Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2512 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 2512 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 26/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16370/2021 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
nonchè contro
COMUNE AVELLINO, IN PERSONA DEL SINDACO PRO TEMPORE -intimato- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. SALERNO n. 6493/2020 depositata il 22/12/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
1.La RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, concessionaria del servizio di riscossione dei tributi per conto del Comune di Avellino, notificava alla RAGIONE_SOCIALE l’avviso di accertamento con il quale le intimava il pagamento RAGIONE_SOCIALE Tosap dovuta per l’occupazione di aree nel comune di Avellino da parte di taluni cavalcavia RAGIONE_SOCIALEli di sovrastanti INDIRIZZO per le annualità 2013 -2018.
La RAGIONE_SOCIALE impugnava detto avviso innanzi alla CTP di Avellino.
La CTP adita accoglieva il ricorso applicando l’esenzione di cui all’invocato art. 49, d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, in ragione RAGIONE_SOCIALE demanialità dell’RAGIONE_SOCIALE sottratta al potere impositivo del Comune. Proposto appello da parte RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di riscossione, la CTR RAGIONE_SOCIALE lo respingeva sul rilievo che il Comune può applicare la Tosap in proporzione dell’area sottratta all’uso pubblico, ritenendo che l’uso pubblico dell’RAGIONE_SOCIALE sia di più ampia natura, per cui il Comune deve portarvi rispetto, astenendosi da pretese impositive, in ragione dell’esenzione di cui al disposto di cui al cit. art. 49, lett.a).
Avverso la sentenza indicata in epigrafe propone ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE affidato a sei motivi.
Si è costituita con controricorso la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, depositando memorie difensive in prossimità dell’udienza.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso, si deduce violazione del principio di rispondenza tra chiesto e pronunciato ex artt. 112 e 277 cod.proc.civ. per statuizione in fattispecie diversa da quella oggetto RAGIONE_SOCIALE controversia; per avere la Commissione regionale considerato non l’uso pubblico delle superfici comunali occupate, ma l’uso pubblico delle autostrade.
La seconda censura prospetta nullità RAGIONE_SOCIALE sentenza ex articolo 360, primo comma, numero 4, cod.proc.civ. in relazione all’articolo 132, numero 4, cod.proc.civ. per omessa ovvero apparente motivazione; per avere il decidente confermato la statuizione di primo grado , considerando dunque l’imponibilità di un bene diverso da quello oggetto dell’accertamento.
La terza doglianza denuncia si lamenta la violazione dell’articolo 49 lettera a) del decreto legislativo 507/1993; per avere la CTR immotivatamente applicato ad una RAGIONE_SOCIALE di capitali l’esenzione di cui all’articolo 49 citato.
Evidenzia la ricorrente che si tratta di norma agevolatrice di stretta interpretazione, non applicabile ad ipotesi non ricadenti nella elencazione tassativa di cui all’articolo 7 del cit. d.lgs., con la conseguenza che non può dedursi una automaticità di estensione a terzi RAGIONE_SOCIALE ragione di esenzione dall’imposta. Sostiene sul punto che in tema di Tosap, l’esenzione prevista per lo Stato e per gli altri enti dall’articolo 49 citato, postula che l’occupazione quale presupposto del tributo, sia ascrivibile al soggetto esente, sicché nel caso di occupazione di spazi rientranti nel demanio o nel patrimonio
indisponibile dello stato da parte di una RAGIONE_SOCIALE concessionaria per la realizzazione e la gestione di un’opera pubblica, alla stessa non spetta l’esenzione in quanto è di questa la gestione economica e funzionale annulla rilevando che l’opera sia di proprietà dello Stato, al quale ritornerà la gestione solo al termine RAGIONE_SOCIALE concessione.
5.Con la quarta censura attinge la sentenza gravata per motivazione apparente, in relazione al titolo di concessionaria ed all’uso del bene RAGIONE_SOCIALEle ed alla determinazione del corrispettivo tariffario; per avere i giudici territoriali affermato che, contrariamente a quanto statuito dalla Suprema Corte, la natura di concessionario la rende priva di autonomia gestionale non potendo determinare o modificare il corrispettivo tariffario.
Si obietta che la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE è una RAGIONE_SOCIALE che svolge tipica attività di impresa con fine di lucro e che la gestione in concessione RAGIONE_SOCIALE rete RAGIONE_SOCIALEle non annulla il perseguimento del profitto tipico dell’impresa RAGIONE_SOCIALE, la CTR ha omesso di valutare dette argomentazioni.
Il quinto mezzo del ricorso deduce violazione del principio di rispondenza tra chiesto e pronunciato ex articoli 112 e 277 cod. proc. civ., per omessa pronuncia in ordine all’applicazione degli artt. 38 e 39 d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507 cit.
La concessionaria sostiene di aver invocato il disposto dell’articolo 38 citato in rubrica secondo il quale , , sia il comma quattro , concludendo che nel caso in esame vi era stata sottrazione o limitazione dell’uso pubblico da parte RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE a mezzo di viadotto RAGIONE_SOCIALEle sopra il levato in assenza di concessione. Aggiunge che, tuttavia, la CTR non ha pronunciato sulla normativa applicabile alal fattispecie.
L’ultimo strumento di ricorso prospetta violazione degli artt. 38 e 39 d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507 cit., ex art. 360, primo comma, n. 3) cod.proc.civ. Sostiene la ricorrente che, per effetto RAGIONE_SOCIALE concessione rilasciata dallo Stato, si era realizzata una occupazione dello spazio pubblico comunale che era soggetta a tassazione a norma dell’articolo 38, comma 2, del decreto legislativo 507/93 cit. e non era applicabile l’esenzione di cui all’articolo 49, lettera a, del citato decreto legislativo poiché la norma esonerativa è limitata al caso in cui l’occupazione sia effettuata direttamente dallo Stato, con esclusione delle opere, ancorché di proprietà dello Stato, realizzate e gestite in regime di concessione amministrativa, considerato che in tal caso la tassa è dovuta a norma del citato articolo 38, comma 2.
I primi cinque motivi da esaminare preliminarmente, per ragioni di ordine logico-giuridico, vanno disattesi.
In tema di motivazione meramente apparente RAGIONE_SOCIALE sentenza, questa Corte ha più volte affermato che il vizio ricorre allorquando il giudice, in violazione di un preciso obbligo di legge, costituzionalmente imposto (Cost., art. 111, sesto comma), e cioè dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. (in materia di
processo civile ordinario) e dell’omologo art. 36, comma 2, n. 4, d.lgs. n. 31 dicembre 1992, n. 546 (in materia di processo tributario), omette di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto RAGIONE_SOCIALE decisione, di specificare o illustrare le ragioni e l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, e cioè di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione, in tal modo consentendo anche di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata ; l’obbligo del giudice «di specificare le ragioni del suo convincimento», quale «elemento essenziale di ogni decisione di carattere giurisdizionale» è affermazione che ha origine lontane nella giurisprudenza di questa Corte e precisamente alla sentenza delle Sezioni Unite n. 1093 del 1947, in cui la Corte precisò che «l’omissione di qualsiasi motivazione in fatto e in diritto costituisce una violazione di legge di particolare gravità» e che «le decisioni di carattere giurisdizionale senza motivazione alcuna sono da considerarsi come non esistenti» (in termini, Cass. n. 2876 del 2017; v. anche Cass., Sez. U., n. 16599 e n. 22232 del 2016 e n. 7667 del 2017 nonché la giurisprudenza ivi richiamata).
Alla stregua di tali principi consegue che la sanzione di nullità colpisce non solo le sentenze che siano del tutto prive di motivazione dal punto di vista grafico (che sembra potersi ritenere mera ipotesi di scuola) o quelle che presentano un «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» e che presentano una «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile» (cfr. Cass. S.U. n. 8053 del 2014; conf. Cass. n. 21257 del 2014), ma anche quelle che contengono motivazione meramente apparente, del tutto equiparabile alla prima più grave forma di vizio, perché dietro la parvenza di una giustificazione RAGIONE_SOCIALE decisione assunta, la motivazione addotta dal giudice è tale da non consentire «di comprendere le ragioni e, quindi, le basi RAGIONE_SOCIALE sua genesi e l’ iter
logico seguito per pervenire da essi al risultato enunciato» (cfr. Cass. n. 4448 del 2014), venendo quindi meno alla finalità sua propria, che è quella di esternare un «ragionamento che, partendo da determinate premesse pervenga con un certo procedimento enunciativo», logico e consequenziale, «a spiegare il risultato cui si perviene sulla res decidendi » (Cass. cit.; v. anche Cass., Sez. Un., n. 22232 del 2016 e la giurisprudenza ivi richiamata).
Deve quindi ribadirsi il principio più volte affermato da questa Corte secondo cui la motivazione è solo apparente -e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo -quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento RAGIONE_SOCIALE decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass., Sez. U, n. 22232 del 2016; conf. Cass. n. 14927 del 2017). In tale grave forma di vizio non incorre, dunque, la sentenza impugnata laddove i giudici di appello, statuendo sui motivi di appello incentrati sulla fondatezza RAGIONE_SOCIALE pretesa fiscale, hanno affermato che non ricorreva «una ipotesi in cui sorge l’obbligo del concessionario RAGIONE_SOCIALE di corrispondere la TOSAP per le occupazioni effettuate» non ricorrendo né il presupposto soggettivo trattandosi di bene di natura demaniale oggetto di concessione statuale. Non sussiste, del pari, alcuna violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, che ricorre quando il giudice trascuri di esaminare una domanda od una eccezione, o quando sostituisca d’ufficio un’azione ad un’altra, a causa del travisamento dell’effettivo contenuto RAGIONE_SOCIALE domanda (cfr. Cass. n. 19214 del 06/07/2023); tale vizio riguarda, dunque, soltanto la decisione RAGIONE_SOCIALE controversia e non anche le ragioni di fatto e di diritto che vengono assunte a sostegno RAGIONE_SOCIALE decisione, ed è escluso quindi che ricorra laddove, come nel caso in
esame, la pronuncia giudiziale sia rimasta nell’ambito RAGIONE_SOCIALE res in iudicium deducta , ovvero RAGIONE_SOCIALE fattispecie prospettata dalle parti in causa, rimanendo irrilevante, in relazione alla violazione del suddetto principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, ogni censura circa la pretesa erroneità del ragionamento decisorio logico-giuridico.
12. L’ultima censura del ricorso principale merita accoglimento.
Richiamando i principi di diritto affermati da questa Corte in fattispecie del tutto sovrapponibile alla presente (cfr. Cass. n. 385 del 10/01/2022), il Collegio osserva che in sede di legittimità (cfr. Cass. nn 20974/2020, 18385/2019, 19693/2018, 11886/2017, 11689/2017) è già stato statuito che il presupposto impositivo RAGIONE_SOCIALE TOSAP è costituito -ai sensi degli artt. 38 e 39 del d.lgs. n. 507 del 1993 -dall’occupazione, di qualsiasi natura, di spazi ed aree, anche soprastanti o sottostanti il suolo, appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei Comuni o delle Province (circostanza riconosciuta dalla stessa ricorrente, alla pag. 1 del ricorso in cassazione, laddove fa riferimento al «cavalcavia RAGIONE_SOCIALEle soprastante la INDIRIZZO Comunale sita in INDIRIZZO in Avellino»), che comporti un’effettiva sottrazione RAGIONE_SOCIALE superficie all’uso pubblico; pertanto, ai fini RAGIONE_SOCIALE Tosap, rileva il fatto in sé RAGIONE_SOCIALE predetta occupazione, indipendentemente dall’esistenza o meno di una concessione od autorizzazione (cfr. Cass. nn. 11553/2003, 2555/2002), salvo che sussista una delle ipotesi di esenzione previste dall’art. 49 d.lgs. 507/1993.
Nel caso in esame vi è la sottrazione o la limitazione dell’uso del suolo pubblico da parte RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE a mezzo del viadotto RAGIONE_SOCIALEle sopraelevato in assenza RAGIONE_SOCIALE concessione od autorizzazione comunale prevista dall’art. 39 d.lgs. 507/1993 e si è realizzata, perciò, un’occupazione di fatto che è
comunque tassabile, salvo che sussista una delle ipotesi di esenzione.
Va rilevato, invero, che non può esservi dubbio alcuno sul fatto che il viadotto impedisce l’utilizzazione edificatoria del fondo sottostante, né sulla scorta di quanto precede assume rilievo la sua eventuale appartenenza al Demanio statale, come invece argomentato nella recente giurisprudenza amministrativa, citata dalla ricorrente nella memoria difensiva. Inoltre, va considerato che l’art. 38, comma 2, del d. lgs. n. 507/93 prevede che «sono, parimenti, soggette alla tassa le occupazioni di spazi soprastanti il suolo pubblico, di cui al comma 1, con esclusione dei balconi, verande, bow -windows e simili infissi di carattere stabile, nonché le occupazioni sottostanti il suolo medesimo, comprese quelle poste in essere con condutture ed impianti di servizi pubblici gestiti in regime di concessione amministrativa». Detta norma non può che essere interpretata nel senso che l’occupazione a mezzo di impianti di servizi pubblici è soggetta alla tassa sia che si tratti di spazi sottostanti che sovrastanti lo spazio pubblico, ben potendo esistere impianti che si sviluppano sopra il suolo per i quali non si giustificherebbe un diverso trattamento normativa. Infine, non può revocarsi in dubbio che il viadotto RAGIONE_SOCIALEle costituisca un impianto ai fini RAGIONE_SOCIALE norma di che trattasi in quanto esso è costituito da una costruzione completata da strutture, quali gli impianti segnaletici e di illuminazione, che ne aumentano l’utilità.
Con riguardo poi all’eventuale esenzione per l’occupazione effettuata dall’impresa che ha provveduto, in forza di concessione conferita dallo Stato, all’esecuzione del lavoro pubblico costituito dalla rete RAGIONE_SOCIALEle di cui fa parte il viadotto in questione, questa Corte ritiene che l’occupazione medesima debba considerarsi propria dell’ente concessionario e vada, dunque, assoggettata alla tassa ai sensi dell’art. 38, comma 2, del d.lgs.
n.507 del 1993, in quanto la RAGIONE_SOCIALE concessionaria è l’esecutrice RAGIONE_SOCIALE progettazione e RAGIONE_SOCIALE realizzazione dell’opera pubblica (art. 143, comma 1, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163) a fronte del corrispettivo costituito dal diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente tutti i lavori realizzati (art. 143, comma 2) per la durata, di regola, non superiore a trenta anni (art. 143, comma 6) ed a nulla rileva il fatto che il viadotto sia di proprietà del demanio e che, al termine RAGIONE_SOCIALE concessione, anche la gestione di esso ritorni in capo allo Stato poiché, nel periodo di durata RAGIONE_SOCIALE concessione stessa, il bene, che pure è funzionale all’esercizio di un servizio di pubblica utilità, è gestito in regime di concessione da un ente che agisce in piena autonomia e non quale mero sostituto dello Stato nello sfruttamento dei beni; ne deriva che l’esenzione prevista dall’art. 49, lett. a, del citato decreto non spetta in quanto non si configura l’occupazione da parte dello Stato. Infine, come già evidenziato da questa Corte (cfr. Cass. n. 10351 del 18/4/2023 in motiv. relativamente alla COSAP, ma sulla base di principi applicabili anche all’odierna fattispecie) inconferente è anche il riferimento all’asserita appartenenza dell’RAGIONE_SOCIALE al demanio statale ex art. 822 c.c. (come invece argomentato dalla ricorrente mediante richiamo anche a recente giurisprudenza amministrativa) ed è altresì marginale e priva di decisività l’indagine sulla effettiva proprietà dell’infrastruttura RAGIONE_SOCIALEle che occupa, per proiezione, la strada provinciale sottostante, atteso che la dedotta proprietà statale dell’RAGIONE_SOCIALE e così del viadotto non interferisce con la circostanza -integrativa del presupposto di applicazione del TOSAP da parte del Comune di Avellino -secondo cui, nel periodo di durata RAGIONE_SOCIALE concessione, la RAGIONE_SOCIALE disponeva del viadotto, per la relativa gestione quale concessionaria, ed in tal modo essa realizzava la condotta di «occupazione» del sottostante suolo provinciale.
Sulla scorta di quanto sin qui illustrato, il ricorso va, dunque, accolto limitatamente all’ultimo motivo, respinti i restanti; l’impugnata sentenza cassata; inoltre, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, a norma dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., e il ricorso originario RAGIONE_SOCIALE contribuente va rigettato.
Le spese di lite dei gradi di merito sono compensate tra le parti in ragione del progressivo consolidarsi dei principi giurisprudenziali nella fattispecie applicati, mentre le spese di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie l’ultimo motivo di ricorso, respinti i restanti; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo RAGIONE_SOCIALE contribuente; compensa tra le parti le spese processuali dei gradi di merito; condanna la controricorrente al pagamento delle spese di legittimità in favore RAGIONE_SOCIALE ricorrente, liquidate in misura pari ad Euro 3.000,00 per compensi, oltre ad Euro 200 per esborsi, alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed agli accessori di legge, se dovuti.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità