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Transfer pricing: il metodo CUP e il valore normale

Una sentenza della Corte di Cassazione affronta un caso di transfer pricing, confermando la decisione dei giudici di merito che avevano annullato un avviso di accertamento. L’Agenzia delle Entrate aveva contestato i prezzi di vendita di aeromobili tra una società italiana e la sua controllata svizzera, utilizzando il metodo del ‘cost plus’. La Corte ha rigettato il ricorso, ritenendo corretta e ben motivata la scelta dei giudici di preferire il metodo del confronto di prezzo (CUP), basato sui listini di vendita della società, quale prova del ‘valore normale’ delle transazioni. La controversia per un’annualità è stata dichiarata estinta per definizione agevolata.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Transfer pricing: quando il listino prezzi basta a provare il valore normale

Una recente sentenza della Corte di Cassazione chiarisce importanti principi in materia di transfer pricing, la disciplina che regola i prezzi di trasferimento nelle transazioni tra società dello stesso gruppo. La Corte ha confermato che, per determinare il ‘valore normale’ di una transazione, il metodo del confronto di prezzo (CUP) gode di una preferenza implicita e che i listini di vendita dell’azienda possono costituire una prova sufficiente, portando all’annullamento dell’accertamento fiscale.

I Fatti di Causa

Il caso nasce da due avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di una società italiana produttrice di aeromobili. L’Amministrazione finanziaria contestava l’omessa contabilizzazione di maggiori ricavi per gli anni d’imposta 2008 e 2009. La contestazione si basava sull’applicazione della normativa antielusiva in materia di transfer pricing.

Secondo l’Ufficio, la società italiana vendeva i propri velivoli a una società controllata con sede in Svizzera (paese all’epoca a fiscalità privilegiata) a prezzi non conformi al ‘valore normale’. L’Agenzia aveva ricalcolato i ricavi utilizzando il metodo del ‘Cost Plus’, che aggiunge un margine di profitto ai costi di produzione. La società contribuente ha impugnato gli avvisi, sostenendo la correttezza dei prezzi applicati e contestando il metodo di calcolo utilizzato dall’Agenzia.

Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano dato ragione alla società, annullando gli accertamenti. L’Agenzia delle Entrate ha quindi proposto ricorso per cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione sul Transfer Pricing

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, confermando la sentenza di secondo grado. Prima di entrare nel merito, la Corte ha dichiarato l’estinzione parziale del giudizio relativo all’anno 2008, poiché la società aveva aderito alla definizione agevolata delle liti pendenti. Per l’annualità 2009, invece, la Corte ha esaminato e respinto entrambi i motivi di ricorso dell’Ufficio.

L’Agenzia lamentava principalmente due aspetti:
1. La presunta carenza di motivazione della sentenza impugnata sulla scelta del metodo di calcolo.
2. Il fatto che i giudici, una volta ritenuto applicabile un metodo diverso (il CUP), avrebbero dovuto ricalcolare l’imposta anziché annullare semplicemente l’atto.

La Corte ha ritenuto infondate entrambe le censure, validando pienamente l’operato della Commissione Tributaria Regionale.

Le Motivazioni della Sentenza

Il cuore della decisione risiede nelle motivazioni con cui la Cassazione ha giustificato il rigetto del ricorso. La Corte ha ribadito che, in tema di transfer pricing, l’onere dell’Amministrazione finanziaria è quello di provare che le transazioni infragruppo sono avvenute a un prezzo inferiore al valore di mercato normale. Spetta poi al contribuente fornire la prova contraria.

La Corte ha evidenziato che, sebbene non esista una gerarchia rigida tra i vari metodi di calcolo previsti dalle linee guida OCSE, il metodo del confronto di prezzo (CUP) gode di una ‘preferenza implicita’ quando è concretamente applicabile. Questo metodo è considerato il più diretto perché confronta i prezzi della transazione infragruppo con quelli di transazioni comparabili avvenute tra parti indipendenti sul libero mercato.

Nel caso specifico, la Commissione Tributaria Regionale aveva correttamente ritenuto applicabile il metodo CUP, basando la propria decisione sulle conclusioni dei consulenti tecnici. Questi ultimi avevano affermato che il valore degli aeromobili prodotti e venduti dalla società negli anni in questione corrispondeva a quello indicato nei suoi stessi listini di vendita.

Di conseguenza, la Corte ha concluso che la sentenza d’appello era adeguatamente motivata. I giudici di merito avevano legittimamente ritenuto che il ‘valore normale’ dei beni fosse proprio quello fatturato dalla società, in quanto coincidente con i prezzi di listino. In una tale situazione, non vi era alcun margine per una rideterminazione della pretesa tributaria: l’accertamento era semplicemente infondato e andava annullato integralmente.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa sentenza offre importanti spunti operativi per le aziende che operano in contesti multinazionali. Innanzitutto, riafferma l’importanza di una corretta documentazione a supporto delle politiche di transfer pricing. Dimostrare che i prezzi praticati sono in linea con quelli di mercato è la migliore difesa contro le contestazioni fiscali.

In secondo luogo, la decisione consolida la preferenza per il metodo CUP ogni volta che sia possibile individuare transazioni comparabili. Le aziende dovrebbero quindi prioritariamente verificare la possibilità di applicare questo metodo.

Infine, viene chiarito che se il contribuente dimostra che il prezzo applicato è già conforme al valore normale, il giudice tributario non deve procedere ad alcuna rideterminazione, ma deve annullare l’avviso di accertamento nella sua totalità. Questo rappresenta una tutela fondamentale per le imprese contro rettifiche fiscali basate su metodologie di calcolo non appropriate al caso concreto.

In materia di transfer pricing, quale metodo di calcolo del valore normale è considerato preferibile?
La Corte di Cassazione, pur riconoscendo che non esiste una gerarchia rigida, afferma che il metodo del confronto di prezzo (CUP) gode di una ‘preferenza implicita’ quando le condizioni ne permettono l’applicazione, in quanto confronta direttamente i prezzi sul libero mercato.

Chi ha l’onere di provare che il prezzo di una transazione infragruppo non è conforme al valore normale?
L’onere della prova iniziale grava sull’Amministrazione Finanziaria, che deve dimostrare l’esistenza di transazioni tra imprese collegate a un prezzo apparentemente inferiore a quello normale. Successivamente, spetta al contribuente dimostrare che tali transazioni sono intervenute a valori di mercato considerati normali.

Se un giudice tributario ritiene errato il metodo usato dall’Agenzia delle Entrate, deve sempre ricalcolare l’imposta?
No. Se il giudice, applicando il metodo che ritiene corretto (in questo caso il CUP), conclude che il valore praticato dal contribuente era già quello ‘normale’ (perché, ad esempio, coincideva con i listini di vendita), non deve ricalcolare l’imposta ma deve annullare integralmente l’avviso di accertamento, in quanto la pretesa fiscale risulta infondata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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