Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32408 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 32408 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 8894/2023 R.G. proposto da:
CONCESSIONI RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in PADOVA, DOMICILIO DIGITALE presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE e COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in Treviso, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOMECODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
nonchè
COMUNE
DI
NOME
e
COMUNE
DI
COGNOME
-intimati- avverso la SENTENZA di COMM.TRIB.REG. VENEZIA n. 1222/2022 depositata il 20/10/2022.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 22 ottobre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Procuratore Generale che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Uditi i difensori delle parti.
Fatti di causa:
§ 1. Concessioni RAGIONE_SOCIALE propone cinque motivi di ricorso per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata, con la quale la Corte di Giustizia Tributaria di II grado del Veneto -decidendo, su appelli riuniti, in riforma della prima decisione – ha ritenuto legittimi due avvisi di accertamento per Tosap 2012, oltre sanzioni ed accessori, notificatile da RAGIONE_SOCIALE quale concessionaria per i tributi dei Comuni di Mira e Salzano, enti pure evocati in giudizio ma non costituitisi. Ciò con riguardo all’occupazione di sovrappasso di talune vie comunali sottostanti il viadotto autostradale demaniale A4 denominato ‘Passante di Mestre’, concesso da RAGIONE_SOCIALE in gestione a RAGIONE_SOCIALE
La Corte di Giustizia Tributaria di II grado, in particolare, ha rilevato che:
-pur in presenza di taluni precedenti di merito tra le parti, non sussisteva alcuna sentenza idonea a costituire giudicato esterno preclusivo favorevole a CAV, trattandosi di questione di interpretazione giuridica (individuazione dei presupposti di imponibilità Tosap ex artt.38 e 39 d.lvo 507/93) per sua natura sottratta al vincolo di cui all’art. 2909 cod.civ.;
-tali presupposti dovevano essere qui affermati, stante l’effettiva l’occupazione da parte di CAV, con relativa sottrazione all’uso pubblico, di suolo demaniale o del patrimonio indisponibile di Province e Comuni, a nulla rilevando (quanto ad esenzioni ex art. 49 d.lvo cit.) né il regime concessorio dell’occupazione, né la finalità alla viabilità generale della stessa;
-in particolare, non era riconoscibile la causa di esenzione di cui alla lett.a) dell’art. 49 cit., dal momento che la particolare natura soggettiva di RAGIONE_SOCIALE (società partecipata esclusivamente da soggetti pubblici ed assegnataria di una funzione pubblica) non escludeva l’esercizio
imprenditoriale del tratto autostradale ‘ secondo scelte e finalità che, seppur conformate dall’atto costitutivo e dai patti parasociali sopra richiamati, sono pur sempre rimesse al soggetto gestore delle opere oggetto di concessione (…) il quale risponde in proprio di ogni eventuale responsabilità nella tenuta delle strade ovvero nello svolgimento dell’attività sociale ‘ (sent. pag.5).
RAGIONE_SOCIALE ha depositato controricorso.
Il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto del ricorso richiamando il costante indirizzo di legittimità in materia, come maturatosi anche nei confronti della stessa RAGIONE_SOCIALE
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Ragioni della decisione.
§ 2. La riunione di tutti i ricorsi oggi chiamati tra le parti, come richiesta da RAGIONE_SOCIALE, non appare opportuna, dal momento che si tratta di ricorsi che, pur vertendo sulle stesse questioni giuridiche, muovono da sentenze di appello variamente decise (cosi’ da talora presentarsi a parti invertite); del resto, l’indubbia esigenza di apprestare una valutazione stabile ed uniforme di tali questioni ben può essere soddisfatta, senza pregiudizio alcuno dell’economia processuale, mediante la trattazione congiunta, contestuale e coordinata dei ricorsi stessi, pur tenuti formalmente separati.
Neppure si ravvisano i presupposti per la rimessione della decisione alle Sezioni Unite, se solo si consideri che le principali tematiche qui dedotte, come meglio si vedrà nel prosieguo della motivazione e come del resto riconosciuto anche dalle parti, sono già state innumerevoli volte affrontate e risolte da questa Corte (non solo dalla Sezione Tributaria ma anche dalla Prima Sezione Civile nella contigua materia Cosap), tanto che devono fin d’ora escludersi fermi restando gli approfondimenti e le precisazioni di cui si darà conto -i requisiti di un contrasto interpretativo o di un ripensamento nomofilattico che, soli, potrebbero giustificare la rimessione.
§ 2.1 Con il secondo motivo di ricorso (da trattarsi in via prioritaria perché concernente l’asserita presenza di un evento processuale preclusivo ed assorbente) si deduce -ex art.360, co. 1^ nn.3 e 5, cod.proc.civ. -violazione e falsa applicazione dell’art.2909 cod.civ. nonché omesso esame del giudicato esterno intercorso con il Comune di Salzano (Commissione Tributaria Provinciale
Treviso n.58/03/2011, alleg. sub 13 con certificato di definitività) ed attestante la non debenza della Tosap sul medesimo tratto autostradale, vertendosi di opera pubblica gestita da RAGIONE_SOCIALE quale organismo di diritto pubblico partecipato interamente da Anas e Regione Veneto, e privo di autonomia decisionale. Il giudicato esterno, seppure formatosi su diverse annualità (2008-2009), doveva estendersi anche all’annualità qui dedotta (2012), stante l’immutabilità fattuale e giuridica del contesto operativo (Cass.SU n. 13916/06).
§ 2.2 Il motivo è infondato.
Il giudicato esterno vincolante cadrebbe, così come prospettato dalla stessa ricorrente, sulla non debenza della Tosap da parte di CAV spa in ragione essenzialmente della sua natura soggettiva pubblica; sennonchè, nel così esposto fondamento della sostenuta preclusione ex art. 2909 cod.civ. si annida al contempo la sua debolezza, dal momento che tanto la qualificazione di questa natura soggettiva, tanto (e soprattutto) le sue conseguenze giuridiche in punto sussistenza-non sussistenza della legittimazione tributaria passiva Tosap non possono che discendere da una determinata interpretazione delle norme di riferimento (tanto sostanziali quanto tributarie) e quindi, in definitiva, dallo svolgimento di un’attività ermeneutica ed applicativa della legge che è, in sé, avulsa dalla preclusione da giudicato. In altri termini, ciò che viene prospettato come accertamento vincolante di ‘fatti’, altro in realtà non è se non la restituzione di una ricostruzione tecnico-giuridica del compendio normativo di riferimento, nucleo decisionale -quest’ultimo a tal punto coessenziale e caratterizzante della giurisdizione da non ammettere preclusività esterna da parte di decisioni altre, pur se rese tra le stesse parti.
Diversamente da quanto sostenuto nella doglianza, non è dunque questione di stabilità fattuale e costanza giuridica dei presupposti della imposizione (nonimposizione) in modo tale che il giudicato esterno citato dovrebbe per forza dilatarsi nel tempo fino a raggiungere le annualità oggi dedotte, quanto di radicale ed originaria esclusione di qualsivoglia vis espansiva avente ad oggetto l’esatta interpretazione ed applicazione della legge (a maggior ragione se si tratti, come si dirà, di legge non avulsa da vincoli interpretativi opposti e di tutt’altra origine, perché rinvenienti dal diritto dell’Unione).
Soccorre in proposito il costante indirizzo , più volte espresso da questa Corte, secondo cui il giudicato può formarsi ed essere invocato solo sulle circostanze che hanno costituito oggetto di apprezzamenti di fatto e non anche su questioni giuridiche, giacchè l’attività interpretativa delle norme giuridiche compiuta da un giudice, in quanto consustanziale allo stesso esercizio della funzione giurisdizionale, non può mai costituire limite all’attività esegetica esercitata da un altro giudice, con la conseguenza che l’interpretazione e l’individuazione della norma giuridica posta a fondamento della pronuncia sulla domanda/eccezione non limita il giudice dell’impugnazione nell’esercizio del suo potere di individuare ed interpretare la disposizione applicabile al caso controverso e non sono, quindi, suscettibili di passare in giudicato autonomamente dalla domanda o dal capo di essa cui si riferiscono, assolvendo ad una funzione meramente strumentale rispetto alla decisione (v. Cass. n. 15215/21, n. 11331/22, n. 8417/23, solo per citarne alcune tra le più recenti).
§ 3.1 Con il primo motivo di ricorso RAGIONE_SOCIALE lamenta -ex art.360, co. 1^ n.4, cod.proc.civ. -la violazione dell’art. 112 cod.proc.civ. da parte della Corte di Giustizia Tributaria di II grado, la quale non avrebbe esaminato l’eccezione (rimasta assorbita in primo grado ma riproposta nelle controdeduzioni in appello) di difetto di legittimazione tributaria passiva di RAGIONE_SOCIALE, in quanto non soggetto proprietario (tale essendo il Demanio Pubblico Stradale dello Stato), né concessionario per la realizzazione (tale essendo RAGIONE_SOCIALE, dell’infrastruttura in oggetto (assegnata a CAV per la sola gestione-manutenzione).
Con il terzo motivo di ricorso si deduce -ex art.360, co. 1^ n.3, cod.proc.civ. -violazione e falsa applicazione degli artt. 39 d.lvo 507/93, nonchè 822 segg. cod.civ.. Per non avere la CGT rilevato l’assenza del requisito oggettivo essenziale di imposizione Tosap, dal momento che: l’asserita occupazione derivava qui da un’opera (di proprietà dello Stato, costruita da RAGIONE_SOCIALE ed affidata a RAGIONE_SOCIALE per la sola gestione) avente scopo pubblico di viabilità e, come tale, non ingenerante alcuna sottrazione di suolo comunale ad uso mercatale o privato; l’occupazione legittimante l’imposizione presupponeva comunque la reversibilità dell’opera (dovendosi altrimenti richiamare diversi istituti giuridici, tra cui il risarcimento del danno a favore dell’ente pubblico che avesse subito la sottrazione irrevocabile di una porzione di suolo), nel caso di specie pacificamente esclusa.
§ 3.2.1 Questi due motivi di ricorso – suscettibili di trattazione unitaria per la stretta connessione delle questioni giuridiche da essi sollevate, concernenti la descrizione legale della fattispecie impositiva Tosap nei suoi risvolti tanto soggettivi quanto oggettivi -sono destituiti di fondamento, ponendosi essi in frontale contrasto con il già richiamato -consolidato -indirizzo di legittimità in materia, senza peraltro con ciò apportare veri e sostanziali elementi di novità argomentativa idonei ad in qualche modo sovvertire e superare quell’orientamento.
La disciplina fondativa della Tosap di cui al d.lvo 507/93 -nella formulazione qui applicabile ratione temporis e per quanto più attiene alla fattispecie di causa -si articola nelle seguenti previsioni:
-Art. 38, Oggetto della tassa. 1. Sono soggette alla tassa le occupazioni di qualsiasi natura, effettuate, anche senza titolo, nelle strade, nei corsi, nelle piazze e, comunque, sui beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei comuni e delle province. 2. Sono, parimenti, soggette alla tassa le occupazioni di spazi soprastanti il suolo pubblico, di cui al comma 1, con esclusione dei balconi, verande, bow-windows e simili infissi di carattere stabile, nonché le occupazioni sottostanti il suolo medesimo, comprese quelle poste in essere con condutture ed impianti di servizi pubblici gestiti in regime di concessione amministrativa. 3. La tassa si applica, altresì, alle occupazioni realizzate su tratti di aree private sulle quali risulta costituita, nei modi e nei termini di legge, la servitù di pubblico passaggio. 4. Le occupazioni realizzate su tratti di strade statali o provinciali che attraversano il centro abitato di comuni con popolazione superiore a diecimila abitanti sono soggette all’ imposizione da parte dei comuni medesimi. 5. Sono escluse dalla tassa le occupazioni di aree appartenenti al patrimonio disponibile dei predetti enti o al demanio statale. (( … ))
-Art. 39, Soggetti attivi e passivi. 1. La tassa è dovuta al comune o alla provincia dal titolare dell’atto di concessione o di autorizzazione o, in mancanza, dall’occupante di fatto, anche abusivo, in proporzione alla superficie effettivamente sottratta all’uso pubblico nell’ambito del rispettivo territorio.
-Art. 46 Occupazioni del sottosuolo e soprassuolo. Disciplina. 1. Le occupazioni del sottosuolo e del soprassuolo stradale con condutture, cavi, impianti in genere ed altri manufatti destinati all’esercizio e alla manutenzione delle reti di erogazione di pubblici servizi, compresi quelli posti sul suolo e collegati alle reti stesse, nonché con seggiovie e funivie sono tassate in base ai criteri stabiliti dall’art. 47.
-Art. 47 Criteri di determinazione della tassa per l’occupazione del sottosuolo e soprassuolo. La tassa per le occupazioni del sottosuolo e del soprassuolo stradale di cui all’art. 46 è determinata forfetariamente in base alla lunghezza delle strade comunali o provinciali per la parte di esse effettivamente occupata, comprese le strade soggette a servitù di pubblico passaggio, secondo i criteri indicati nel comma 2.
Si richiamano e recepiscono, in proposito, i numerosissimi ed anche assai recenti precedenti di questa Corte in controversie concernenti la Tosap (cfr., tra le ultime, Cass. n. 15171/2024; Cass., n. 15186/2024; Cass. n. 15162/2024; Cass. n. 17173/2024; Cass. n. 15201/2024; Cass. 15204/2024; Cass. n. 16387/2024; Cass. n. 2164/2024; Cass. n. 2255/2024; Cass. n. 2486/2024; Cass. n. 2498/2024; Cass. n. 2512/2024 e le tante altre ivi citate); analogamente, in tema di Cosap, molteplici sono stati gli arresti di questa Corte, sempre di segno negativo per le aspettative della parte contribuente (cfr., tra le tante, Cass. n. 16395/2021; Cass., n. 22219/2023; Cass. n. 22183/2023; Cass. n. 15010/2023; Cass. n. 13051/2023; Cass. n. 10345/2023; Cass. n. 20708/2024; Cass.n. 25614/24); né mancano poi precedenti resi specificamente nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e su fattispecie sovrapponibile alla presente (v. Cass. n. 8288/22 su Tosap 2009 – 2010).
Rinviandosi per il resto all’ampio compendio interpretativo così formatosi ed assolutamente in termini, i principi affermati da questa Corte possono in questo modo sintetizzarsi:
-il presupposto impositivo della Tosap è costituito, ai sensi degli artt. 38 e 39 d.lgs. n. 507/1993, dall’occupazione, di qualsiasi natura, di spazi ed aree, anche soprastanti o sottostanti il suolo, appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei Comuni o delle Province, che comporti un’effettiva sottrazione della superficie all’uso pubblico, con ciò rilevando il
fatto oggettivo della predetta occupazione, indipendentemente dall’esistenza o meno di una concessione od autorizzazione, salvo che sussista una delle ipotesi di esenzione previste dall’art. 49 d.lgs. cit.;
-l’art. 38 d.lgs. n. 507/1993 va interpretato nel senso che l’occupazione mediante impianti di servizi pubblici (tale essendo il viadotto autostradale, che rappresenta un ‘impianto’ costituito da una costruzione completata da strutture -impianti segnaletici e di illuminazione – che ne aumentano l’utilità) è soggetta alla tassa, sia che si tratti di spazi sottostanti, che sovrastanti lo spazio pubblico (salvo che ricorra una delle eccezioni di soprasuolo tassativamente previste dalla norma, tra le quali non si menzionano i viadotti e sovrappassi autostradali);
-non è dirimente (Cass. n. 15171/2024; Cass., n. 15186/2024; Cass. n. 15162/2024; Cass. n. 17173/2024; Cass. n. 15201/2024; Cass. 15204/2024) la dedotta assenza di poteri di rimozione o di riappropriazione a termine del bene da parte del Comune, giacchè tale limite non vale ad escludere l’imposizione fiscale ma, semmai, a confermarla in ragione della perdurante occupazione, senza tacere che la legge prevede espressamente l’ipotesi di occupazione ‘permanente’ e che la citata circostanza caratterizza anche le occupazioni avvenute in base a provvedimento concessorio nell’ipotesi di fisiologico espletamento del rapporto (v., tra le altre, Cass. n. 2283/2024);
-non rileva la dedotta titolarità statale del tratto autostradale, contando, invece, ai fini che interessano, la sottrazione dello spazio sovrastante il suolo comunale occupato dal predetto tracciato, come tale oggetto di tassazione ai sensi della chiara formulazione dell’art. 38, comma 2, d.lgs. n. 507/1993; sottrazione di per sé insita nelle limitazioni utilizzative e di destinazione del suolo comunale riconducibili proprio e soltanto all’occupazione infrastrutturale sovrastante (v. Cass. 18385/19 ed altre);
-non è quindi conferente (cfr. Cass. n. 10351/2023 in motivazione, relativamente alla COSAP, ma sulla base di principi applicabili anche alla fattispecie in esame) il riferimento all’ appartenenza dell’autostrada al demanio statale ex art. 822 c.c., ed è altresì marginale e priva di decisività l’indagine sulla effettiva proprietà del tratto autostradale che occupa, per
proiezione, la strada comunale sottostante, atteso che la dedotta proprietà statale dell’autostrada e così del viadotto non interferisce con la circostanza secondo cui, nel periodo di durata della concessione, la società dispone del viadotto, per la relativa gestione quale concessionaria, e per ciò solo essa realizza la condotta di «occupazione» del sottostante suolo provinciale o comunale (così Cass. n. 2521/2024);
-la destinazione del bene ad uso collettivo di viabilità non esclude l’occupazione, avendo questa Corte già chiarito che la società, concessionaria statale, che abbia realizzato e gestito un’opera pubblica, occupando di fatto spazi rientranti nel demanio comunale o provinciale, è tenuta al pagamento del canone, non assumendo rilievo il fatto che l’opera sia di proprietà statale, poiché la condotta occupativa è posta in essere dalla società nello svolgimento, in autonomia, della propria attività d’impresa (Cass. n. 16395/2021), per cui è sufficiente l’utilizzazione del bene da parte di un soggetto diverso dall’ente pubblico titolare, mentre risulta indifferente la strumentalità di tale utilizzazione alla realizzazione di un pubblico interesse, in assenza di una specifica ipotesi di esenzione; tanto più considerandosi che il tributo è ex lege dovuto anche per le occupazioni ‘ poste in essere con condutture ed impianti di servizi pubblici gestiti in regime di concessione amministrativa ‘ (art. 38 cit.).
-se tutto ciò è vero per il Cosap, in quanto dovuto in relazione all’utilità particolare o eccezionale del bene che ne trae il singolo, altrettanto, ed a fortiori, lo è per la Tosap che presuppone non tanto questo effetto, quanto una limitazione o sottrazione della porzione di suolo al suo uso normale e collettivo (v. Cass. SU n. 61/2016 in sede di riparto di giurisdizione).
Va poi ricordato quanto stabilito -seppure in fattispecie indubbiamente diversa da quella dei viadotti autostradali, ma sulla base di un principio di ordine generale -dalle Sezioni Unite di questa Corte (sent. SU n. 8628/20), secondo cui il presupposto oggettivo dell’imposizione è rappresentato dalla superficie occupata ed oggetto della tassa sono tutti i tipi di occupazione, anche quelle sine titulo , di aree pubbliche di comuni e province la cui esistenza determina l’insorgenza dell’obbligo di versare il tributo, giacchè tale obbligo sorge, nel suo presupposto oggettivo, quando vi sia stata, come detto, limitazione o sottrazione all’uso
normale e collettivo di suolo (o spazio sovrastante), nell’interesse proprio del singolo; sul versante soggettivo, invece, il citato art. 39 individua il soggetto passivo nel titolare dell’atto di concessione o di autorizzazione o, in mancanza, nell’occupante di fatto, anche abusivo, nella suddetta proporzione.
Dal che si evince la ininfluenza, ad escludere il presupposto impositivo, del fatto che -come nella specie -l’occupazione del suolo comunale sia correlato ad una sovrapposizione stradale puramente strutturale, contingente e fattuale (anche se non abusiva), pur in assenza di un rapporto concessorio o autorizzativo con il Comune (art.25 Cod. Strada).
§ 3.2.2 In questo quadro perdono evidentemente rilievo -ai fini prettamente impositivi che qui, solo, contano -quei profili di asserita divergenza rispetto a quella giurisprudenza amministrativa (v. Consiglio di Stato sent. nn. 10010-10018 e 10130 del 2023) la quale, incidendo (in ambito Cosap) sul diverso terreno dei presupposti autoritativi di legittimo esercizio del potere concessorio, ha cura di evidenziare la non concepibilità del rilascio di una concessione comunale di occupazione in relazione ad un bene ‘occupante’ appartenente al demanio dello Stato (permanendo tale demanialità statale anche nell’ipotesi di gestione lucrativa dell’infrastruttura), atteso che si ripete, nell’ottica della disciplina tributaria di cui al d.lgs. cit. come sempre interpretata, da ultimo anche dalle Sezioni Unite -il presupposto impositivo richiama sì la relazione concessoria, senza però al contempo farne elemento imprescindibile, cioè senza escludere che, in assenza di questa (e dunque dei relativi presupposti amministrativi), il tributo debba essere comunque pagato da chi, anche in linea di fatto (ed anche se in maniera non abusiva), occupi il suolo comunale o provinciale, fatte naturalmente salve le previste esenzioni; con conseguente irrilevanza del fatto che, in forza di un diverso titolo concessorio, l’occupazione si attui attraverso la (o al fine della) gestione economica di un bene pacificamente appartenente al demanio statale.
Diversamente da quanto osservato dalla menzionata giurisprudenza amministrativa, ai fini impositivi non sembra dunque rilevare la supremazia dello Stato sul Comune o sulla Provincia, dal momento che questa può appunto interferire, neutralizzandola, sulla necessità di un provvedimento concessorio, ma non sul materializzarsi del presupposto del tributo costituito dal fatto in sé
dell’occupazione; a meno che, ben inteso, non si verta di occupazione posta ‘direttamente’ in essere dallo Stato nell’esercizio di quella supremazia.
Parimenti ininfluenti ai fini di causa devono ritenersi quelle fonti legislative ed amministrative (ad esempio le leggi n. 463/1955 e n. 729/1961 sulla realizzazione della rete autostradale, o anche la nota MIT n. 15776 del 21.6.2023 recante disposizioni secondarie sulle procedure di autorizzazione e realizzazione di infrastrutture pubbliche in conferenza dei servizi) che regolano le procedure di costruzione della rete stradale, così come l’attribuzione allo Stato della relativa proprietà, risultando esse -ancora una volta -indifferenti a quel presupposto; almeno fino a quando non venga dall’Ordinamento affermato ciò che al momento non è (v. Cass.n. 2164/24), cioè l’attrazione (per accessione invertita) allo Stato, per il solo fatto della costruzione del sovrappasso, della proprietà delle sottostanti strade comunali occupate.
Trova in definitiva con ciò smentita la tesi di RAGIONE_SOCIALE, secondo cui farebbero qui difetto i presupposti oggettivi e soggettivi di imposizione per il solo fatto che essa non sarebbe -come in effetti non è -né proprietaria del sovrappasso del demanio statale, né concessionaria della sua costruzione.
§ 4.1 Con il quarto motivo di ricorso si lamenta -ex art.360, co. 1^ nn.3 e 4, cod.proc.civ. -assenza di motivazione ed omesso esame di fatti decisivi. Per avere la CGT incomprensibilmente addebitato a RAGIONE_SOCIALE di non aver dedotto nessun elemento fattuale (ad esempio, dimensioni dei manufatti, particolare conformazione dei luoghi, destinazione urbanistica delle aree comunali limitrofe) volto a dimostrare l’insussistenza di occupazione di suolo pubblico, nonostante che gli elementi rappresentati dalla società rendessero del tutto evidente (ed incontroverso) che il viadotto autostradale non comportava nessuna reale sottrazione del bene pubblico all’uso generalizzato della collettività, ‘ posto che gli spazi pubblici (comunali) impegnati dal Passante sono destinati esattamente al medesimo uso pubblico ed al medesimo ramo demaniale (artt. 822, co. 2, e 824 cod. civ .)’.
§ 4.2 Il motivo non può trovare accoglimento.
Pur volendo prescindere dai suoi profili di inammissibilità, in quanto formulato in modo coacervato, ex art. 360 co. 1^ nn.3 e 4 cit., e nell’oscillazione -sovrapposizione tra vizi oggettivamente diversi e tra loro anche logicamente
incompatibili (omessa motivazione, omesso esame di fatti decisivi, sovvertimento dell’onere probatorio, violazione di legge), è comunque dirimente osservare come, in ragione di quanto finora osservato, gli elementi fattuali che il collegio regionale avrebbe indebitamente pretermesso o la cui prova avrebbe inopinatamente posto a carico di RAGIONE_SOCIALE non assumono alcun ruolo essenziale nella configurazione in concreto della fattispecie impositiva Tosap. Tanto che ben può dirsi che la Commissione Tributaria Regionale abbia reso la sua decisione in un contesto fattuale del tutto assodato nella sua essenzialità ed autosufficienza impositiva, ed appunto attestante il fatto che nell’annualità in questione RAGIONE_SOCIALE gestiva il sovrappasso e, attraverso la gestione, occupava (in senso sia naturalistico sia normativo) il suolo comunale sottostante.
Detto altrimenti, la conclusione nel senso della effettiva sussistenza in capo a CAV di tutti i presupposti impositivi non necessitava in effetti di alcuna ulteriore allegazione, dimostrazione o disamina, risultando proprio ed in maniera esauriente da quegli stessi elementi che CAV indica quali incontrovertibili e di assoluta evidenza; e ciò con speciale riguardo al requisito occupativo di sottrazione, come detto ex lege non escluso né dalla permanente destinazione all’interesse generale di viabilità pubblica tanto del viadotto quanto dello stesso suolo comunale, né dalla demanialità statale.
§ 5.1 Con il quinto motivo di ricorso si denuncia -ex art.360, co. 1^ n.3, cod.proc.civ. -violazione e falsa applicazione dell’art. 49 lett.a) d.lvo 507/93, la cui causa di esenzione andava certamente applicata a CAV, in quanto: – società ‘legale’ perché costituita ex art. 2 co. 289 -290 legge 244/07, interamente e paritariamente partecipata da enti pubblici (Anas e Regione Veneto), operante strumentalmente secondo il modello ‘ in house providing’ e di ‘ controllo analogo congiunto’ ai sensi del d.lvo n.175/2016 (TUSP); – concessionaria della sola gestione, ma in realtà del tutto priva di autonomia decisionale, come tale includibile, anche ai fini Istat, tra le Pubbliche Amministrazioni (come anche stabilito da Corte dei Conti, Sez.Giurisd., sent. n. 2/2021); – avulsa da fine di profitto nella gestione, posto che i relativi introiti ‘ non vengono nemmeno in minima parte trattenuti presso di sé, ma devono essere interamente destinati al rimborso ad ANAS dei costi di costruzione dell’opera, mentre l’eventuale eccedenza deve essere reinvestita in opere infrastrutturali da realizzarsi nel
territorio veneto ‘, come da artt. 3 e 6 della Convenzione sottoscritta con ANAS il 30.01.2009, trasfusi nella successiva Convenzione ricognitiva del 23.03.2010.
§ 5.2.1 Il motivo è infondato.
L’art. 49 d.lgs.n.507/93 stabilisce che: ‘ Esenzioni. 1. Sono esenti dalla tassa: a) le occupazioni effettuate dallo Stato, dalle regioni, province, comuni e loro consorzi, da enti religiosi per l’esercizio di culti ammessi nello Stato, da enti pubblici di cui all’art. 87, comma 1, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, per finalità specifiche di assistenza, previdenza, sanità, educazione, cultura e ricerca scientifica (…) ‘.
Assodata la sussistenza in CAV spa dei presupposti soggettivi ed oggettivi della Tosap, va ora esaminato se in capo ad essa possano in ipotesi configurarsi gli estremi esonerativi della disposizione riportata; fermo restando che anche in questa materia deve evidentemente operare, quale criterio-guida, il principio di tassatività e stretta interpretazione delle disposizioni che, in deroga alla regola di generale assoggettamento al tributo, sanciscano cause oggettive o soggettive di agevolazione-esenzione.
Anche sul punto specifico dell’esenzione vanno tuttavia richiamati i principi desumibili dal menzionato indirizzo interpretativo, tra l’altro fatto proprio anche da Cass n.8288/22 cit. nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, nel senso che l’esenzione prevista per lo Stato e gli altri enti dall’art. 49, comma 1, lett. a ), d.lgs. 507/1993 postula che l’occupazione, quale presupposto del tributo, sia ascrivibile proprio al soggetto esente, sicché, nel caso di detenzione di spazi rientranti nel demanio o nel patrimonio indisponibile dello Stato da parte di una società concessionaria per la realizzazione e la gestione di un’opera pubblica (come un tratto di rete autostradale inclusiva di un viadotto sopraelevato), alla stessa non spetta l’esenzione, in quanto è questa ad eseguire la costruzione dell’opera e/o la sua gestione economica e funzionale, a nulla rilevando che l’opera sia di proprietà dello Stato, al quale ritornerà la gestione al termine della concessione (cfr. Cass. n. 11688/2017; Cass. n. 11689/17 e Cass. n. 11886/2017); in tali casi, in definitiva, l’esenzione non può essere riconosciuta in quanto non si configura l’occupazione diretta ‘da parte dello Stato’ quale soggetto ex lege esente (v. Cass.
n. 385/2022, che richiama Cass. nn. 20974/2020; Cass.n. 18385/2019; Cass. n. 19693/2018, 11886/2017, 11689/2018).
§ 5.2.2 Sostiene RAGIONE_SOCIALE, ed in ciò consisterebbe la più forte peculiarità della fattispecie rispetto ad altre già considerate da questa Corte, che la riferibilità dell’occupazione direttamente allo Stato sarebbe invece qui provata in ragione della sua particolare natura giuridica societaria e conseguente sfera di operatività.
Ciò segnatamente perché si verterebbe di società ‘legale’ di diritto pubblico, operante attraverso il paradigma dell’ in house providing e del ‘controllo analogo’ congiunto.
Il richiamo è alla legge Finanziaria per l’anno 2008 (l. 244/07), il cui art. 2 così stabilisce: ‘ co. 289. Al fine della realizzazione di infrastrutture autostradali, di esclusivo interesse regionale, interamente ricadenti nel territorio di competenza di una singola regione e previste dagli strumenti di programmazione vigenti, le funzioni e i poteri di soggetto concedente e aggiudicatore possono essere trasferiti con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ad un soggetto di diritto pubblico appositamente costituito in forma societaria e partecipata dall’RAGIONE_SOCIALE e dalle regioni interessate o da soggetto da esse interamente partecipato, che esercita esclusivamente i sopra indicati poteri e funzioni (…); co. 290. (…) Le attività di gestione, comprese quelle di manutenzione ordinaria e straordinaria, del raccordo autostradale di collegamento tra l’Autostrada A4 – tronco VeneziaTrieste, delle opere a questo complementari, nonché della tratta autostradale Venezia-Padova, sono trasferite, una volta completati i lavori di costruzione, ovvero scaduta la concessione assentita all’Autostrada Padova-Venezia S.p.a., ad una società per azioni costituita pariteticamente tra l’RAGIONE_SOCIALE e la regione Veneto o soggetto da essa interamente partecipato. La società, quale organismo di diritto pubblico, esercita l’attività di gestione nel rispetto delle norme in materia di appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi ed è sottoposta al controllo diretto dei soggetti che la partecipano. I rapporti tra la società ed i soggetti pubblici soci sono regolati, oltre che dagli atti deliberativi di trasferimento delle funzioni, sulla base di apposita convenzione. La società assume direttamente gli oneri finanziari connessi al reperimento delle risorse necessarie per la realizzazione del raccordo autostradale di collegamento tra l’Autostrada A4 – tronco Venezia-Trieste, anche subentrando nei contratti stipulati direttamente dall’RAGIONE_SOCIALE. Alla società è
fatto divieto di partecipare, sia singolarmente sia con altri operatori economici, ad iniziative diverse che non siano strettamente necessarie per l’espletamento delle funzioni di cui al comma 289, ovvero ad esse direttamente connesse.’
Ha osservato Cass. n. 8288/22 cit. che ‘ il rilievo secondo il quale le coordinate regolative dell’attività, oggetto di concessione, rinvengano direttamente dalla legge non esclude la rilevanza della concessione quale fonte dei rapporti economici sottesi al generale disposto di legge che ha previsto la costituzione della società ‘, per poi aggiungere che: ‘ il disposto di legge (n. 244 del 2007, articolo 2, commi 289, 289 bis e 290), pur delineando i termini generali dell’oggetto sociale, non esclude ex se che, nel contesto di detto oggetto, debba riconoscersi lo svolgimento di un’attività di impresa secondo scelte e finalità rimesse al soggetto gestore delle opere oggetto di concessione ‘.
Va detto che -nel caso in esame – la possibilità di utilizzare una società a partecipazione pubblica per l’espletamento di un’attività di natura imprenditoriale non trova di per sé smentita né nel fatto che i profitti provenienti dalla gestione dell’impianto possano essere vincolati per Convenzione ad una prestabilita finalità di rilevanza pubblicistica (in ragione del contributo ai costi di costruzione quanto al socio Anas, e del concorso agli oneri della realizzazione di altre opere infraregionali quanto al socio Regione Veneto), né nelle previsioni statutarie; le quali anzi attribuiscono a CAV, come osservato dai giudici di merito, la facoltà di porre autonomamente in essere, alla stregua di qualsiasi altra società commerciale (nel cui tipo RAGIONE_SOCIALE opera), un estesissimo ed indeterminato ventaglio di operazioni contrattuali ed extracontrattuali (commerciali, finanziarie, di garanzia, di partecipazione societaria) finalizzate al miglior perseguimento dell’oggetto sociale, se del caso anche mediante l’emanazione di prestiti obbligazionari.
La circostanza che la società sia stata costituita nell’osservanza della legge n.244/07 non la rende per ciò solo in toto equiparabile e sovrapponibile allo Stato ai fini dell’esenzione ex art. 49 cit. . E ciò quand’anche si voglia attribuire al socio RAGIONE_SOCIALE, pur dopo la trasformazione da ente pubblico economico a società di diritto privato, disposta dall’art. 7 del dl. n. 138 del 2002 convertito nella legge n. 178 del 2002, la natura di organismo pubblico titolare di poteri pubblicistici (Cass. SU n. 23452/24 anche con richiamo a Consiglio di Stato 24 febbraio 2011, n. 1230, e 24 maggio 2013, n. 2829), e tuttavia nemmeno esso identificabile nello Stato o in
altro ente tra quelli beneficiati ex art. 49 cit.. E non dirimente ai presenti fini deve ritenersi la richiamata classificazione di RAGIONE_SOCIALE, da parte del giudice contabile, nell’ambito della Pubblica Amministrazione, una cosa essendo la classificazione categoriale della società all’interno della mano pubblica ai fini Istat, ed altra la sua identificazione organica con lo Stato ex art. 49.
Neppure giova a RAGIONE_SOCIALE richiamarsi alle prerogative pubblicistiche della società ‘in house’.
Va intanto osservato -e ciò potrebbe anche chiudere il discorso – che questa qualità non è stata in giudizio provata da CAV (sulla quale gravava il relativo onere, trattandosi di deduzione funzionale all’ottenimento di un trattamento fiscale di favore), essendo anzi stata esclusa dal giudice di merito che ha rilevato, all’opposto, come si vertesse di un’attività gestionale autonomamente condotta, in conformità a statuto e patti parasociali, dalla concessionaria.
Ad ogni buon conto, e senza con questo voler qui ripercorrere la ben nota evoluzione normativa ed interpretativa in tema di esercizio di attività amministrativa attraverso società con veste privata controllate da soggetti pubblici (dalla sentenza CG 18.11.1999, C-107/98 Teckal, al TU d.lgs. n. 175/16 sulle società a partecipazione pubblica, peraltro sopravvenuto ai fatti di causa), basterà rilevare come si sia costantemente ritenuto che né l’effettiva sussistenza di un ‘controllo analogo’ da parte dei soci pubblici né l’assoggettamento della società, per fondamentali aspetti, all’ordinamento pubblicistico (in primo luogo nel campo degli appalti e delle aggiudicazioni ad evidenza pubblica di forniture e servizi alle quali sono tenuti gli organismi di diritto pubblico) bastino di per sé a sottrarre in toto le società in questione all’applicazione di istituti prettamente privatistici propri del tipo societario prescelto. Così, ad esempio, in materia di instaurazione dei rapporti di lavoro e relativa giurisdizione (v.Cass. SU 18479/23), di sottoposizione a fallimento secondo lo statuto tipico dell’imprenditore commerciale (Cass. n. 3196/17; n. 5346/19), di spettanza al giudice ordinario (salvo che non sia configurabile un danno erariale devoluto alla cognizione della Corte dei Conti) della giurisdizione sull’azione di responsabilità proposta dal curatore nei confronti di amministratori e sindaci ex art. 146 l.fall. (Cass. SU n. 10019/19; n. 22406/18).
Si è recentemente ribadito (Cass. n. 8794/23) che le società di capitali a totale partecipazione pubblica che esercitano attività commerciale, ove ne ricorrano i
presupposti, sono assoggettabili al fallimento ‘e la circostanza che risultino affidatarie di servizi d’interesse pubblico o gestiscano beni di natura demaniale non crea un rapporto di immedesimazione tra l’ente territoriale e le stesse, suscettibile di escluderne l’assoggettamento alla procedura concorsuale.’
Soprattutto, il richiamo alla società ‘legale’ ed alla società in house non giova a RAGIONE_SOCIALE nello specifico ambito tributario.
Ambito in cui questo rapporto di immedesimazione (intorno al quale dovrebbe concettualmente ruotare il riconoscimento dell’esenzione) è stato decisamente escluso, posto che la società in house è comunque assistita da una soggettività autonoma di derivazione privatistica (Cass. 21658/21, con richiami): ‘ in tema di reddito d’impresa, la società “in house providing” anche sotto il profilo fiscale è centro autonomo di imputazione di rapporti e posizioni giuridiche soggettive rispetto all’ente locale che su di essa esercita il cd. “controllo analogo”, con conseguente sussistenza di autonomo titolo giuridico per dedurre i costi e detrarre l’IVA in relazione a contratti dalla stessa stipulati, operando essa come società di diritto privato.’
In quel caso si verteva di avvisi di accertamento Ires, Irap ed Iva notificati a società di capitali interamente partecipata da un Comune e da questo controllata secondo lo schema ‘ in house’ , e si è osservato che il ‘controllo analogo’ esercitato dall’Amministrazione sulla società partecipata serve a consentire all’azionista pubblico di svolgere un’influenza dominante sulla società, se del caso attraverso strumenti derogatori rispetto agli ordinari meccanismi di funzionamento, così da rendere il legame partecipativo assimilabile a una relazione interorganica. Questa relazione interorganica ‘ non incide tuttavia affatto sull’alterità soggettiva dell’ente societario nei confronti dell’amministrazione pubblica, dovendosi mantenere infine pur sempre separati i due enti – quello pubblico e quello privato societario – sul piano giuridico-formale, in quanto la società in house rappresenta pur sempre un centro di imputazione di rapporti e posizioni giuridiche soggettive diverso dall’ente partecipante (cfr. ancora la motivazione di Cass. n. 5346 del 2019, cit.) ‘. In modo tale che l’ente pubblico influisce sì in maniera decisiva sul funzionamento della società, determinandone le scelte, ma in ciò avvalendosi non di poteri autoritativi e pubblicistici bensì dei soli strumenti previsti dal diritto societario, esercitati a mezzo dei membri presenti negli organi della società.
Ancor più esplicito è il principio affermato da Cass. n. 37951/21 (anche qui con vari richiami) in tema di soggettività passiva Iva di operatore ‘indipendente’ ai sensi dell’art. 4 Sesta Direttiva, principio con il quale si è escluso nel fenomeno in house providing nella specie riscontrato in una spa sottoposta a controllo analogo da parte dell’unico socio Comune di Milano il suddetto rapporto di immedesimazione organica socio-società, evidenziandosi che il controllo pubblico dominante, per quanto svolto attraverso strumenti derogatori rispetto agli ordinari meccanismi di funzionamento sociale, ‘ non incide sull’alterità soggettiva della società rispetto all’amministrazione pubblica, in quanto la società in house rappresenta pur sempre un centro di imputazione di rapporti e posizioni giuridiche soggettive diverso dall’ente partecipante (Cass., sez. un., n. 7759/17; n. 21299/17; n. 7222/18 e, in particolare, Cass. n. 5346/19, nonché, tra le ultime, Cass. n. 21658/21) ‘.
Non mancano, poi, collimanti applicazioni del principio anche nell’imposizione locale, essendosi ad esempio stabilito (Cass. n. 3112/19) che l’esenzione Ici prevista dall’art. 4, comma 1, del d.lgs. n. 504 del 1992, non opera per gli immobili di proprietà comunale concessi gratuitamente in uso ad una società ” in house ” per la gestione di un servizio pubblico (nella specie, il servizio idrico integrato) ‘ tenuto conto, per un verso, che il permanere della proprietà degli stessi in capo all’ente costituisce il presupposto della concessione e, per un altro, che la gratuità dell’utilizzo non muta la natura della concessione stessa, implicante comunque un rapporto tra soggetti giuridici distinti ‘.
Analoga conclusione, con valenza specifica e qui in termini, è stata adottata da Cass. n. 25300/17, la quale ha escluso la riconoscibilità proprio dell’esenzione ex art. 49 co. 1^ lett.a) d.lgs 507/93 ad una società comunale operante ‘ in house’ , stante la rilevata alterità soggettiva ed il carattere eccezionale delle norme agevolative, anche se invocate con riguardo ad opere occupative di interesse generale (rete di teleriscaldamento).
Il quadro che si è finora delineato, vagliato nel prisma di tutti i parametri interpretativi utilizzabili (letterale, finalistico, sistematico), appare in definitiva sufficientemente saldo e coerente da non giustificare il suggerito ripensamento.
§ 5.2.3 Neppure si ravvisano i presupposti per la rimessione della questione pregiudiziale alla CGUE ex art. 267 TFUE come anche richiesto, in estremo subordine, dalla società contribuente.
Questa eventualità, com’è noto, non è assistita da alcun automatismo, tanto da integrare un obbligo del giudice di ultima istanza solo in quanto se ne ravvisino appunto i presupposti di dubbio interpretativo, di interferenza con il diritto unionale e di rilevanza in causa (tra le altre, v. Cass. SSUU n.14042/16; n. 26145/17; n. 30301/17; Corte EDU 8 settembre 2015, RAGIONE_SOCIALE c/ Italia).
Con sentenza 6 ottobre 2021 in causa C-561/19 (RAGIONE_SOCIALE c/ RAGIONE_SOCIALE), la CGUE ha ribadito (§ 33), sulla scorta di numerosi richiami, che il giudice di ultima istanza è esonerato dal rinvio pregiudiziale ogniqualvolta abbia constatato che ‘la questione sollevata non è rilevante, o che la disposizione del diritto dell’Unione di cui si tratta è già stata oggetto d’interpretazione da parte della Corte, oppure che la corretta interpretazione del diritto dell’Unione si impone con tale evidenza da non lasciar adito a ragionevoli dubbi ‘. La Corte ha poi osservato (§ 50-57) che, ferma restando la doverosità di questa verifica, il giudice nazionale è tenuto a motivare le ragioni del ravvisato esonero da rinvio pregiudiziale, ponendosi questa scelta, da un lato, nell’ambito del sistema di cooperazione diretta tra Corte di Giustizia e giudici nazionali e, dall’altro, nell’esercizio di una funzione indipendente e non coercibile dalle parti.
Ed i presupposti del rinvio pregiudiziale, in applicazione di questi consolidati principi, qui non sussistono.
Ciò non tanto e soltanto per l’estraneità della Tosap all’ambito dei tributi oggetto di armonizzazione, quanto per la pratica ininfluenza del tema esonerativo, quantomeno se impostato e risolto nei termini che si sono detti, rispetto alle disposizioni del TFUE (§ 108) concernenti la libera concorrenza ed il divieto degli aiuti di Stato.
Questione che recupererebbe teorica rilevanza allorquando l’esenzione (quand’anche davvero qualificabile appunto come aiuto di Stato) venisse in effetti riconosciuta ad una società di veste commerciale operante in campo concorrenziale (anche se in forza di concessione pubblica) per il solo fatto di
essere una società ‘pubblica’, ed a scapito di società concessionarie ‘private’ concorrenti nello stesso ambito di mercato; non anche quando l’esenzione, come nella specie, venisse invece negata proprio sul presupposto unionale della non discriminazione concorrenziale in ragione della natura economico-imprenditoriale dell’attività parimenti svolta dagli operatori, sia pubblici sia privati.
In ciò il ragionamento svolto dalla società contribuente sembra anzi viziato da un ribaltamento logico di partenza, non ponendosi all’evidenza alcun dubbio di alterazione delle regole di libero mercato mediante il riconoscimento di aiuti di Stato ( sub specie di esenzione fiscale) non comunicati ed autorizzati, in un contesto nel quale tanto i primi quanto i secondi siano esclusi dal beneficio.
Né sarebbe fondatamente sostenibile un contrasto con il diritto unionale avendo riguardo, non già al rapporto competitivo tra società pubbliche e private, bensì a quello in ipotesi stabilito tra le società (pubbliche e private) da un lato, e lo Stato (e gli altri enti contemplati dall’art. 49 lett.a)) dall’altro. Dal momento che se la natura dell’attività in concreto svolta è amministrativa, ad essere disattivata in radice è l’intera disciplina concorrenziale di mercato, mentre se è paritetica ed imprenditoriale (come tale svolta attraverso i vari strumenti a tal fine predisposti dall’ordinamento, quali appunto le società partecipate ed in house ) si ritorna a quanto appena osservato circa il fatto che nessun contrasto con il diritto UE potrebbe originarsi da un sistema normativo nazionale che, come quello qui in esame, neghi indistintamente il beneficio, tranne che in ipotesi di attività ‘direttamente’ svolta dallo Stato nell’ambito di potestà di tipo autoritativo.
E’ per questo che si è affermato (Cass. n. 2396/17, così Cass. n. 19779/20) che: ‘ in tema di recupero di aiuti di Stato dichiarati incompatibili con il mercato comune dalla decisione della Commissione Europea n. 2003/193/CE del 5 giugno 2002, l’Agenzia delle entrate, ai sensi dell’art. 1 del d.l. n. 10 del 2007, conv., con modif., dalla 1. n. 46 del 2007, ha l’obbligo di procedere mediante ingiunzione al recupero delle imposte non versate in forza del regime agevolativo previsto dall’art. 66, comma 14, del d.l. n. 331 del 1993, conv., con modif., dalla l. n. 427 del 1993, e dall’art. 3, comma 70, della l. n. 549 del 1995 anche nei confronti delle società “in house”, a partecipazione pubblica totalitaria, risultando irrilevante la composizione del capitale sociale rispetto all’obiettivo di evitare che le imprese pubbliche, beneficiarie del trattamento agevolato, possano concorrere nel mercato
delle concessioni dei cd. servizi pubblici locali, che è un mercato aperto alla concorrenza comunitaria, in condizioni di vantaggio rispetto ai concorrenti ‘.
A maggior ragione si giunge a questa conclusione considerando la più ampia nozione euro-unitaria d’impresa che, per giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, include qualsiasi entità che eserciti un’attività economica a prescindere dal suo status giuridico e dalle sue modalità di funzionamento, laddove costituisce attività economica qualsiasi attività che consista nell’offrire beni o servizi su un determinato mercato (CG: 23/04/1991, COGNOME & COGNOME; 16/11/1995, Federation Francaise des societes d’assurances; 11/12/1997, Job Centre; 16/06/1987, Commissione vs. Italia; 01/07/2008, Motoe; 26/03/2009, RAGIONE_SOCIALE). Il che si raccorda sia con la normativa fiscale europea, per la quale è soggetto passivo d’imposta sul valore aggiunto ” chiunque esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività (art. 9, 51, Direttiva UE, n. 2006/112/CE; conf. art. 4, Direttiva UE, n. 77/388/CE) “, sia con la normativa europea sugli appalti pubblici, laddove si stabilisce che “i termini imprenditore, fornitore e prestatore di servizi designano una persona fisica o giuridica o un ente pubblico o un raggruppamento di tali persone e/o enti che offra sul mercato, rispettivamente la realizzazione di lavori e/o opere, prodotti e servizi’ (art. 1, §8, Direttiva UE, n. 2004/18/CE)”.
D’altra parte, la questione della possibile interferenza dell’esenzione Tosap in parola con il diritto UE della concorrenza non è nuova, in quanto già recentemente affrontata (v. Cass n. 15204/24, con richiamo a Cass. n. 2164/24) nel senso che: ‘(…) quanto alla compatibilità di tale soluzione con il diritto unionale va osservato che questa Corte ha già ritenuto che non sussista alcuna incertezza sulla questione qui in scrutinio, che imponga il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Euro pea (v. Cass. Sez. T. 10 febbraio 2023, n. 4116), dovendo aggiungersi sul punto che i Trattati lasciano del tutto impregiudicato il regime di proprietà esistente negli Stati membri, come precisa l’art. 345 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, mentre l’art. 106 vieta agli Stati membri di emanare o mantenere, nei confronti delle imprese pubbliche o delle imprese cui riconoscono diritti speciali o esclusiva, misure contrarie alle norme dei trattati, sicché, anche sotto questo profilo, Autostrade per l’Italia non potrebbe beneficiare
dell’esenzione riconosciuta allo Stato (cfr. sul punto, anche Cass., Sez. T, 22 gennaio 2024, n. 2164)’.
Affermazione, questa, che – per le già indicate ragioni – deve valere alla stessa maniera anche con riguardo ad una società che come RAGIONE_SOCIALE, diversamente da Autostrade per lRAGIONE_SOCIALEItalia, sia partecipata da enti pubblici e dichiari di operare in house .
D’altra parte, è pure costante affermazione di questa Corte (v. Cass.n. 2164/24 cit., n. 2275/24 e n. 25614/24 cit.) quella per cui -nel caso di società in house -la scelta della forma privata comporta di per sé la necessaria applicazione del regime previsto per gli altri soggetti privati, proprio al fine di non alterare il regime della concorrenza, ‘ con l’applicazione delle sole deroghe necessarie all’espletamento del compito pubblico assegnato (vedi art. 106, comma 2, del TFUE, che stabilisce che le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme dei trattati, e in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l’applicazione di tali norme non osti alla adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata) o di quelle connesse alla sostanziale soggettività pubblica (ad esempio, applicazione delle regole sul reclutamento del personale; possibilità di attribuzione dei lavori senza ricorrere al procedimento di evidenza pubblica, salvo che nei settori speciali) ‘.
§ 6. Ne segue il rigetto del ricorso. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
PQM
La Corte
-rigetta il ricorso;
-condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite che liquida in euro 3.000,00 oltre euro 200,00 per esborsi, rimborso forfettario ed accessori di legge;
-v.to l’art. 13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla L. n. 228 del 2012;
-dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a
titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto. Così deciso nella camera di consiglio della Sezione Tributaria, riunitasi in