Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18714 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18714 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7233/2024 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
NOME NV FILIALE ITALIANA DELLA SOCIETÀ DI DIRITTO COGNOME NOME COGNOME NV, elettivamente domiciliata in MILANO, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA n. 4120/2022 depositata il 27/10/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 01/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE
RAGIONE_SOCIALE – è una stabile organizzazione italiana della società di diritto belga RAGIONE_SOCIALE Nel corso di controlli compiuti da funzionari dell’ufficio, emergeva che la contribuente aveva posto in essere uno storno contabile pari a € 638.300,00, relativo ad un’asserita operazione di adeguamento della ‘redditività della branch ai valori di mercato’, operato al 31 dicembre 2015.
Con verbale n. 9 del 12 luglio 2018, i verificatori richiedevano alla società di produrre documentazione giustificativa. Non essendo stata prodotta alcuna giustificazione circa lo storno dei ricavi, l’Ufficio riprendeva a tassazione il suddetto importo per violazione dell’articolo 110, comma 7 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR). L’amministrazione finanziaria, pertanto, relativamente all’anno d’imposta 2015, accertava un maggior reddito imponibile della società e, di conseguenza, accertava una maggiore imposta Ires di Euro 175.532,00 e una maggiore imposta Irap di Euro 24.893,00, oltre interessi e sanzioni.
La CTP di Milano con la sentenza n. 5287/2019 ha respinto il ricorso della contribuente.
Al contrario, la CTR della Lombardia -Milano, invece, con la sentenza n. 4120/2022 ha accolto l’appello della società.
L’amministrazione finanziaria ha proposto ricorso per cassazione avverso detta decisione, sulla scorta di due motivi.
La contribuente resiste con controricorso. Vi è memoria scritta del Pubblico Ministero, in persona della dott.ssa NOME COGNOME che
ha concluso ex art. 380 bis.1 c.p.c. per l’accoglimento del primo motivo di ricorso.
E’ stata fissata udienza in camera di consiglio per il successivo 1° aprile 2025.
CONSIDERATO CHE
I due motivi di ricorso proposti dall’ufficio possono riassumersi come segue:
Nullità della sentenza per violazione/falsa applicazione dell’articolo 115, primo comma, c.p.c. in relazione a quanto disposto dall’articolo 360, primo comma, n. 4) c.p.c. Secondo la ricorrente, infatti, non corrisponde al vero che l’ufficio non abbia contestato la sussistenza di operazioni intercompany , anzi, sin dalla fase amministrativa è stata avanzata tale contestazione e richiesta documentazione atta a giustificare il local adjustment del 31/12/2015, ma la contribuente ha dichiarato che non vi era altra documentazione da offrire.
Falsa applicazione dell’articolo 110, comma 7 del d.P.R. n. 917/1986, in relazione a quanto previsto dall’articolo 360, primo comma, n. 3 c.p.c. in quanto l’operazione, oltre a non essere stata giustificata correttamente, avrebbe realizzato in concreto una sorta di transfert pricing con conseguente riduzione indebita del reddito imponibile della società avente sede in Italia.
Il primo motivo di ricorso appare fondato, con assorbimento del secondo mezzo.
Come correttamente osservato dal Procuratore generale, ‘la Commissione ha tratto la prova della non tassabilità in Italia da considerazioni in merito ad aggiustamento contabile dal quale non poteva trarsi alcuna informazione in ordine alla allocazione dei redditi, e ciò senza affatto tener conto del contenuto della contestazione da parte dell’Ufficio delle Entrate diretto a conoscere
le ragioni, in concreto, dello storno e, in particolare, senza considerare la richiesta, formulata con verbale n. 9 del 12 luglio 2018, diretta a ottenere la documentazione giustificativa sottesa all’ operazione di storno, ai fini della determinazione e quantificazione dello stesso oltre che alla sussistenza di un’eventuale contrattualistica di intercompany agreement ‘.
In effetti, si legge a p. 7 del provvedimento impugnato che ‘in ogni caso, anche qualora si volesse qualificare l’operazione di storno contabile come in year end adjustements ai sensi della normativa in materia di transfer pricing , sono del tutto illegittime le contestazioni formulate dall’Ufficio poiché la policy del Gruppo, che prevede che ogni filiale riceva una remunerazione pari al 5% delle spese operative nette, è stata verificata mediante una specifica analisi di benchmark , sulla base della quale la remunerazione ricevuta è risultata a valore di mercato, come implicitamente confermato dallo stesso Ufficio, il quale non ha sollevato alcuna eccezione in merito, né ha dimostrato l’esistenza di transazioni tra imprese collegate ad un prezzo apparentemente inferiore a quello di mercato’; inoltre alla pagina successiva si afferma ‘Ritiene il Collegio che qualora la condotta posta in essere dal contribuente avesse potuto configurare effettivamente un disegno elusivo ed un abuso del diritto, l’avviso di accertamento avrebbe dovuto essere motivato di conseguenza…’.
Trattasi di affermazioni che non hanno riscontro in atti e che appaiono gravemente omissive.
In primo luogo, occorre partire dal fatto che, come ritenuto da Cass. n. 28335/2018, la normativa in esame non integra una disciplina antielusiva in senso proprio, ma è finalizzata alla repressione del fenomeno economico del transfer pricing (spostamento d’imponibile fiscale a seguito di operazioni tra società appartenenti al medesimo gruppo e soggette a normative nazionali differenti) in sé considerato, sicché la prova gravante
sull’Amministrazione finanziaria non riguarda la maggiore fiscalità nazionale o il concreto vantaggio fiscale conseguito dal contribuente, ma solo l’esistenza di transazioni, tra imprese collegate, ad un prezzo apparentemente inferiore a quello normale, incombendo, invece, sul contribuente, giusta le regole ordinarie di vicinanza della prova ex art. 2697 c.c. ed in materia di deduzioni fiscali, l’onere di dimostrare che tali transazioni siano intervenute per valori di mercato da considerarsi normali alla stregua di quanto specificamente previsto dall’art. 9, comma 3, TUIR (vds. anche Cass. n. 11949 del 2012; Cass. n. 10742 del 2013; Cass. n. 18392 del 2015; Cass. n. 7493 del 2016).
Ciò è tanto vero che, più recentemente, si è anche affermato che il transfer pricing ha un carattere ‘neutrale’, in quanto supera la prospettiva antielusiva e caratterizza l’istituto per la preminente ed assorbente funzione di corretta allocazione del reddito tra le imprese legate da vincoli di interdipendenza (Cass. n. 19512 del 16/07/2024).
Nel caso di specie, non corrisponde al vero che l’ufficio non abbia contestato la sussistenza di operazioni intercompany , mentre l’esistenza dell’operazione di ‘aggiustamento’ contabile effettuato dalla contribuente risulta addirittura pacifica senza che, in sede stragiudiziale, pur a fronte di una specifica richiesta di giustificazione, la contribuente abbia depositato documenti atti a giustificare la correttezza e la rispondenza a logiche di mercato dell’operazione.
Il punto risulta ampiamente illustrato e motivato nell’avviso di accertamento, al par. 5 (conclusioni) ove si legge che i verbalizzanti richiedevano alla Parte con verbale n. 9 del 12 luglio 2018 di produrre documentazione giustificativa di tale operazione e che a fronte di tali richieste la Parte dichiarava che non sussisteva altra documentazione che quella prodotta in sede di valutazione delle operazioni infragruppo, senza nulla argomentare sia con
riferimento alla determinazione quantitativa dello storno che a tutti gli eventuali aspetti di ordine qualitativo.
Inoltre, alla pagina successiva sono puntualmente indicate e motivate le contestazioni svolte dall’ufficio con cui si procede alla ripresa a tassazione dell’importo di Euro 638.300.
Il motivo di ricorso deve pertanto essere accolto, con assorbimento del secondo mezzo. La pronuncia impugnata va quindi cassata con rinvio alla CTR della Lombardia (nel frattempo divenuta Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado) affinché, in diversa composizione, proceda ad una nuova valutazione del caso attenendosi ai principi enunciati. Al detto fine si dovrà altresì tenere conto delle eventuali preclusioni in cui la contribuente sia incorsa non avendo presentato documenti giustificativi in sede di contraddittorio stragiudiziale, ai sensi dell’art. 32 del d.P.R. n. 600/1973, in relazione al quale si è anche recentemente precisato che ‘in tema di accertamento fiscale, la mancata esibizione, in sede precontenziosa, di atti e documenti in risposta agli inviti dell’Amministrazione finanziaria, ex art. 32, comma 1, nn. 3 e 4, del d.P.R. n. 600 del 1973, impedisce di prenderne in considerazione il contenuto a favore del contribuente ed è sanzionata con la loro inutilizzabilità, che consegue automaticamente all’inottemperanza all’invito ed è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, fatta salva la possibilità dello stesso contribuente di depositare la documentazione in sede giurisdizionale in allegato all’atto introduttivo e di dichiarare di non aver potuto adempiere alle richieste degli uffici per causa a lui non imputabile’ (Sez. 5, ord. n. 26133 del 07/10/2024).
Il giudice del rinvio provvederà altresì alla regolamentazione delle spese, anche per il presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte, accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbito il secondo; cassa la decisione impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia-Milano, in diversa composizione, per un nuovo esame ed al fine di provvedere alla regolamentazione delle spese, comprese quelle del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 1°aprile 2025