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Transfer pricing: onere della prova e scelta del metodo

La Corte di Cassazione respinge il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria in un caso di transfer pricing, confermando che spetta all’Ufficio provare che le transazioni infragruppo avvengono a prezzi non di mercato. La Corte ha validato la decisione dei giudici di merito di rigettare il metodo di calcolo proposto dal Fisco (TNMM), a causa di carenze nell’analisi, ribadendo la preferenza per metodi più diretti come il CUP (Comparable Uncontrolled Price) quando applicabili.

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Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Transfer Pricing: La Cassazione Chiarisce Onere della Prova e Scelta del Metodo

La disciplina del transfer pricing rappresenta uno dei nodi cruciali del diritto tributario internazionale, essenziale per garantire una corretta allocazione dei profitti tra le diverse giurisdizioni in cui opera un gruppo multinazionale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fornito importanti chiarimenti sulla ripartizione dell’onere della prova tra Fisco e contribuente e sui criteri per la scelta del metodo più adeguato per la determinazione del valore normale delle transazioni infragruppo. Analizziamo la decisione per comprenderne la portata e le implicazioni pratiche per le imprese.

I Fatti del Contenzioso

Il caso nasce da una serie di avvisi di accertamento emessi dall’Amministrazione Finanziaria nei confronti di due società, una consolidante e una consolidata, per diverse annualità d’imposta. Le contestazioni si basavano principalmente su presunte violazioni delle norme sul transfer pricing. In particolare, l’Ufficio contestava:
1. L’indeducibilità di costi sostenuti per l’acquisto di materie prime da una consociata argentina, ritenuti superiori al valore normale.
2. La mancata applicazione di interessi attivi su un credito vantato verso una consociata americana per ritardato pagamento.
3. L’indeducibilità di provvigioni pagate a una società con sede a Hong Kong, considerata a fiscalità privilegiata.
4. Altre irregolarità contabili relative a contributi e ammortamenti.
Dopo un iter processuale nei gradi di merito, che aveva visto le società contribuenti ottenere un parziale annullamento degli atti impositivi, l’Amministrazione Finanziaria ha proposto ricorso per cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione sul Transfer Pricing

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria, confermando la sentenza della Commissione Tributaria Regionale. La decisione si fonda su principi consolidati in materia di transfer pricing, rafforzando le garanzie per il contribuente e delineando in modo netto i doveri probatori dell’Ufficio.

Le Motivazioni

La sentenza affronta in modo dettagliato i quattro motivi di ricorso, ma il cuore della decisione risiede nel primo, relativo alla metodologia di determinazione dei prezzi di trasferimento.

Il Metodo di Calcolo del Valore Normale

L’Amministrazione Finanziaria aveva basato la propria rettifica sul metodo del margine netto della transazione (TNMM), scartando il metodo del confronto di prezzo (CUP) applicato dal contribuente. La Corte ha ritenuto corretta la valutazione dei giudici di merito, i quali avevano evidenziato numerose lacune nell’analisi dell’Ufficio. In particolare, la Commissione Tributaria Regionale aveva rilevato che:
– Esistevano transazioni commerciali analoghe con soggetti indipendenti che avrebbero permesso l’uso del metodo CUP.
– L’analisi di comparabilità dell’Ufficio era viziata dalla presenza di numerose transazioni con parti correlate e da un livello di costi operativi della società verificata molto diverso da quello del campione selezionato.
– L’Ufficio non aveva adeguatamente considerato elementi specifici come il calo del fatturato, le svalutazioni di magazzino e le procedure di formazione dei listini.
La Cassazione ha ribadito che, sebbene non esista una gerarchia formale tra i metodi OCSE, vi è una preferenza implicita per i metodi tradizionali e più diretti come il CUP. L’abbandono di tale metodo in favore di uno basato sui margini, come il TNMM, richiede una motivazione rigorosa e circostanziata da parte dell’Ufficio, che nel caso di specie è mancata.

La Ripartizione dell’Onere della Prova

La Corte ha colto l’occasione per ribadire un principio fondamentale: in materia di transfer pricing, spetta all’Amministrazione Finanziaria l’onere di provare l’esistenza di transazioni tra imprese collegate avvenute a un prezzo che si discosta da quello normale. Solo una volta fornita tale prova, l’onere si sposta sul contribuente, il quale dovrà dimostrare che il prezzo praticato, pur diverso, è giustificato da specifiche condizioni economiche e rientra comunque nel concetto di valore di mercato.

Altre Questioni Esaminate

I restanti motivi di ricorso sono stati respinti in quanto basati su valutazioni di fatto, non sindacabili in sede di legittimità. La Corte ha ritenuto che la decisione di non applicare interessi alla consociata americana fosse una scelta commerciale legittima per mantenere i rapporti con la clientela e che il rapporto di agenzia con la società di Hong Kong fosse effettivo e congruo.

Conclusioni

La sentenza in esame offre preziose indicazioni per le imprese che operano in contesti internazionali. Emerge con chiarezza l’importanza di una solida documentazione a supporto delle politiche di transfer pricing adottate, in grado di giustificare sia la scelta del metodo di valutazione sia la determinazione dei prezzi. Per l’Amministrazione Finanziaria, la decisione rappresenta un monito a condurre analisi approfondite e rigorose, motivando adeguatamente le proprie scelte metodologiche e non potendo scartare aprioristicamente le analisi fornite dal contribuente senza un esame approfondito che ne dimostri l’inapplicabilità.

In materia di transfer pricing, a chi spetta l’onere di provare cosa?
Spetta all’Amministrazione Finanziaria provare l’esistenza di transazioni tra imprese collegate a un prezzo apparentemente diverso da quello normale. Successivamente, in base alle regole di vicinanza della prova, spetta al contribuente dimostrare che tali transazioni sono intervenute a valori di mercato da considerarsi normali.

Esiste una gerarchia tra i metodi di determinazione del valore normale nel transfer pricing?
La sentenza chiarisce che, sebbene non vi sia una gerarchia formale, esiste una preferenza per i metodi tradizionali come il CUP (Comparable Uncontrolled Price). L’Amministrazione Finanziaria deve fornire una motivazione specifica e rigorosa per scartare tale metodo e utilizzarne un altro, come il TNMM, dimostrando l’inapplicabilità del primo.

La mancata applicazione di interessi attivi su un credito verso una consociata estera è sempre soggetta a rettifica per transfer pricing?
Non necessariamente. Nel caso di specie, la Corte ha confermato la valutazione di merito secondo cui la mancata riscossione degli interessi era giustificata da una prassi commerciale volta a preservare i rapporti con la clientela. Inoltre, essendo la transazione originaria conclusa con la restituzione della merce, non vi era più ragione di applicare interessi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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