Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5913 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5   Num. 5913  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore, difesa ex lege dall’AVV_NOTAIO dello Stato ;
–  ricorrente
–
contro
RAGIONE_SOCIALE, sedente in Milano, con AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO COGNOME ed NOME COGNOME;
–   controricorrente –
Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, n. 3827/16 depositata il 28 giugno 2016.
Udita  la  relazione  della  causa  svolta  alla  pubblica  udienza  del cinque febbraio 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
Dato atto che il Sostituto procuratore generale NOME COGNOME ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Dato  atto  che  la  difesa  erariale  ha  chiesto  l’accoglimento  del ricorso.
Dato  atto  che  il  difensore  del  controricorrente  ha  concluso  per  il rigetto del ricorso.
RILEVATO CHE
Legge interpretativa
1.Con appositi avvisi di accertamento emessi nell’anno 2012, l’Agenzia recuperava maggior IRAP a carico della contribuente per complessivi € 64.245,00 in riferimento all’anno d’imposta 2008 e per ulteriori € 42.149,00 in riferimento all’anno d’imposta 2009, il tutto oltre interessi e senza applicazione di sanzioni. Tanto derivava dalla rilevata violazione dell’art. 110, comma 7, TUIR, per non essere stato applicato il valore normale a transazioni con società controllate residenti all’estero (cd. transfer pricing).
Nelle  more  del  giudizio  di  primo  grado  entrava  in  vigore  la  l.  n. 147/2013, e la CTP riteneva che la stessa avesse esteso retroattivamente ai fini IRAP le regole di determinazione della base imponibile  derivanti  dall’applicazione  della  disciplina  in  materia  di prezzi di trasferimento anche per i periodi di imposta successivi al 2007.
La CTR,  adita così dalla contribuente, accoglieva il  gravame ritenendo  invece  che  la  l.  n.  244/2007  avesse  introdotto  il  c.d. principio  di  derivazione  diretta  della  base  imponibile  IRAP  dal bilancio civilistico, con conseguente irrilevanza del valore normale, per  cui  gli  atti  impositivi  successivamente  posti  in  essere  non potevano  essere  sanati,  mentre  poi  la  l.  n.  147/2013  avrebbe costituito un mutamento del quadro normativo.
L’Agenzia  propone  così  ricorso  in  cassazione  affidato  a  un  unico motivo, mentre la contribuente resiste a mezzo di controricorso.
CONSIDERATO CHE
 Con  l’unico  motivo  di  ricorso  si  denuncia  violazione  e  falsa applicazione  degli  artt.  1,  comma  281,  l.  n.  147/2013  e  110, comma 7, TUIR.
Ritiene infatti la difesa erariale che, pacifici i rilievi, l’art. 1, comma 281,  l.  n.  147/2013  costituisca  norma  d’interpretazione  autentica che  avrebbe  confermato  la  perdurante  validità,  ai  fini  IRAP,  della valutazione  a  valore  normale  delle  transazioni  di  cui  al  comma  7
dell’art.  110,  TUIR,  a  prescindere  dall’abrogazione  dell’art.  11  bis del d.lgs. n. 446/1997 ad opera della l. n. 244/2007.
Se da un lato,  in  base  alle  difese  dell’Agenzia,  l’appena  ricordata adozione del principio di derivazione non comportava la trasformazione dell’IRAP in imposta cartolare, dall’altro la sottoposizione della tassazione delle transazioni di cui all’art. 110, comma 7, TUIR, al valore normale costituisce un valore sostanziale applicabile  ad  ogni  comparto  impositivo  (Cass.  17691/2013),  e quindi esso non risultava travolto dall’abrogazione di una disciplina speciale.
1.1.Pregiudizialmente deve intendersi infondata l’assunta inammissibilità del ricorso per avere i giudici di primo grado escluso la  natura  di  norma  d’interpretazione  autentica  in  capo  alla  l.  n. 147/2013,  mentre  l’Agenzia si sarebbe limitata in appello a controdedurre circa la perdurante applicabilità dell’art. 110, comma 7,  TUIR,  per  cui  si  sarebbe  formato  sul  punto  controverso  il giudicato interno.
Premesso che la natura di una norma non è oggetto di giudicato, la pronuncia di primo grado non solo era favorevole all’amministrazione, che quindi non era neppur legittimata ad impugnarla sotto alcun profilo, ma essa aveva stabilito expressis verbis che ‘la legge di stabilità 2014 (l. 147/2013, art. 1 comma 281) ha esteso reatroattivamente ai fini IRAP le regole di determinazione della base imponibile derivanti dall’applicazione della disciplina in materia di prezzi di trasferimento anche per i periodi d’imposta successivi a quello in corso alla data del 31 dicembre 2007’.
1.2. Nel merito, la tesi su cui si basa il motivo della difesa erariale consiste in ciò, che appunto sia sempre rimasto vigente il disposto dell’art. 110, comma 7, TUIR, pur dopo l’entrata in vigore della l. n. 244/2007, e che la legge di bilancio 2014 abbia solo inteso fornire un’interpretazione autentica nel senso suddetto.
Orbene la disposizione in esame stabilisce che
‘La disciplina prevista in materia di prezzi di trasferimento praticati nell’ambito delle operazioni di cui all’articolo 110, comma 7, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, deve intendersi applicabile alla determinazione del valore della produzione netta ai fini dell’imposta regionale sulle attivita’ produttive anche per i periodi d’imposta successivi a quello in corso alla data del 31 dicembre 2007′.
Sebbene la disposizione non contenga in sé l’espressa indicazione circa  la  propria  natura  interpretativa,  o  direttamente  o  con  la riproduzione  del  relativo  lemma,  non  può  da  un  lato  riconoscersi tale natura ad una disposizione esclusivamente ove tale la stessa si definisca,  e  dall’altro  non  può  negarsi  come  nella  specie  sia presente un’espressione del tutto equivalente.
Sotto il primo profilo mette conto rilevare che la natura interpretativa deve riconoscersi a quelle disposizioni che, coesistendo due leggi (la disposizione interpretativa e la disposizione interpretata), entrambe vigenti, il relativo significato (la norma ) si ricava dal combinato disposto di esse. La legge interpretativa, quindi, non modifica il testo della legge interpretata, ma ‘si interpone’ tra la disposizione interpretata e uno dei possibili significati: in tal senso C. Cost. sent. n. 155 del 1990, secondo cui ‘va riconosciuto carattere interpretativo soltanto ad una legge che, fermo il tenore testuale della norma interpretata, ne chiarisce il significato normativo ovvero privilegia una tra le tante interpretazioni possibili, di guisa che il contenuto precettivo è espresso dalla coesistenza delle due norme (quella precedente e l’altra successiva che ne esplicita il significato) le quali rimangono entrambe in vigore e sono quindi anche idonee ad essere modificate separatamente’.
Sotto il secondo profilo, per qualificare una norma come interpretativa (natura che non trova in effetti riscontro nella Carta Costituzionale, a differenza di quanto accadeva nella vigenza dello Statuto Albertino), è sufficiente che la stessa contenga espressioni o contenuti che inequivocabilmente consentano di ricostruirla in tali termini, e nella specie, come agevolmente rilevabile dal testo della disposizione, essa stabilisce che la disciplina di cui all’art. 110, comma 7, TUIR, deve intendersi applicabile anche ai periodi d’imposta successivi al 31 dicembre 2007.
Come si vede la locuzione ‘deve intendersi applicabile’ appare del tutto  idonea  a  palesare  l’intento  interpretativo  avuto  di  mira  dal legislatore che, a fronte delle incertezze generate dalla contemporanea vigenza tanto della l. n. 244/2007 che del prefato art. 110, comma 7, ha inteso fornire la lettura corretta stabilendo direttamente che quest’ultima disposizione si applicava anche per le annualità successive all’entrata in vigore della prima norma.
Che poi la disposizione abbia effetto retroattivo discende appunto dalla sua natura, e quindi in questo caso si rende applicabile anche agli esercizi successivi all’entrata in vigore della più volte richiamata l. n. 244/2007, portante il principio di derivazione, ma anteriori  alla  legge  interpretativa  medesima  (oltre  ovviamente  a quelli successivi), facendo peraltro espresso riferimento alle annualità anteriori.
Né può sostenersi che la norma, seppur interpretativa e retroattiva, non  potrebbe  comunque  avere  l’effetto  di  ‘sanare’  atti  impositivi frattanto emessi.
Tali  conclusioni  sono  pienamente  conformi  alla  giurisprudenza  di questa  Corte  formatasi  sul  punto,  ed  in  particolare,  proprio  con riferimento alla disposizione in esame, è stato deciso che
In tema di transfer pricing, l’art.1, comma 281, della l. n. 147 del 2013, che ha esteso ai fini Irap l’applicazione dell’art. 110, comma 7, del TUIR ai periodi di imposta anteriori rispetto alla sua entrata
in  vigore,  avendo  natura  di  norma  di  interpretazione  autentica, produce effetti anche per il passato e tale portata retroattiva non contrasta con gli artt. 3 e 41 Cost., non essendo manifestamente irragionevole,  né  contrario  alla  libertà  di  iniziativa  economica, prevedere,  per  la  violazione  di  una  norma,  un  effetto  più  grave rispetto alla disciplina previgente.
(Cass. n.19512/2024)
Volta  che  si  ammette  dunque  che  la  disposizione  interpreta  la voluntas legis , essa è retroattiva proprio perché fornisce la lettura della  norma  in  base  alla  relativa  portata  al  momento  della  sua entrata in vigore, e quindi gli atti che siano stati posti in essere in conformità a tale volontà non sono sanati, ma sono validi.
L’unico limite che può essere posto al legislatore sta nel divieto di incidere su diritti soggettivi quesiti, e dunque definiti.
Ma nella specie il rapporto non era certo esaurito, visto che venne tempestivamente adottato il provvedimento impositivo oggi oggetto di controversia.
Né  può  sostenersi  che  tale  norma  abbia  avuto  unica  base  nella volontà di incidere in un processo in corso, poiché essa si applica sia  ai  rapporti  ancora  pendenti  e  non  oggetto  di  controversia,  sia perché  si  accompagna  alla  previsione  di  vigenza  dell’applicabilità del valore normale anche con riferimento al futuro.
Infine,  con  riferimento  al  rilevato  contrasto  con  l’art.  1,  l.  n. 212/2000, deve ammettersi che trattasi di norme pari ordinate, per cui  quella  successiva  legittimamente  deroga  a  quella  precedente, mentre come già rilevato dalla richiamata pronuncia, non sussiste un contrasto con principi di rilevanza costituzionale.
 In  definitiva,  dunque,  il  ricorso  merita  accoglimento,  da  cui consegue la cassazione della sentenza impugnata e, non occorrendo  ulteriori  accertamenti  in  fatto,  decidendo  nel  merito, dev’essere respinto il ricorso introduttivo.
Le spese di lite seguono la soccombenza del controricorrente.
Spese delle fasi di merito integralmente compensate fra le parti.
P.Q.M.
La  Corte  accoglie  il  ricorso,  cassa  la  sentenza  impugnata  e, decidendo nel merito, respinge la domanda introduttiva.
Condanna la controricorrente al pagamento delle spese che liquida in € 5.600,00, oltre spese prenotate a debito.
Spese delle fasi di merito compensate.
Così deciso in Roma, il 5 febbraio 2025