Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15186 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15186 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CANDIA COGNOME
Data pubblicazione: 30/05/2024
NOME COGNOME PRINCIPIO DI DIRITTO
sul ricorso iscritto al n. 3697/2021 del ruolo generale, proposto
DA
RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE), con sede in Roma, alla INDIRIZZO, in persona del legale rappresentante pro tempore , AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa, in forza di procura speciale e nomina poste a margine del ricorso, dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE), dalla prof. AVV_NOTAIO NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE) e dall’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO (codice fiscale CODICE_FISCALE), elettivamente domiciliati presso lo studio del primo in Roma, alla INDIRIZZO.
– RICORRENTE –
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE), con sede in Roma, alla INDIRIZZO, in persona dell’amministratore unico e legale rappresentante pro tempore , AVV_NOTAIO,
rappresentata e difesa, in ragione di procura speciale e nomina poste in calce al controricorso, dall’AVV_NOTAIO (codice fiscale CODICE_FISCALE), con studio in Roma, alla INDIRIZZO.
– CONTRORICORRENTE –
NONCHE ‘
il RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE), con sede alla INDIRIZZO, in persona del Sindaco pro tempore.
-INTIMATO – per la cassazione della sentenza n. 3347/2/2020 della Commissione tributaria regionale della Campania (Sezione distaccata di Salerno), depositata il 30 giugno 2020, non notificata;
UDITA la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME all’udienza camerale del 16 gennaio 2024.
RILEVATO CHE:
oggetto di controversia è la pretesa contemplata dagli avvisi di accertamento indicato in atti con cui RAGIONE_SOCIALE, quale concessionaria del servizio di riscossione del Comune di Avellino, liquidava nella somma complessiva di 33.208,53 € la Tosap per gli anni d’imposta 2013/2018, asseritamente dovuta da RAGIONE_SOCIALE in relazione all’occupazione dello spazio sovrastante il suolo comunale, tramite cavalcavia RAGIONE_SOCIALE (ubicazione INDIRIZZO);
la Commissione tributaria regionale della Campania (Sezione distaccata di Salerno) accoglieva l’appello proposto dalla suindicata concessionaria, così rigettando l’originario ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE, assumendo che:
-l’art. 38 d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507 « assoggetta alla tassa qualsiasi occupazione di suolo pubblico, da chiunque effettuata, prevedendo un sistema di esenzioni tassativo, mentre l’art. 49, che prevede l’esenzione a favore di determinate
categorie di soggetti tra i quali Stato, Regioni, Province, Comuni e loro consorzi, si pone come enorme eccezionale rispetto alla regola generale della sottoposizione a tassazione » (così a pagina n. 4 della sentenza impugnata);
«L’esenzione prevista per lo Stato e per gli altri enti dall’art. 49, comma 1, lett. a) del D.Lgs. 507/93, postula che l’occupazione, quale presupposto del tributo, sia ascrivibile al soggetto esente (cfr. Cass., Sez. 5, 6 agosto 2009, n. 18041), sicchè, nel caso di occupazione di spazi pubblici da parte di una RAGIONE_SOCIALE concessionaria per la realizzazione e la gestione di un’opera pubblica (nella specie, contratto di rete RAGIONE_SOCIALE inclusiva di un viadotto sopraelevato), alla stessa non spetta l’esenzione in quanto è di questa la gestione economica e funzionale, a nulla rilevando che l’opera sia di proprietà dello Stato al quale ritornerà la gestione al termine della concessione (così Cass. nn. 11688/17, 19693/18). Ne deriva che l’esenzione prevista dall’art. 49, lett. a). del citato Decreto, non spetta concessionario in quanto non si configura l’occupazione da parte dello Stato (Cass. n. 18886/17)» (così a pagina n. 4 della sentenza impugnata);
-«L’espressa previsione dell’occupazione di fatto, fa sì che nessun rilievo assuma la circostanza che la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non sia titolare di un’autorizzazione o concessione da parte del Comune per l’occupazione dello spazio sottostante al viadotto» (così a pagina n. 5 della sentenza impugnata), mentre l’art. 38 del citato decreto stabilisce che la tassazione si estende anche alle occupazioni di spazi sovrastanti al suolo pubblico;
-« l’esistenza di un cavalcavia comunque limita lo sfruttamento dello spazio sovrastante la proprietà tanto è vero che l’ipotesi risulti espressamente prevista dalla norma impositrice»;
-«Quanto all’onere della prova, per un verso, nessuna allegazione il contribuente ha fatto in proposito; per altro verso, ricadeva sulla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE l’onere di dimostrare il fatto positivo dell’avvenuto esproprio anche del suolo sottostante al
cavalcavia e quindi la mancanza del presupposto impositivo» (così a pagina n. 5 della sentenza impugnata);
RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione avverso detta pronuncia con ricorso notificato tramite posta raccomandata in data 27/28 gennaio/2 febbraio 2021, formulando quattro motivi di impugnazione, successivamente depositando, in data 5 gennaio 2024, memoria ex art. 380bis 1. cod. proc. civ.;
RAGIONE_SOCIALE resisteva con controricorso notificato il 2 marzo 2021;
il Comune di Avellino è restato intimato;
CONSIDERATO CHE:
con la prima doglianza l’istante ha dedotto, con riguardo all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ. nonché dell’art. 38 d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, per avere la Commissione regionale confermato il presupposto impositivo della Tosap in contrasto con le evidenze di causa ed i principi dell’onere della prova, ponendo in rilievo di aver documentato mediante le visure catastali la proprietà dei beni oggetto di accertamento, sottostanti al cavalcavia RAGIONE_SOCIALE, per cui -diversamente da quanto ritenuto dal Giudice dell’appello non doveva dimostrare altro, men che mai il fatto positivo dell’intervenuto esproprio, dovendo piuttosto essere il Comune, a fronte dei citati dati catastali, a provare l’appartenenza dei beni al proprio demanio o patrimonio indisponibile, al fine di legittimare la pretesa impositiva;
con la seconda censura la contribuente ha eccepito, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ., avendo la Commissione invertito l’onere probatorio, erroneamente attribuendo ad RAGIONE_SOCIALE quello di fornire la prova dell’avvenuto esproprio, nonostante l’evidenza fornita dalle visure catastali, laddove era l’ente impositore a dover
fornire la controprova della titolarità dei beni sui quali aveva esercitato la potestà impositiva, così illegittimamente confermando la pretesa in contrasto con le evidenze documentali;
in subordine, la ricorrente ha denunciato con la terza ragione di impugnazione, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 49 d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, assumendo che « lo spazio sovrastante la strada comunale (la quale in ogni caso insiste su terreni di proprietà della RAGIONE_SOCIALE non è stato sottratto alla disponibilità generalizzata per volontà della RAGIONE_SOCIALE, né per concessione del Comune, né per circostanza ‘di fatto’, ma è lo Stato stesso ad aver ex ante pianificato, stabilito e deciso la costruzione dell’autostrada e la localizzazione del suo tracciato, ivi incluso il cavalcavia qui in contestazione », ragion per cui « la RAGIONE_SOCIALE concessionaria agisce come l’esecutrice della volontà dello Stato di realizzare il servizio RAGIONE_SOCIALE » (v. pagine nn.7 ed 8 del ricorso);
3.1. l’istante ha aggiunto che l ‘autostrada rientra pacificamente tra i beni demaniali » (v. pagina n. 8 del ricorso), ai sensi dell’art. 822, secondo comma, cod. civ., che l’attività della RAGIONE_SOCIALE, tanto nella fase di costruzione della rete, quanto in quella successiva della relativa gestione e manutenzione, è rigidamente vincolata alle decisioni statali ed in particolare al controllo dell’ente concedente (prima RAGIONE_SOCIALE ora RAGIONE_SOCIALE) e che la costruzione dell’autostrada è stata, in particolare, stabilita con risalenti leggi dello Stato (legge 21 maggio 1955, n. 463 e legge 24 luglio 1961, n. 729), ragion per cui, essendo la realizzazione della gestione dell’opera effettuata da RAGIONE_SOCIALE per la realizzazione di finalità di interesse generale, opera l’esenzione di cui al suindicato art. 49, risultando sul punto irrilevante che la ricorrente sia oggi una public company dal momento che in origine la stessa era di proprietà pubblica, in quanto appartenente al gruppo IRI;
3.2. la ricorrente ha, quindi, richiamato l’art. 345 TFUE (nella parte in cui stabilisce che «i trattati lasciano del tutto impregiudicato
il regime di proprietà esistente negli Stati membri ») per sostenere il principio di neutralità rispetto alla proprietà pubblica o privata RAGIONE_SOCIALE imprese operanti nell’ordinamento europeo , evidenziando che la giurisprudenza della Corte di giustizia UE ha chiarito che l’indifferenza rispetto alla natura pubblica o privata del regime proprietario non deve tradursi in forme di discriminazione, sollecitando, in caso di diverso avviso, la sottoposizione, ai sensi dell’art. 267 TFUE, alla Corte di giustizia europea della « questione di compatibilità RAGIONE_SOCIALEtaria volta a stabilire se gli artt. 49, 56, 63 e 345 TFUE ed in ogni caso il diritto dell’unione consentano nei confronti dei concessionari di infrastrutture pubbliche l’applicazione di un trattamento differenziato e discriminatorio rispetto ai rapporti con gli enti locali interessati in funzione della proprietà pubblica o privata del concessionario stesso » (v. pagine n. 10 e 11 del ricorso);
con il quarto motivo di ricorso la ricorrente ha lamentato, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 1 e 2 della legge 21 maggio 1995, n. 463 (‘Provvedimenti per la costruzione di autostrade e strade’), 1, 2, 6, 7, 8 e 12 della legge 24 luglio 1961, n. 729 (‘Piano di nuove costruzioni stradali ed autostradali’), nonché della legge 28 marzo 1968, n. 385 (‘Modifiche ed integrazioni la legge 24 luglio 1961 numero 729 concernente il piano di nuove costruzioni stradali ed autostradali’), oltre che degli artt. 38 e 39 d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507;
4.1. l’istante ha, in particolare, rappresentato la violazione dell’art. 39 d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, assumendo che «Nel caso in esame manca – ed è pacifico – un formale atto di concessione e autorizzazione rilasciata dall’ente territoriale per l’occupazione dello spazio pubblico da parte della RAGIONE_SOCIALE, ma non per questo la presente fattispecie può essere qualificata come occupazione ‘di fatto’» (v. pagina n. 11 del ricorso), essendo l’occupazione in oggetto fondata su uno specifico titolo, (costituito dalla convenzione stipulata con il RAGIONE_SOCIALE, in
precedenza RAGIONE_SOCIALE, approvata ex art. 2, comma 82, e ss., d.l. 3 ottobre 2006, n. 262), che è « diverso da quello comunale rilevante ai fini della tassa, essendo attribuito direttamente dallo Stato, quale ente sovrano » (v. pagina n. 12 del ricorso) , assumendo, quindi, che differente è il soggetto concedente (lo Stato e non il Comune), diverso è l’oggetto della concessione, che non riguarda l’occupazione di uno spazio pubblico, ma la costruzione e l’esercizio di un tratto specifico della rete RAGIONE_SOCIALE, e differente risulta anche la fonte della concessione, essendo disciplinata con legge dallo Stato ed attribuita alla singola RAGIONE_SOCIALE concessionaria con apposito decreto ministeriale, per cui, « trattandosi di opere sottratte per legge alla titolarità/disponibilità del Comune difetta in radice il presupposto applicativo del canone » (v. pagina n. 12 del ricorso);
4.2. la ricorrente ha, quindi, sostenuto che non si tratta né di un’occupazione di fatto, né tantomeno di una detenzione abusiva, trattandosi piuttosto di un’occupazione che trova fondamento nella legge statale ed in particolare nelle disposizioni della citata legge 21 maggio 1955, n.463 e 24 luglio 1961, n. 729, avendo lo Stato sottratto all’uso generalizzato della RAGIONE_SOCIALEtà locale i predetti spazi al fine di realizzare la rete RAGIONE_SOCIALE ed offrire compiutamente un servizio a favore della collettività di riferimento nazionale, segnalando che questa Corte ha ritenuto non commerciabili, perché destinate a pubblico servizio, le stazioni di esazione dei pedaggi (Cass. 11 marzo 2020, n. 6828 e 6829) e che lo stesso Comune non ha mai provveduto non solo a richiedere alcuna tassa, ma neppure rimuovere le opere autostradali se ritenute abusive;
4.3. infine, la difesa di RAGIONE_SOCIALE ha ritenuto non sovrapponibile la disciplina di cui alle citate leggi 21 maggio 1955, n. 463 e 24 luglio 1961, n. 729, con quella prevista dall’art. 38 d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, giacché con i primi interventi normativi sono stati sottratti alla disponibilità dell’ente locale le volumetrie necessarie per la realizzazione dell’autostrada, mentre la disciplina Tosap ha disciplinato le aree residue, quelle cioè per le quali è
ravvisabile l’occupazione del demanio o del patrimonio indisponibile dell’ente locale;
5. il ricorso non ha fondamento;
vanno esaminati congiuntamente e respinti i primi due motivi di impugnazione, entrambi gravitanti sulla dedotta violazione degli artt. 115 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ.;
6.1. il Giudice regionale, nel riepilogare i contenuti del ricorso originario proposto dall’istante, ha riferito che con esso si deduceva « la mancanza del presupposto impositivo del tributo in quanto le aree su cui insistono le strade interessate per l’occupazione sono tutte espropriate a favore dell’RAGIONE_SOCIALE, che ne ha, quindi, acquisito la titolarità per conto dello Stato» (v. pagina n. 2 della sentenza), dando poi atto che il primo Giudice, quanto al presupposto oggettivo, aveva ritenuto che « dovrebbe essere dimostrato dall’ente locale che non esiste l’esproprio da parte dello Stato » (v. pagina n. 3 della sentenza impugnata); di contro – come sopra esposto – la Commissione regionale ha affermato che « Quanto all’onere della prova, per un verso, nessuna allegazione il contribuente ha fatto in proposito; per altro verso, ricadeva sulla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE l’onere di dimostrare il fatto positivo dell’avvenuto esproprio anche del suolo sottostante al cavalcavia e quindi la mancanza del presupposto impositivo» (v. pagina 5 della sentenza impugnata);
6.2. nel delineato contesto, va, innanzitutto, osservato che i motivi, sotto il profilo della dedotta violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., difettano di autosufficienza, risultando come tali inammissibili, avendo l’istante omesso di trascrivere o quantomeno di riassumere nel ricorso i contenuti RAGIONE_SOCIALE richiamate visure catastali su cui l’istante ha rivendicato la titolarità dei beni oggetto di accertamento (cfr., in tema, Cass., Sez. T., 30 dicembre 2020, n. 29887 che richiama Cass., Sez. Un., 27 dicembre 2019, n. 34469, che, a sua volta, richiama Cass., Sez. Un., 19 aprile 2016, n. 7701; cui adde Cass., Sez. T., 15 gennaio 2020, n. 552 e n. 553 in
motivazione); il sindacato sulla dedotta violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. risulta, quindi, precluso, dovendo ricordarsi sul punto che la deduzione con il ricorso per cassazione di errores in procedendo postula l’ammissibilità del motivo in relazione ai termini in cui è stato esposto, con la conseguenza che solo quando ne sia stata positivamente accertata l’ammissibilità diventa possibile valutare la fondatezza del motivo medesimo e, dunque, esclusivamente nell’ambito di quest’ultima valutazione, la Corte di cassazione può e deve procedere direttamente all’esame ed all’interpretazione degli atti processuali (Cass., Sez. I, 6 settembre 2021, n. 24048, che richiama Cass. 13 marzo 2018, n. 6014: cfr. pure: Cass. 29 settembre 2017, n. 22880; Cass. 8 giugno 2016, n. 11738; Cass. 30 settembre 2015, n. 19410);
6.3. inappropriato è poi il riferimento al paradigma di cui all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ. (in luogo del num. 4 della medesima disposizione), trattandosi di asserita violazione di una norma processuale (115 cod. proc. civ.);
6.4. con riferimento a tale ultimo canone censorio (art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., di cui al secondo motivo di impugnazione), va riconosciuto che la Commissione ha correttamente posto a carico della ricorrente, ai sensi dell’art. 2697 cod. proc. civ., l’onere di dimostrare il dedotto esproprio, ponendosi tale circostanza come fatto impeditivo della pretesa dell’ente impositore, evidentemente basata sulla demanialità (comunale) del suolo sottostante il cavalcavia, costituente la strada provinciale 164, come tale ricadente nell’onere probatorio dell’eccipiente, con ciò quindi implicitamente, quanto chiaramente, negando il Giudice regionale che le visure catastali richiamate dalla contribuente avessero efficacia dimostrativa del diritto di proprietà sui beni oggetto di tassazione;
anche i restanti due motivi di ricorso possono essere trattati congiuntamente stante la loro connessione oggettiva; essi risultano infondati per i motivi che seguono;
l’art. 38 d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, ratione temporis applicabile in tema di tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, stabiliva che «1. Sono soggette alla tassa le occupazioni di qualsiasi natura, effettuate, anche senza titolo, nelle strade, nei corsi, nelle piazze e, comunque, sui beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE. 2. Sono, parimenti, soggette alla tassa le occupazioni di spazi soprastanti il suolo pubblico, di cui al comma 1, con esclusione dei balconi, verande, bow-windows e simili infissi di carattere stabile, nonché le occupazioni sottostanti il suolo medesimo, comprese quelle poste in essere con condutture ed impianti di servizi pubblici gestiti in regime di concessione amministrativa». L’art. 39 del medesimo d.lgs. prevedeva, poi, che «1. La tassa è dovuta al comune o alla provincia dal titolare dell’atto di concessione o di autorizzazione o, in mancanza, dall’occupante di fatto, anche abusivo, in proporzione alla superficie effettivamente sottratta all’uso pubblico nell’ambito del rispettivo territorio»;
i temi sottoposti all’esame dai motivi di impugnazione sono stati più volte scrutinati da questa Corte, anche in controversie in cui è stata parte RAGIONE_SOCIALE, per cui vanno in questa sede ribaditi i principi già espressi dalle sottoindicate pronunce, non contraddette in modo convincente dalle argomentazioni svolte dalla contribuente, nemmeno sulla scorta della giurisprudenza (amministrativa e di merito) citata nell’ultima difesa scritta;
va innanzitutto ricordato che le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito che il presupposto oggettivo dell’imposizione è rappresentato dalla superficie occupata e che oggetto della tassa sono tutti i tipi di occupazione, anche quelle sine titulo , di aree pubbliche di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, la cui esistenza determina l’insorgenza dell’obbligo di versare il tributo, giacchè tale obbligo sorge, nel suo presupposto oggettivo, quando vi sia stata limitazione o sottrazione all’uso normale e collettivo di suolo (o spazio sovrastante), nell’interesse proprio del singolo; sul versante soggettivo, invece, il citato art. 39 individua il soggetto passivo nel
titolare dell’atto di concessione o di autorizzazione o, in mancanza, nell’occupante di fatto, anche abusivo, nella suddetta proporzione (cfr. Cass., Sez. Un., 7 maggio 2020, n. 8628);
nell’analogia della fattispecie, va allora ribadito quanto già precisato da questa Corte, secondo cui:
«L’attraversamento da parte di un viadotto RAGIONE_SOCIALE del suolo comunale, sebbene sia previsto dalla legge, è assoggettato a NOME in virtù dell’art. 38, comma 2, del d.lgs. n. 507 del 1993, impedendo una diversa forma di utilizzazione di detto spazio (Sez. 5, Sentenza n. 28341 del 05/11/2019)» (così Cass., Sez. VI/T, 1° dicembre 2022, n. 35408);
come chiarito da questa Corte (cfr. Cass., Sez. 5, 11 maggio 2017, n. 11688; Cass., Sez. 5, n. 11689/17 e Cass., Sez. 5, 12 maggio 2017, n. 11886) «In tema di tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (NOME), l’esenzione prevista per lo Stato e gli altri enti dall’art. 49, comma 1, lett. a ), del d. lgs. n. 507 del 1993, postula che l’occupazione, quale presupposto del tributo, sia ascrivibile al soggetto esente, sicché, nel caso di spazi rientranti nel demanio o nel patrimonio indisponibile dello Stato da parte di una RAGIONE_SOCIALE concessionaria per la realizzazione e la gestione di un’opera pubblica (nella specie, un tratto di rete RAGIONE_SOCIALE inclusiva di un viadotto sopraelevato), alla stessa non spetta l’esenzione in quanto è questa ad eseguire la costruzione dell’opera e la sua gestione economica e funzionale, a nulla rilevando che l’opera sia di proprietà dello Stato, al quale ritornerà la gestione al termine della concessione»;
-non rileva la riconducibilità dell’occupazione allo Stato, dovendo tale argomento ritenersi inconciliabile « con la natura di stretta interpretazione RAGIONE_SOCIALE norme tributarie che prevedano esenzioni o agevolazioni (cfr., tra le molte, più di recente, Cass. Sez. 5, 4 maggio 2016, n. 8869; Cass. Sez. 5, 26 marzo 2014, n. 7037, presupposto interpretativo condiviso da ultimo anche da Corte cost. 20 novembre 2017, n. 242) e, segnatamente, con specifico
riferimento alla tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, con l’interpretazione di questa Corte dell’art. 49, comma 1 lett. a ) del d. lgs. n. 507/1993, secondo cui l’esenzione per lo Stato e gli altri enti, di cui alla citata norma, postula che l’occupazione, quale presupposto del tributo, sia posta in essere direttamente dal soggetto esente (cfr., più in generale, Cass., Sez. 5, 6 agosto 2009, n. 18041) »;
«Non può, peraltro, condividersi la configurazione della RAGIONE_SOCIALE unicamente come longa manus dell’ente concedente , inteso dalla ricorrente come ente riconducibile allo Stato soprattutto in relazione alla sua natura giuridica di Amministrazione autonoma al tempo dell’affidamento RAGIONE_SOCIALE opere in concessione, non potendo invero non condividersi quanto specificamente evidenziato nelle succitate pronunce del 2017 di questa Corte riguardo al fatto che la RAGIONE_SOCIALE, titolare di concessione per la progettazione e realizzazione dell’opera pubblica, ne ricava dalla gestione il diritto di sfruttare economicamente tutti i lavori realizzati per la durata prevista dalla concessione»;
-«Le finalità pubblicistiche , cui certamente è finalizzata la gestione e la manutenzione della rete RAGIONE_SOCIALE, se pur imprimono alla riscossione dei pedaggi una preminente destinazione dei ricavi al perseguimento RAGIONE_SOCIALE finalità proprie della realizzazione del tracciato RAGIONE_SOCIALE, non annullano il perseguimento del profitto tipico dell’attività d’impresa svolta da RAGIONE_SOCIALE per azioni, quale indubbiamente è la RAGIONE_SOCIALE; ciò che rende irrilevante la natura demaniale dell’autostrada ed il ritorno della stessa allo Stato al tempo della concessione»;
-«Non può, al riguardo, in particolare, convenirsi con l’assolutezza dell’affermazione secondo cui nella fattispecie in esame sarebbe imputabile a monte allo Stato la volontà di occupazione, per mezzo dell’attraversamento da parte del viadotto RAGIONE_SOCIALE, del soprassuolo comunale in forza della legge 24 luglio 1961, n. 729, recante “Piano di nuove costruzioni stradali ed
autostradali”. Ciò è senz’altro vero nelle sue premesse, ma la portata degli effetti va commisurata alla volontà, altrettanto statale, nella predisposizione con la successiva normativa di finanza derivata per gli enti locali di cui al d. lgs. n. 507/1993, per quanto qui interessa nella parte in cui regola l’istituzione della NOME ed il relativo regime di esenzione, con norme, come si è detto, di stretta interpretazione »;
– «Deve, infatti, ritenersi che a fronte del chiaro disposto dell’art. 38, comma 2, del d.lgs. n. 507/1993, secondo cui, per quanto qui rileva, «Sono, parimenti, soggette alla tassa di occupazione di spazi soprastanti il suolo pubblico, di cui al comma 1», cioè le occupazioni di qualsiasi natura, effettuate, anche senza titolo, nelle strade, nei corsi, nelle piazze e, comunque, sui beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei RAGIONE_SOCIALE», debba essere assoggettata a NOME l’occupazione del soprassuolo comunale realizzata per mezzo del viadotto RAGIONE_SOCIALE, che ne preclude talune specifiche possibilità di utilizzazione » (così Cass., Sez. VI/T., 25 luglio 2018, n. 19693 e, nello stesso senso, Cass., Sez. VI/T, 1° dicembre 2022, n. 35408);
-non può, quindi, « configurarsi l’ipotesi di esenzione di cui all’art. 49 d.lgs. 507/1993 giacché l’occupazione medesima deve considerarsi propria dell’ente concessionario e va, dunque, assoggettata alla tassa ai sensi dell’art. 38, comma 2, del d.lgs. n.507 del 1993: la RAGIONE_SOCIALE concessionaria è infatti l’esecutrice della progettazione e della realizzazione dell’opera pubblica a fronte del corrispettivo costituito dal diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente tutti i lavori realizzati per la durata prevista. A nulla peraltro rileva il fatto che il viadotto sia di proprietà del demanio e che, al termine della concessione, anche la gestione di esso ritorni in capo allo Stato poiché, nel periodo di durata della concessione stessa, il bene, che pure è funzionale all’esercizio di un servizio di pubblica utilità, è gestito in regime di concessione da un ente che agisce in piena autonomia e non quale mero sostituto dello
Stato nello sfruttamento dei beni (Cfr. Cass., V, n. 11886/2017; VI, n. 20974/2020) » (così Cass., Sez. VI/T, 10 febbraio 2023, n. 4116 e, nello stesso senso, Cass. Sez. T, 10 gennaio 2022, n. 385 e, in tema di Cosap, tra le tante, Cass. Sez. I, 25 luglio 2023, n. 22219; Cass. Sez. I, 24 luglio 2023, n. 22183; Cass. Sez. I, 29 maggio 2023, n. 15010, Cass. Sez. I, 18 aprile 2023, nn. 13051 e 10345);
«Ne deriva che l’esenzione prevista dall’art. 49, lett. a ), del citato decreto non spetta in quanto non si configura l’occupazione da parte dello Stato » (così Cass. Sez. T, 10 gennaio 2022, n. 385, che richiama sui temi trattati Cass. nn. 20974/2020; 1838572019; Cass. n. 19693/2018, 11886/2017, 11689/2018);
come ribadito da questa Corte in medesimi contenziosi tra le stesse parti (cfr. Cass., Sez. T, 22 gennaio 2024, n. 2164, Cass., Sez. T, 23 gennaio 2024, n. 2255, Cass. Sez. T. 26 gennaio 2024, nn., 2486, 2498, 2512), va, dunque, riepilogativamente ripetuto che:
il presupposto impositivo della Tosap è costituito, ai sensi degli artt. 38 e 39 d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, dall’occupazione, di qualsiasi natura, di spazi ed aree, anche soprastanti o sottostanti il suolo, appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei Comuni o RAGIONE_SOCIALE Province, che comporti un’effettiva sottrazione della superficie all’uso pubblico, con ciò rilevando il fatto oggettivo della predetta occupazione, indipendentemente dall’esistenza o meno di una concessione od autorizzazione, salvo che sussista una RAGIONE_SOCIALE ipotesi di esenzione previste dall’art. 49 d.lgs. cit.;
-l’art. 38 d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507 va interpretato nel senso che l’occupazione mediante impianti di servizi pubblici (tale essendo il INDIRIZZO RAGIONE_SOCIALE, che costituisce un impianto costituito da una costruzione completata da strutture -impianti segnaletici e di illuminazione – che ne aumentano l’utilità) è soggetta alla tassa, sia che si tratti di spazi sottostanti, che sovrastanti lo spazio pubblico;
la tassa compete al concessionario che occupa lo spazio, a nulla rilevando il fatto che il viadotto sia di proprietà del demanio e che, al termine della concessione, anche la gestione di esso ritorni in capo allo Stato, poiché, nel periodo di durata della concessione stessa, il bene, che pure è funzionale all’esercizio di un servizio di pubblica utilità, è gestito in regime di concessione da un ente che agisce in piena autonomia e non quale mero sostituto dello Stato nello sfruttamento dei beni, con la conseguenza che l’esenzione prevista dall’art. 49, lett. a ), del citato decreto non spetta in quanto non si configura l’occupazione da parte dello Stato;
a tali riflessioni vanno aggiunte, anche al fine di contrastare le tesi ribadite dalla difesa di RAGIONE_SOCIALE nell’ultima difesa scritta tramite i riferimenti giurisprudenziali (del giudice amministrativo e dei giudici di merito), le seguenti considerazioni:
non è dirimente la dedotta assenza di poteri di rimozione o di riappropiazione del bene da parte del Comune, giacchè tale limite non vale ad escludere l’imposizione fiscale, semmai a confermarla, in ragione della perdurante occupazione, senza tacere che la citata circostanza caratterizza anche le occupazioni avvenute in base a provvedimento concessorio nell’ipotesi di fisiologico espletamento del rapporto (cfr. la pronunce da ultimo citate e, tra le altre, Cass., Sez. T., 23 gennaio 2024, n. 2283);
non rileva la dedotta titolarità statale del tratto RAGIONE_SOCIALE, contando, invece, ai fini che interessano, la sottrazione dello spazio sovrastante il suolo comunale occupato dal predetto tracciato, come tale oggetto di tassazione ai sensi della chiara formulazione dell’art. 38, comma 2, d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507;
le leggi citate dalla contribuente (21 maggio 1955, n. 463 e 24 luglio 1961, n. 729) relative alla realizzazione dell’autostrada sono anteriori al d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, la cui disciplina – come sopra esposto ha sottoposto ad imposizione l’occupazione RAGIONE_SOCIALE strade comunali e provinciali avvenuta per la realizzazione della rete RAGIONE_SOCIALE;
la costruzione della rete RAGIONE_SOCIALE prevista ed approvata con provvedimenti legislativi non ha, poi, comportato automaticamente il trasferimento della proprietà RAGIONE_SOCIALE strade interessate allo Stato ed il conseguente passaggio di quelle comunali e provinciali al demanio statale, tenuto conto che l’art. 11 della citata legge n. 729/1961 prevedeva l’esecuzione di procedure espropriative per la realizzazione RAGIONE_SOCIALE opere necessarie per la costruzione RAGIONE_SOCIALE autostrade previste dalla predetta legge, mentre l’art. 12, ultimo comma, della medesima legge, nel prevedere che gli enti proprietari potevano prescrivere esclusivamente le cautele da osservare e le opere provvisionali da eseguire durante la costruzione RAGIONE_SOCIALE opere, conferma la possibile appartenenza del tratto di strada ad Amministrazioni diverse dallo Stato, quali gli enti territoriali;
-del resto, l’art. 822 cod. civ. prevede che le strade, le autostrade e le strade ferrate fanno parte del demanio pubblico se appartengono allo Stato e, cioè, rientrano nel demanio pubblico statale meramente eventuale, il che non esclude, quindi, che la strada su cui insiste il cavalcavia dell’autostrada appartenga ad altro ente;
occorre, quindi, distinguere la proprietà della strada su cui insiste il pontone o cavalcavia dell’autostrada da quella di quest’ultimo manufatto, dovendo precisarsi sul punto che la prima resta di titolarità dell’ente territoriale, in assenza di un atto di trasferimento, pur essendo la seconda di proprietà statale, non potendo certamente configurarsi l’ipotesi di un’accessione invertita a favore dello Stato, non contemplata dalla legge;
come già evidenziato da questa Corte (cfr. Cass., Sez. I,, 18 aprile 2023, n. 10351in motiv., relativamente alla COSAP, ma sulla base di principi applicabili anche alla fattispecie in esame), non è quindi conferente « il riferimento all’asserita appartenenza dell’autostrada al demanio statale ex art. 822 cod. civ. (come invece argomentato dalla ricorrente mediante richiamo anche a recente giurisprudenza amministrativa) ed è altresì marginale e priva di
decisività l’indagine sulla effettiva proprietà dell’infrastruttura RAGIONE_SOCIALE che occupa, per proiezione, la strada provinciale sottostante, atteso che la dedotta proprietà statale dell’autostrada e così del viadotto non interferisce con la circostanza – integrativa del presupposto di applicazione della Tosap da parte del Comune RAGIONE_SOCIALE Avellino – secondo cui, nel periodo di durata della concessione, la RAGIONE_SOCIALE disponeva del viadotto, per la relativa gestione quale concessionaria, ed in tal modo essa realizzava la condotta di «occupazione» del sottostante suolo provinciale» (così Cass., Sez. T, 26 gennaio 2024, n. 2512 cit.);
-le sentenze nn. 6828 e 6929 dell’11 marzo 2020 di questa Corte, citate dall’istante, non hanno alcuna attinenza con il tema in oggetto, riguardando la diversa questione del classamento catastale RAGIONE_SOCIALE aree adibita a stazione di esazione di pedaggio RAGIONE_SOCIALE;
-la destinazione del bene ad uso collettivo non esclude l’occupazione, avendo questa Corte già chiarito che la RAGIONE_SOCIALE, concessionaria statale, che abbia realizzato e gestito un’opera pubblica, occupando di fatto spazi rientranti nel demanio comunale o provinciale, è tenuta al pagamento del canone, non assumendo rilievo il fatto che l’opera sia di proprietà statale, poiché la condotta occupativa è posta in essere dalla RAGIONE_SOCIALE nello svolgimento, in piena autonomia, della propria attività d’impresa (Cass., Sez. 1, 10 giugno 2021, n. 16395), per cui è sufficiente l’utilizzazione del bene da parte di un soggetto diverso dall’ente pubblico titolare, mentre risulta indifferente la strumentalità di tale utilizzazione alla realizzazione di un pubblico interesse, in assenza di una specifica ipotesi di esenzione;
quanto alla compatibilità di tale soluzione con il diritto unionale va osservato che questa Corte ha già ritenuto che non sussista alcuna incertezza sulla questione qui in scrutinio, che imponga il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (v. Cass. Sez. T. 10 febbraio 2023, n. 4116), dovendo aggiungersi sul punto che i trattati lasciano del tutto impregiudicato
il regime di proprietà esistente negli Stati membri, come precisa l’art. 345 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, mentre l’art. 106 vieta agli Stati membri di emanare o mantenere, nei confronti RAGIONE_SOCIALE imprese pubbliche o RAGIONE_SOCIALE imprese cui riconoscono diritti speciali o esclusiva, misure contrarie alle norme dei trattati, sicché, anche sotto profilo, RAGIONE_SOCIALE non potrebbe beneficiare dell’esenzione riconosciuta allo Stato (cfr. sul punto, anche Cass., Sez. T, 22 gennaio 2024, n. 2164);
alla stregua RAGIONE_SOCIALE riflessioni che precedono, il ricorso va allora rigettato, ri affermando il seguente principio di diritto: ‘La Tosap trova applicazione anche nell’ipotesi di utilizzazione di strade comunali o provinciali per la realizzazione della rete RAGIONE_SOCIALE da parte del concessionario della realizzazione e gestione dell’opera pubblica, in quanto l’art. 38 d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507 ha come presupposto impositivo qualsiasi occupazione di aree riconducibili al demanio comunale e provinciale e ricomprende, quindi, anche quelle che trovano fondamento nella legge, non spettando l’esenzione di cui all’art. 49, comma 1, lett. a ) del predetto decreto, non essendo il concessionario (RAGIONE_SOCIALE) soggetto annoverabile tra gli enti ivi indicati’;
le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
va, infine, dato atto che ricorrono i presupposti di cui all’art 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento da parte della ricorrente, di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per il ricorso.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna RAGIONE_SOCIALE al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del presente grado di giudizio, che liquida a favore di RAGIONE_SOCIALE nella misura di 2.500,00, € per competenze, oltre a 200,00 € per spese vive ed accessori di legge.
Dà atto che ricorrono i presupposti di cui all’art 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento da parte della ricorrente, di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 16 gennaio 2024.