LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Transfer pricing: la Cassazione e la comparabilità

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso dell’Agenzia delle Entrate in una controversia sul transfer pricing. La Corte ha confermato la decisione di merito che negava la comparabilità tra le transazioni infragruppo e quelle con terzi a causa di diverse condizioni contrattuali e stadi di commercializzazione. La sentenza sottolinea che la valutazione della comparabilità è una questione di fatto riservata al giudice di merito e non può essere riesaminata in sede di legittimità.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Transfer Pricing: L’Importanza della Comparabilità nelle Transazioni Infragruppo

La disciplina del transfer pricing rappresenta uno dei nodi cruciali del diritto tributario internazionale, finalizzata a garantire che le transazioni tra società appartenenti allo stesso gruppo multinazionale avvengano a prezzi di mercato (il cosiddetto ‘valore normale’). Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 7174/2024, ha ribadito principi fondamentali in materia, chiarendo i limiti del sindacato di legittimità sulla valutazione della comparabilità delle operazioni. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, confermando che l’analisi delle condizioni contrattuali e commerciali è un accertamento di fatto riservato ai giudici di merito.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da tre avvisi di accertamento notificati dall’Agenzia delle Entrate a una società multinazionale produttrice di utensili industriali per gli anni 1999, 2000 e 2001. Le contestazioni si basavano su un processo verbale della Guardia di Finanza e riguardavano principalmente:

1. Transfer pricing attivo: la presunta omessa contabilizzazione di ricavi derivanti da cessioni di beni a società consociate estere a prezzi inferiori al valore normale.
2. Transfer pricing passivo: la deduzione di costi per acquisti da un’altra consociata a prezzi ritenuti superiori a quelli di mercato.
3. Altre contestazioni, tra cui l’indebita deduzione di costi e minusvalenze.

Il contenzioso, dopo un complesso iter giudiziario che aveva già visto un primo intervento della Cassazione con rinvio, giungeva nuovamente al vaglio della Corte Suprema a seguito dell’appello dell’Agenzia delle Entrate contro la decisione della Commissione Tributaria Regionale, la quale aveva annullato le riprese fiscali relative al transfer pricing.

L’Analisi della Corte sul Transfer Pricing e la Comparabilità

Il fulcro del ricorso dell’Amministrazione finanziaria verteva sulla presunta errata valutazione della comparabilità delle transazioni da parte del giudice di secondo grado. L’Agenzia sosteneva che le vendite effettuate dalla società italiana alle sue consociate estere fossero comparabili a quelle effettuate a clienti terzi indipendenti sul mercato italiano. Di conseguenza, i prezzi più bassi applicati alle consociate avrebbero configurato un trasferimento di utili all’estero.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha respinto questa tesi, giudicando il motivo di ricorso inammissibile. I giudici di legittimità hanno evidenziato come la Commissione Tributaria Regionale avesse correttamente svolto il proprio compito di giudice di merito, accertando in fatto l’esistenza di differenze sostanziali tra le due tipologie di transazioni che ne impedivano una comparazione diretta. Le differenze rilevate includevano:

* Condizioni di pagamento: 60 giorni per le consociate estere contro i 90 giorni per i clienti terzi italiani.
* Sconti sulla quantità: Praticati in modo diverso nelle due tipologie di operazioni.
* Stadio di commercializzazione: Diversa incidenza degli oneri di distribuzione, che gravavano sulle società estere nelle transazioni controllate e sulla società italiana nelle transazioni con terzi.

La Cassazione ha sottolineato che un ricorso in sede di legittimità non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sui fatti. L’Agenzia, lamentando una violazione di legge, tentava in realtà di ottenere una nuova e diversa valutazione delle prove e delle circostanze di fatto, attività preclusa alla Corte Suprema.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha motivato l’inammissibilità di tutti i motivi di ricorso presentati dall’Agenzia delle Entrate. Oltre alla questione centrale del transfer pricing attivo, sono stati rigettati anche i motivi relativi alle perdite su cambi e al transfer pricing passivo.

Per le perdite su cambi, la Corte ha ritenuto che il giudice di merito avesse congruamente motivato l’assenza di prova di una specifica funzione di copertura dei contratti a termine rispetto alle operazioni di finanziamento contestate. Anche in questo caso, il ricorso dell’Agenzia mirava a un riesame del merito.

Per il transfer pricing passivo, la Cassazione ha evidenziato come la sentenza impugnata avesse correttamente rilevato un vizio nel metodo di accertamento dell’Ufficio: la comparazione dei prezzi di acquisto era stata effettuata utilizzando dati relativi a periodi d’imposta disomogenei, invalidando così l’analisi.

La declaratoria di inammissibilità del ricorso principale ha comportato l’assorbimento del ricorso incidentale condizionato presentato dalla società, che non è stato quindi esaminato.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

La sentenza n. 7174/2024 offre importanti conferme per le imprese che operano in contesti multinazionali. In primo luogo, ribadisce che l’onere di dimostrare la comparabilità delle transazioni ai fini del transfer pricing spetta all’Amministrazione finanziaria e che tale analisi deve essere rigorosa e basata su elementi concreti. Le semplici somiglianze non sono sufficienti se coesistono differenze significative nelle condizioni contrattuali, economiche e funzionali. In secondo luogo, la decisione consolida il principio secondo cui la valutazione dei fatti e delle prove è di competenza esclusiva dei giudici di merito. La Corte di Cassazione interviene solo per correggere errori di diritto, non per sostituire la propria valutazione a quella operata nei gradi precedenti. Per le aziende, ciò significa che una difesa ben strutturata e documentata nel merito è fondamentale per far valere le proprie ragioni in un contenzioso sul transfer pricing.

Quando due transazioni, una infragruppo e una con un’impresa indipendente, possono essere considerate ‘comparabili’ ai fini del transfer pricing?
Secondo la sentenza, le transazioni sono comparabili solo se avvengono a condizioni simili. Non sono comparabili se presentano differenze significative, come diversi termini di pagamento (es. 60 giorni contro 90), diversi sconti sulla quantità o un differente stadio di commercializzazione con una diversa ripartizione dei costi di distribuzione.

Può la Corte di Cassazione riesaminare la valutazione sulla comparabilità delle transazioni fatta dal giudice di merito?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la valutazione della comparabilità è un accertamento di fatto riservato al giudice di merito. La Corte può intervenire solo per violazioni di legge, ma non può effettuare una nuova valutazione delle prove o sostituire il proprio giudizio a quello del giudice di merito. Un ricorso che tenta di farlo è considerato inammissibile.

Qual è la conseguenza se il ricorso principale viene dichiarato inammissibile per un ricorso incidentale condizionato?
Se il ricorso principale (in questo caso, quello dell’Agenzia delle Entrate) è dichiarato inammissibile, il ricorso incidentale condizionato (quello della società) viene ‘assorbito’. Ciò significa che non viene esaminato nel merito, poiché la sua discussione era subordinata all’accoglimento del ricorso principale, condizione che non si è verificata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati