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Transfer pricing finanziamenti: onere della prova

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7361/2024, si è pronunciata sul tema del transfer pricing finanziamenti infragruppo. Il caso riguardava una holding italiana che aveva concesso finanziamenti a società controllate estere a tassi di interesse ritenuti non conformi al principio di libera concorrenza dall’Agenzia delle Entrate. La Corte ha cassato la decisione di merito, chiarendo la ripartizione dell’onere della prova: spetta all’Amministrazione Finanziaria dimostrare l’esistenza di una transazione comparabile a condizioni di mercato, inclusa la valutazione del credit rating della società debitrice. Solo successivamente, il contribuente ha l’onere di provare le ragioni commerciali che giustificano l’eventuale scostamento da tali condizioni. La sentenza impugnata è stata annullata per non aver correttamente applicato questo principio, limitandosi a considerazioni generiche senza un’adeguata analisi fattuale.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Transfer Pricing Finanziamenti: La Cassazione Chiarisce l’Onere della Prova

La gestione dei transfer pricing finanziamenti tra società di uno stesso gruppo rappresenta uno degli aspetti più complessi e delicati del diritto tributario internazionale. Con la recente sentenza n. 7361 del 19 marzo 2024, la Corte di Cassazione è intervenuta per delineare con precisione i confini dell’onere della prova tra Amministrazione Finanziaria e contribuente, offrendo un’importante guida per le imprese.

I Fatti di Causa

Il caso esaminato dalla Suprema Corte ha origine da avvisi di accertamento notificati a una holding italiana e a due sue controllate. L’Agenzia delle Entrate contestava la congruità dei tassi di interesse applicati a finanziamenti erogati dalla holding a favore di due società controllate estere, una con sede in Belgio e una in Lussemburgo. Secondo l’Ufficio, i tassi applicati non erano conformi al “valore normale” previsto dall’art. 9 del TUIR, recuperando a tassazione maggiori interessi attivi che, secondo una presunzione, sarebbero dovuti maturare. Le società contribuenti avevano impugnato gli atti, sostenendo la correttezza del proprio operato, ma i giudici di primo e secondo grado avevano dato ragione al Fisco.

La Disciplina del Transfer Pricing Finanziamenti

La normativa di riferimento in materia è l’art. 110, comma 7, del TUIR, che disciplina il cosiddetto transfer pricing. Questa norma stabilisce che i componenti di reddito derivanti da operazioni con società non residenti del medesimo gruppo sono valutati in base al “valore normale” dei beni ceduti o dei servizi prestati. L’obiettivo è evitare che le imprese multinazionali spostino artificialmente utili verso Paesi a fiscalità più vantaggiosa, alterando i prezzi delle transazioni infragruppo.

La Corte chiarisce che questa norma, in quanto speciale, prevale sulla disciplina generale dei finanziamenti tra società residenti (art. 89 TUIR). Pertanto, anche se un finanziamento infragruppo internazionale è pattuito come infruttifero per iscritto, l’Amministrazione Finanziaria può comunque rettificare il reddito imponibile se il valore normale di tale operazione, in condizioni di libera concorrenza, prevedrebbe la corresponsione di un interesse.

La Decisione della Corte e l’Onere della Prova nel Transfer Pricing Finanziamenti

Il punto cruciale della sentenza riguarda la ripartizione dell’onere della prova. La Cassazione, accogliendo il ricorso delle società, ha stabilito un percorso logico-giuridico preciso che i giudici di merito devono seguire.

In primo luogo, spetta all’Amministrazione Finanziaria l’onere di provare l’esistenza di una transazione a condizioni diverse da quelle di mercato. Questa prova non può essere generica, ma deve basarsi sull’individuazione di finanziamenti comparabili, erogati a soggetti indipendenti che presentino un credit rating (cioè un profilo di rischio e affidabilità creditizia) simile a quello della società debitrice associata. L’Ufficio deve quindi dimostrare quale sarebbe stato il tasso di interesse di mercato per quella specifica operazione.

In secondo luogo, una volta che il Fisco ha fornito questa prova, l’onere si sposta sul contribuente. Quest’ultimo può dimostrare che il finanziamento, sebbene a condizioni diverse da quelle di mercato, era giustificato da specifiche ragioni commerciali interne al gruppo o che, comunque, anche imprese indipendenti avrebbero concluso una transazione simile in quelle circostanze.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha censurato la sentenza della Commissione Tributaria Regionale perché non ha seguito questo iter. I giudici di secondo grado si erano limitati ad affermare, in modo astratto, che le società controllate, avendo problemi di solvibilità, avrebbero potuto ottenere finanziamenti sul mercato solo a un tasso “elevato”, senza però verificare se il tasso applicato dall’Ufficio fosse effettivamente quello riscontrabile in operazioni comparabili. In sostanza, il giudice di merito non ha compiuto quell’accertamento in fatto che gli era demandato, ovvero verificare la correttezza del benchmark utilizzato dall’Agenzia e valutare le prove contrarie fornite dal contribuente (come la postergazione dei finanziamenti, la loro durata e l’assenza di merito creditizio).
La Cassazione ha ribadito che il giudice deve entrare nel merito dell’analisi di comparabilità, valutando tutti gli elementi forniti dalle parti per determinare se il prezzo pattuito si discosti o meno dal principio di libera concorrenza. Non è sufficiente una presunzione basata sulla generica situazione di difficoltà della società finanziata.

Le Conclusioni

Questa sentenza rafforza un principio fondamentale di garanzia per il contribuente nei contenziosi sul transfer pricing. Si stabilisce che l’onere probatorio dell’Amministrazione Finanziaria non è meramente formale, ma sostanziale: essa deve condurre un’analisi rigorosa e fondata su dati concreti e comparabili. Solo a fronte di tale analisi, il contribuente è chiamato a giustificare le proprie scelte commerciali. La decisione rappresenta un importante precedente per tutte le aziende che operano in gruppi multinazionali, sottolineando la necessità di documentare attentamente le ragioni economiche e le condizioni di mercato alla base dei propri finanziamenti infragruppo, per poter difendere efficacemente le proprie posizioni in caso di accertamento fiscale.

In un caso di transfer pricing su finanziamenti, su chi ricade l’onere della prova?
L’onere della prova è ripartito. In primo luogo, spetta all’Amministrazione Finanziaria dimostrare che il tasso di interesse applicato è diverso da quello che sarebbe stato pattuito tra imprese indipendenti, fornendo esempi di transazioni comparabili. Successivamente, l’onere passa al contribuente, che può giustificare tale scostamento con valide ragioni commerciali interne al gruppo o dimostrando che le condizioni applicate sono comunque coerenti con il mercato.

Un finanziamento infruttifero o a tassi non di mercato tra società dello stesso gruppo è sempre illegittimo ai fini fiscali?
No. Sebbene la normativa sul transfer pricing consenta al Fisco di rettificare il reddito imponibile sulla base del valore normale, il contribuente ha la possibilità di dimostrare che il finanziamento a condizioni non di mercato (ad esempio, infruttifero) era giustificato da specifiche ragioni economiche e commerciali interne al gruppo. La transazione non è quindi illegittima in sé, ma deve essere giustificata.

Quale norma si applica ai finanziamenti tra una società italiana e una sua controllata estera: l’art. 89 o l’art. 110 del TUIR?
Si applica l’art. 110, comma 7, del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi), che disciplina il transfer pricing. La Corte di Cassazione chiarisce che questa è una norma speciale che prevale sulla disciplina generale dei finanziamenti contenuta nell’art. 89 del TUIR, proprio perché regola specificamente le operazioni transfrontaliere all’interno di un medesimo gruppo societario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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