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Transfer pricing: prova del controllo e motivazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Agenzia Fiscale in un caso di transfer pricing, confermando la decisione di merito che escludeva un rapporto di controllo tra una società italiana e la sua distributrice estera. La Corte ha ritenuto non sufficienti gli indizi forniti (partecipazioni di minoranza, commistioni di cariche) e ha giudicato la motivazione della sentenza impugnata non meramente apparente, ma logica e coerente, respingendo le censure dell’Amministrazione Finanziaria.

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Pubblicato il 5 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Transfer Pricing e Controllo Societario: Quando gli Indizi non Bastano

L’ordinanza della Corte di Cassazione analizzata oggi affronta un tema cruciale per i gruppi societari internazionali: la disciplina del transfer pricing. La decisione chiarisce quali elementi sono necessari per dimostrare l’esistenza di un rapporto di controllo tra società, presupposto indispensabile per l’applicazione delle norme sui prezzi di trasferimento. Il caso evidenzia come la semplice presenza di cariche sociali comuni o partecipazioni di minoranza possa non essere sufficiente a fondare un accertamento fiscale.

I Fatti: L’Accertamento Fiscale sul Transfer Pricing

L’Agenzia Fiscale aveva notificato un avviso di accertamento a una società italiana, aderente al consolidato fiscale della sua capogruppo, contestando un maggior reddito per l’anno d’imposta 2013. La contestazione derivava dall’applicazione delle norme sul transfer pricing, in particolare dell’art. 110, comma 7, del TUIR.

Secondo l’Amministrazione, i prezzi di cessione di merci a una società distributrice con sede nel Principato di Monaco erano inferiori al “valore normale”. Il presupposto dell’accertamento era l’esistenza di un rapporto di controllo o di influenza dominante da parte della società italiana (e della sua capogruppo) sulla società monegasca. Per sostenere questa tesi, l’Agenzia aveva addotto una serie di indizi:

* Commistioni di cariche sociali, con figure che ricoprivano ruoli di amministratori in entrambe le compagini o in società collegate.
* Partecipazioni societarie incrociate, sebbene di minoranza.
* La mancata risoluzione di un contratto di distribuzione nonostante la società monegasca non avesse rispettato gli obblighi di acquisto minimo.

Le società contribuenti avevano impugnato l’atto, e sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano dato loro ragione, annullando l’accertamento. L’Agenzia Fiscale ha quindi proposto ricorso in Cassazione, lamentando un vizio di “motivazione apparente” nella sentenza di secondo grado.

La Decisione della Corte: La Prova del Controllo nel Transfer Pricing

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Agenzia, confermando la decisione dei giudici di merito. La Suprema Corte ha stabilito che la motivazione della sentenza impugnata, sebbene sintetica, non era né assente né meramente apparente, in quanto esplicitava un percorso logico comprensibile.

L’analisi degli intrecci societari

La Corte ha condiviso la valutazione della Commissione Tributaria Regionale, la quale aveva ritenuto non significativi gli elementi portati dall’Agenzia. In particolare:

* La partecipazione della capogruppo in un’altra società, a sua volta collegata alla distributrice monegasca, era di minoranza e quindi non decisiva.
* La presenza di un amministratore comune era stata considerata in un quadro più ampio di diversità gestionali, giudicando assente un “collegamento rilevante”.

La Cassazione ha precisato che l’eventuale omissione di un singolo elemento (come il fatto che una persona fosse anche amministratore e non solo socio) poteva al massimo configurare una motivazione “carente”, ma non “apparente”. Una motivazione carente, dopo la riforma del giudizio di legittimità, non è più un motivo valido per censurare una sentenza di merito.

Il peso degli obblighi contrattuali

Anche sul secondo motivo di ricorso, relativo ai rapporti contrattuali, la Corte ha respinto le argomentazioni dell’Agenzia. I giudici di merito avevano ritenuto plausibile che l’inadempimento della società distributrice (mancato raggiungimento dei minimi d’acquisto) non derivasse da un rapporto di controllo, ma da cause oggettive, come previsioni di vendita troppo ottimistiche o l’impossibilità della stessa società fornitrice di produrre i quantitativi pattuiti. L’Agenzia, dal canto suo, non aveva fornito prova che tale inadempimento avesse realmente danneggiato la società italiana.

Le Motivazioni della Sentenza

Il cuore della decisione della Cassazione risiede nella distinzione tra motivazione “apparente” e motivazione “carente”. Una sentenza è viziata da motivazione apparente solo quando le argomentazioni del giudice sono talmente generiche o incomprensibili da non rendere possibile ricostruire l’iter logico che ha portato alla decisione. In questo caso, invece, i giudici di merito avevano esaminato gli indizi e li avevano motivatamente ritenuti insufficienti a dimostrare il controllo societario. Avevano fornito una spiegazione logica, anche se non condivisa dall’Agenzia. Pertanto, la Corte Suprema ha concluso che non sussistevano i presupposti per annullare la sentenza.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per le Imprese

Questa ordinanza offre importanti spunti pratici. In primo luogo, riafferma che, in materia di transfer pricing, l’onere di provare il presupposto del controllo tra le società ricade sull’Amministrazione Finanziaria. In secondo luogo, chiarisce che una collezione di indizi deboli (partecipazioni di minoranza, singole cariche comuni in un contesto di gestioni altrimenti separate) non è sufficiente a integrare tale prova. Le imprese devono comunque prestare attenzione a strutturare i loro rapporti infragruppo in modo chiaro e a condizioni di mercato, ma possono difendersi da accertamenti basati su presunzioni non supportate da prove concrete e univoche di un’influenza dominante.

Per applicare le norme sul transfer pricing, è sufficiente dimostrare la presenza di amministratori in comune o partecipazioni incrociate di minoranza?
No. Secondo l’ordinanza, questi elementi, se considerati singolarmente o nel loro insieme, possono essere ritenuti non significativi e insufficienti a provare l’esistenza di un rapporto di controllo o di influenza rilevante, che è il presupposto per l’applicazione della disciplina sul transfer pricing.

La mancata risoluzione di un contratto, nonostante l’inadempimento della controparte, prova automaticamente un rapporto di controllo ai fini del transfer pricing?
No. La Corte ha ritenuto che la mancata risoluzione non dimostra necessariamente una situazione di controllo. I giudici possono considerare plausibili altre spiegazioni, come l’impossibilità oggettiva di adempiere al contratto (ad esempio per previsioni troppo ottimistiche o difficoltà produttive), specialmente se l’amministrazione finanziaria non prova che tale inadempimento abbia effettivamente danneggiato la società fornitrice.

Quando la motivazione di una sentenza di merito può essere considerata “apparente” e quindi annullata dalla Corte di Cassazione?
Una motivazione è considerata “apparente” (e quindi la sentenza è annullabile) solo quando è talmente generica, contraddittoria o illogica da non permettere di comprendere il percorso logico seguito dal giudice. Se la sentenza, invece, espone un ragionamento comprensibile, anche se potenzialmente criticabile o incompleto, non si ricade nel vizio di motivazione apparente ma, al più, in quello di motivazione carente, che non è più motivo di ricorso in Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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