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Transfer pricing: controllo e influenza economica

Una società è stata sanzionata dall’Agenzia Fiscale per violazioni in materia di transfer pricing relative a transazioni con una società estera. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione di merito, chiarendo che il concetto di ‘controllo’ ai fini del transfer pricing è più ampio di quello civilistico e include qualsiasi forma di ‘influenza economica’, anche solo potenziale, come i legami familiari tra i soci o i rapporti commerciali esclusivi.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Transfer Pricing: La Cassazione e il Concetto Esteso di Controllo Societario

La disciplina del transfer pricing rappresenta uno dei temi più complessi e strategici del diritto tributario internazionale. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a fare chiarezza su un aspetto cruciale: la nozione di ‘controllo’ tra società. La Corte ha ribadito che, ai fini fiscali, non ci si può fermare alla definizione formale del codice civile, ma bisogna indagare l’esistenza di una più ampia ‘influenza economica’, anche solo potenziale. Analizziamo insieme questa importante pronuncia.

I Fatti di Causa

Una società italiana veniva raggiunta da un atto di contestazione da parte dell’Amministrazione Finanziaria per l’anno d’imposta 2014. Le violazioni contestate erano principalmente due:

1. Presentazione di una dichiarazione dei redditi con dati incompleti, in particolare per non aver compilato il quadro relativo alle operazioni commerciali con società collegate estere, soggette alla normativa sul transfer pricing.
2. Inottemperanza a fornire tutta la documentazione richiesta dall’Ufficio durante l’attività di accertamento.

Le contestazioni nascevano dal fatto che la società italiana aveva intrattenuto significative transazioni commerciali con una società austriaca. Secondo l’Agenzia, esisteva un rapporto di controllo tra le due entità che imponeva l’applicazione delle regole sui prezzi di trasferimento. Di conseguenza, venivano irrogate sanzioni nella misura massima prevista dalla legge.

Il Percorso nei Primi Gradi di Giudizio

La società contribuente impugnava l’atto di contestazione davanti alla Commissione Tributaria di primo grado, la quale accoglieva il ricorso. L’Amministrazione Finanziaria proponeva appello, ma anche la Commissione Tributaria di secondo grado confermava la decisione favorevole alla società. I giudici di merito ritenevano che l’Amministrazione non avesse fornito la prova di una relazione di controllo tra la società italiana e quella austriaca, secondo i canoni civilistici, rendendo di fatto illegittime le sanzioni irrogate.

La Nozione di Controllo nel Transfer Pricing secondo la Cassazione

Contro la sentenza di secondo grado, l’Amministrazione Finanziaria ha proposto ricorso per cassazione, basato su un unico motivo: la violazione e falsa applicazione della normativa sul transfer pricing (in particolare l’art. 110, comma 7, del TUIR). L’Agenzia sosteneva che i giudici di merito avessero errato nel ritenere necessaria una prova del controllo secondo la rigida definizione dell’art. 2359 del codice civile. Per la disciplina fiscale, infatti, è sufficiente una situazione di controllo indiretto o potenziale, una cosiddetta ‘influenza economica’.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno chiarito che la finalità della normativa sul transfer pricing è quella di prevenire l’erosione della base imponibile nazionale attraverso la manipolazione dei prezzi di scambio tra società dello stesso gruppo. Per raggiungere questo obiettivo, la nozione di ‘controllo’ deve essere interpretata in senso molto più ampio rispetto a quella civilistica.

La Corte ha ribadito un orientamento consolidato, secondo cui il controllo rilevante ai fini fiscali si estende a ogni ipotesi di influenza economica, potenziale o attuale, desumibile da singole circostanze. Tra queste circostanze esemplificative rientrano:

* La vendita esclusiva dei prodotti di un’impresa all’altra.
* La dipendenza finanziaria o tecnica.
* Le relazioni di famiglia tra i soci delle diverse società.
* La partecipazione a cartelli o consorzi.
* Una situazione di fatto in cui una società ha la capacità di influenzare le strategie economiche e commerciali dell’altra.

Nel caso di specie, era emerso che le due società avevano gli stessi soci, appartenenti alla medesima famiglia, e che la società italiana era l’unica cliente in Italia della società austriaca. Questi elementi, secondo la Cassazione, erano più che sufficienti per configurare quella ‘influenza economica’ richiesta dalla normativa sul transfer pricing, a prescindere da una partecipazione societaria diretta.

Le Conclusioni

La Corte ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Commissione Tributaria di secondo grado, in diversa composizione, affinché riesamini il caso applicando il corretto principio di diritto. Questa ordinanza rappresenta un monito importante per tutte le imprese che operano in un contesto internazionale. La valutazione di un rapporto di controllo non può limitarsi a un’analisi formale delle quote societarie. È necessario considerare tutti gli indizi, anche di natura fattuale e familiare, che possano suggerire un’influenza dominante di un’entità sull’altra. Un’analisi preventiva e una documentazione adeguata sui prezzi di trasferimento diventano, quindi, strumenti indispensabili per evitare pesanti sanzioni.

Ai fini della disciplina sul transfer pricing, il controllo tra società si limita a quello definito dal codice civile?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il concetto di controllo è molto più ampio di quello previsto dall’art. 2359 c.c. e si estende a ogni ipotesi di influenza economica, sia essa attuale o anche solo potenziale.

Quali elementi possono indicare una ‘influenza economica’ rilevante per il transfer pricing?
Elementi come la presenza degli stessi soci (soprattutto se legati da vincoli familiari) in entrambe le società, la vendita esclusiva di prodotti, la dipendenza finanziaria, l’impossibilità per un’impresa di funzionare senza il capitale o i prodotti dell’altra, sono tutte circostanze che possono dimostrare l’esistenza di un controllo rilevante.

Cosa succede se un’impresa non fornisce tutta la documentazione contabile richiesta dall’Amministrazione Finanziaria?
L’inottemperanza alle richieste dell’Ufficio può comportare l’applicazione di sanzioni specifiche, come previsto dall’art. 11, comma 1, del D.Lgs. 471/1997. Nel caso esaminato, questa violazione, unita alla mancata compilazione della dichiarazione, ha portato all’applicazione della sanzione nella misura massima.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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