Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15204 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15204 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CANDIA COGNOME
Data pubblicazione: 30/05/2024
NOME COGNOME PRINCIPIO DI DIRITTO
sul ricorso iscritto al n. 27994/2021 del ruolo generale, proposto
DA
RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE), con sede in Roma, alla INDIRIZZO, in persona dell’amministratore unico e legale rappresentante pro tempore , AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa, in ragione di procura speciale e nomina poste in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO (codice fiscale CODICE_FISCALE), con studio in Roma, alla INDIRIZZO.
– RICORRENTE –
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE), con sede in Roma, alla INDIRIZZO, in persona del legale rappresentante pro tempore , AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa, in forza di procura speciale e nomina poste a margine del controricorso, dall’AVV_NOTAIO (codice fiscale
CODICE_FISCALE), dalla prof. AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO (codice fiscale CODICE_FISCALE) e dall’AVV_NOTAIO. NOME AVV_NOTAIO (codice fiscale CODICE_FISCALE), elettivamente domiciliati presso lo studio del primo in Roma, alla INDIRIZZO.
– CONTRORICORRENTE –
NONCHE ‘
il RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE), con sede alla INDIRIZZO, in persona del Sindaco pro tempore.
-INTIMATO – per la cassazione della sentenza n. 3638/4/2021 della Commissione tributaria regionale della Campania (Sezione distaccata di Salerno), depositata il 30 aprile 2021, non notificata;
UDITA la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME all’udienza camerale del 16 gennaio 2024.
RILEVATO CHE:
oggetto di controversia è la pretesa contemplata da vari avvisi di accertamento con cui RAGIONE_SOCIALE, quale concessionaria del servizio di riscossione del Comune di Avellino, liquidava nella somma complessiva di 75.090,92 € la Tosap per gli anni d’imposta 2013/2018, asseritamente dovuta da RAGIONE_SOCIALE in relazione all’occupazione dello spazio sovrastante il suolo comunale, tramite cavalcavia autostradale;
la Commissione tributaria regionale della Campania (Sezione distaccata di Salerno) rigettava l’appello proposto dalla suindicata concessionaria, assumendo che:
-l’art. 39 d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507 definisce la Tosap come « un prelievo volto a colpire, quale indice di capacità contributiva, l’occupazione lo sfruttamento del suolo stesso e si determina in base all’effettiva occupazione parametrata alla metratura sottratta»;
«La ratio della disciplina in materia è dunque quella di colpire la sottrazione alla collettività di un bene pubblico a beneficio esclusivo di un privato, il quale si presume occupi il suolo per scopi preminentemente privatistici e a suo piacimento»;
-« il Legislatore in nessun caso annovera le Concessionarie di infrastrutture pubbliche tra i soggetti passivi della NOME, né si può arrivare ad una simile conclusione in via interpretativa» (così nella sentenza impugnata priva di numerazione);
-non sussistono i presupposti oggettivi e soggettivi per l’applicazione della tassa, in quanto il concessionario non possiede le qualifiche di cui agli artt. 38 e 39 d.lgs. citato, poiché: a) la concessione è rilasciata dallo Stato con legge ordinaria e non dal Comune; b) diverso è l’oggetto della concessione, che non riguarda l’occupazione di un solo pubblico, ma la costruzione e l’esercizio di un tratto specifico della rete autostradale nell’interesse statale; c) diversa è la fonte della concessione, che è attribuita alla società concessionaria con legge dello Stato; d) non esiste sottrazione di spazio pubblico nell’interesse esclusivo del privato;
non vi è alcun nesso tra la capacità contributiva della società e l’occupazione di suolo pubblico, richiamando sul punto la pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 8628 del 7 maggio 2020, ritenendo che questa avesse fornito un’interpretazione autentica della normativa di riferimento, affermando che « dal punto di vista del presupposto soggettivo la debenza della tassa è del tutto svincolata dallo sfruttamento economico del bene gestiti in concessione e grava sul soggetto titolare di concessione » (così nella sentenza impugnata priva di numerazione) ;
nella fattispecie in rassegna trova applicazione l’esenzione di cui all’articolo 49, lett. a ) d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, attesa la carenza del requisito della piena autonomia, in quanto la società non agisce in rapporto di indipendenza rispetto agli obblighi imposti dal concedente, conservando invece lo Stato il potere di controllo e di vigilanza sullo svolgimento dell’attività autostradale, che riveste
carattere di pubblica utilità, giacché il concessionario non decide il tracciato autostradale, non è libero di gestire il bene a suo piacimento ed ha l’obbligo di definire la componente tariffaria con lo Stato, essendo peraltro a quest’ultimo riservati penetranti poteri di direzione vigilanza e controllo, nonchè sanzionatori sull’attività del concessionario;
la citata sentenza della Suprema Corte, infine, aveva chiarito che in presenza di un concessionario e di un occupante de facto l’onere grava, in primo luogo, sul concessionario, avendo il Giudice di legittimità operato una gerarchia tra i soggetti obbligati al versamento della tassa, con la conseguenza che il soggetto tenuto al pagamento sarebbe, in primis , lo Stato, che ha deciso il tracciato autostradale, quale titolare primario della concessione, con la conseguenza che la debenza della Tosap sarebbe da escludere ai sensi del citato art. 49, il quale annovera espressamente le occupazioni effettuate dallo Stato tra quelli esenti dalla tassa in questione;
RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione avverso detta pronuncia con ricorso notificato tramite posta elettronica certificata in data 5 novembre 2021, formulando sei motivi di impugnazione;
RAGIONE_SOCIALE resisteva con controricorso notificato il 14/21 dicembre 2021, successivamente depositando, in data 5 gennaio 2024, memoria ex art. 380bis . 1. cod. proc. civ.;
il Comune di Avellino è restato intimato;
CONSIDERATO CHE:
con il primo motivo di impugnazione la ricorrente ha lamentato la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. in ragione dell’omessa pronuncia sulla dedotta applicazione degli artt. 38 e 39 d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507;
con la seconda censura la concessionaria ha eccepito la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 132, primo comma, num. 4, cod. proc. civ., per omessa o apparente motivazione, ritenendo che quella fornita dal Giudice dell’appello fosse avulsa dalle questioni poste, così da non esplicitare le ragioni della decisione;
con la terza doglianza RAGIONE_SOCIALE ha dedotto, con riguardo all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 38 d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, ponendo in evidenza che -diversamente da quanto ritenuto dalla Commissione -sussisteva sia il presupposto oggettivo dell’imposizione, in ragione della pacifica circostanza della presenza del cavalcavia autostradale sovrastante la strada comunale, che quello soggettivo, tenuto conto dell’occupazione di fatto non autorizzata dal Comune da parte del titolare della concessione amministrativa statale, sottolineando sul punto che la tassa postula, per la sua applicazione, l’occupazione del suolo e la natura privata del soggetto occupante, circostanze queste entrambi ricorrenti nella specie;
con la quarta ragione di contestazione la società concessionaria ha denunciato, con riferimento all’art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per omessa o apparente motivazione in relazione alla riconosciuta esenzione di cui all’art. 49 d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, anche in tal caso ritenendo che le motivazioni fornite dalla Commissione fossero avulse dalle questioni sottoposte al suo esame e non esplicitassero le ragioni della decisione;
con la quinta censura l’istante ha dedotto, con riferimento al paradigma censorio di cui all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 49 d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507 in tema di esenzione, come tale di stretta interpretazione, erroneamente riconosciuta dal Giudice dell’appello – a dire della concessionaria -non rivestendo RAGIONE_SOCIALE, sotto il profilo soggettivo, la qualifica di ente pubblico, essendo invece una società di capitale, mentre sul versante oggettivo, la contribuente
non svolgeva un’attività rientrante tra quelle (di natura socio -culturale) indicate dalla suindicata norma, ma una tipica attività di impresa, cui è connesso il fine lucrativo, essendo di tale società la gestione economica dell’autostrada ai fini dello sfruttamento economico dell’opera;
con la sesta ragione di impugnazione RAGIONE_SOCIALE ha rimproverato al Giudice territoriale il vizio di motivazione per contraddittorietà insanabile nella citazione della menzionata sentenza delle Sezioni Unite della Corte di cassazione, ponendo in evidenza che detta pronuncia aveva risolto il diverso tema della graduazione della soggettività passiva in rema di Tosap tra soggetto che ha chiesto all’ente locale l’autorizzazione e/o concessione ad occupare il suolo pubblico e l’occupante di fatto, confermando tuttavia la sussistenza dell’obbligazione tributaria e che la tassa è dovuta al Comune;
il ricorso va accolto in relazione al terzo e quinto motivo di impugnazione;
vanno innanzitutto esaminate congiuntamente le prime due censure, nonché la quarta e la sesta, siccome connesse in relazione alla dedotta omissione di pronuncia e di vizio di motivazione della sentenza;
8.1. occorre premettere sul piano dei principi che:
-il vizio di omessa pronuncia postula che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto, il che non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione (cfr. Cass., Sez. T., 29 maggio 2023, n. 15015, che richiama Cass. 4 ottobre 2011, n. 20311; Cass. 20 settembre 2013, n. 21612; Cass. 11 settembre 2015, n. 17956), dovendo, piuttosto, ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamene esaminato risulti
incompatibile con l’impostazione logico giuridica della pronuncia (cfr. Cass., Sez. T., 29 maggio 2023, n. 15015 cit., che richiama Cass. civ. 4 ottobre 2011, n. 20311; Cass. civ., 8 marzo 2007, n. 5351; Cass. civ., 10 maggio 2007, n. 10696; Cass. civ., 21 luglio 2006, n. 16788; nello stesso senso, tra le tante, Cass., Sez. II, 12 giugno 2023, n. 16516, Cass. Sez. T. 17 febbraio 2023, n. 5113);
-l’ipotesi di motivazione apparente ricorre allorché essa, pur graficamente e, quindi, materialmente esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non renda tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perché costituita da argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’ iter logico seguito per la formazione del convincimento, non consentendo, in tal modo, alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice, lasciando all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture; siffatta motivazione si considera -come suol dirsi – non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost., il che rende nulla la sentenza per violazione (censurabile ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ.) anche dell’art. 132, secondo comma, num. 4), cod. proc. civ. o, nel processo tributario, ex 36, comma 2, n. 4, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546;
-va esclusa, invece, (in seguito alla riformulazione dell’art. 360, primo comma, num. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54, comma 1, lett. b) del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in l. 7 agosto 2012, n. 134, ratione temporis applicabile) qualunque rilevanza al semplice difetto di “sufficienza” della motivazione [cfr., su tali principi, tra le tante, Cass., Sez. T, 31 gennaio 2023, n. 2689 e, tra le tante, a partire da Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053, Cass., Sez. Trib., 19 gennaio 2023, n. 1615, Cass., 1° marzo 2022, n. 6626; Cass., Sez. Trib, 8 agosto 2022 n 24449; Cass., Sez. U. 19 giugno 2018, n. 16159 (p. 7.2.), che menziona Cass., Sez. U. 3 novembre 2016, n. 22232; Cass. Sez. U., nn. 22229, 22230, 22231, del 2016, Cass., Sez. U, 24 marzo 2017, n. 766; Cass., Sez. U., 9 giugno 2017, n.
14430 (p. 2.4.); Cass., Sez. U., 18 aprile 2018, n. 9557 (p. 3.5.), Cass., Sez. U., 27 dicembre 2019, n. 34476 (che cita, in motivazione, Cass., Sez. U., 18 aprile 2018, n. 9558 e Cass., Sez. U., 31 dicembre 2018, n. 33679);
8.2. nella specie, le suindicate censure risultano palesemente infondate, essendo sufficiente rinviare al riepilogo che precede per dar conto che la sentenza si è pronunciata sull’applicazione della disciplina in tema di Tosap (artt. 38, 39 e 49 d.lgs. citato), con un’ampia ed articolata motivazione, che ha reso manifeste, ed in modo del tutto chiaro e non contraddittorio, le ragioni della decisione, impregiudicata, ovviamente, ogni valutazione sulla correttezza della decisione;
8.3. alla luce di tali valutazioni, i predetti motivi (primo, secondo, quarto e sesto) vanno respinti;
giova parimenti scrutinare unitariamente anche la terza e la quinta doglianza, anch’esse connesse in relazione al tema dell’applicazione della tassa in questione alla concessionaria, le quali, invece, risultano fondate per le seguenti ragioni;
l’art. 38 d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, ratione temporis applicabile in tema di tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, stabiliva che «1. Sono soggette alla tassa le occupazioni di qualsiasi natura, effettuate, anche senza titolo, nelle strade, nei corsi, nelle piazze e, comunque, sui beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei comuni e delle province. 2. Sono, parimenti, soggette alla tassa le occupazioni di spazi soprastanti il suolo pubblico, di cui al comma 1, con esclusione dei balconi, verande, bow-windows e simili infissi di carattere stabile, nonché’ le occupazioni sottostanti il suolo medesimo, comprese quelle poste in essere con condutture ed impianti di servizi pubblici gestiti in regime di concessione amministrativa». L’art. 39 del medesimo d.lgs. prevedeva, poi, che «1. La tassa è dovuta al comune o alla provincia dal titolare dell’atto di concessione o di autorizzazione o, in mancanza, dall’occupante di fatto, anche abusivo, in proporzione
alla superficie effettivamente sottratta all’uso pubblico nell’ambito del rispettivo territorio»;
i temi sottoposti dai motivi di impugnazione sono stati più volte esaminati da questa Corte, anche in controversie in cui è stata parte RAGIONE_SOCIALE, per cui vanno in questa sede ribaditi i principi già espressi dalle sottoindicate pronunce, non contraddette in modo convincente dalle argomentazioni svolte dalla contribuente, nemmeno sulla scorta della giurisprudenza (amministrativa e di merito) citata nell’ultima difesa scritta;
va innanzitutto ricordato che le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito che il presupposto oggettivo dell’imposizione è rappresentato dalla superficie occupata e che oggetto della tassa sono tutti i tipi di occupazione, anche quelle sine titulo , di aree pubbliche di comuni e province, la cui esistenza determina l’insorgenza dell’obbligo di versare il tributo, giacchè tale obbligo sorge, nel suo presupposto oggettivo, quando vi sia stata limitazione o sottrazione all’uso normale e collettivo di suolo (o spazio sovrastante), nell’interesse proprio del singolo; sul versante soggettivo, invece, il citato art. 39 individua il soggetto passivo nel titolare dell’atto di concessione o di autorizzazione o, in mancanza, nell’occupante di fatto, anche abusivo, nella suddetta proporzione (cfr. Cass., Sez. Un., 7 maggio 2020, n. 8628);
nell’analogia della fattispecie, va allora ribadito quanto già precisato da questa Corte, secondo cui:
«L’attraversamento da parte di un viadotto autostradale del suolo comunale, sebbene sia previsto dalla legge, è assoggettato a NOME in virtù dell’art. 38, comma 2, del d.lgs. n. 507 del 1993, impedendo una diversa forma di utilizzazione di detto spazio (Sez. 5, Sentenza n. 28341 del 05/11/2019)» (così Cass., Sez. VI/T, 1° dicembre 2022, n. 35408);
come chiarito da questa Corte (cfr. Cass., Sez. 5, 11 maggio 2017, n. 11688; Cass., Sez. 5, n. 11689/17 e Cass., Sez. 5, 12
maggio 2017, n. 11886) «In tema di tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (NOME), l’esenzione prevista per lo Stato e gli altri enti dall’art. 49, comma 1, lett. a ), del d. lgs. n. 507 del 1993, postula che l’occupazione, quale presupposto del tributo, sia ascrivibile al soggetto esente, sicché, nel caso di spazi rientranti nel demanio o nel patrimonio indisponibile dello Stato da parte di una società concessionaria per la realizzazione e la gestione di un’opera pubblica (nella specie, un tratto di rete autostradale inclusiva di una viadotto sopraelevato), alla stessa non spetta l’esenzione in quanto è questa ad eseguire la costruzione dell’opera e la sua gestione economica e funzionale, a nulla rilevando che l’opera sia di proprietà dello Stato, al quale ritornerà la gestione al termine della concessione»;
-non rileva la riconducibilità dell’occupazione allo Stato, dovendo tale argomento ritenersi inconciliabile « con la natura di stretta interpretazione delle norme tributarie che prevedano esenzioni o agevolazioni (cfr., tra le molte, più di recente, Cass., Sez. 5, 4 maggio 2016, n. 8869; Cass., Sez. 5, 26 marzo 2014, n. 7037, presupposto interpretativo condiviso da ultimo anche da Corte cost. 20 novembre 2017, n. 242) e, segnatamente, con specifico riferimento alla tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, con l’interpretazione di questa Corte dell’art. 49, comma 1 lett. a ) del d. lgs. n. 507/1993, secondo cui l’esenzione per lo Stato e gli altri enti, di cui alla citata norma, postula che l’occupazione, quale presupposto del tributo, sia posta in essere direttamente dal soggetto esente (cfr., più in generale, Cass., Sez. 5, 6 agosto 2009, n. 18041) »;
«Non può, peraltro, condividersi la configurazione della RAGIONE_SOCIALE unicamente come longa manus dell’ente concedente , inteso dalla ricorrente come ente riconducibile allo Stato soprattutto in relazione alla sua natura giuridica di Amministrazione autonoma al tempo dell’affidamento delle opere in concessione, non potendo invero non condividersi quanto specificamente evidenziato nelle succitate pronunce del 2017 di questa Corte riguardo al fatto che la
RAGIONE_SOCIALE, titolare di concessione per la progettazione e realizzazione dell’opera pubblica, ne ricava dalla gestione il diritto di sfruttare economicamente tutti i lavori realizzati per la durata prevista dalla concessione»;
-«Le finalità pubblicistiche , cui certamente è finalizzata la gestione e la manutenzione della rete autostradale, se pur imprimono alla riscossione dei pedaggi una preminente destinazione dei ricavi al perseguimento delle finalità proprie della realizzazione del tracciato autostradale, non annullano il perseguimento del profitto tipico dell’attività d’impresa svolta da società per azioni, quale indubbiamente è la RAGIONE_SOCIALE; ciò che rende irrilevante la natura demaniale dell’autostrada ed il ritorno della stessa allo Stato al tempo della concessione»;
-«Non può, al riguardo, in particolare, convenirsi con l’assolutezza dell’affermazione secondo cui nella fattispecie in esame sarebbe imputabile a monte allo Stato la volontà di occupazione, per mezzo dell’attraversamento da parte del viadotto autostradale, del soprassuolo comunale in forza della legge 24 luglio 1961, n. 729, recante “Piano di nuove costruzioni stradali ed autostradali”. Ciò è senz’altro vero nelle sue premesse, ma la portata degli effetti va commisurata alla volontà, altrettanto statale, nella predisposizione con la successiva normativa di finanza derivata per gli enti locali di cui al d. lgs. n. 507/1993, per quanto qui interessa nella parte in cui regola l’istituzione della NOME ed il relativo regime di esenzione, con norme, come si è detto, di stretta interpretazione »;
«Deve, infatti, ritenersi che a fronte del chiaro disposto dell’art. 38, comma 2, del d.lgs. n. 507/1993, secondo cui, per quanto qui rileva, «Sono, parimenti, soggette alla tassa di occupazione di spazi soprastanti il suolo pubblico, di cui al comma 1», cioè le occupazioni di qualsiasi natura, effettuate, anche senza titolo, nelle strade, nei corsi, nelle piazze e, comunque, sui beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei comuni e
delle province», debba essere assoggettata a NOME l’occupazione del soprassuolo comunale realizzata per mezzo del viadotto autostradale, che ne preclude talune specifiche possibilità di utilizzazione » (così Cass., Sez. VI/T., 25 luglio 2018, n. 19693 e, nello stesso senso, Cass., Sez. VI/T, 1° dicembre 2022, n. 35408);
-non può, quindi, « configurarsi l’ipotesi di esenzione di cui all’art. 49 d.lgs. 507/1993 giacché l’occupazione medesima deve considerarsi propria dell’ente concessionario e va, dunque, assoggettata alla tassa ai sensi dell’art. 38, comma 2, del d.lgs. n.507 del 1993: la società concessionaria è infatti l’esecutrice della progettazione e della realizzazione dell’opera pubblica a fronte del corrispettivo costituito dal diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente tutti i lavori realizzati per la durata prevista. A nulla peraltro rileva il fatto che il viadotto sia di proprietà del demanio e che, al termine della concessione, anche la gestione di esso ritorni in capo allo Stato poiché, nel periodo di durata della concessione stessa, il bene, che pure è funzionale all’esercizio di un servizio di pubblica utilità, è gestito in regime di concessione da un ente che agisce in piena autonomia e non quale mero sostituto dello Stato nello sfruttamento dei beni (Cfr. Cass., V, n. 11886/2017; VI, n. 20974/2020) » (così Cass., Sez. VI/T, 10 febbraio 2023, n. 4116 e, nello stesso senso, Cass. Sez. T, 10 gennaio 2022, n. 385 e, in tema di Cosap, tra le tante, Cass. Sez. I, 25 luglio 2023, n. 22219; Cass. Sez. I, 24 luglio 2023, n. 22183; Cass. Sez. I, 29 maggio 2023, n. 15010, Cass. Sez. I, 18 aprile 2023, nn. 13051 e 10345);
«Ne deriva che l’esenzione prevista dall’art. 49, lett. a ), del citato decreto non spetta in quanto non si configura l’occupazione da parte dello Stato » (così Cass. Sez. T, 10 gennaio 2022, n. 385, che richiama sui temi trattati Cass. nn. 20974/2020; 1838572019; Cass. n. 19693/2018, 11886/2017, 11689/2018);
come ribadito da questa Corte in medesimi contenziosi tra le stesse parti (cfr. Cass., Sez. T, 22 gennaio 2024, n. 2164, Cass.,
Sez. T, 23 gennaio 2024, n. 2255, Cass. Sez. T. 26 gennaio 2024, nn., 2486, 2498, 2512), va, dunque, riepilogativamente ripetuto che:
il presupposto impositivo della Tosap è costituito, ai sensi degli artt. 38 e 39 d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, dall’occupazione, di qualsiasi natura, di spazi ed aree, anche soprastanti o sottostanti il suolo, appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei Comuni o delle Province che comporti un’effettiva sottrazione della superficie all’uso pubblico, con ciò rilevando il fatto oggettivo della predetta occupazione, indipendentemente dall’esistenza o meno di una concessione od autorizzazione, salvo che sussista una delle ipotesi di esenzione previste dall’art. 49 d.lgs. cit.;
-l’art. 38 d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507 va interpretato nel senso che l’occupazione mediante impianti di servizi pubblici (tale essendo il INDIRIZZO autostradale, che costituisce un impianto costituito da una costruzione completata da strutture -impianti segnaletici e di illuminazione – che ne aumentano l’utilità) è soggetta alla tassa sia che si tratti di spazi sottostanti, che sovrastanti lo spazio pubblico;
la tassa compete al concessionario che occupa lo spazio, a nulla rilevando il fatto che il viadotto sia di proprietà del demanio e che, al termine della concessione, anche la gestione di esso ritorni in capo allo Stato poiché, nel periodo di durata della concessione stessa, il bene, che pure è funzionale all’esercizio di un servizio di pubblica utilità, è gestito in regime di concessione da un ente che agisce in piena autonomia e non quale mero sostituto dello Stato nello sfruttamento dei beni, con la conseguenza che l’esenzione prevista dall’art. 49, lett. a ), del citato decreto non spetta in quanto non si configura l’occupazione da parte dello Stato; .
a tali riflessioni vanno aggiunte, anche al fine di contrastare le tesi ribadite dalla difesa di RAGIONE_SOCIALE nell’ultima difesa scritta tramite i riferimenti giurisprudenziali (del giudice amministrativo e dei giudici di merito), le seguenti considerazioni:
non è dirimente la dedotta assenza di poteri di rimozione o di riappropiazione del bene da parte del Comune, giacchè tale limite non vale ad escludere il diritto di esazione dell’imposizione fiscale, semmai a confermarlo, in ragione della perdurante occupazione, senza tacere che la citata circostanza caratterizza anche le occupazioni avvenute in base a provvedimento concessorio nell’ipotesi di fisiologico espletamento del rapporto (cfr. la pronunce da ultimo citate e, tra le altre, Cass., Sez. T., 23 gennaio 2024, n. 2283);
non rileva la dedotta titolarità statale del tratto autostradale, contando, invece, ai fini che interessano, la sottrazione dello spazio sovrastante il suolo comunale occupato dal predetto tracciato, come tale oggetto di tassazione ai sensi della chiara formulazione dell’art. 38, comma 2, d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507;
le leggi citate dalla contribuente (21 maggio 1955, n. 463 e 24 luglio 1961, n. 729) relative alla realizzazione dell’autostrada sono anteriori al d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, la cui disciplina – come sopra esposto ha sottoposto ad imposizione l’occupazione delle strade comunali e provinciali avvenuta per la realizzazione della rete autostradale;
la costruzione della rete autostradale prevista ed approvata con provvedimenti legislativi non ha, poi, comportato automaticamente il trasferimento della proprietà delle strade interessate allo Stato ed il conseguente passaggio di quelle comunali e provinciali nel demanio statale, tenuto conto che l’art. 11 della citata legge n. 729/1961 prevedeva l’esecuzione di procedure espropriative per la realizzazione delle opere necessarie per la costruzione delle aRAGIONE_SOCIALE previste dalla predetta legge, mentre l’art. 12, ultimo comma, della medesima legge, nel prevedere che gli enti proprietari potevano prescrivere esclusivamente le cautele da osservare e le opere provvisionali da eseguire durante la costruzione delle opere, conferma la possibile appartenenza del tratto di strada ad Amministrazioni diverse dallo Stato, quali gli enti territoriali;
del resto, 822 cod. civ. prevede che le strade, le aRAGIONE_SOCIALE e le strade ferrate fanno parte del demanio pubblico se appartengono allo Stato e, cioè, rientrano nel demanio pubblico statale meramente eventuale, il che sicché non esclude che la strada su cui insiste il cavalcavia dell’autostrada appartenga ad altro ente;
occorre, quindi, distinguere la proprietà della strada su cui insiste il pontone o cavalcavia dell’autostrada da quella di quest’ultimo manufatto, dovendo precisarsi sul punto che prima resta di titolarità dell’ente territoriale, in assenza di un atto di trasferimento, pur essendo la seconda di proprietà statale, non potendo certamente configurarsi l’ipotesi di un’accessione invertita a favore dello Stato, non contemplata dalla legge;
come già evidenziato da questa Corte (cfr. Cass., Sez. I,, 18 aprile 2023, n. 10351in motiv., relativamente alla COSAP, ma sulla base di principi applicabili anche alla fattispecie in esame), non è quindi conferente « il riferimento all’asserita appartenenza dell’autostrada al demanio statale ex art. 822 cod. civ. (come invece argomentato dalla ricorrente mediante richiamo anche a recente giurisprudenza amministrativa) ed è altresì marginale e priva di decisività l’indagine sulla effettiva proprietà dell’infrastruttura autostradale che occupa, per proiezione, la strada provinciale sottostante, atteso che la dedotta proprietà statale dell’autostrada e così del viadotto non interferisce con la circostanza – integrativa del presupposto di applicazione della Tosap da parte del Comune RAGIONE_SOCIALE Avellino – secondo cui, nel periodo di durata della concessione, la società disponeva del viadotto, per la relativa gestione quale concessionaria, ed in tal modo essa realizzava la condotta di «occupazione» del sottostante suolo provinciale» (così Cass., Sez. T, 26 gennaio 2024, n. 2512 cit.);
-le sentenze nn. 6828 e 6929 dell’11 marzo 2020 di questa Corte, citate dall’istante, non hanno alcuna attinenza con il tema in oggetto, riguardando la diversa questione del classamento catastale delle aree adibita a stazione di esazione di pedaggio autostradale;
-la destinazione del bene ad uso collettivo non esclude l’occupazione, avendo questa Corte già chiarito che la società, concessionaria statale, che abbia realizzato e gestito un’opera pubblica, occupando di fatto spazi rientranti nel demanio comunale o provinciale, è tenuta al pagamento del canone, non assumendo rilievo il fatto che l’opera sia di proprietà statale, poiché la condotta occupativa è posta in essere dalla società nello svolgimento, in piena autonomia, della propria attività d’impresa (Cass., Sez. 1, 10 giugno 2021, n. 16395), per cui è sufficiente l’utilizzazione del bene da parte di un soggetto diverso dall’ente pubblico titolare, mentre risulta indifferente la strumentalità di tale utilizzazione alla realizzazione di un pubblico interesse, in assenza di una specifica ipotesi di esenzione;
quanto alla compatibilità di tale soluzione con il diritto unionale va osservato che questa Corte ha già ritenuto che non sussista alcuna incertezza sulla questione qui in scrutinio, che imponga il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (v. Cass. Sez. T. 10 febbraio 2023, n. 4116), dovendo aggiungersi sul punto che i trattati lasciano del tutto impregiudicato il regime di proprietà esistente negli Stati membri, come precisa l’art. 345 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, mentre l’art. 106 vieta agli Stati membri di emanare o mante nere, nei confronti delle imprese pubbliche o delle imprese cui riconoscono diritti speciali o esclusiva, misure contrarie alle norme dei trattati, sicché, anche sotto profilo, RAGIONE_SOCIALE non potrebbe beneficiare dell’esenzione riconosciuta allo Stato (cfr. sul punto, anche Cass., Sez. T, 22 gennaio 2024, n. 2164);
alla stregua delle riflessioni che precedono, il ricorso va allora accolto in relazione al terzo ed al quinto motivo di impugnazione, ri affermando il seguente principio di diritto: ‘La Tosap trova applicazione anche nell’ipotesi di utilizzazione di strade comunali o provinciali per la realizzazione della rete autostradale da parte del concessionario della realizzazione e gestione dell’opera pubblica, in quanto l’art. 38 d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507 ha
come presupposto impositivo qualsiasi occupazione di aree riconducibili al demanio comunale e provinciale e ricomprende, quindi, anche quelle che trovano fondamento nella legge, non spettando l’esenzione di cui all’art. 49, comma 1, lett. a ) del predetto decreto, non essendo il concessionario (RAGIONE_SOCIALE) soggetto annoverabile tra gli enti ivi indicati’;
conclusivamente la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti e, non occorrendo accertamenti in fatto, la causa va decisa nel merito ai sensi dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., rigettando l’originario ricorso della contribuente;
le spese di lite dei gradi di merito sono compensate tra le parti, mentre quelle di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
la Corte accoglie il terzo ed il quinto motivo di ricorso e rigetta le altre censure; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso della contribuente.
Compensa tra le parti le spese processuali dei gradi di merito e condanna la controricorrente al pagamento delle spese di legittimità in favore della ricorrente, che liquida in misura pari a 4.000,00 € per competenze, oltre a 200,00 € per spese vive ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 16 gennaio 2024.