Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4853 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 4853 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/02/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 5609/2016 R.G. proposto da Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma è domiciliata alla INDIRIZZO; -ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale a margine del ricorso, dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOMEAci ,
elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultima in Roma , alla INDIRIZZO;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 142/2015 della Commissione Tributaria Regionale del Trentino -Alto Adige – Bolzano, depositata in data 17/12/2015;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella pubblica udienza del 13 dicembre 2024;
udite le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale, dott. NOME COGNOME che ha chiesto accogliersi il ricorso principale e riget tarsi l’incidentale ;
uditi l’ Avvocato dello Stato NOME COGNOME per l’Agenzia delle Entrate e l’Avvocato NOME COGNOME per RAGIONE_SOCIALE
Fatti di causa
Con avviso di accertamento del 3 gennaio 2014 la Direzione regionale delle Entrate di Bolzano rettificò la dichiarazione Ires presentata per il 2008 dalla RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi, anche ‘la contribuente’ ) , esercente in Lana l’attività di vendita di estratti di frutta in polvere.
Nel corso di una verifica conclusasi con verbale di constatazione del 21 ottobre 2013, era emerso che la società nel 2008 era controllata al 100% del capitale sociale dalla RAGIONE_SOCIALE, a sua volta partecipata interamente dal Sig. NOME
Quest’ultimo era titolare del 75% del capitale della RAGIONE_SOCIALE, società austriaca.
La RAGIONE_SOCIALE inoltre, sarebbe stata titolare dell’intero capitale sociale della RAGIONE_SOCIALE, società di diritto svizzero.
Sarebbero emersi, inoltre, rapporti di affare tra il sig. NOME e la signora NOME COGNOME socio unico della Donaufrucht.
I verificatori accertarono che nel 2008 la contribuente aveva ceduto alla consociata austriaca RAGIONE_SOCIALE rilevanti quantità di polveri arricchite di aronia e mirtillo, per il corrispettivo totale di euro 1.030.050.
La RAGIONE_SOCIALE a sua volta, nello stesso giorno o in quelli immediatamente successivi, aveva ceduto la medesima merce alla società austriaca RAGIONE_SOCIALE per il corrispettivo di euro 1.541.750.
Sempre nell’arco di pochi giorni , la RAGIONE_SOCIALE aveva ceduto la medesima merce alla consociata svizzera del gruppo RAGIONE_SOCIALE con un minimo ricarico e quest’ultima , sempre in breve tempo, aveva ceduto la medesima merce ad una società stabilita nel Liechtenstein, denominata RAGIONE_SOCIALE per un prezzo di euro 2.918.300, corrispondente a quasi il triplo del prezzo della cessione dalla Iprona alla RAGIONE_SOCIALE.
Secondo l’Ufficio, il prezzo finale praticato alla RAGIONE_SOCIALE da lla società del gruppo RAGIONE_SOCIALE (la RAGIONE_SOCIALE) rappresentava il prezzo effettivo, o valore normale, a cui il gruppo intendeva cedere a terzi le polveri di frutto di bosco, sicché le cessioni precedenti, avvenute all’interno del gruppo, e, in particolare, la cessione da RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE, avrebbero dovuto considerarsi avvenute per un corrispettivo uguale a quello praticato alla RAGIONE_SOCIALE, da assoggettare a tassazione quale ricavo imponibile, ai sensi d ell’art. 110 , commi 7 e 2 del d.P.R. n. 917 del 1986 e dell’art. 9, comma 3, del d.P.R. n. 917 del 1986.
La società impugnò la rettifica e la C.T.P. di Bolzano, nel contraddittorio con l’Ufficio, accolse il ricorso.
Su appello dell’Ufficio, nel contraddittorio con la contribuente, la C.T.R. confermò la sentenza di primo grado.
Avverso la sentenza di appello, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo.
Resiste con controricorso la contribuente, che propone un ricorso incidentale articolato in due motivi, il secondo dei quali articolato a sua volta in due profili.
La contribuente ha anche depositato memoria difensiva ai sensi dell’art. 3 78 c.p.c.
Ragioni della decisione
1.Con l’unico motivo di ricorso, rubricato ‘ Violazione e falsa applicazione degli artt. 9 comma 3, 110 commi 2 e 7 d.P.R. n. 917 del 1986 ; 2697 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.’ , l’Agenzia delle Entrate censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha affermato che, pur essendo indubbio che le successive rivendite della polvere di frutta, tranne l’ultima alla RAGIONE_SOCIALE, fossero avvenute tra società tutte riconducibili al gruppo RAGIONE_SOCIALE, e che avessero tutte per oggetto la medesima merce, nello stesso stato fisico e nello stesso stadio di commercializzazione (all’ingrosso), tuttavia l’ufficio non avrebbe provato che il prezzo normale in Italia, per la vendita da Iprona a RAGIONE_SOCIALE, fosse quello in ultimo praticato alla RAGIONE_SOCIALE, ciò in quanto l’ufficio non avrebbe provato che le merci cedute in Italia dalla Iprona ad acquirenti terzi per prezzi simili a quelli praticati alla RAGIONE_SOCIALE fossero non comparabili con quelle cedute alla RAGIONE_SOCIALE.
La sentenza impugnata è censurata lì dove addossa sull’ufficio l’onere di provare che il prodotto venduto alla RAGIONE_SOCIALE era diverso qualitativamente rispetto a quello oggetto di transazioni non controllate da Iprona a soggetti indipendenti.
L’ufficio aveva fornito adeguata dimostrazione che le vendite da Iprona a Beerenfrost erano avvenute ad un prezzo inferiore di quello che Iprona avrebbe potuto ottenere sul mercato, dato che nel giro, al massimo, di pochi giorni, le medesime merci, nello stesso stadio di commercializzazione, erano state rivendute da una società di diritto svizzero ad Apeco ad un prezzo triplo, sicché nulla avrebbe impedito ad Iprona di effettuare essa direttamente la vendita a tale prezzo, senza interporre le altre società del gruppo.
1.1. Il motivo è fondato.
Questa Corte ha ripetutamente affermato che in tema di transfer pricing , l’art. 110, comma 7, del d.P.R. n. 917 del 1986, non integrando una disciplina antielusiva in senso proprio, ma avendo lo scopo di reprimere i fenomeni di spostamento artificioso dei profitti in un’altra giurisdizione, pone a carico dell’amministrazione finanziaria l’onere di provare che le transazioni infragruppo siano avvenute ad un prezzo inferiore al valore di mercato normale, da valutarsi, ai sensi dell’art. 9, comma 3, del cit. d.P.R., facendo riferimento sia ai listini o alle tariffe del fornitore dei beni, sia alle linee guida OCSE, adottando il metodo più appropriato al caso concreto, senza alcun criterio gerarchico, e potendo il contribuente, a sua volta, fornire la prova del contrario, evidenziando altresì i costi eventualmente aggiunti, gli sconti riconosciuti e le complessive condizioni economiche praticate (Cass., Sez. 5-, Sentenza n. 19512 del 16/07/2024, Rv. 672013 -01; cfr. anche Cass., Sez. 5-, Sentenza n. 2853 del 31/01/2024, Rv. 670249 -01; Cass., Sez. 5-, Ordinanza n. 11837 del 18/06/2020, Rv. 657984 – 01).
Dunque, al fine di individuare il valore normale di una transazione, ai sensi del combinato disposto degli artt. 110, comma 7 e 9, comma 3 Tuir, occorre considerare non solo ‘il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo grado di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi’ , ma è necessario valutar e l’operazione economica posta in essere nella sua globalità applicando uno dei metodi alternativi ma complementari descritti nelle linee guida OCSE del 22 luglio 2010 e, successivamente, con specifico riferimento alla legislazione italiana, nel decreto 14 maggio 2018 del Ministero dell’Economia e delle Finanze .
Dalla sentenza impugnata e dal ricorso dell’Agenzia delle Entrate emerge che la C.T.R. non ha tenuto conto della molteplicità dei metodi alternativi e complementari di determinazione del transfer
pricing (art. 4 del citato decreto, che è una disposizione tecnica che specifica metodi economici di determinazione previsti in generale già dal Tuir e dalle guidelines in materia emanate dall’OCSE).
In particolare, nel caso in cui non appare possibile il metodo indicato alla lettera a) del comma 2 dell’art. 4 del decreto (cioè il metodo del confronto di prezzo), perché il prodotto oggetto della transazione controllata (in tesi, da RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE) non è comparabile con quello oggetto di eventuali transazioni non controllate tra la contribuente (Iprona) e soggetti terzi indipendenti o tra contribuenti operanti nello stesso settore di mercato e soggetti terzi, il fenomeno del transfer pricing può e deve essere individuato facendo ricorso agli altri metodi alternativi e complementari, tra cui il metodo del prezzo di rivendita, che nel caso di specie è stato quello sostanzialmente adottato dall’amministrazione, che, sul presupposto che i passaggi della merce tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE fossero avvenuti tutti tra soggetti imprenditoriali appartenenti allo stesso gruppo facente cap o ad Armin Philip, ha rilevato l’anomalia del prezzo iniziale di vendita da Iprona a RAGIONE_SOCIALE nella circostanza che tale prezzo fosse stato di quasi tre volte inferiore a quello incassato da RAGIONE_SOCIALE nella vendita fatta alla società del Liechtenstein, nonostante che tra la vendita iniziale a RAGIONE_SOCIALE e quella finale ad RAGIONE_SOCIALE fosse intercorso un breve periodo di tempo e che la merce venduta non avesse subito ulteriori processi di lavorazione.
Inoltre, ritenendo verificato un fenomeno di transfer pricing a danno del fisco italiano, l’amministrazione ha di fatto applicato il criterio previsto dal l’art. 5 del d.m. 14 maggio 2018, aggregando, ai fini del rilievo della anormalità del prezzo di vendita da RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE, tutte le operazioni a partire dalla vendita di Iprona fino all’acquisto di RAGIONE_SOCIALE, considerando per questa via al di sotto del normale prezzo di mercato quello corrisposto da RAGIONE_SOCIALE a Iprona.
1.2.La scorretta e incompleta applicazione dei princìpi di determinazione del transfer pricing , dunque, impone la cassazione della sentenza impugnata e il conseguente rinvio, per nuovo esame,
alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado di Bolzano che, in diversa composizione, appurerà, innanzitutto, se la catena delle vendite da Iprona a RAGIONE_SOCIALE si fosse svolta tutta tra soggetti appartenenti allo stesso gruppo (circostanza contestata dalla difesa di Iprona e rimasta assorbita nella decisione d’appello); e, in secondo luogo, nel caso di risposta affermativa alla prima questione, se il prezzo di acquisto della merce da Iprona fosse stato anormalmente basso rispetto al prezzo d’acquis to, da fornitori indipendenti, di merce comparabile (sia sotto l’aspetto qualitativo, sia sotto l’aspetto delle condizioni di mercato) da parte di RAGIONE_SOCIALE a fini di rivendita, con distribuzione dell’onere della prova secondo i princìpi di cui a Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 13571 del 19/05/2021 (Rv. 661309 – 01).
2.1. Con il primo motivo del ricorso incidentale, rubricato ‘Violazione del principio dispositivo di cui all’art. 115 c.p.c. e della corretta valutazione delle prove di cui all’art. 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c.’ , la contribuente censura la sentenza impugnata per non aver rilevato che l’Agenzia delle Entrate non ha preso minimamente posizione in merito alla documentazione relativa ai prezzi applicati nelle transazioni comparabili, e dunque in merito alle cessioni di prodotti similari a clienti indipendenti, nonostante che tale documentazione fosse stata tempestivamente trasmessa dalla contribuente con le osservazioni inviate ex art. 12, comma 7, della legge n. 212 del 2000.
La contribuente, inoltre, deduce che l’Agenzia delle Entrate non ha preso posizione circa l’asserita non riconducibilità delle società della ‘catena di vendite’ allo stesso gruppo e che solo con l’atto di appello l’Agenzia ha introdotto il tema della non c omparabilità dei beni venduti dalla contribuente alla RAGIONE_SOCIALE rispetto a quelli venduti da RAGIONE_SOCIALE a soggetti indipendenti.
2.1.1. Il motivo è infondato.
L’amministrazione, con l’avviso di accertamento notificato al contribuente, non ha l’obbligo di prendere posizione su tutte le
circostanze allegate dal contribuente a sua difesa, essendo necessario solo che siano rispettate le cadenze temporali del contraddittorio endoprocedimentale e che l’avviso di accertamento contenga una motivazione sufficiente.
Né una motivazione particolarmente articolata deve riguardare, nel corpo dell’avviso di accertamento, l’esistenza di un gruppo societario, che deve, però, essere oggetto di un approfondito accertamento giurisdizionale.
Con riferimento, poi, alla asserita non contestazione della non comparabilità dei beni, deve rilevarsi che i fatti costitutivi della ripresa fiscale fondata sul transfer pricing erano stati tutti dedotti nell’avviso di accertamento e che l’introduzione del tema della non comparabilità dei beni, la cui vendita era stata assunta come tertium comparationis da parte della contribuente, costituisce una mera difesa e non una domanda nuova (sulla natura di attore sostanziale in capo all’amministrazione nell’ambito del giudizio tributario, cfr., ex multis , Cass., Sez. 5-, Ordinanza n. 26214 del 07/10/2024, Rv. 672606 -01).
2.2. Con il secondo motivo del ricorso incidentale, rubricato ‘Violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 12 comma 7 della legge n. 212 del 2000, art. 3 l. n. 241/1990, art. 97 Cost. e art. 41 Carta dei diritti fondamentali dell’UE in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.’ , la contribuente ribadisce la censura alla sentenza impugnata nella parte in cui non ha annullato l’avviso di accertamento per non essere stato preceduto da un effettivo contraddittorio endoprocedimentale.
2.2.1. Il motivo è infondato, dovendosi ribadire che nel caso di specie il contraddittorio preventivo è stato assicurato alla contribuente, la quale, di converso, non può pretendere che l’amministrazione esamini a pena di nullità dell’atto impositivo tutti gli elementi difensivi, di fatto e di diritto, dedotti in sede endoprocedimentale, né tantomeno che li accolga.
In definitiva, il ricorso principale è fondato, mentre è da respingere il ricorso incidentale.
La sentenza impugnata è cassata e la causa è rinviata, anche per le spese, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado di Bolzano che, in diversa composizione, nel valutare la sussistenza del transfer pricing nella fattispecie di causa, si atterrà ai criteri indicati in parte motiva.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente incidentale , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso principale, rigetta il ricorso incidentale.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado di Bolzano, in diversa composizione.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, d à atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente incidentale , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso, in Roma, il 13 dicembre 2024.