto nella determinazione del prezzo finale pagato dagli utenti, avendo trattato ai fini contabili il prezzo di acquisto dello stesso, al lordo delle relative imposte (cfr. Cass. n. 2810 del 2020 cit.; Cass. n. 17938 del 2025).
9.6 Nel caso di specie, la CTR ha ritenuto la sussistenza della traslazione dell’imposta affermando che tale elemento si ricaverebbe dal bilancio della contribuente ( ‘ l’accisa per la quale la Sp.A. ha chiesto il rimborso rientra infatti fra i costi di produzione che concorrono a formare il prezzo finale del prodotto… ‘ ), senza chiarire se effettivamente l’imposta sia stata collocata quale costo nella voce B6 del bilancio (cioè, tra i costi di produzione) ovvero in altra voce del documento contabile.
10. Con specifico riferimento al quarto motivo, poi, occorre rilevare che i giudici di appello non hanno nemmeno chiarito se l’ADM, su cui gravava il relativo onere, avesse fornito la prova della sussistenza dell’ulteriore requisito previsto per il diniego di rimborso, costituito dal l’indebito arricchimento che la contribuente conseguirebbe per effetto del rimborso, e in che cosa detta prova sarebbe consistita (Cass. n. 31679 del 2022; n. 19976 del 2019 e Cass. n. 19681 del 2015).
10.1 Non va trascurato, invero, quanto evidenziato sul punto dalla Corte di Giustizia UE, secondo la quale, « Anche quando è provato che l’onere dell’imposta indebitamente riscossa è stato parzialmente o totalmente ripercosso sui terzi, il rimborso di questa all’operatore non gli procura necessariamente un arricchimento senza causa (v. sentenze Comateb e a., cit., punto 29, e 21 settembre 2000, cause riunite C441/98 e C-442/98, Michailidis, Racc. pag. 1-7145, punto 34). Infatti, anche qualora l’imposta sia completamente inserita nel prezzo praticato, il soggetto passivo potrebbe subire un danno dovuto ad una diminuzione di volume delle sue vendite (v. cit. sentenze Comateb e a., punto 29, e Michailidis, punto 35). Pertanto, l’esistenza e la misura dell’arricchimento senza causa che il rimborso di un tributo indebitamente riscosso con riguardo al diritto comunitario causerebbe per un soggetto passivo potranno essere stabiliti soltanto al termine di un’analisi economica che tenga conto di tutte le circostanze pertinenti. Di conseguenza, il diritto comunitario osta a che uno Stato membro neghi di rimborsare a un operatore un’imposta riscossa in violazione del diritto comunitario solo perché questa è stata inserita nel prezzo di vendita al dettaglio praticato da detto operatore e, pertanto, trasferita su terzi, il che implicherebbe necessariamente che il rimborso dell’imposta causerebbe un arricchimento senza causa dell’operatore » e ha concluso che affermando che « le norme del diritto comunitario relative alla ripetizione dell’indebito devono essere interpretate nel senso che esse ostano a una normativa nazionale che rifiuti – il che tocca al giudice nazionale verificare – il rimborso di un’imposta incompatibile con il diritto comunitario solo perché questa è stata trasferita sui terzi, senza esigere che sia stabilita la misura dell’arricchimento senza causa che causerebbe per l’operatore il rimborso di detta imposta » (CGUE, 2 ottobre 2003, causa C-147/2001 RAGIONE_SOCIALE; in termini, CGUE causa C-73/2023).
10.2 Anche di recente, seppure in tema di IVA (ma il principio è applicabile anche con riferimento al rimborso dell’accisa) , la Corte di Giustizia ha ribadito che l’assenza di perdita o di svantaggio finanziario non è necessariamente il corollario della traslazione integrale dell’IVA sul consumatore finale in quanto, anche in tale ipotesi, l’operatore economico può avere subito una perdita economica connessa alla diminuzione del volume delle sue vendite (CGUE, sentenza 21 marzo 2024, causa C-606/22, che richiama la sentenza della CGUE del 10 aprile 2008, causa C-309/06).
11. Siffatti accertamenti risultano assolutamente necessari al fine di riscontrare se l’Amministrazione doganale abbia assolto o meno all’onere probatorio sulla stessa gravante, soprattutto alla luce delle modifiche apportate all’art. 29, comma 2, della l. n. 428 del 1990, ratione temporis vigente, e tenuto conto del fatto che, come ha osservato anche la difesa della contribuente, i prezzi del mercato dell’energia elettric a sono in qualche modo calmierati, in considerazione delle particolari modalità della loro formazione che vedono l’intervento d el Gestore del Mercato Elettrico (GME), istituito dal d.lgs. n. 79 del 1999.
12. In conclusione, vanno accolti il terzo ed il quarto motivo di ricorso, rigettati i primi due motivi e dichiarati assorbiti gli altri; la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti e rinviata alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione, per nuovo esame e per la liquidazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo ed il quarto motivo di ricorso, rigetta il primo e il secondo motivo, dichiara assorbiti i restanti; la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa
composizione, per nuovo esame e per la liquidazione delle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 10 giugno 2025