Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18080 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18080 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato ;
– ricorrente
–
contro
RAGIONE_SOCIALE, corrente in RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, corrente in Roma, entrambe in persona del rispettivo legale rappresentante, con l’ avv. NOME COGNOME;
– controricorrenti –
Avverso la sentenza n. 470/2022 resa dalla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte e depositata in data 7 aprile 2022.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22 maggio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1.Con apposito avviso l’Agenzia accertava a carico delle contribuenti odierne controricorrenti, la prima aderente al consolidato della seconda, maggior reddito (anni d’imposta 2013) derivante dall’applicazione del valore normale di cessione di merci in favore della RAGIONE_SOCIALESociété Anonime MonegasqueRAGIONE_SOCIALE. In particolare, in applicazione del disposto di cui all’art. 110 TUIR, l’Agenzia individuava un rapporto di controllo della RAGIONE_SOCIALE da transfer pricing
parte della Domori, e dunque sostituiva ai prezzi applicati il valore normale, in virtù della disciplina pro tempore applicabile in tema di transfer pricing (art. 110, comma 7, TUIR).
In entrambi i gradi del giudizio di merito l’Agenzia risultava soccombente; quindi, essa ha proposto ricorso in cassazione affidato a due motivi, mentre le contribuenti hanno resistito a mezzo di controricorso.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo mezzo l’Agenzia denuncia il vizio di motivazione apparente nella parte in cui la sentenza di secondo grado ha accertato l’insussistenza dei presupposti applicativi della disciplina del transfer pricing.
La difesa erariale, fondando le proprie argomentazioni sugli accertamenti contenuti nell’atto impositivo, ha dapprima ricostruito un’influenza rilevante di NOME su RAGIONE_SOCIALE ai sensi dell’art. 110, comma 7, TUIR, ricavandola in particolare da commistioni di cariche sociali, amministrative e gestorie esistenti tra le due compagini societarie, in quanto nella società monegasca si trovava NOME COGNOME in qualità di socio e amministratore, soggetto che figurava come fiduciario della famiglia COGNOME, in tal veste anche vicepresidente del consiglio d’amministrazione di RAGIONE_SOCIALE; NOME COGNOME, socio e amministratore di RAGIONE_SOCIALE era poi stato nel 2007 amministratore delegato di Domori e poi fino al 2011 suo direttore generale e successivamente suo procuratore speciale con delega agli acquisti e vendite; COGNOME aveva come socio unico il RAGIONE_SOCIALE che deteneva il 40% delle quote di RAGIONE_SOCIALE, cui sarebbe riconducibile RAGIONE_SOCIALE.
1.1.Il motivo è infondato, perché sul punto la CTR ha fornito l’indicazione del proprio iter logico, dal momento che ha ritenuto poco significativo l’elemento della riconducibilità di Agrimontana a Illy, trattandosi di una partecipazione di minoranza; così come del coinvolgimento di COGNOME in Agriland, avendo lo stesso la titolarità
di quote per l’uno per cento; e la diversità delle gestioni che vengono ritenute dall’Agenzia collegate, in quanto il COGNOME è sì consigliere di COGNOME e socio e amministratore di RAGIONE_SOCIALE, ma appunto poco prima la CTR aveva premesso l’assenza di un collegamento rilevante fra le due società.
Il fatto che la CTR abbia trascurato, secondo l’Agenzia, che il COGNOME era anche amministratore, oltre che socio, di RAGIONE_SOCIALE, può costituire al più un elemento che qualifica la motivazione come carente (come tale non più censurabile in sede di legittimità), ma non certo come assente o apparente.
D’altronde dalle stesse indicazioni fornite dall’Agenzia emerge come la RAGIONE_SOCIALE era in gran parte in mano alla famiglia COGNOME, che nel frattempo era stata sostanzialmente sostituita all’interno della RAGIONE_SOCIALE dal Gruppo RAGIONE_SOCIALE.
Né sussiste altro profilo di censura della decisione sul punto.
Col secondo mezzo si denuncia nuovamente il vizio di motivazione apparente, questa volta con riferimento alla parte della motivazione dedicata ai rapporti contrattuali fra le società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
In particolare, la difesa erariale aveva sostenuto che nonostante i penetranti obblighi contrattuali gravanti sul distributore RAGIONE_SOCIALE, pur non avendo esso adempiuto all’obbligo di approvvigionamento minimo di merce da RAGIONE_SOCIALE, quest’ultima non aveva risolto il contratto, il che dimostrerebbe ulteriormente la situazione di controllo fra le due società.
2.1. Anche in tal caso la motivazione non può dirsi apparente, in quanto i giudici d’appello hanno senz’altro indicato il percorso logico della decisione assunto su tale aspetto.
Essi, infatti, hanno osservato non solo non essere credibile che il venir meno dei quantitativi minimi abbia menomato l’operatività della fornitrice italiana, ma anche che ciò non era stato provato.
Piuttosto hanno ritenuto plausibile, sulla base delle allegazioni della parte contribuente, che le inadempienze contrattuali di RAGIONE_SOCIALE fossero addebitabili a previsioni troppo ottimistiche e, in parte almeno, all’impossibilità di RAGIONE_SOCIALE di produrre i quantitativi minimi pattuiti.
Il ricorso deve essere dunque rigettato, con aggravio di spese in capo all’ Amministrazione soccombente.
Nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, non sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.p.r. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non potendo tale norma trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (cfr. Cass., 29/01/2016 n. 778).
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite che liquida in € 5 .800,00, oltre rimborso forfettario nella misura del 15 % dell’onorario, ed oltre i.v.a. e c.p.a. se dovute, ed esborsi per € 200,00.
Così deciso in Roma, il 22 maggio 2025