Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1311 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 1311 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/01/2025
AVVISO ACCERTAMENTO IRES -IRAP 2005-20062007
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 24297/2016 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore protempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ex lege ,
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante protempore, con sede legale in Noicattaro (BA), INDIRIZZO
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro-tempore, con sede in Monopoli (BA), INDIRIZZO, elettivamente domiciliate in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME rappresentat e e
difese dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME in virtù di procure speciali in calce al ricorso,
-controricorrente –RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro- tempore,
-intimata avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Puglia n. 665/03/2016, depositata il 17 marzo 2016; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17 ottobre 2024 dal consigliere relatore dott. NOME COGNOME dato atto che il Pubblico Ministero, in persona del sost. proc.
gen. dott. NOME COGNOME ha chiesto il rigetto del ricorso;
FATTI DI CAUSA
1. A seguito di verifica fiscale e di conseguente processo verbale di constatazione emesso dall’Agenzia delle Entrate Direzione regionale della Puglia in data 17 giugno 2009, l’Agenzia delle Entrate Direzione provinciale di Bari notificava alla RAGIONE_SOCIALE.a. i seguenti atti impositivi: a ) avviso di accertamento n. TVF080104870/2010, relativo ad IRES 2005; b ) avviso di accertamento n. TVF030102522/2010, relativo ad IRAP 2005; c ) avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO/2010, relativo ad IRES 2006; d ) avviso di accertamento n. TVF030104861/2010, relativo ad IRAP 2006; e ) avviso di accertamento n. TVF080105278/2010, relativo ad IRES 2007; f ) avviso di accertamento n. TVF030105276/2010, relativo ad IRAP 2007; g ) cartella di pagamento n. 014-2010-01341464049000, riguardante ruolo anno 2005.
L’Uffi cio, inoltre, notificava alla società RAGIONE_SOCIALE in qualità di consolidante, i seguenti ulteriori avvisi di accertamento: h ) avviso di accertamento n. TVF080104875/2010, relativo ad IRES 2005; i ) avviso di accertamento n. TVF080104994/2010, relativo ad IRES 2006; l ) avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO/2010, relativo ad IRES 2007; m ) avviso di accertamento n. TVF090106469/2010, relativo ad IRES 2006; n ) avviso di accertamento n. TVF090100007/2011, relativo ad IRES 2007.
Con gli avvisi di accertamento in questione di contestava alle suddette società: i ) la violazione dell’art. 110, comma 7, d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, in tema di transfer pricing , e quindi l’indeducibilità di costi sostenuti dalla RAGIONE_SOCIALE per l’acquisto di materie prime dalla consociata RAGIONE_SOCIALE (società di diritto argentino), in quanto effettuati ad un prezzo superiore al c.d. valore normale; ii ) la violazione dell’art. 110, comma 7, cit., per l’ omessa applicazione di interessi di mora, nella misura del 7%, per il ritardo in cui sarebbe incorsa una società consociata americana, la RAGIONE_SOCIALE, nell’estinguere un debito verso la RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE; iii ) l’indeducibilità, ex art. 110, commi 10 e 11, d.P.R. n. 917/1986, dell’importo delle provvigioni pagate dalla RAGIONE_SOCIALE alla società RAGIONE_SOCIALE, con sede in Hong Kong; iv ) la violazione del principio di competenza ex art. 109 d.P.R. n. 917/1986, nell’imputazione dei costi per ammortamento anticipatari, provvigioni relative alle operazioni con la società RAGIONE_SOCIALE E la
sopravvenienza passiva a titolo di contributi ex lege 19 dicembre 1992, n. 488.
Avverso i suddetti atti impositivi la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE proponevano separati ricorsi dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Bari la quale, previa riunione degli stessi, con sentenza n. 2119/07/2014 del 26 maggio 2014, accoglieva parzialmente il ricorso n. 6061/2010 R.G. (proposto dalla RAGIONE_SOCIALE avverso l’avviso di accertamento n. TVF030104861/2010), relativamente all’IRAP 2006, mentre rigettava tutti gli altri ricorsi riuniti.
Interposto gravame dalla consolidante e dalla consolidata, la Commissione Tributaria Regionale della Puglia, con sentenza n. 665/03/2016, depositata il 16 novembre 2015 e pronunciata in segreteria il 17 marzo 2016, accoglieva parzialmente l’appello ed annullava gli avvisi di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO/2010 e n. TVF030102522/2010, nonché la cartella di pagamento n. NUMERO_DOCUMENTO; annullava altresì gli avvisi di accertamento n. TVF080104875/2010, n. TVF080105278/2010, n. TVF030105276/2010, n. TVF090100007/2011; infine, annullava parzialmente gli avvisi di accertamento n. TVF080104994/2010, relativo ad IRES 2006, n. TVF030104861/2010, relativo ad IRAP 2006 e n. TVF090106469/2010, relativo ad IRES 2006, nel senso che confermava la validità di detti avvisi solo per la parte relativa al recupero a tassazione dell’ammortamento anticipato di € 15.231,05, e di costi per provvigioni non di competenza per € 36.959,30, annullando i medesimi a vvisi per tutto il resto, e con rigetto di ogni altra istanza ed eccezione, con compensazione di spese.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate , sulla base di quattro motivi (ricorso notificato il 21 -25 ottobre 2016).
Resistono con controricorso la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, mentre RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata.
Con decreto del 14 giugno 2024 è stata fissata per la discussione del ricorso l’udienza pubblica del 17 ottobre 2024.
All’udienza suddetta sono comp arsi i procuratori dell’Agenzia delle Entrate e delle controricorrente RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, che hanno concluso come da verbale in atti.
E’ intervenuto il Pubblico Ministero, in persona del sost. proc. gen. dott. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso in esame, come si è detto, è affidato a quattro motivi.
Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate eccepisce violazione e falsa applicazione dell’art. 110, comma 7, del d.P.R. n. 917/1986, e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3), c.p.c.
Deduce, in particolare, che, sebbene onere dell’Amministrazione finanziaria, in materia di transfer pricing , fosse soltanto quello di provare l’esistenza di transazioni, tra imprese collegate, ad un prezzo apparentemente inferiore a quello onere, gravando invece sul contribuente -stante le regole di vicinanza della prova -l’onere di dimostrare che tali transazioni siano intervenute per valori di mercato da considerarsi normali, nel caso di specie
l’Ufficio aveva provato la finalità elusiva dell’operazione, in quanto, ai fini della determinazione del valore normale, era stato applicato (e convalidato dalla C.T.R.) un criterio di determinazione del prezzo, e cioè il metodo del prezzo comparabile di mercato, non applicabile al caso di specie, in cui si sarebbe dovuto applicare il metodo del margine nello delle transazioni (TNMM), sia perché scelto dalla stessa contribuente nello studio sul transfer pricing prodotto in sede di verifica commissionato dalla società argentina RAGIONE_SOCIALE sia perché tale metodo consentiva di utilizzare, a fini comparativi, i margini netti realizzati da imprese indipendenti comparabili alla società oggetto di indagine, secondo i cinque fattori di comparabilità richiamati dalle Direttive OCSE.
Il motivo è destituito di fondamento.
Innanzitutto, la C.T.R., nel determinare il ‘valore normale’ ex art. 110, comma 7, d.P.R. n. 917/1986, ha applicato il metodo CUP ( Comparable Uncontrolled Price ) , che è comunque uno dei metodi previsti dalle Linee guida dell’OCSE in materia di transfer pricing.
Ai sensi dell’art. 110, comma 7, d.P.R. n. 917/1986 nel testo vigente ratione temporis , «i componenti di reddito derivanti da operazioni con soggetti non residenti nel territorio dello Stato, che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla società che controlla l’impresa, sono valutati in base al valore normale dei beni ceduti, dei servizi prestati e dei beni e servizi ricevuti, determinato a norma del comma 2, se ne deriva un aumento del reddito; la stessa disposizione si applica anche
se ne deriva una diminuzione del reddito, ma soltanto in esecuzione degli accordi conclusi con e autorità competenti degli stati esteri a seguito delle speciali procedure amichevoli previste per le convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni sui redditi. La presente disposizione si applica anche per i beni ceduti e i servizi prestati da società non residenti nel territorio dello Stato per conto delle quali l’impresa esplica attività di vendita e collocamento di materie prime o merci o di fabbricazione o lavorazione di prodotta».
A norma del richiamato comma 2 dell’art. 110, il valore normale si determina come previsto dall’art. 9 dello stesso d.P.R. n. 917/1986, che stabilisce (comma 3) che per valore normale si intende il prezzo o il corrispettivo mediamente applicato per i beni e servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati.
Nel caso di specie non è in discussione la sussistenza del presupposto soggettivo di applicazione della normativa richiamata, in quanto la ricorrente RAGIONE_SOCIALE è società consociata alla argentina RAGIONE_SOCIALE
Per quel che riguarda, invece, il presupposto oggettivo, consistente nell’anormalità del corrispettivo stabilito in una transazione tra soggetti collegati e incidente sulla libera concorrenza così da legittimare la rettifica dei prezzi praticati, con soli effetti fiscali, deve ribadirsi, in via generale, che l’onere della prova gravante sull’Amministrazione riguarda non il concreto vantaggio fiscale conseguito dal contribuente,
ma solo l’esistenza di transazioni, tra imprese collegate, ad un prezzo apparentemente inferiore a quello normale, mentre incombe sul contribuente, giusta le regole ordinarie di vicinanza della prova ex art. 2697 c.c., ed in materia di deduzioni fiscali, l’onere di dimostrare che tali transazioni siano intervenute per valori di mercato da considerarsi normali alla stregua di quanto specificamente previsto dall’art. 9, comma 3, d.P.R. n. 917/1986 (tra le altre, Cass. 19 aprile 2018, n. 9673; Cass. 15 novembre 2017, n. 27018; Cass. 15 aprile 2016, n. 7493; Cass. 18 settembre 2015, n. 18392).
Più in particolare, è stato affermato che «in tema di transfer pricing , l’art. 110, comma 7, del d.P.R. n. 917 del 1986, non integrando una disciplina antielusiva in senso proprio, ma avendo lo scopo di reprimere i fenomeni di spostamento artificioso dei profitti in un’altra giurisdizione, pone a carico dell’amministrazione finanziaria l’onere di provare che le transazioni infragruppo siano avvenute ad un prezzo inferiore al valore di mercato normale, da valutarsi, ai sensi dell’art. 9, comma 3, del cit. d.P.R., facendo riferimento sia ai listini o alle tariffe del fornitore dei beni, sia alle linee guida OCSE, adottando il metodo più appropriato al caso concreto, senza alcun criterio gerarchico, e potendo il contribuente, a sua volta, fornire la prova del contrario, evidenziando altresì i costi eventualmente aggiunti, gli sconti riconosciuti e le complessive condizioni economiche praticate» (Cass. 16 luglio 2024, n. 19512; v. anche Cass. 20 maggio 2021, n. 13850).
Orbene, la ratio della normativa va rinvenuta nel principio di libera concorrenza enunciato nell’art. 9 del Modello di Convenzione OCSE, il quale prevede la possibilità di sottoporre a tassazione gli utili derivanti da operazioni infragruppo che siano state regolate da condizioni diverse da quelle che sarebbero state convenute fra imprese indipendenti in transazioni comparabili effettuate sul libero mercato; si tratta, quindi, di verificare la sostanza economica dell’operazione intervenuta e di metterla a confronto con analoghe operazioni realizzate, in circostanze comparabili, in condizioni di libero mercato tra soggetti indipendenti e di valutarne la conformità a queste.
Tra i metodi previsti dalle Linee Guida OCSE, la C.T.R. ha ritenuto utilizzabile quello tradizionale del confronto del prezzo (CUP). Sulla individuazione della metodologia da applicazione, è pur vero che questa Corte ha ritenuto utilizzabile anche altri criteri, ed in particolare il criterio del margine netto della transazione (c.d. TNMM), a condizione che sia selezionato il periodo di indagine, siano identificate le società comparabili, siano apportate le appropriate rettifiche contabili al bilancio della parte testata, siano tenute in debito conto le differenze tra la parte testata e le società comparabili in termini di rischi assunti o di funzioni svolte e sia assunto un indicatore affidabile del livello di profitto di redditività (cfr. Cass. 31 gennaio 2024, n. 2853).
Peraltro, l’originaria impostazione delle linee guida OCSE (1995), che prevedeva l’applicazione del metodo CUP come preferenziale, e solo in caso di impossibilità di utilizzo di questo approvava il ricorso ad altri metodi, residuali, come il
TNMM, è stato superato nelle Linee guida del 2010, eliminandosi qualsiasi precedenza o gerarchia per cercare di individuare il metodo migliore in relazione al caso concreto.
Deve tuttavia ritenersi che sia rimasta una preferenza implicita per il metodo CUP, che comporta un onere di specifica motivazione delle ragioni per cui si preferiscono altri metodi, nella specie TNMM (Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate 29 settembre 2010, pag. 6). Successivamente, il D.M. 14 maggio 2018 ( recante ‘L inee guida per l’applicazione delle disposizioni di cui all ‘art. 110, comma 7, del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di prezzi di trasferimento ‘ ), all’art.4, comma 3, ha previsto espressamente una preferenza per i metodi tradizionali e in particolare per il metodo di confronto del prezzo, ove praticabile.
Nella fattispecie in esame, la C.T.R. ha chiaramente indicato le ragioni per disattendere il modello adottato dall’Agenzia delle Entrate, basato sul TNMM, in quanto, come si legge in motivazione, da un lato ha riscontrato l’esistenza di transazioni commerciali analoghe con soggetti indipendenti; dall’altro, ha ritenuto sussistenti -con motivazione che appare congrua ed adeguata -una serie di preclusioni applicative, quali: a ) la presenza di molte transazioni con parti correlate; b ) l’elevato livello di costi operativi della RAGIONE_SOCIALE rispetto al campione selezionato (ad es., il costo del personale dipendente e gli ammortamenti); c ) l’intervenuto trasferimento di redditività subito dalla RAGIONE_SOCIALE s.p.a., a seguito della
riorganizzazione del gruppo, con la nascita di due società )la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE); d ) l’utilizzo, da parte dell’Ufficio, nell’ambito dei campioni da porre a confronto, soggetti operanti in segmenti di mercato differenti, e con dimensioni notevolmente inferiori alla RAGIONE_SOCIALE, escludendo altresì dal campione imprese che presentavano bilanci in perdita, ovvero ponendo a confronto ambiti temporanei non omogenei tra loro, senza tenere conto, peraltro, dell’incidenz a dei costi operativi, il calo del fatturato, le svalutazioni di magazzino e la procedura di formazione dei listini della società RAGIONE_SOCIALE
Correttamente, pertanto, la C.T.R. ha ritenuto che l’Ufficio non abbia sufficientemente dimostrato le ragioni fondanti l’applicazione del diverso metodo utilizzato TNMM, dovendo, in base al sistema normativo vigente, concentrare l’analisi e la critica agli elementi apportati dalla contribuente, potendo disattendere il modello proposto solo dopo un approfondito esame che ne escluda l’applicabilità, anche chiedendo ulteriori elementi di valutazione in sede istruttoria. Ciò anche tenendo in opportuna considerazione il favore delle linee guida OCSE 2010, e ora anche italiane 2018, per il metodo della comparazione del prezzo, il che costituisce ulteriore limite ad una applicazione di diversi modelli, come nella specie meno raccomandati, adottata senza una rigorosa motivazione del superamento di quelli fatti propri dal contribuente.
Con il secondo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 110, comma 7, d.P.R. n. 917/1986, con riferimento al mancato addebito
di interessi attivi nei confronti di una consociata, in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3), c.p.c.
Rileva, in particolare, che erroneamente la C.T.R. aveva ritenuto non applicabile la normativa sul transfer pricing con riferimento alla mancata riscossione del credito per interessi nei confronti della consociata americana RAGIONE_SOCIALE in quanto tale situazione si traduceva nella prestazione di un servizio fornito dalla società verificata nei confronti della consociata, che risultava quindi materialmente avvantaggiata dal mancato esborso di interessi attivi su quel debito.
Il motivo in oggetto è infondato. La C.T.R., con valutazione di fatto insindacabile in questa sede, ha motivatamente ritenuto che esisteva una prassi commerciale della RAGIONE_SOCIALE intesa a preservare i rapporti con la clientela, evitando aggravi di interessi, ed in ogni caso la transazione commerciale in questione si era poi conclusa con la restituzione della merce, per cui non vi era ragione di applicare gli interessi in questione.
Con il terzo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 110, commi 10 e 11, del d.P.R. n. 917/1986 e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3), c.p.c.
Deduce, in particolare, l’Agenzia delle Entrate che, con riferimento alla indeducibilità delle provvigioni pagate dalla RAGIONE_SOCIALE alla società RAGIONE_SOCIALE Di Hong Kong, i costi in questione erano da ritenere indeducibili, in quanto posti in essere con soggetto residente in un territorio avente fiscalità privilegiata, non risultando peraltro provate le esimenti di cui all’art. 10, comma 11, cit.
Anche tale motivo è infondato. La C.T.R., con accertamento di fatto insindacabile in questa sede, ha ritenuto effettivo il rapporto di agenzia della RAGIONE_SOCIALE con la società RAGIONE_SOCIALE (e quindi la concreta esecuzione dell’operazione), e la congruità del compenso provvigionale (dal 5% al 7%), tenuto conto dei rilevanti volumi di vendita conseguiti nella zona (e quindi la sussistenza di un effettivo interesse economico per la società).
Con il quarto motivo di ricorso la ricorrente eccepisce violazione e falsa applicazione dell’art. 109 d.P.R. n. 917/1986 e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3), c.p.c.
Rileva, in particolare, l’Agenzia delle Entrate che l’importo di € 46.683,59, contabilizzato come contributo in conto impianti di cui alla legge 19 dicembre 1992, n. 488, era stato erroneamente portato come costo imputato a conto economico, atteso che la sua quantificazione derivava da costi conoscibili già al momento dell’avviso dell’istruttoria per la ricezione del contributo.
Con riferimento, inoltre, alla riqualificazione operata dall’Ufficio degli acconti provvigionali corrisposti alla RAGIONE_SOCIALE in finanziamento, con conseguente recupero a tassazione di interessi per € 2.594,08, la C.T.R. si sarebbe limitata a recepire le argomentazioni difensive, sebbene non provate e inidonee a confutare la pretesa erariale.
Anche tale motivo è da ritenere infondato.
La C.T.R. ha chiarito che la verifica della sopravvenienza passiva poteva essere effettuata solo dopo l’ultimazione del
piano di investimenti e la verifica delle spese sostenute; di fronte a tali considerazioni, l’Ufficio ricorrente si è limitato a contrapporre che la quantificazione della posta derivava da fatti conoscibili già al momento dell’avvio dell’istruttoria per la ricezione del contributo, non solo non spiegando in concreto quali fossero stati tali elementi ma, in ogni caso, introducendo una questione di fatto inapprezzabile in sede di legittimità.
Con riferimento, poi, agli acconti corrisposti dalla RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE, la Corte territoriale, sempre con valutazione di fatto insindacabile in questa sede, ha accertato che non trattavasi di finanziamento, ma, per l’appunto, di acconti, peraltro in linea con la prassi della società nei rapporti con gli agenti, risultando agli atti che analoghi acconti erano stati corrisposti anche ad altri soggetti.
5. Nel complesso, pertanto, il ricorso deve essere rigettato. Le spese di giudizio seguono la soccombenza dell’Agenzia nei confronti delle società contribuenti, secondo la liquidazione di cui al dispositivo.
Nulla per le spese nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, rimasta intimata.
Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, per essere Amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1quater .
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente alla rifusione, in favore della RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE, delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano in € 15.000,00 per compensi, oltre 15% per rimborso spese generali, C.A.P. ed I.V.A.
Così deciso in Roma, il 17 ottobre 2024.