Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 799 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 799 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/01/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 19947/2023 R.G., proposto
DA
‘ I.C.A. – Imposte RAGIONE_SOCIALE unipersonale ‘, con sede in Roma, in persona dell’amministratore unico pro tempore , nella qualità di concessionaria per l’accertamento, la liquidazione e la riscossione della TOSAP in nome e per conto del Comune di Collegno (TO), rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME con studio in La Spezia, elettivamente domiciliata presso l’Avv. NOME COGNOME con studio in Roma, giusta procura in calce al ricorso introduttivo del presente procedimento e dichiarazione di variazione del domicilio eletto;
RICORRENTE PRINCIPALE
CONTRO
‘ Autostrada Torino-IvreaValle d’Aosta RAGIONE_SOCIALE, con sede in Torino, in persona del presidente del consiglio di amministrazione pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME di Rosignano, con studio in Torino, e dal l’Avv. NOME COGNOME con studio in Roma, ove elettivamente
RAGIONE_SOCIALE AUTOSTRADALI
domiciliata, giusta procura in calce al controricorso di costituzione nel presente procedimento;
CONTRORICORRENTE/RICORRENTE INCIDENTALE NONCHÉ NEI CONFRONTI DI
Comune di Collegno (TO), in persona del Sindaco pro tempore
; INTIMATO
avverso la sentenza depositata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte l ‘8 agosto 2023 , n. 346/02/2023, notificata il 15 settembre 2023; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22 ottobre 2024 dal Dott. NOME COGNOME udito il P.M., nella persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso principale ed il rigetto del ricorso incidentale; udito per la ricorrente l’Avv. NOME COGNOME che ha principale ed il rigetto concluso per l’accoglimento del ricorso del ricorso incidentale;
udito per la controricorrente, l’Avv. NOME COGNOME di Rosignano, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale; in subordine, in caso di accoglimento del ricorso principale, per l’accoglimento del ricorso incidentale .
FATTI DI CAUSA
1. L” I.C.A. – RAGIONE_SOCIALE unipersonale ‘ , nella qualità di concessionaria per l’accertamento, la liquidazione e la riscossione della TOSAP in nome e per conto del Comune di Collegno (TO), ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte l’8 agosto 2023, n. 346/02/2023, notificata il 15 settembre 2023, che, in controversia su impugnazione di avvisi di accertamento nn. 572/2015, 767/2016, 703/2017, 597/2018 e 390/2019 per omesso
versamento della TOSAP relativa agli anni dal 2015 al 2019 con riguardo all’occupazione mediante cavalcavia autostradale -per un’estensione di mq. 453 – dello spazio aereo sovrastante la strada comunale di INDIRIZZO in Collegno (TO), ha accolto l’appello proposto da ll”’ Autostrada Torino-IvreaValle d’Aosta RAGIONE_SOCIALE ‘, nella qualità di concessionaria dello Stato per la costruzione e la gestione dell’autostrada A/5 (nel tratto Torino-IvreaQuincinetto), dell’autostrada A/4 -A/5 IvreaSanthià e del sistema autostradale tangenziale di Torino, con la diramazione per Pinerolo, in forza di convenzione stipulata con l” RAGIONE_SOCIALE‘ il 7 novembre 2007 ed approvata con la legge 6 giugno 2008, n. 101, nei confronti del l” I.C.RAGIONE_SOCIALE , nella predetta qualità, nel giudizio di cui è parte anche il Comune di Collegno (TO), avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Torino il 20 dicembre 2021, n. 1120/04/2021, con compensazione delle spese giudiziali.
Il giudice di appello ha riformato la decisione di prime cure -che aveva rigettato il ricorso originario della contribuente sul presupposto che : a) l’atto impositivo era munito di adeguata motivazione; b) l’area sottostante al viadotto autostradale apparteneva alla concessionaria dell’opera pubblica; c) l’area sottostante al viadotto autostradale era destinata per legge ad uso pubblico in favore di una collettività diversa da quella locale, essendo strumentale all’erogazione di un servizio pubblico statale.
L ”’ Autostrada Torino-IvreaValle d’Aosta RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso, proponendo ricorso incidentale avverso la medesima sentenza, mentre il Comune di Collegno (TO) è rimasto intimato.
Con conclusioni scritte, il P.M. si è espresso per l’accoglimento del ricorso principale.
Le parti costituite hanno depositato memorie illustrative ex art. 378 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso principale è affidato a tre motivi.
1.1 Con il primo motivo, si denuncia violazione degli artt. 38, commi 1, 2 e 4, del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, nonché falsa applicazione dell’art. 25, comma 1 -ter , lett. a, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, come introdotto dall’art. 49, comma 5, del d.l. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, in relazione a ll’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che: « (…) il sovrappasso che qui ci occupa relativo alla autostrada che costituisce la tangenziale di Torino e sito nel Comune di Collegno costituisce una ‘intersezione a livello sfalsato’ per il quale il codice della strada prevede una apposita disciplina. Recita infatti il comma 5 dell’art. 49 del d.l. 76/2020: ‘1 -ter . Per ragioni di sicurezza e di importanza dei flussi di traffico: a) le strutture dei sottopassi e sovrappassi di strade di tipo A e B con strade di tipo inferiore, comprese le barriere di sicurezza nei sovrappassi, sono di titolarità degli enti proprietari delle strade di tipo A e B, anche quando tali enti rilasciano la concessione all’attraversamento’. Anche il decreto del Ministro dei trasporti n. 485/2021 emanato per dare seguito agli impegni con l’Europa per l’esecuzione del PNRR effettua una ricognizione di tali intersezioni e, per il Comune di Collegno, conferma la titolarità di tale sovrappasso dell’Ativa (pag. 2/3 elenco Ativa allegato al decreto). Dunque l’area sottostante al sovrappasso essendo una strada di tipo inferiore alla A (che
sarebbe l’autostrada) è di titolarità della Ativa proprietaria della strada di tipo A, e non è stato dimostrato essere di proprietà demaniale o patrimoniale indisponibile del Comune. Tale questione è dirimente al fine di verificare la sussistenza del presupposto di tassazione: la proprietà dell’area sottopassante (anche se utilizzata per il pubblico passaggio) è di proprietà dello stesso ‘occupante’ sovrapassante a seguito di provvedimenti espropriativi, cosa non contestata dalla Ica. Una cosa è la titolari tà della strada ed un’altra la titolarità delle intersezioni che, per il codice della strada, sono di titolarità dell’ente proprietario della strada di tipo A ». A dire della ricorrente: « Anche il semplice senso letterale della disposizione in commento non prevede affatto alcun trasferimento di proprietà di un tratto di strada comunale al titolare della strada sovrastante, ma semplicemente prevede che le strutture dei sottopassi (che qui non interessano trattandosi di un cavalcavia) e dei sovrappassi di strade di tipo A e B con strade di tipo inferiore, comprese le barriere di sicurezza nei sovrappassi, <>, prevedendo quindi, non già alcun trasferimento di proprietà del tratto di strada sovrastato, quanto invece l’attribuzione della titolarità della struttura del manufatto, nonché nel caso che ci occupa (trattandosi di un sovrappasso) anche delle barriere di sicurezza al titolare della strada gerarchicamente superiore (di tipo A e B) ».
1.2 Con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 115, primo comma, 38, commi 2 e 4, del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, 22, comma 1, della legge 20 marzo 1865, all. F, e 2, comma 7, del d.lgs. 30 aprile 1992,
n. 285, in relazione a ll’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., per essere stato omesso dal giudice di secondo grado di esaminare la prova offerta dalla ricorrente per dimostrare che, laddove si possa affermare l’intervenuto passaggio della titolarità dell’interferenza al titolare della strada superiore (l’autostrada), siccome ritenuto ex art. 25 del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, dalla sentenza impugnata, allora il tratto di strada in questione sarebbe pervenuto ex art. 822 cod. civ. allo Stato, con l’ulteriore conseguenza che sarebbe applicabile il disposto dell’art. 38, comma 4, del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, che prevede che siano assoggettate a imposizione da parte dei Comuni le occupazioni realizzate su tratti di strade statali o provinciali che attraversano i centri abitati dei medesimi Comuni con popolazione superiore ai diecimila abitanti.
1.3 Con il terzo motivo, si denuncia violazione dell’art. 38, commi 1, 2 e 4, del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, nonché falsa applicazione degli artt. 25, comma 1ter , lett. a, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, come introdotto dall’art. 49, comma 5, del d.l. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, e 25, comma 1, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, in relazione a ll’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che « non si sarebbe concretizzata la sottrazione all’uso pubblico di cui all’articolo 39, d.lgs. 15.11.1993, n.507, in quanto in definitiva il Comune di Collegno avrebbe accettato la sostituzione di un uso pubblico con altro uso pubblico, ossia quello della destinazione a viabilità autostradale », e che « il tratto di strada sovrastato dal manufatto autostradale sia stato acquisito alla proprietà del titolare della strada di livello superiore, operando tra l’altro una
evidentemente errata lettura della giurisprudenza amministrativa richiamata, laddove è chiaro che il riferimento alla pertinenzialità del <> non si estende alla strada inferiore sovrastata appartenente all’ente locale ».
Preliminarmente, si deve disattendere l’eccezione di inammissibilità del primo motivo, che la controricorrente ha sollevato in relazione alla presunta censura di una sola delle due rationes decidendi della sentenza impugnata, non essendo stata attinta -a suo dire -la questione dell ‘appartenenza del bene occupato al demanio o al patrimonio indisponibile comunale.
Invero, la ricorrente ha esordito con la precisazione che: « La decisione si fonda quindi su due autonome rationes decidendi , che si assoggettano entrambe alla presente impugnazione di legittimità . Il primo motivo è dedicato alla censura della prima ratio decidendi» (alla pagina 11 del ricorso), affidando ad altri motivi la censura della seconda.
Parimenti, si deve respingere l’eccezione di inammissibilità del primo motivo e del secondo motivo, che la controricorrente ha sollevato in relazione al presunto accertamento negativo del giudice di appello sull’appartenenza del tratto di strada interferita al demanio comunale, avendone riconosciuto la proprietà a suo favore, laddove, in particolare, è stato affermato che « il sovrappasso che qui ci occupa relativo alla autostrada che costituisce la tangenziale di Torino e sito nel comune di Collegno costituisce una ‘intersezione a livello sfalsato’ per il quale il codice della strada prevede una a pposita disciplina. Recita infatti il comma 5 dell’art. 49 del d.l. 76/2020: ‘1 -ter. Per ragioni di sicurezza e di importanza dei flussi di
traffico: a) le strutture dei sottopassi e sovrappassi di strade di tipo A e B con strade di tipo inferiore, comprese le barriere di sicurezza nei sovrappassi, sono di titolarità degli enti proprietari delle strade di tipo A e B, anche quando tali enti ril asciano la concessione all’attraversamento’. Anche il decreto del Ministro dei trasporti n. 485/2021 emanato per dare seguito agli impegni con l’Europa per l’esecuzione del PNRR effettua una ricognizione di tali intersezioni e, per il Comune di Collegno, c onferma la titolarità di tale sovrappasso dell’Ativa (pag. 2/3 elenco Ativa allegato al decreto). Dunque l’area sottostante al sovrappasso essendo una strada di tipo inferiore alla A (che sarebbe l’autostrada) è di titolarità della Ativa proprietaria della strada di tipo A, e non è stato dimostrato essere di proprietà demaniale o patrimoniale indisponibile del Comune. Tale questione è dirimente al fine di verificare la sussistenza del presupposto di tassazione: la proprietà dell’area sottopassante (anche se utilizzata per il pubblico passaggio) è di proprietà dello stesso ‘occupante’ sovrapassante a seguito di provvedimenti espropriativi, cosa non contestata dalla Ica. Una cosa è la titolarità della strada ed un’altra la titolarità delle intersezioni che, pe r il codice della strada, sono di titolarità dell’ente proprietario della strada di tipo A ».
Difatti, da un’attenta lettura della sentenza impugnata, si può evincere che il giudice di appello si è limitato ad accertare la titolarità delle intersezioni (« Una cosa è la titolarità della strada ed un’altra la titolarità delle intersezioni che, per il codice della strada, sono di titolarità dell’ente proprietario della strada di tipo A »). D’altronde, secondo la ricorrente (pag. 13 del ricorso), la contribuente, « sia in primo grado, sia in grado di appello, ha sempre affermato che <> ». In definitiva, il giudice d’appello è giunto a presumere l’appartenenza della strada sottostante all’ente proprietario della strada sovrastante in base alla propria interpretazione dell’art. 25 del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, senza uno specifico accertamento su fatti costituenti il titolo di acquisto della proprietà, che solo avrebbe precluso le censure in questione.
Ciò detto, i tre motivi del ricorso principale -la cui stretta ed intima connessione consiglia la trattazione congiunta per la comune attinenza alla questione dell’appartenenza delle aree occupate -sono fondati.
3.1 Ai sensi dell’artt. 38, comma 1, del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507 (abrogato dall’art. 1, comma 816, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, con decorrenza dall’1 gennaio 2021), sono soggette alla TOSAP le occupazioni di qualsiasi natura, effettuate, anche senza titolo, nelle strade, nei corsi, nelle piazze e, comunque, sui beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei Comuni e delle Province. Il successivo art. 39 precisa che la TOSAP è dovuta al Comune o alla Provincia dal titolare dell’atto di concessione o di autorizzazione o, in mancanza, dall’occupante di fatto, anche abusivo, in proporzione alla superficie effettivamente sottratta all’uso pubblico nell’ambito del rispettivo territorio.
Il tributo è, dunque, dovuto in caso di qualsiasi occupazione di una strada riconducibile al demanio o al patrimonio indisponibile di Comuni e Province: sia in caso di occupazione fondata su un provvedimento amministrativo dell’ente locale, sia, come precisano le disposizioni in esame, di occupazione di
fatto, che avvenga in assenza di una autorizzazione o concessione, a prescindere dal carattere abusivo oppure legittimo, come desumibile dall’avverbio « anche », prima dell’aggettivo « abusivo » nell’art. 39. Il riferimento all’occupazione di qualsiasi natura consente, pertanto, di comprendere nella fattispecie impositiva anche quelle occupazioni che, come nel caso di specie, trovino il loro fondamento nella legge, a cui è effettivamente riconducibile la realizzazione dell’opera pubblica e l’individuazione del tracciato della rete autostradale.
Le leggi citate dalla contribuente (legge 21 maggio 1955, n. 463, e legge 24 luglio 1961, n. 729) con riguardo alla realizzazione delle autostrade sono anteriori al d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, la cui disciplina – come sopra esposto – ha sottoposto ad imposizione l’occupazione delle strade comunali e provinciali avvenuta per la realizzazione della rete autostradale (da ultime: Cass., Sez. Trib., 22 gennaio 2024, n. 2164; Cass., Sez. Trib., 23 gennaio 2024, n. 2255; Cass., Sez. Trib., 25 gennaio 2024, n. 2395; Cass., Sez. Trib., 30 maggio 2024, nn. 15162, 15167, 15171, 15173, 15186, 15201, 15204). Di talché, l’art. 38 del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, va interpretato nel senso che l’occupazione mediante impianti di servizi pubblici (tale essendo il viadotto autostradale, che rappresenta un ‘ impianto ‘ costituito da una costruzione completata da strutture -impianti segnaletici e di illuminazione – che ne aumentano l’utilità) è soggetta alla tassa, sia che si tratti di spazi sottostanti, che sovrastanti lo spazio pubblico (salvo che ricorra una delle eccezioni di soprasuolo tassativamente previste dalla norma, tra le quali non si menzionano i viadotti e sovrappassi autostradali) (Cass., Sez. 5^, 5 novembre 2019, n. 28341).
Per cui, la destinazione del bene ad uso collettivo di viabilità non esclude l’occupazione, avendo questa Corte già chiarito che la società concessionaria dello Stato che abbia realizzato e gestito un’opera pubblica, occupando di fatto spazi rientranti nel demanio comunale o provinciale, è tenuta al pagamento della TOSAP, non assumendo rilievo il fatto che l’opera sia di proprietà statale, poiché la condotta occupativa è posta in essere dalla società concessionaria nello svolgimento, in autonomia, della propria attività d’impresa, per cui è sufficiente l’utilizzazione del bene da parte di un soggetto diverso dall’ente pubblico titolare, mentre risulta indifferente la strumentalità di tale utilizzazione alla realizzazione di un pubblico interesse, in assenza di una specifica ipotesi di esenzione; tanto più considerandosi che il tributo è ex lege dovuto anche per le occupazioni « poste in essere con condutture ed impianti di servizi pubblici gestiti in regime di concessione amministrativa » (art. 38 del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507). Dunque, la pianificazione del tracciato autostradale e, quindi, l’attraversamento da parte del viadotto autostradale del soprassuolo comunale o provinciale in forza della legge 24 luglio 1961, n. 729 (recante il ‘ Piano di nuove costruzioni stradali ed autostradali ‘) non eliminano l’operatività del regime previsto dagli artt. 38 ss. del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, giacché la regolarità delle procedure dirette al rilascio della concessione per la costruzione e/o l’esercizio dell’opera pubblica (anche in relazione all’acquisizione coattiva dei suoli interessati dalla collocazione del sedime autostradale con le relative pertinenze) non esclude che l’occupazione del soprassuolo inerente a strade comprese nel demanio comunale o provinciale sia sine titulo rispetto al l’ente locale, che è del tutto estraneo alle vicende riguardanti la predetta concessione.
Per cui, secondo la corretta deduzione della ricorrente (alla pagina 9 del ricorso), « la concessione con la quale lo Stato affida al concessionario la progettazione, la costruzione, la realizzazione e la gestione di una rete autostradale non è quella di cui all’articolo 39, che è invece quella per mezzo della quale il Comune o la Provincia autorizzano un determinato soggetto ad effettuare un’occupazione di uno spazio pubblico, sia che essa si realizzi in superficie, così come previsto dal primo comma dell’a rticolo 38, d.lgs. 15.11.1993, n. 507, sia che essa si realizzi nel soprassuolo o nel sottosuolo, a mente del secondo comma dello stesso articolo ».
3.2 Analoghe e pedisseque conclusioni sono state raggiunte da questa Corte anche con riguardo al COSAP, che l’art. 63 della legge 15 dicembre 1997, n. 446 (come modificato dall’art. 31 della legge 23 dicembre 1998, n. 448), ha consentito ai Comuni di sostituire (con apposito regolamento) alla TOSAP, affermandosi che tale canone è dovuto dall’occupante di fatto
in assenza di titolo concessorio del Comune o della Provincia
che trae beneficio dallo sfruttamento delle aree occupate indipendentemente dalla c oncessione dell’infrastruttura autostradale, la quale è inidonea a modificare l’abusività dell’occupazione (Cass., Sez. 1^, 10 giugno 2021, n. 16395; Cass., Sez. 1^, 18 aprile 2023, n. 10345; Cass., Sez. 1^, 29 maggio 2023, n. 15010; Cass., Sez. 1^, 25 luglio 2024, n. 20708; Cass., Sez. 1^, 25 settembre 2024, n. 25614).
3.3 In tal senso, si rammenta anche che, in tema di TOSAP, l’esenzione prevista per lo Stato e gli altri enti pubblici dall’art. 49, comma 1, lett. a, del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, postula che l’occupazione, quale presupposto del tributo, sia ascrivibile al soggetto esente, sicché, nel caso di occupazione di spazi rientranti nel demanio o nel patrimonio indisponibile
dello Stato da parte di una società concessionaria per la realizzazione e/o la gestione di un’opera pubblica (nella specie, per la gestione di un tratto di rete autostradale inclusiva di un viadotto sopraelevato), alla stessa non spetta l’esenzione in quanto è questa ad eseguirne la progettazione e la costruzione e/o a curarne la gestione economica e funzionale, a nulla rilevando che l’opera pubblica sia di proprietà dello Stato, al quale ritornerà la gestione al termine della concessione (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 12 maggio 2017, n. 11886; Cass., Sez. 6^-5, 25 luglio 2018, n. 19693; Cass., Sez. 6^-5, 11 settembre 2018, n. 22097; Cass., Sez. 6^-5, 1 ottobre 2020, n. 20974; Cass., Sez. 5^, 10 gennaio 2022, n. 385; Cass., Sez. 6^-5, 28 febbraio 2022, n. 6568; Cass., Sez. Trib., 22 gennaio 2024, n. 2164; Cass., Sez. Trib., 30 maggio 2024, nn. 15162, 15167, 15171, 15173, 15186, 15201 e 15204).
È, dunque, sufficiente l’utilizzazione del bene da parte di un soggetto diverso dall’ente pubblico titolare, mentre risulta indifferente la strumentalità di tale utilizzazione alla realizzazione di un pubblico interesse, in assenza di una specifica ipotesi di esenzione (Cass., Sez. Trib., 22 gennaio 2024, n. 2164).
3.4 Dirimenti, al riguardo, sono le considerazioni spese dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass., Sez. Un., 7 maggio 2020, n. 8628), secondo cui, in aderenza al dettato normativo di cui all’art. 39, come sopra interpretato, in presenza di un atto di concessione o di autorizzazione per individuare il soggetto passivo della TOSAP diventa, infatti, irrilevante indagare a chi sia riconducibile l’interesse privato ritratto dall’occupazione, essendo sufficiente e, anzi, assorbente il rapporto esistente tra l’ente territoriale e il contribuente autorizzato, quale specifico destinatario dei provvedimenti con cui l’amministrazione
territoriale ha allo stesso trasferito, previo controllo della sussistenza dei necessari requisiti, facoltà e diritti sulla cosa pubblica alla stessa riservati.
3.5 A tal riguardo, le concessioni autostradali – nella duplice variante della ‘ concessione di esercizio e di gestione ‘ (artt. 3, comma 1, della legge 21 maggio 1955, n. 463, 16, comma 1, della legge 24 luglio 1961, n. 729, e 5, comma 2, della legge 7 febbraio 1961, n. 59), e della ‘ concessione di solo esercizio ‘ (art. 17, comma 1, della legge 24 luglio 1961, n. 729) sembrerebbero essere attratte nella tipologia della ‘ concessione di lavori ‘ , nella misura in cui il corrispettivo, al pari del rischio operativo, deriva al concessionario esclusivamente dallo sfruttamento dell’opera e, quindi, dalla sua gestione, sebbene si siano manifestate perplessità in merito a questa ricostruzione dogmatica, che hanno indotto a classificare tali concessioni come un ‘ ibrido ‘, giacché esse contengono tanto il profilo della progettazione e della costruzione di nuove infrastrutture, quanto il momento della gestione di un servizio di trasporti. In altri termini, la compresenza di due attività distinte, legate l’una alla costruzione dell’opera, l’altra alla sua gestione, determina per le concessioni autostradali la configurabilità di un regime giuridico ‘ speciale ‘, che è alla base dell’enucleazione di specifiche disposizioni all’interno del c.d. ‘ Codice dei contratti pubblici ‘. Non a caso, l’art. 178 del medesimo d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, ha espressamente dettato ‘ Norme in materia di concessioni autostradali e particolare regime transitorio ‘, a conferma della loro natura sui generis .
Pur con tali peculiarità, la concessione è un contratto a titolo oneroso che ha per oggetto l’affidamento, da parte della
stazione appaltante, della esecuzione di lavori o della fornitura e della gestione di servizi in cui il concessionario ricava il corrispettivo ad esso spettante per l’esecuzione del contratto esercitando il diritto a gestire le opere o i servizi e a trattenere i ricavi della gestione, assumendosi i rischi connessi a tale gestione (e principalmente, nella concessione di servizi o in cui la parte relativa ai servizi è prevalente rispetto ai lavori, il rischio derivante dalla domanda del servizio). La concessione, sia di lavori pubblici che di servizi pubblici, si caratterizza, pertanto, per un dato: la remunerazione degli investimenti compiuti dall’operatore economico privato e delle prestazioni rese nell’esecuzione della concessione è costituita dal diritto di gestire funzionalmente ed economicamente il servizio (o i servizi) erogati attraverso le opere pubbliche realizzate (Cons. St., Sez. 5^, 4 febbraio 2022, n. 795). In sostanza, la caratteristica principale della concessione, ossia l’autorizzazione a gestire o sfruttare un’opera pubblica o un servizio pubblico, implica sempre il trasferimento al concessionario di un rischio operativo di natura economica che comporta la possibilità di non riuscire a recuperare gli investimenti effettuati ed i costi sostenuti per realizzare i lavori o i servizi, rischio che non sussiste quando la pubblica amministrazione si obbliga a coprire eventuali perdite occorse nell’esercizio dell’attività nell’interesse pubblico (Cons. St., Ad. Plen., 30 gennaio 2014, n. 7).
Si è, dunque, in presenza di una concessione quando, in base al titolo, l’operatore si assume i rischi economici della gestione dell’opera pubblica o del servizio pubblico, rifacendosi essenzialmente sull’utenza per mezzo della riscossione di un qualsiasi tipo di canone o tariffa, mentre si sarà in presenza di un contratto di appalto pubblico quando l’onere dell’opera
pubblica o del servizio pubblico venga a gravare sostanzialmente sulla pubblica amministrazione.
La nozione (di fonte unionale) è stata ribadita anche da questa Corte, secondo la quale la caratteristica principale della concessione, ossia l’autorizzazione a gestire o sfruttare un’opera o un servizio, implica sempre il trasferimento al concessionario di un rischio operativo di natura economica che comporta la possibilità di non riuscire a recuperare gli investimenti effettuati ed i costi sostenuti per realizzare i lavori o i servizi, rischio dal quale il concessionario si garantisce rifacendosi essenzia lmente sull’utenza per mezzo della riscossione di un qualsiasi tipo di canone o tariffa (Cass., Sez. 5^, 11 agosto 2020, n. 16889; Cass., Sez. 6^-5, 15 settembre 2021, n. 24977; Cass., Sez. 6^-2, 17 marzo 2022, n. 8692; Cass., Sez. 5^, 12 luglio 2022, n. 22062; Cass. Sez. 3^, 11 aprile 2024, n. 9818; Cass., Sez. Un., 27 agosto 2024, n. 23155).
Ad ulteriore conferma della qualificazione privatistica della società autostradale, si può richiamare anche il principio enunciato da questa Corte, secondo cui, sia in tema di concessione di costruzione e gestione di opera pubblica sia in tema di concessione di servizi, le controversie relative alla fase esecutiva del rapporto, successiva all’aggiudicazione, sia se implicanti la costruzione (e la gestione) dell’opera pubblica, sia se non collegate all’esecuzione di un’opera pubblica, sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario (Cass., Sez. Un., 13 settembre 2017, n. 21200; Cass., Sez. Un., 18 dicembre 2018, n. 32728; Cass., Sez. Un., 8 luglio 2019, n. 18267; Cass., Sez. Un., 18 dicembre 2019, n. 33691; Cass., Sez. Un., 28 febbraio 2020, n. 5594; Cass., Sez. Un., 11 marzo 2020, n. 7005; Cass., Sez. Un., 4 luglio 2022, n. 21139; Cass.,
Sez. Un., 11 marzo 2023, n. 7735; Cass., Sez. Un., 27 giugno 2023, n. 18374; Cass., Sez. Un., 31 ottobre 2023, n. 30267; Cass., Sez. Un., 22 luglio 2024, n. 20088), venendo in rilievo una relazione paritaria di tipo contrattuale con l’amministrazione statale in ordine all’attuazione del rapporto concessorio.
Parimenti, la giurisprudenza di questa Corte ha costantemente affermato che le società concessionarie per la costruzione e/o la gestione di opera pubblica ovvero per la gestione di servizio pubblico, anche se partecipate (in forma maggioritaria o totalitaria) da enti pubblici, sono soggette allo statuto dell’imprenditore commerciale (artt. 2082 ss. cod. civ.) e, quindi, all’apertura delle procedure concorsua li (artt. 1 ss. del r.d. 16 marzo 1942, n. 267), sottolineando che la circostanza di essere affidatarie di servizi di interesse pubblico o gestori di beni di natura demaniale non crea un rapporto di immedesimazione con l’ente pubblico (tra le tante: Cass., Sez. 1^, 27 settembre 2013, n. 22209; Cass., Sez. 1^, 2 luglio 2018, n. Cass., Sez. 5^, 16 gennaio 2019, n. 956; Cass., Sez. 1^, 22 febbraio 2019, n. 5346; Cass., Sez. 1^, 4 marzo 2022, n. 7260; Cass., Sez. 1^, 28 marzo 2023, n. 8794; Cass., Sez. 1^, 28 aprile 2023, n. 11273).
3.6 Restando sempre alle fattispecie tipizzate dal diritto unionale, la società RAGIONE_SOCIALE non è certamente riconducibile alla figura dell” organismo di diritto pubblico ‘, che gli artt. 2, par. 1, lett. a, della citata direttiva n. 2004/17/CE e 1, comma 9, della citata direttiva n. 2004/18/CE, definiscono come « organismo (…) istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale » (nozione recepita a livello nazionale dall’art. 3, comma 1, lett. d, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50), potendo al
più, ove ne ricorrano le condizioni (ma non nella fattispecie in disamina), rientrare tra le ‘ imprese pubbliche ‘, che si configurano, a norma dell’art. 2, comma 1, lett. a, della citata direttiva n. 2004/17/CE, come « le imprese su cui le amministrazioni aggiudicatrici possono esercitare, direttamente o indirettamente, un’influenza dominante perché ne sono proprietarie, vi hanno una partecipazione finanziaria, o in virtù di norme che disciplinano le imprese in questione » (nozione recepita a livello nazionale dall’art. 3, comma 1, lett. t, del citato d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50), essendo caratterizzate dallo svolgimento di attività economica a carattere, per definizione, imprenditoriale e, quindi, qualificata dalla presenza sintomatica dei seguenti indici (che rivelano la qualità di impresa e, al contempo, escludono il carattere non industriale o commerciale dei bisogni): l’agire in normali condizioni di mercato, il perseguimento di uno scopo di lucro e l’assunzione del rischio.
3.7 In questo quadro, perdono evidentemente rilievo, ai fini impositivi, quei profili di asserita divergenza rispetto a quella giurisprudenza amministrativa (Cons. St., Sez. 5^, 22 novembre 2023, nn. 10010, 10011, 10012, 10013, 10014, 10015, 10016, 10017 e 10018; Cons. St., Sez. 5^, 27 novembre 2024, n. 10130), la quale, incidendo (nell’ambito del COSAP) sul diverso terreno dei presupposti autoritativi di legittimo esercizio del potere concessorio, ha cura di evidenziare la inconcepibilità del rilascio di una concessione comunale di occupazione in relazione ad un bene ‘ occupante ‘ appartenente al demanio dello Stato (permanendo tale demanialità statale anche nell’ipotesi di gestione lucrativa dell’infrastruttura), atteso che sempre nell’ottica della disciplina tributaria di cui al d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507,
come sempre interpretata, da ultimo, anche dalle Sezioni Unite -il presupposto impositivo richiama sì la relazione concessoria, senza, però, al contempo farne elemento imprescindibile, cioè senza escludere che, in assenza di questa (e dunque dei relativi presupposti amministrativi), il tributo debba essere, comunque, corrisposto da chi, anche in linea di fatto (ed anche se in maniera non abusiva), occupi il suolo comunale o provinciale, fatte naturalmente salve le previste esenzioni; con conseguente irrilevanza del fatto che, in forza di un diverso titolo concessorio, l’occupazione si attui attraverso la (o al fine della) gestione economica di un bene pacificamente appartenente al demanio statale.
Diversamente da quanto osservato dalla menzionata giurisprudenza amministrativa, non sembra, dunque, rilevare ai fini impositivi la supremazia dello Stato sul Comune o sulla Provincia, dal momento che questa può, per l’appunto, interferire, neutralizzandola, sulla necessità di un provvedimento concessorio, ma non sul materializzarsi del presupposto del tributo costituito dal fatto in sé dell’occupazione; a meno che, ben inteso, non si verta di occupazione posta ‘ direttamente ‘ in essere dallo Stato nell’eser cizio di quella supremazia.
Parimenti ininfluenti ai fini di causa devono ritenersi quelle fonti legislative ed amministrative (ad esempio, la legge 21 maggio 1955, n. 463, e la legge 24 luglio 1961, n. 729, riguardanti la realizzazione della rete autostradale, o anche la nota resa dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti il 21 giugno 2023, n. 15776, recante disposizioni secondarie sulle procedure di autorizzazione e realizzazione di infrastrutture pubbliche in conferenza dei servizi) che regolano le procedure di costruzione della rete autostradale, così come l’attribuzione
allo Stato della relativa proprietà, risultando esse -ancora una volta -indifferenti a quel presupposto; almeno fino a quando non venga dal legislatore affermato ciò che al momento non è (Cass., Sez. Trib. , 22 gennaio 2024, n. 2164), cioè l’attrazione (per accessione invertita) allo Stato, per il solo fatto della costruzione del sovrappasso, della proprietà delle sottostanti strade comunali o provinciali occupate.
Né l’inserimento dell’opera autostradale nello strumento urbanistico generale può equivalere ad un tacito riconoscimento da parte del Comune della privazione della disponibilità di tali aree, anche in corrispondenza dell’intersezione con le viabilità locali , per la destinazione alla viabilità statale del l’intera fascia di territorio che è oggetto di occupazione.
Difatti, è vero che, in base all’art. 7, comma 2, n. 1, della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (c.d. ‘ legge urbanistica ‘), il piano regolatore generale di un ente locale non può prescindere, nella programmazione urbanistica, dalla « rete delle principali vie di comunicazione stradali, ferroviarie e navigabili e dei relativi impianti » (e, quindi, anche dalle infrastrutture autostradali), che sono stati realizzati sul territorio comunale anche per effetto della previsione di fonti superiori, e non può prevedere né imporre opere che siano paesaggisticamente ed urbanisticamente incoerenti con le superiori determinazioni (del resto, secondo la gerarchia delle fonti, le norme primarie prevalgono sugli strumenti urbanistici adottati dagli enti locali con provvedimenti di natura regolamentare), ma si tratta di una mera ed inevitabile conseguenza dell’immanenza delle opere autostradali, che non comporta il riconoscimento della perdita della proprietà demaniale né tange il potere impositivo dell’ente locale sugli spazi so vrastanti le strade comunali per
effetto della loro apprensione da parte dello Stato (o del suo concessionario).
3.8 Ciò detto, valutando di escludere la spettanza del tributo in base al riconoscimento che la strada sottostante non rientra nel demanio comunale, il giudice di appello è pervenuto alla conclusione della sua appartenenza all’ente proprietario della strad a sovrastante (cioè, dell’autostrada) in base ad una duplice presunzione, che non trova alcun fondamento in una corretta esegesi dell’art. 25, comma 1 -ter , lett. a, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, come introdotto dall’art. 49, comma 5, del d.l. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120. Difatti, come si vedrà, tale disposizione si limita a sancire una presunzione legale di appartenenza dei sottopassi e dei sovrappassi di strade di tipo A e B con strade di tipo inferiore agli « enti proprietari delle strade di tipo A e B », senza nulla prevedere in ordine alla proprietà delle strade di tipo inferiore. Per cui , l’estensione di tale presunzione anche all’appartenenza delle strade di tipo inferiore, per una sorta di attrazione del bene accessorio al regime dominicale del bene principale, è contra legem .
Ne discende che la sentenza impugnata si è discostata sul punto dall’orientamento di questa Corte, secondo cui la costruzione della rete autostradale prevista ed approvata con provvedimenti legislativi non ha comportato automaticamente il trasferimento della proprietà delle strade interessate allo Stato ed il conseguente passaggio di quelle comunali e provinciali al demanio statale, tenuto conto che l’art. 11 della legge 24 luglio 1961, n. 729, prevedeva l’esecuzione di procedure espropriative per la realizzazione delle opere necessarie per la costruzione delle autostrade previste dalla predetta legge, mentre l’art. 12, comma 4, della medesima
legge, nel prevedere che gli enti proprietari potevano prescrivere esclusivamente le cautele da osservare e le opere provvisionali da eseguire durante la costruzione delle opere, conferma la possibile appartenenza del tratto di strada ad amministrazioni diverse dallo Stato, quali gli enti territoriali. Del resto, l’art. 822 cod. civ. prevede che le strade, le autostrade e le strade ferrate fanno parte del demanio pubblico se appartengono allo Stato e, cioè, rientrano nel demanio pubblico statale meramente eventuale, il che non esclude, quindi, che la strada su cui insiste il cavalcavia dell’autostrada appartenga ad altro ente (da ultime: Cass., Sez. Trib., 22 gennaio 2024, n. 2164; Cass., Sez. Trib., 23 gennaio 2024, n. 2255; Cass., Sez. Trib., 25 gennaio 2024, n. 2395; Cass., Sez. Trib., 30 maggio 2024, nn. 15162, 15167, 15171, 15173, 15186, 15201, 15204).
3.9 Occorre, quindi, distinguere la proprietà della strada su cui insiste il pontone o cavalcavia dell’autostrada da quella di quest’ultimo manufatto: la prima resta di titolarità dell’ente territoriale, in assenza di un atto di trasferimento, pur essendo la seconda di proprietà statale. Non si configura, infatti, una ipotesi di accessione invertita a favore dello Stato, che non è contemplata dalla legge (Cass., Sez. Trib., 22 gennaio 2024, n. 2164).
A ogni modo, non è conferente il riferimento concernente l’appartenenza dell’autostrada al demanio statale ex art. 822 cod. civ., ed è altresì marginale e priva di decisività l’indagine sulla effettiva proprietà del tratto autostradale che occupa, per proiezione, la strada comunale sottostante, atteso che la dedotta proprietà statale dell’autostrada e così del viadotto non interferisce con la circostanza secondo cui, nel periodo di durata della concessione, la società dispone del viadotto, per
la relativa gestione quale concessionaria, e per ciò solo essa realizza la condotta di « occupazione » del sottostante suolo provinciale o comunale (Cass., Sez. Trib., 26 gennaio 2024, n. 2521).
Difatti, in linea di principio, sul piano civilistico, per quanto concerne le strade, vale il regime generale dell’art. 840 cod. civ., con estensione usque ad sideras et ad inferos della relativa proprietà, da nulla risultando che alla proprietà pubblica si applichi, sul punto, un regime diverso da quello della proprietà privata (Cass., Sez. 2^, 3 aprile 2023, n. 9157). Rimane, tuttavia, fermo che l’art. 840 cod. civ. si riferisce al sottosuolo, nel significato comune della parola, che indica lo strato sottostante alla superficie del terreno, ossia la zona esistente in profondità al di sotto dell’area superficiale del piano di campagna . La nozione, quindi, non comprende l’area di sedime sottostante una strada pubblica in corrispondenza di un ponte o di un viadotto. In questo caso, qualora la proprietà pubblica del suolo non risulti positivamente, si tratta di stabilire se sia operante la presunzione iuris tantum di demanialità delle aree accessorie alle strade pubbliche, quali pertinenze stradali (Cass., Sez. 3^, 3 aprile 2023, n. 9157), che, peraltro, non può operare in relazione all’area occupata dal percorso di un’altra strada pubblica.
Inoltre, la presunzione di demanialità, che è stabilita dall’art. 22 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, non si riferisce ad ogni area comunicante con la strada pubblica, ma solo a quelle che, per l’immediata accessibilità, integrano la funzione viaria della rete stradale, in guisa da costituire pertinenza della strada; nelle altre ipotesi, invece, affinché un’area privata venga a far parte del demanio, è necessario che essa sia destinata all’uso pubblico e che sia intervenuto un atto o un
fatto che ne abbia trasferito il dominio alla pubblica amministrazione (Cass., Sez. 2^, 2 febbraio 2017, n. 2795; Cass., Sez. 2^, 21 maggio 2018, n. 12497; Cass., Sez. 2^, 3 aprile 2023, n. 9157; Cass., Sez. 1^, 17 luglio 2024, n. 19784).
Per cui, si deve escludere qualsiasi apprensione allo Stato del tratto di strada comunale che sia perpendicolarmente sottostante al viadotto autostradale. A maggior ragione, quindi, non si può ammettere un’acquisizione per interposta persona – a favore d ella concessionaria dell’autostrada, che non opera quale longa manus dello Stato (Cass., Sez. Trib., 25 gennaio 2024, n. 2463).
3.10 Sicuramente, non è significativo il richiamo alla previsione dell’art. 2 del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, secondo cui: « Le strade urbane (…) sono sempre comunali quando siano situate nell’interno dei centri abitati, eccettuati i tratti interni di strade statali, regionali o provinciali che attraversano centri abitati con popolazione non superiore a diecimila abitanti », giacché tale disposizione si riferisce alla diversa ipotesi di ‘ incrocio ‘ sul medesimo livello (o a raso) di strade situate alla medesima altezza, ma appartenenti ad enti diversi, che ai fini della TOSAP è espressamente regolamentata dall’art. 38, comma 4, del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507 (a tenore del quale: « 4. Le occupazioni realizzate su tratti di strade statali o provinciali che attraversano il centro abitato di Comuni con popolazione superiore a diecimila abitanti sono soggette all’imposizione da parte dei Comuni medesimi »), non avendo alcuna attinenza con la fattispecie eterogenea d ell’occupazione del soprassuolo inerente alla strada comunale.
3.11 Né la previsione dell’art. 25, comma 1 -ter , lett. a, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, come introdotto dall’art. 49,
comma 5, del d.l. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, contraddice in alcun modo la ricostruzione della permanenza della proprietà comunale sulla strada sottostante il viadotto autostradale.
Difatti, sancendo che « le strutture dei sottopassi e sovrappassi di strade di tipo A e B con strade di tipo inferiore, comprese le barriere di sicurezza nei sovrappassi, sono di titolarità degli enti proprietari delle strade di tipo A e B, anche quando tali enti rilasciano la concessione all’attraversamento », tale disposizione -che regolamenta la c.d. ‘ intersezione ‘ a livelli sfalsati di strade situate a diverse altezze – riconosce la sola appartenenza dei sottopassi o sovrappassi delle strade di tipo A (autostrade) e B (strade extraurbane principali) agli enti indicati dall’art. 2, comma 5, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (tra i quali, lo Stato), escludendo ogni incidenza sull’appartenenza delle strade di tipo inferiore, vale a dire quelle di tipo C (strade extraurbane secondarie), D (strade urbane di scorrimento), E (strade urbane di quartiere), Ebis (strade urbane ciclabili), F (strade locali) e Fbis (itinerari ciclopedonali), la cui proprietà rimane ferma in capo agli enti d’origine.
Analogamente, il d.m. 30 novembre 2021, n. 485, contenente in allegato, « in relazione agli attraversamenti tra le strade di tipo A o di tipo B statali e le strade di classificazione inferiore ai sensi dell’articolo 2 del Codice della strada (…), l’elenco delle strutture delle opere d’arte dei sottopassi e sovrappassi, comprese le barriere di sicurezza nei sovrappassi, con l’indicazione dei relativi enti titolari, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 25, commi 1 -bis e 1-ter, del medesimo Codice della strada », si riferisce alla esclusiva proprietà dei sovrappassi, ma
non anche alla proprietà delle sottostanti strade di tipo inferiore, che continuano ad appartenere agli enti d’origine (al pari dell’inerente soprassuolo).
3.12 Ne discende che, sulla base di una distorta lettura delle norme richiamate, la sentenza impugnata ha contravvenuto a tali principi con l’erronea affermazione che: « (…) il sovrappasso che qui ci occupa relativo alla autostrada che costituisce la tangenziale di Torino e sito nel Comune di Collegno costituisce una ‘intersezione a livello sfalsato’ per il quale il codice della strada prevede una apposita disciplina. Recita infatti il comma 5 dell’art. 49 del d.l. 76/2020: ‘1 -ter. Per ragioni di sicurezza e di importanza dei flussi di traffico: a) le strutture dei sottopassi e sovrappassi di strade di tipo A e B con strade di tipo inferiore, comprese le barriere di sicurezza nei sovrappassi, sono di titolarità degli enti proprietari delle strade di tipo A e B, anche quando tali enti rilasciano la concessione all’attraversamento’. Anche il decreto del Ministro dei trasporti n. 485/2021 emanato per dare seguito agli impegni con l’Europa per l’esecuzione del PNRR effettua una ricognizione di tali intersezioni e, per il Comune di Collegno, conferma la titolarità di tale sovrappasso dell’Ativa (pag. 2/3 elenco Ativa allegato al decreto). Dunque l’area sottostante al sovrappasso essendo una strada di tipo inferiore alla A (che sarebbe l’autostrada) è di titolarità della Ativa proprietaria della strada di tipo A, e non è stato dimostrato essere di proprietà demaniale o patrimoniale indisponibile del Comune. Tale questione è dirimente al fine di verificare la sussistenza del presupposto di tassazione: la proprietà de ll’area sottopassante (anche se utilizzata per il pubblico passaggio) è di proprietà dello stesso ‘occupante’ sovrapassante a seguito di provvedimenti espropriativi, cosa non contestata dalla Ica. Una
cosa è la titolarità della strada ed un’altra la titolarità delle intersezioni che, per il codice della strada, sono di titolarità dell’ente proprietario della strada di tipo A» .
Il ricorso incidentale è affidato a due motivi.
Con il primo motivo, si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212, e 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che gli impugnati avvisi di accertamento erano muniti di adeguata motivazione. A suo dire: « Tali atti (…) si limitano ad affermare la sussistenza del presupposto impositivo per l’applicazione del tributo per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (T.O.S.A.P.) su mq. 453, senza fornire alcun valido supporto probatorio in merito all’esistenza effettiva del presupposto impositivo. Nemmeno in premessa l’ente accertatore ritiene di spiegare i motivi che hanno determinato l’ema nazione dell’avviso di accertamento . (…) Nessun elemento oggettivo sulle modalità tecniche di determinazione dell’imponibile, con riferimento alla lunghezza/estensione della strada comunale di proprietà, eventualmente occupata. Soltanto l’indicazione di una tariffa (nessuna indicazione dell’eventuale categoria) di € 19,33/mq. moltiplicata per un’area di 453 mq., determinati in qualche maniera (quale e quando?) … ! Nemmeno una sola parola sull’effettiva concreta sottrazione all’uso pubblico dello spazio/superficie, necessariamente richiesta dall’art. 39 D.Lgs. 507/1993 » (alla pagina 34 del controricorso).
5.1 Il predetto motivo è inammissibile e, comunque, infondato. 5.2 Per il primo aspetto, lamentando la carenza di un « valido supporto probatorio in merito all’esistenza effettiva del presupposto impositivo » (alla pagina 34 del controricorso), il
mezzo incorre in una palese confusione tra la ‘ motivazione ‘ dell’avviso di accertamento, che è finalizzata alla conoscenza da parte del contribuente degli elementi di fatto e delle ragioni di diritto della pretesa impositiva, e la ‘ prova ‘ della pretesa impositiva (o della sua infondatezza), che va riferita al documento, quale mezzo da far valere nel processo.
Questa distinzione tra piano della motivazione e piano della prova trova conferma normativa nell’art. 7, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (nel testo novellato dall’art. 1, comma 1, lett. f, del d.lgs. 30 dicembre 2023, n. 219), che, mentre richi ede l’allegazione dell’atto a cui l’avviso si riferisce, sempre che non sia già stato portato a conoscenza dall’interessato o l’avviso ne riproduca il contenuto essenziale, prevede soltanto l’indicazione dei mezzi di prova, che potranno essere prodotti o a cquisiti nell’eventuale processo a seguito dell’impugnazione dell’atto impositivo (in termini: Cass., Sez. Trib., 25 marzo 2024, n. 8016).
5.3 Per il secondo aspetto, secondo la laconica motivazione del giudice di appello (che non è stata oggetto di specifica censura), « l’avviso di accertamento risulta adeguatamente motivato tanto che il contribuente ha potuto difendersi adeguatamente ».
5.4 Ora, in base alla trascrizione fattane in controricorso (secondo il canone dell’autosufficienza), gli avvisi di accertamento hanno contestato al contribuente l’occupazione mediante un ‘ ponte autostradale ‘ del soprassuolo corrispondente al percorso stradale di INDIRIZZO nel Comune di Collegno (TO) per un tratto esteso mq. 453 ed hanno liquidato la TOSAP per ciascuna annata dal 2015 al 2019 con l’indicazione del valore unitario per €/mq . secondo tariffa, del valore complessivo, degli interessi moratori, della sanzione
amministrativa (per omesso versamento) e delle spese di notifica.
Tali informazioni sono conformi alle prescrizioni dell’art. 51, comma 2, del d.lgs. 30 dicembre 1993, n. 507, a tenore del quale: « Il Comune o la Provincia provvede all’accertamento in rettifica delle denunce nei casi di infedeltà, inesattezza ed incompletezza delle medesime, ovvero all’accertamento d’ufficio nei casi di omessa presentazione della denuncia. A tal fine emette apposito avviso di accertamento motivato nel quale sono indicati la tassa, nonché le soprattasse e gli interessi liquidati e il termine di sessanta giorni per il pagamento »; nonché degli artt. 46, comma 1, e 47, comma 1 e comma 2, a tenore dei quali, rispettivamente: « 1. Le occupazioni del sottosuolo e del soprassuolo stradale con condutture, cavi, impianti in genere ed altri manufatti destinati all’esercizio e alla manutenzione delle reti di erogazione di pubblici servizi, compresi quelli posti sul suolo e collegati alle reti stesse, nonché con seggiovie e funivie sono tassate in base ai criteri stabiliti dall’art. 47 »; « 1. La tassa per le occupazioni del sottosuolo e del soprassuolo stradale di cui all’art. 46 è determinata forfetariamente in base alla lunghezza delle strade comunali o provinciali per la parte di esse effettivamente occupata, comprese le strade soggette a servitù di pubblico passaggio, secondo i criteri indicati nel comma 2. 2. La tassa va determinata in base ai seguenti limiti minimi e massimi:
strade comunali, da lire 250.000 a lire 500.000 per km lineare o frazione; – strade provinciali, da lire 150.000 a lire 300.000 per km lineare o frazione ».
Per cui, essendo consentito ricostruire ex post i presupposti fattuali e le ragioni giuridiche della pretesa impositiva, la sentenza impugnata ha valutato che la previsione dell’art. 7,
comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212, possa considerarsi rispettata.
5.5 Aggiungasi che il riferimento dell’art. 47 alla « lunghezza delle strade comunali o provinciali » ed al « km lineare », deve essere sistematicamente coordinato con le disposizioni degli artt. 39 e 42, commi 4 e 5, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 507, – secondo cui, rispettivamente: « La tassa è dovuta al Comune o alla Provincia dal titolare dell’atto di concessione o di autorizzazione o, in mancanza, dall’occupante di fatto, anche abusivo, in proporzione alla superficie effettivamente sottratta all’uso pubblico nell’ambito del rispettivo territorio»; « 4. La tassa si determina in base all’effettiva occupazione, espressa in metri quadrati o in metri lineari con arrotondamento all’unità superiore della cifra contenente decimali. Non si fa comunque luogo alla tassazione delle occupazioni che in relazione alla medesima area di riferimento siano complessivamente inferiori a mezzo metro quadrato o lineare. 5. Le superfici eccedenti i mille metri quadrati, per le occupazioni sia temporanee che permanenti, possono essere calcolate in ragione del 10 per cento » – ove l ‘espressa menzione della « superficie » e dei « metri quadrati » lascia intendere che la determinazione del quantum debeatur deve essere rapportata alle dimensioni (lunghezza e larghezza) dell’occupazione in relazione alla consistenza dell’opera realizzata.
5.6 Attenendosi alla disciplina legislativa, anche l’art. 14, comma 1, del regolamento comunale RAGIONE_SOCIALE ribadisce che: « La tassa è commisurata alla superficie occupata, espressa in metri quadrati o in metri lineari ».
Per cui, è evidente che l’estensione del soprassuolo occupato dal sedime del viadotto autostradale doveva essere
necessariamente indicata in mq. per le stesse caratteristiche del manufatto realizzato.
Con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato disposto dal giudice di secondo grado che: « In considerazione della reciproca soccombenza e della particolarità dell’argomento per il quale sono dirimenti specifiche questioni tecniche si compensano le spese ». A suo dire: « La motivazione non è comprensibile. Intanto perché non sussiste l’affermata ‘reciproca soccombenza’ » (alla pagina 37 del controricorso). Difatti, a fronte dell’accoglimento dell’appello: « L’unica eccezione rigettata è quella di nullità degli avvisi di accertamento per mancanza di motivazione, ma, appunto, trattasi di eccezione, non di domanda » (alla pagina 38 del controricorso).
6.1 Il predetto motivo è assorbito dall’accoglimento del ricorso principale, essendo venute meno le statuizioni fondanti la contestata regolamentazione delle spese giudiziali in sede di appello.
In conclusione, alla stregua delle suesposte argomentazioni, valutandosi la fondatezza dei motivi del ricorso principale, l’infondatezza del primo motivo e l’assorbimento del secondo motivo del ricorso incidentale, il ricorso principale può trovare accoglimento, mentre il ricorso incidentale deve essere respinto; la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al ricorso accolto con rinvio della causa (per la decisione delle questioni assorbite) alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte (ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. a, della legge 31 agosto 2022, n. 130), in
diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
8 . Ai sensi dell’ art. 13, comma 1quater , del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della controricorrente/ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale e rigetta il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della controricorrente/ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale, se dovuto.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 22 ottobre