Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 800 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 800 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/01/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 13635/2021 R.G., proposto
DA
‘ Autostrada Torino-IvreaValle d’Aosta RAGIONE_SOCIALE, con sede in Torino, in persona del presidente del consiglio di amministrazione pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME di Rosignano, con studio in Torino, e dal l’Avv. NOME COGNOME con studio in Roma, ove elettivamente domiciliata, giusta procura in allegato al ricorso introduttivo del presente procedimento;
RICORRENTE
CONTRO
‘ I.C.A. – Imposte RAGIONE_SOCIALE unipersonale ‘, con sede in Roma, in persona dell’amministratore unico pro tempore , nella qualità di concessionaria per l’accertamento, la liquidazione e la riscossione della TOSAP in nome e per conto del Comune di Collegno (TO), rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME con studio in La Spezia, elettivamente domiciliata presso l’Avv. NOME COGNOME con studio in Roma,
RAGIONE_SOCIALE AUTOSTRADALI
giusta procura in allegato al controricorso di costituzione nel presente procedimento e dichiarazione di variazione del domicilio eletto;
CONTRORICORRENTE
E
Comune di Collegno (TO), in persona del Sindaco pro tempore ;
INTIMATO
avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per il Piemonte il 14 gennaio 2021, n. 16/02/2021; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22 ottobre 2024 dal Dott. NOME COGNOME udito il P.M., nella persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito per la ricorrente l’Avv. NOME COGNOME di Rosignano, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso; NOME COGNOME che ha udito per la controricorrente, l’Avv. concluso per il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
L ” Autostrada Torino-IvreaValle d’Aosta –RAGIONE_SOCIALE ‘ , nella qualità di concessionaria dello Stato per la costruzione e la gestione dell ‘ autostrada A/5 (nel tratto TorinoIvrea-Quincinetto), dell’autostrada A/4-A/5 Ivrea-Santhià e del sistema autostradale tangenziale di Torino, con la diramazione per Pinerolo, in forza di convenzione stipulata con l” RAGIONE_SOCIALE‘ il 7 novembre 2007 ed approvata con la legge 6 giugno 2008, n. 101, ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per il Piemonte il 14 gennaio 2021, n. 16/02/2021, che, in controversia su impugnazione di avviso di accertamento n. 325/2013 per omessa denuncia e omesso versamento della TOSAP relativa all’anno 20 13 con riguardo all’occupazione
mediante cavalcavia autostradale -per un’estensione di mq. 453 – dello spazio aereo sovrastante la strada comunale di INDIRIZZO in Collegno (TO), per l’importo complessivo di € 20.497,00, ha rigettato l’appello proposto dalla medesima nei confronti dell ” I.C.RAGIONE_SOCIALE –RAGIONE_SOCIALE ‘, nella qualità di concessionaria per l’accertamento, la liquidazione e la riscossione della TOSAP in nome e per conto del Comune di Collegno (TO), e del Comune di Collegno (TO) avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Torino il 21 ottobre 2019, n. 1274/02/2019, con condanna alla rifusione delle spese giudiziali.
La Commissione tributaria regionale ha confermato la decisione di prime cure -che aveva rigettato il ricorso originario della contribuente -sul presupposto che l’occupazione a mezzo di impianti di servizi pubblici è soggetta a tassazione, sia che si tratti di spazi sottostanti che sovrastanti l ‘area pubblica, non spettando al concessionario privato di opera pubblica l’esenzione prevista per gli enti pubblici.
L”’ I.C.A. – RAGIONE_SOCIALE unipersonale ‘, nella qualità predetta, ha resistito con controricorso, mentre il Comune di Collegno (TO) è rimasto intimato.
Con conclusioni scritte, il P.M. si è espresso per il rigetto del ricorso.
Le parti hanno depositato memorie illustrative ex art. 378 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso è affidato a tre motivi.
Con il primo motivo, si denunciano, al contempo, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, primo
comma, n. 5, cod. proc. civ., nonché nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., e violazione dell’art. 39 del d.lgs. 30 dicembre 1993, n. 507, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato omesso dal giudice di secondo grado di pronunciarsi sull’insussistenza della ‘ effettiva sottrazione ‘ all’uso pubblico comunale dello spazio occupato, senza tener conto: a) che la sottrazione alla disponibilità generalizzata era stata voluta dallo Stato, il quale aveva deciso la costruzione dell’autostrada in quel punto per offrire un servizio pubblico alla collettività; b) che tale sottrazione era stata autorizzata dal d.m. 2 luglio 1969, n. 2004, con la sostituzione di una diversa forma di uso generalizzato; c) che essa aveva acquistato la proprietà dell’area sottostante il viadotto autostradale in forza di un provvedimento ablatorio, divenendone l’intestataria catastale; d) che l’appartenenza dell’area occupata non era mai stata contestata dalle controparti; e) che l’area occupata mediante la costruzione del viadotto autostradale era stata retrocessa in uso al Comune con l’accollo della manutenzione ordinaria della carreggiata del sottopasso costruito per consentire il passaggio della viabilità comunale interferente.
2.1 Il predetto motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato.
2.2 Preliminarmente, per quanto la deduzione di una pluralità di vizi di varia natura non impedisca a priori di distinguere ed enucleare le questioni concernenti le singole lagnanze della ricorrente, a dispetto di quanto eccepito dalla controricorrente, la deduzione del vizio ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. impinge nella preclusione derivante dalla c.d. ‘ doppia conforme ‘, che neppure consente di censurare l’omesso esame
di fatti decisivi oggetto di discussione tra le parti ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. (nella specie, comunque, non dedotto); difatti, in siffatta ipotesi, prevista dall’art. 348 -ter , quinto comma, cod. proc. civ. (applicabile, ai sensi dell’art. 54, comma 2, del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012; detta norma è stata mantenuta, anche dopo l’abrogazione disposta dall’art. 3, comma 26, lett. e, del d.lgs. 1 ottobre 2022, n. 149, per i giudizi introdotti prima dell’1 gennaio 2023, dall’art. 35, comma 5, del d.lgs. 1 ottobre 2022, n. 149, quale m odificato dall’art. 380, lett. a, della legge 29 dicembre 2022, n. 197), il ricorrente in cassazione – per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. (nel testo riformulato dall’art. 54, comma 3, del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, ed applicabile alle sentenze pubblicate dall’11 settembre 2012) – deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (tra le tante: Cass., Sez. 1^, 22 dicembre 2016, n. 26774; Cass., Sez. Lav., 6 agosto 2019, n. 20994; Cass., Sez. 5^, 12 luglio 2021, n. 19760; Cass., Sez. 5^, 1 aprile 2022, n. 10644; Cass., Sez. 5^, 11 aprile 2022, n. 11707; Cass., Sez. 6^-5, 28 aprile 2022, n. 13260; Cass., Sez. Trib., 13 dicembre 2023, n. 34902; Cass., Sez. Trib., 27 giugno 2024, n. 17782); nella specie, però, a fronte della soccombenza nel doppio grado di merito, la ricorrente non ha indicato le ragioni di fatto differenti a seconda del giudizio; ne discende che le questioni sono state esaminate e decise in
modo uniforme dai giudici del doppio grado di merito, per cui non ne è possibile alcun sindacato da parte del giudice di legittimità in relazione alla violazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. (art. 348ter , quinto comma, cod. proc. civ.).
2.3 Per il resto, la censura deve essere disattesa.
Secondo la ricorrente, tenendo conto della contestazione (risultante -in ossequio al canone dell’autosufficienza – dalla sintetica trascrizione dei motivi di appello nella sentenza impugnata) che: « Il fondamento giustificativo della T.ORAGIONE_SOCIALE viene dunque individuato dalla legge nella sottrazione di uno spazio pubblico, che un soggetto opera a danno della collettività », il giudice del gravame non avrebbe dato risposta circa l’effettiva sottrazione dell’area pubblica all’uso collettivo in seguito alla sovrastante costruzione del viadotto autostradale.
2.4 Stando alla motivazione della sentenza impugnata: « In merito alla mancanza dei presupposti applicativi della T.O.S.A.P., anche con riguardo alla presunta mancanza di titolarità del Comune dello spazio oggetto del tributo, si respingono le doglianze della società contribuente. La giurisprudenza di legittimità è ormai costante nell’affermare l’assoggettabilità al pagamento della TOSAP anche in ipotesi di occupazioni mediante impianti adibiti ai fini pubblicistici in regime di concessione amministrativa: si richiama sul punto l’Ordinanza 25 luglio 2018, n. 19693 a mente della quale “le finalità pubblicistiche pur evidenziate in memoria, cui certamente è finalizzata la gestione e la manutenzione della rete autostradale, se pur imprimono alla riscossione dei pedaggi una preminente destinazione dei ricavi al perseguimento delle finalità proprie della realizzazione del
tracciato autostradale, non annullano il perseguimento del profitto tipico dell’attività d’impresa svolta da società per azioni, quale indubbiamente è la RAGIONE_SOCIALE; ciò che rende irrilevante la natura demaniale dell’autostrada ed il ritorno della stessa allo Stato al tempo della concessione”. Peraltro, il recepimento, da parte del Comune di Collegno, della scelta di realizzazione dell’opera autostradale, è evidentemente scelta necessitata dalla gerarchicamente prevalente volontà statale, una conseguenza della costruzione dell’opera autostradale, e non certo la causa, per cui il fatto rimane del tutto irrilevante ai fini dell’obbligazione tributaria di corrispondere la TOSAP qualora, come nel caso di specie sussistano i presupposti di cui all’articolo 38, comma 2, d.lgs. 15.11.1993, n. 507, nonché di cui al comma secondo dell’articolo 12 del Regolamento Comunale TOSAP di Collegno, e di contro non sussistano le condizioni di identità e sovrapposizione soggettiva del soggetto occupante al novero dei soggetti tassativamente indicati dall’articolo 49, comma 1, lettera a), d.lgs. 15.11.1993, n. 507. Quanto sopra è infine indipendente dalla proprietà dei terreni in oggetto poiché a mente dell’articolo 2 del Codice della Strada “le strade urbane di cui al comma 2, lettere D, E e F, sono sempre comunali quando siano situate nell’interno dei centri abitati, eccettuati i tratti interni di strade statali, regionali o provinciali che attraversano centri abitati con popolazione non superiore a diecimila abitanti”: INDIRIZZO appartiene dunque alla viabilità comunale, comunque oggetto di applicabilità della tassa ».
2.5 A ben vedere, la sentenza impugnata presenta una motivazione puntuale e diffusa, che consente di individuare con precisione i presupposti fattuali (peraltro, pacifici) della
fattispecie e le argomentazioni giuridiche della decisione, confrontandosi, in conformità all’art. 112 cod. proc. civ., con tutte le questioni sollevate dall’appellante.
2.6 In particolare, con riguardo alla materiale collocazione del viadotto nello spazio aereo sovrastante la strada comunale, non vi è dubbio che l’opera in questione abbia stabilmente occupato parte del soprassuolo, limitandone la futura utilizzabilità da parte della collettività territoriale rappresentata dall’ente locale. In altri termini, la sottrazione all’uso collettivo del volume sovrastante il tratto di strada comunale è insita (i n re ipsa ) nella stessa costruzione del viadotto da parte della concessionaria statale, essendo stata correttamente valutata alla stregua di presupposto impositivo.
2.7 Peraltro, a dispetto della prospettazione sostenuta dalla ricorrente circa una presunta ‘ ablazione ‘ dell’area occupata mediante la costruzione del viadotto autostradale (per la quale, comunque , si fa solamente cenno al ‘ piano particellare di esproprio ‘, senza alcun riferimento all’eventuale adozione del provvedimento ablatorio , lasciando intendere l’incompiutezza del procedimento espropriativo), trasferendosene la proprietà allo Stato e conservandosene l’uso al Comune, questa Corte ha più volte ribadito che la costruzione della rete autostradale prevista ed approvata con provvedimenti legislativi non ha comportato automaticamente il trasferimento della proprietà delle strade interessate allo Stato ed il conseguente passaggio di quelle comunali e provinciali al demanio statale, tenuto conto che l’art. 11 della legge 24 luglio 1961, n. 729, prevedeva l’esecuzione di procedure espropriative per la realizzazione delle opere necessarie per la costruzione delle autostrade previste dalla predetta legge, mentre l’art. 12, comma 4, della medesima legge, nel prevedere che gli enti
proprietari potevano prescrivere esclusivamente le cautele da osservare e le opere provvisionali da eseguire durante la costruzione delle opere, conferma la possibile appartenenza del tratto di strada ad amministrazioni diverse dallo Stato, quali gli enti territoriali. Del resto, l’art. 822 cod. civ. prevede che le strade, le autostrade e le strade ferrate fanno parte del demanio pubblico se appartengono allo Stato e, cioè, rientrano nel demanio pubblico statale meramente eventuale, il che non esclude, quindi, che la strada su cui insiste il cavalcavia dell’autostrada appartenga ad altro ente (da ultime: Cass., Sez. Trib., 22 gennaio 2024, n. 2164; Cass., Sez. Trib., 23 gennaio 2024, n. 2255; Cass., Sez. Trib., 25 gennaio 2024, n. 2395; Cass., Sez. Trib., 30 maggio 2024, nn. 15162, 15167, 15171, 15173, 15186, 15201, 15204).
2.8 Occorre, quindi, distinguere la proprietà della strada su cui insiste il pontone o cavalcavia dell’autostrada da quella di quest’ultimo manufatto: la prima resta di titolarità dell’ente territoriale, in assenza di un atto di trasferimento, pur essendo la seconda di proprietà statale. Non si configura, infatti, una ipotesi di accessione invertita a favore dello Stato, che non è contemplata dalla legge (Cass., Sez. Trib., 22 gennaio 2024, n. 2164).
2.9 Difatti, in linea di principio, sul piano civilistico, per quanto concerne le strade, vale il regime generale del l’art. 840 c od. civ., con estensione usque ad sideras et ad inferos della relativa proprietà, da nulla risultando che alla proprietà pubblica si applichi, sul punto, un regime diverso da quello della proprietà privata (Cass., Sez. 2^, 3 aprile 2023, n. 9157). Rimane, tuttavia, fermo che l’art. 840 c od. civ. si riferisce al sottosuolo, nel significato comune della parola, che indica lo strato sottostante alla superficie del terreno, ossia la zona esistente
in profondità al di sotto dell’area superficiale del piano di campagna . La nozione, quindi, non comprende l’area di sedime sottostante una strada pubblica in corrispondenza di un ponte o di un viadotto. In questo caso, qualora la proprietà pubblica del suolo non risulti positivamente, si tratta di stabilire se sia operante la presunzione iuris tantum di demanialità delle aree accessorie alle strade pubbliche, quali pertinenze stradali (Cass., Sez. 2^, 3 aprile 2023, n. 9157), che, peraltro, non può operare in relazione all’area occupata dal percorso di un’altra strada pubblica. Per cui, si deve escludere qualsiasi apprensione allo Stato del tratto di strada comunale che sia perpendicolarmente sottostante al viadotto autostradale.
2.10 Sicuramente, non è significativo il richiamo alla previsione dell’art. 2 del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, secondo cui: « Le strade urbane (…) sono sempre comunali quando siano situate nell’interno dei centri abitati, eccettuati i tratti interni di strade statali, regionali o provinciali che attraversano centri abitati con popolazione non superiore a diecimila abitanti », giacché tale disposizione si riferisce alla diversa ipotesi di ‘ incrocio ‘ sul medesimo livello (o a raso) di strade situate alla medesima altezza, ma appartenenti ad enti diversi, che ai fini della TOSAP è espressamente regolamentata dall’art. 38, comma 4, del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507 (a tenore del quale: « 4. Le occupazioni realizzate su tratti di strade statali o provinciali che attraversano il centro abitato di Comuni con popolazione superiore a diecimila abitanti sono soggette all’imposizione da parte dei Comuni medesimi »), non avendo alcuna attinenza con la fattispecie eterogenea dell’occupazione del soprassuolo inerente alla strada comunale.
2.11 Inoltre, la presunzione di demanialità, che è stabilita dall’art. 22 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, non si
riferisce ad ogni area comunicante con la strada pubblica, ma solo a quelle che, per l’immediata accessibilità, integrano la funzione viaria della rete stradale, in guisa da costituire pertinenza della strada; nelle altre ipotesi, invece, affinché un’area privata venga a far parte del demanio, è necessario che essa sia destinata all’uso pubblico e che sia intervenuto un atto o un fatto che ne abbia trasferito il dominio alla pubblica amministrazione (Cass., Sez. 2^, 2 febbraio 2017, n. 2795; Cass., Sez. 2^, 21 maggio 2018, n. 12497; Cass., Sez. 2^, 3 aprile 2023, n. 9157; Cass., Sez. 1^, 17 luglio 2024, n. 19784).
Per cui, si deve escludere qualsiasi apprensione allo Stato del tratto di strada comunale che sia perpendicolarmente sottostante al viadotto autostradale. A maggior ragione, quindi, non si può ammettere un’acquisizione per interposta persona – a favore d ella concessionaria dell’autostrada, che non opera quale longa manus dello Stato (Cass., Sez. Trib., 25 gennaio 2024, n. 2463).
2.12 Né la previsione dell’art. 25, comma 1 -ter , lett. a, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, come introdotto dall’art. 49, comma 5, del d.l. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, contraddice in alcun modo la ricostruzione della permanenza della proprietà comunale sulla strada sottostante il viadotto autostradale.
Difatti, sancendo che « le strutture dei sottopassi e sovrappassi di strade di tipo A e B con strade di tipo inferiore, comprese le barriere di sicurezza nei sovrappassi, sono di titolarità degli enti proprietari delle strade di tipo A e B, anche quando tali enti rilasciano la concessione all’attraversamento », tale disposizione -che regolamenta la c.d. ‘ intersezione ‘ a livelli
sfalsati di strade situate a diverse altezze – riconosce la sola appartenenza dei sottopassi o sovrappassi delle strade di tipo A (autostrade) e B (strade extraurbane principali) agli enti indicati dall’art. 2, comma 5, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (tra i quali, lo Stato), escludendo ogni incidenza sull’appartenenza delle strade di tipo inferiore, vale a dire quelle di tipo C (strade extraurbane secondarie), D (strade urbane di scorrimento), E (strade urbane di quartiere), Ebis (strade urbane ciclabili), F (strade locali) e Fbis (itinerari ciclopedonali), la cui proprietà rimane ferma in capo agli enti d’origine.
Analogamente, il d.m. 30 novembre 2021, n. 485, contenente in allegato, « in relazione agli attraversamenti tra le strade di tipo A o di tipo B statali e le strade di classificazione inferiore ai sensi dell’articolo 2 del Codice della strada (…), l’elenco delle strutture delle opere d’arte dei sottopassi e sovrappassi, comprese le barriere di sicurezza nei sovrappassi, con l’indicazione dei relativi enti titolari, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 25, commi 1 -bis e 1-ter, del medesimo Codice della strada », si riferisce alla esclusiva proprietà dei sovrappassi, ma non anche alla proprietà delle sottostanti strade di tipo inferiore, che continuano ad appartenere agli enti d’origine (al pari dell’inerente soprassuolo).
2.13 Neppure l’inserimento dell’opera autostradale nello strumento urbanistico generale può equivalere ad un tacito riconoscimento da parte del Comune -secondo l’assunto della ricorrente (alle pagine 12 e 13 del ricorso) – « di essere stato privato della disponibilità di tali aree, anche in corrispondenza dell’intersezione con le viabilità locali (…) », avendo « destinato all’uso della tangenziale l’intera fascia di territorio occupata dalla stessa (…) ».
Difatti, è vero che, in base all’art. 7, comma 2, n. 1, della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (c.d. ‘ legge urbanistica ‘), il piano regolatore generale di un ente locale non può prescindere, nella programmazione urbanistica, dalla « rete delle principali vie di comunicazione stradali, ferroviarie e navigabili e dei relativi impianti » (e, quindi, anche dalle infrastrutture autostradali), che sono stati realizzati sul territorio comunale anche per effetto della previsione di fonti superiori, e non può prevedere né imporre opere che siano paesaggisticamente ed urbanisticamente incoerenti con le superiori determinazioni (del resto, secondo la gerarchia delle fonti, le norme primarie prevalgono sugli strumenti urbanistici adottati dagli enti locali con provvedimenti di natura regolamentare), ma si tratta di una mera ed inevitabile conseguenza dell’immanenza delle opere autostradali, che non comporta il riconoscimento della perdita della proprietà demaniale né tange il potere impositivo dell’ente locale sugli spazi so vrastanti le strade comunali per effetto della loro apprensione da parte dello Stato (o del suo concessionario).
Con il secondo motivo, si denunciano, al contempo, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., nonché nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 112 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., e violazione degli artt. 47 e 51 del d.lgs. 30 dicembre 1993, n. 507, e 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato omesso dal giudice di secondo grado di pronunciarsi sui motivi di appello circa la prova del presupposto impositivo a carico dell’ente impositore, che non aveva mai
fornito dimostrazione dei tratti stradali occupati, né aveva adottato atti impositivi con un’adeguata motivazione in ordine al criterio parametrico del metro quadrato per la liquidazione del tributo.
3.1 Il predetto motivo è inammissibile e, comunque, infondato.
3.2 Per il primo aspetto, vanno pedissequamente richiamate le argomentazioni illustrate al precedente punto 2.2 in materia di inammissibilità del mezzo per la preclusione derivante dalla c.d. ‘ doppia conforme ‘.
3.3 Inoltre, lamentando la carenza di un « valido supporto probatorio in merito all’esistenza effettiva del presupposto impositivo » (alla pagina 21 del ricorso), il mezzo incorre in una palese confusione tra la ‘ motivazione ‘ dell’avviso di accertamento, che è finalizzata alla conoscenza da parte del contribuente degli elementi di fatto e delle ragioni di diritto della pretesa impositiva, e la ‘ prova ‘ della pretesa impositiva (o della sua infondatezza), che va riferita al documento, quale mezzo da far valere nel processo.
Questa distinzione tra piano della motivazione e piano della prova trova conferma normativa nell’art. 7, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (nel testo novellato dall’art. 1, comma 1, lett. f, del d.lgs. 30 dicembre 2023, n. 219), che, mentre richi ede l’allegazione dell’atto a cui l’avviso si riferisce, sempre che non sia già stato portato a conoscenza dall’interessato o l’avviso ne riproduca il contenuto essenziale, prevede soltanto l’indicazione dei mezzi di prova, che potranno essere prodotti o a cquisiti nell’eventuale processo a seguito dell’impugnazione dell’atto impositivo (in termini: Cass., Sez. Trib., 25 marzo 2024, n. 8016).
3.4 Per il secondo aspetto, come è stato evidenziato dal giudice di appello: « In punto alla presunta carenza di motivazione
dell’atto impugnato, le doglianze della società contribuente debbono ritenersi prive di pregio e per l’effetto respinte. Nel corpo dell’atto si ravvisano tutte le previsioni normative, primarie e regolamentari in forza delle quali è eseguito l’accertamento nonché gli estremi delle occupazioni in ragione delle quali viene pretesa l’entrata tributaria; risulta pertanto evidente che nella presente fattispecie contribuente avesse a disposizione tutti gli elementi necessari all’esercizio di una compiuta ed esaustiva difesa ».
3.5 Ora, in base alla trascrizione fattane in ricorso (secondo il canone dell’autosufficienza), l’avviso di accertamento n. 325/2013 ha contestato al contribuente l’occupazione mediante un ‘ ponte autostradale ‘ del soprassuolo corrispondente al percorso stradale di INDIRIZZO nel Comune di Collegno (TO) per un tratto esteso mq. 453 ed ha liquidato la TOSAP per l’anno 2013 nella misura unitaria di € 19,33/mq per un totale di € 8.756,49, oltre ad interessi moratori nella misura di € 345,73, sanzioni amministrative (per omessa denuncia ed omesso versamento) nella misura di € 11.38 3,44 e spese di notifica nella misura di € 11,00 , per un ammontare complessivo di € 20.497,00 (con un arrotondamento di € 0,34). Tali informazioni sono conformi alle prescrizioni dell’art. 51, comma 2, del d.lgs. 30 dicembre 1993, n. 507, a tenore del quale: « Il Comune o la Provincia provvede all’accertamento in rettifica delle denunce nei casi di infedeltà, inesattezza ed incompletezza delle medesime, ovvero all’accertamento d’ufficio nei casi di omessa presentazione della denuncia. A tal fine emette apposito avviso di accertamento motivato nel quale sono indicati la tassa, nonché le soprattasse e gli interessi liquidati e il termine di sessanta giorni per il pagamento »; nonché degli artt. 46, comma 1, e 47, comma 1 e comma 2, a
tenore dei quali, rispettivamente: « 1. Le occupazioni del sottosuolo e del soprassuolo stradale con condutture, cavi, impianti in genere ed altri manufatti destinati all’esercizio e alla manutenzione delle reti di erogazione di pubblici servizi, compresi quelli posti sul suolo e collegati alle reti stesse, nonché con seggiovie e funivie sono tassate in base ai criteri stabiliti dall’art. 47 »; « 1. La tassa per le occupazioni del sottosuolo e del soprassuolo stradale di cui all’art. 46 è determinata forfetariamente in base alla lunghezza delle strade comunali o provinciali per la parte di esse effettivamente occupata, comprese le strade soggette a servitù di pubblico passaggio, secondo i criteri indicati nel comma 2. 2. La tassa va determinata in base ai seguenti limiti minimi e massimi:
– strade comunali, da lire 250.000 a lire 500.000 per km lineare o frazione; – strade provinciali, da lire 150.000 a lire 300.000 per km lineare o frazione ».
Per cui, essendo consentito al contribuente di ricostruire ex post i presupposti fattuali e le ragioni giuridiche della pretesa impositiva, la previsione dell’art. 7, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212, può considerarsi rispettata.
Aggiungasi che il riferimento dell’art. 47 alla « lunghezza delle strade comunali o provinciali » ed al « km lineare », deve essere sistematicamente coordinato con le disposizioni degli artt. 39 e 42, commi 4 e 5, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 507, secondo cui, rispettivamente: « La tassa è dovuta al Comune o alla Provincia dal titolare dell’atto di concessione o di autorizzazione o, in mancanza, dall’occupante di fatto, anche abusivo, in proporzione alla superficie effettivamente sottratta all’uso pubblico nell’ambito del rispettivo territorio»; « 4. La tassa si determina in base all’effettiva occupazione, espressa in metri quadrati o in metri lineari con arrotondamento all’unità
superiore della cifra contenente decimali. Non si fa comunque luogo alla tassazione delle occupazioni che in relazione alla medesima area di riferimento siano complessivamente inferiori a mezzo metro quadrato o lineare. 5. Le superfici eccedenti i mille metri quadrati, per le occupazioni sia temporanee che permanenti, possono essere calcolate in ragione del 10 per cento » -ove l’espressa menzione della « superficie » e dei « metri quadrati » lascia intendere che la determinazione del quantum debeatur deve essere rapportata alle dimensioni (lunghezza e larghezza) dell’occupazione in relazione alla consistenza dell’opera realizzata .
Attenendosi alla disciplina legislativa, anche l’art. 14, comma 1, del regolamento comunale RAGIONE_SOCIALE ribadisce che: « La tassa è commisurata alla superficie occupata, espressa in metri quadrati o in metri lineari ».
Per cui, è evidente che l’estensione de l soprassuolo occupato dal sedime del viadotto autostradale doveva essere necessariamente indicata in mq. per le stesse caratteristiche del manufatto realizzato.
3.6 Confermata la legittimità dell’atto impositivo, è vero che, sul piano d ella distribuzione dell’onere probatorio in materia di TOSAP, questa Corte ha affermato che, in caso di contestazione da parte del contribuente, grava sull’ente impositore – in base al principio generale secondo cui l’amministrazione finanziaria è tenuta a fornire la prova del fondamento della pretesa fiscale – l’onere di provare, anche tramite presunzioni, la misura dell’effettiva occupazione, quale parametro indefettibile per la determinazione della tassa dovuta (Cass., Sez. 5^, 9 febbraio 2004, n. 2433; Cass., Sez. 5^, 26 gennaio 2006, n. 1612; Cass., Sez. 5^, 29 luglio 2009, n. 17588 e 17589; Cass., Sez.
5^, 18 settembre 2009, n. 20082).
Tuttavia, l’infrazione alla regola generale dell’art. 2697 cod. civ. (che è stata lamentata dalla ricorrente) si può configurare soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella su cui esso avrebbe dovuto gravare secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni (tra le tante: Cass., Sez. 6^-3, 23 ottobre 2018, n. 26769; Cass., Sez. 1^, 20 aprile 2020, n. 7919; Cass., Sez. Lav., 19 agosto 2020, n. 17313; Cass., Sez. 5^, 20 ottobre 2021, n. 29041; Cass., Sez. 6^-5, 26 gennaio 2022, n. 2286; Cass., Sez. Trib., 7 aprile 2023, n. 9529; Cass., Sez. Lav., 23 maggio 2024, n. 14482; Cass., Sez. 1^, 25 novembre 2024, n. 30389), ma non anche nell’ipotesi in cui il giudice abbia erroneamente ritenuto che la parte onerata avesse assolto tale onere (come è accaduto nel caso di specie), poiché in questo caso vi è un fallace apprezzamento sull’esito della prova, che è sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., nei limiti in cui questa censura è ammessa (Cass., Sez. Lav., 19 agosto 2020, n. 17313; Cass., Sez. 5^, 20 ottobre 2021, n. 29041; Cass., Sez. Lav., 28 marzo 2022, n. 9933).
Nella specie, quindi, escludendo l’inversione dell’ onus probandi in base al contenuto del decisum e considerando la preclusione della c.d. ‘ doppia conforme ‘, anche tale profilo di censura deve essere disatteso.
Con il terzo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 49 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 ( recte : d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507), in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che il concessionario di autostrade non poteva beneficiare
dell’esenzione prevista per gli enti pubblici in relazione ai ponti ed ai cavalcavia autostradali in gestione, non tenendo conto della destinazione pubblicistica dei beni, la cui appartenenza a soggetti privati non poteva escludere la titolarità di un diritto assimilabile a quello spettante all’ente concedente ed il cui sfruttamento per la percezione di un profitto economico da parte di soggetti privati non poteva prescindere dall’utilizzazione nell’interesse esclusivo dell’ente concedente. 4.1 Il predetto motivo è infondato.
4.2 Infatti, secondo il costante orientamento di questa Corte, la RAGIONE_SOCIALE trova applicazione nell’ipotesi di utilizzazione di strade comunali o provinciali per la realizzazione della rete autostradale in regime di concessione amministrativa, per cui non può configurarsi l’ipotesi dell’ esenzione prevista da ll’art. 49, lett. a, del d.lgs. 30 dicembre 1993, n. 507, giacché l’occupazione medesima deve considerarsi propria della società concessionaria e va, dunque, assoggettata alla tassa ai sensi dell’art. 38, comma 2, del d.lgs. 30 dicembre 1993, n. 507: la società concessionaria è, infatti, l’esecutrice della progettazione e della realizzazione dell’opera pubblica a fronte del corrispettivo costituito dal diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente tutti i lavori realizzati per la durata prevista; a nulla, peraltro, rileva il fatto che il viadotto sia di proprietà del demanio e che, al termine della concessione, anche la gestione di esso ritorni in capo allo Stato poiché, nel periodo di durata della concessione stessa, il bene, che pure è funzionale all’esercizio di un servizio di pubblica utilità, è gestito in regime di concessione da un ente che agisce in piena autonomia e non quale mero sostituto dello Stato nello sfruttamento dei beni (Cass., Sez. 5^, 10 gennaio 2022, n. 385; Cass., Sez. 6^-Trib., 10 febbraio 2023, n. 4116; Cass.,
Sez. Trib., 22 gennaio 2024, n. 2164; Cass., Sez. Trib., 23 gennaio 2024, n. 2255; Cass., Sez. Trib., 25 gennaio 2024, n. 2395; Cass., Sez. Trib., 30 maggio 2024, nn. 15162, 15167, 15171, 15173, 15186, 15201, 15204; nello stesso senso, in tema di COSAP: Cass. Sez. 1^, 29 maggio 2023, n. 15010; Cass. Sez. 1^, 18 aprile 2023, nn. 13051 e 10345; Cass. Sez. 1^, 24 luglio 2023, n. 22183; Cass. Sez. 1^, 25 luglio 2023, n. 22219).
4.3 È, dunque, sufficiente l’utilizzazione del bene da parte di un soggetto diverso dall’ente pubblico titolare, mentre risulta indifferente la strumentalità di tale utilizzazione alla realizzazione di un pubblico interesse, in assenza di una specifica ipotesi di esenzione (Cass., Sez. Trib., 22 gennaio 2024, n. 2164).
4.4 Dirimenti, al riguardo, sono le considerazioni spese dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass., Sez. Un, 7 maggio 2020, n. 8628), secondo cui, in aderenza al dettato normativo di cui all’art. 39, come sopra interpretato, in presenza di un atto di concessione o di autorizzazione per individuare il soggetto passivo della TOSAP diventa, infatti, irrilevante indagare a chi sia riconducibile l’interesse privato ritratto dall’occupazione, essendo sufficiente e, anzi, assorbente il rapporto esistente tra l’ente territoriale e il contribuente autorizzato, quale specifico destinatario dei provvedimenti con cui l’amministrazione territoriale ha allo stesso trasferito, previo controllo della sussistenza dei necessari requisiti, facoltà e diritti sulla cosa pubblica alla stessa riservati.
4.5 A tal riguardo, le concessioni autostradali – nella duplice variante della ‘ concessione di esercizio e di gestione ‘ (artt. 3, comma 1, della legge 21 maggio 1955, n. 463, 16, comma 1, della legge 24 luglio 1961, n. 729, e 5, comma 2, della legge 7
febbraio 1961, n. 59), e della ‘ concessione di solo esercizio ‘ (art. 17, comma 1, della legge 24 luglio 1961, n. 729) sembrerebbero essere attratte nella tipologia della ‘ concessione di lavori ‘ , nella misura in cui il corrispettivo, al pari del rischio operativo, deriva al concessionario esclusivamente dallo sfruttamento dell’opera e, quindi, dalla sua gestione, sebbene si siano manifestate perplessità in merito a questa ricostruzione dogmatica, che hanno indotto a classificare tali concessioni come un ‘ ibrido ‘, giacché esse contengono tanto il profilo della progettazione e della costruzione di nuove infrastrutture, quanto il momento della gestione di un servizio di trasporti. In altri termini, la compresenza di due attività distinte, legate l’una alla costruzi one dell’opera, l’altra alla sua gestione, determina per le concessioni autostradali la configurabilità di un regime giuridico ‘ speciale ‘, che è alla base dell’enucleazione di specifiche disposizioni all’interno del c.d. ‘ Codice dei contratti pubblici ‘. Non a caso, l’art. 178 del medesimo d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, ha espressamente dettato ‘ Norme in materia di concessioni autostradali e particolare regime transitorio ‘, a conferma della loro natura sui generis .
Pur con tali peculiarità, la concessione è un contratto a titolo oneroso che ha per oggetto l’affidamento, da parte della stazione appaltante, della esecuzione di lavori o della fornitura e della gestione di servizi in cui il concessionario ricava il corrispettivo ad esso spettante per l’esecuzione del contratto esercitando il diritto a gestire le opere o i servizi e a trattenere i ricavi della gestione, assumendosi i rischi connessi a tale gestione (e principalmente, nella concessione di servizi o in cui la parte relativa ai servizi è prevalente rispetto ai lavori, il
rischio derivante dalla domanda del servizio). La concessione, sia di lavori pubblici che di servizi pubblici, si caratterizza, pertanto, per un dato: la remunerazione degli investimenti compiuti dall’operatore economico privato e delle prestazioni rese nell’esecuzione della concessione è costituita dal diritto di gestire funzionalmente ed economicamente il servizio (o i servizi) erogati attraverso le opere pubbliche realizzate (Cons. St., Sez. 5^, 4 febbraio 2022, n. 795). In sostanza, la caratteristica principale della concessione, ossia l’autorizzazione a gestire o sfruttare un’opera pubblica o un servizio pubblico, implica sempre il trasferimento al concessionario di un rischio operativo di natura economica che comporta la possibilità di non riuscire a recuperare gli investimenti effettuati ed i costi sostenuti per realizzare i lavori o i servizi, rischio che non sussiste quando la pubblica amministrazione si obbliga a coprire eventuali perdite occorse nell’esercizio dell’attività nell’interesse pubblico (Cons. St., Ad. Plen., 30 gennaio 2014, n. 7).
Si è, dunque, in presenza di una concessione quando, in base al titolo, l’operatore si assume i rischi economici della gestione dell’opera pubblica o del servizio pubblico, rifacendosi essenzialmente sull’utenza per mezzo della riscossione di un qualsiasi tipo di canone o tariffa, mentre si sarà in presenza di un contratto di appalto pubblico quando l’onere dell’opera pubblica o del servizio pubblico venga a gravare sostanzialmente sulla pubblica amministrazione.
La nozione (di fonte unionale) è stata ribadita anche da questa Corte, secondo la quale la caratteristica principale della concessione, ossia l’autorizzazione a gestire o sfruttare un’opera o un servizio, implica sempre il trasferimento al concessionario di un rischio operativo di natura economica che
comporta la possibilità di non riuscire a recuperare gli investimenti effettuati ed i costi sostenuti per realizzare i lavori o i servizi, rischio dal quale il concessionario si garantisce rifacendosi essenzialmente sull’utenza per mezzo della riscossione di un qualsiasi tipo di canone o tariffa (Cass., Sez. 5^, 11 agosto 2020, n. 16889; Cass., Sez. 6^-5, 15 settembre 2021, n. 24977; Cass., Sez. 6^-2, 17 marzo 2022, n. 8692; Cass., Sez. 5^, 12 luglio 2022, n. 22062; Cass. Sez. 3^, 11 aprile 2024, n. 9818; Cass., Sez. Un., 27 agosto 2024, n. 23155).
Ad ulteriore conferma della qualificazione privatistica della società autostradale, si può richiamare anche il principio enunciato da questa Corte, secondo cui, sia in tema di concessione di costruzione e gestione di opera pubblica sia in tema di concessione di servizi, le controversie relative alla fase esecutiva del rapporto, successiva all’aggiudicazione, sia se implicanti la costruzione (e la gestione) dell’opera pubblica, sia se non collegate all’esecuzione di un’opera pubblica, sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario (Cass., Sez. Un., 13 settembre 2017, n. 21200; Cass., Sez. Un., 18 dicembre 2018, n. 32728; Cass., Sez. Un., 8 luglio 2019, n. 18267; Cass., Sez. Un., 18 dicembre 2019, n. 33691; Cass., Sez. Un., 28 febbraio 2020, n. 5594; Cass., Sez. Un., 11 marzo 2020, n. 7005; Cass., Sez. Un., 4 luglio 2022, n. 21139; Cass., Sez. Un., 11 marzo 2023, n. 7735; Cass., Sez. Un., 27 giugno 2023, n. 18374; Cass., Sez. Un., 31 ottobre 2023, n. 30267; Cass., Sez. Un., 22 luglio 2024, n. 20088), venendo in rilievo una relazione paritaria di tipo contrattuale con l’amministrazione statale in ordine all’attuazione del rapporto concessorio.
Parimenti, la giurisprudenza di questa Corte ha costantemente affermato che le società concessionarie per la costruzione e/o la gestione di opera pubblica ovvero per la gestione di servizio pubblico, anche se partecipate (in forma maggioritaria o totalitaria) da enti pubblici, sono soggette allo statuto dell’imprenditore commerciale (artt. 2082 ss. cod. civ.) e, quindi, all’apertura delle procedure concorsua li (artt. 1 ss. del r.d. 16 marzo 1942, n. 267), sottolineando che la circostanza di essere affidatarie di servizi di interesse pubblico o gestori di beni di natura demaniale non crea un rapporto di immedesimazione con l’ente pubblico (tra le tante: Cass., Sez. 1^, 27 settembre 2013, n. 22209; Cass., Sez. 1^, 2 luglio 2018, n. Cass., Sez. 5^, 16 gennaio 2019, n. 956; Cass., Sez. 1^, 22 febbraio 2019, n. 5346; Cass., Sez. 1^, 4 marzo 2022, n. 7260; Cass., Sez. 1^, 28 marzo 2023, n. 8794; Cass., Sez. 1^, 28 aprile 2023, n. 11273).
4.6 Restando sempre alle fattispecie tipizzate dal diritto unionale, la società RAGIONE_SOCIALE non è certamente riconducibile alla figura dell” organismo di diritto pubblico ‘, che gli artt. 2, par. 1, lett. a, della citata direttiva n. 2004/17/CE e 1, comma 9, della citata direttiva n. 2004/18/CE, definiscono come « organismo (…) istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale » (nozione recepita a livello nazionale dall’art. 3, comma 1, lett. d, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50), potendo al più, ove ne ricorrano le condizioni (ma non nella fattispecie in disamina), rientrare tra le ‘ imprese pubbliche ‘, che si configurano, a norma dell’art. 2, comma 1, lett. a, della citata direttiva n. 2004/17/CE, come « le imprese su cui le amministrazioni aggiudicatrici possono esercitare, direttamente o indirettamente, un’influenza dominante perché
ne sono proprietarie, vi hanno una partecipazione finanziaria, o in virtù di norme che disciplinano le imprese in questione » (nozione recepita a livello nazionale dall’art. 3, comma 1, lett. t, del citato d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50), essendo caratterizzate dallo svolgimento di attività economica a carattere, per definizione, imprenditoriale e, quindi, qualificata dalla presenza sintomatica dei seguenti indici (che rivelano la qualità di impresa e, al contempo, escludono il carattere non industriale o comm erciale dei bisogni): l’agire in normali condizioni di mercato, il perseguimento di uno scopo di lucro e l’assunzione del rischio.
4.7 In questo quadro, perdono evidentemente rilievo, ai fini impositivi, quei profili di asserita divergenza rispetto a quella giurisprudenza amministrativa (Cons. St., Sez. 5^, 22 novembre 2023, nn. 10010, 10011, 10012, 10013, 10014, 10015, 10016, 10017 e 10018; Cons. St., Sez. 5^, 27 novembre 2024, n. 10130), la quale, incidendo (nell’ambito del COSAP) sul diverso terreno dei presupposti autoritativi di legittimo esercizio del potere concessorio, ha cura di evidenziare la inconcepibilità del rilascio di una concessione comunale di occupazione in relazione ad un bene ‘ occupante ‘ appartenente al demanio dello Stato (permanendo tale demanialità statale anche nell’ipotesi di gestione lucrativa dell’infrastruttura), atteso che sempre nell’ottica della disciplina tributaria di cui al d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, come sempre interpretata, da ultimo, anche dalle Sezioni Unite -il presupposto impositivo richiama sì la relazione concessoria, senza, però, al contempo farne elemento imprescindibile, cioè senza escludere che, in assenza di questa (e dunque dei relativi presupposti amministrativi), il tributo debba essere, comunque, corrisposto da chi, anche in linea di fatto (ed anche
se in maniera non abusiva), occupi il suolo comunale o provinciale, fatte naturalmente salve le previste esenzioni; con conseguente irrilevanza del fatto che, in forza di un diverso titolo concessorio, l’occupazione si attui attraverso la (o al fine della) gestione economica di un bene pacificamente appartenente al demanio statale.
Diversamente da quanto osservato dalla menzionata giurisprudenza amministrativa, non sembra, dunque, rilevare ai fini impositivi la supremazia dello Stato sul Comune o sulla Provincia, dal momento che questa può, per l’appunto, interferire, neutralizzandola, sulla necessità di un provvedimento concessorio, ma non sul materializzarsi del presupposto del tributo costituito dal fatto in sé dell’occupazione; a meno che, ben inteso, non si verta di occupazione posta ‘ direttamente ‘ in essere dallo Stato nell’eser cizio di quella supremazia.
Parimenti ininfluenti ai fini di causa devono ritenersi quelle fonti legislative ed amministrative (ad esempio, la legge 21 maggio 1955, n. 463, e la legge 24 luglio 1961, n. 729, riguardanti la realizzazione della rete autostradale, o anche la nota resa dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti il 21 giugno 2023, n. 15776, recante disposizioni secondarie sulle procedure di autorizzazione e realizzazione di infrastrutture pubbliche in conferenza dei servizi) che regolano le procedure di costruzione della rete autostradale, così come l’attribuzione allo Stato della relativa proprietà, risultando esse -ancora una volta -indifferenti a quel presupposto; almeno fino a quando non venga dal legislatore affermato ciò che al momento non è (Cass., Sez. Trib., 22 gennaio 2024, n. 2164), cioè l’attrazione (per accessione invertita) allo Stato, per il solo fatto della
costruzione del sovrappasso, della proprietà delle sottostanti strade comunali o provinciali occupate.
4.8 Ne discende che la sentenza impugnata si è uniformata al principio enunciato, avendo correttamente ritenuto che: « Sull’inapplicabilità dell’estensione ex art.49 D.Lgs. 507/1993 si richiama la giurisprudenza ut supra riportata, ad abundantiam si evidenzia l’indirizzo ormai costante della Suprema Corte in materia di esenzione Tosap ex art. 49 cit. “nel senso di escludere questa esenzione ogniqualvolta sia ravvisabile una condizione di effettiva alterità soggettiva rispetto agli enti pubblici espressamente e tassativamente menzionati dalla norma (…) a nulla rilevando, in senso contrario, né la natura demaniale del bene oggetto dell’attività occupativa (Cass. n. 19693/18 cit., Cass. n. 11886/17), né l’interesse generale (dell’ente territoriale e della collettività) perseguito da tale attività (Cass. ord. n. 22489/17)” (Cass. Civ., Sez. V, ordinanza 07.08.2019, n.21102) ».
In conclusione, alla stregua delle suesposte argomentazioni, valutandosi l’infondatezza/inammissibilità de i motivi dedotti, il ricorso deve essere rigettato.
Quanto alla regolamentazione delle spese giudiziali:
nei rapporti tra ricorrente e controricorrente, esse seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo;
nei rapporti tra ricorrente ed intimato, nulla deve essere disposto per la mancata costituzione nel presente procedimento della parte vittoriosa.
Ai sensi dell’ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alla rifusione delle spese giudiziali in favore della controricorrente, liquidandole nella misura di € 200,00 per esborsi e di € 3.000,00 per compensi, oltre a rimborso forfettario nella misura del 15% sui compensi e ad altri accessori di legge; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 22 ottobre