Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3636 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 3636 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/02/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 1008/2024 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE e dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COMUNE DI CONCA DELLA CAMPANIA, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso la SENTENZA di CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA II GRADO CAMPANIA n. 3525/2023 depositata il 31/05/2023.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 22/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Udito il P.G. che ha concluso per il rigetto del ricorso ed in subordine per la rimessione della questione alla prima Presidente.
Udite le parti.
FATTI DI CAUSA
1.La società indicata in epigrafe impugnava la richiesta del pagamento n. 5834 della TOSAP per l’anno 2014, per un ammontare complessivo di € 46.272,85 a titolo di tassa, sanzioni ed interessi, per l’occupazione sovrastante strade appartenenti al Comune di Conca della Campania mediante cavalcavia autostradali, eccependo l’inapplicabilità della TOSAP per assenza dei presupposti di legge ex artt. 38-39 e ss. d.lgs. n. 507/1993, stante la
peculiarità dell’occupazione del suolo comunale effettuata dalla Società in regime di concessione statale.
I giudici di prossimità accoglievano il ricorso con la sentenza n. 2801/04/2020, ritenendo l’operatività dell’esenzione di cui all’art. 49 d.lgs 507/1993.
Avverso detta decisione il Comune interponeva gravame.
In riforma della sentenza di primo grado, il Giudice di appello accoglieva l’impugnazione del Comune, così confermando la pretesa impositiva, ritenendo in particolare che : «In tema di tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (TOSAP), l’esenzione prevista per lo Stato e gli altri enti dall’art. 49, comma 1, lett. a), del d. lgs. n. 507 del 1993, postula che l’occupazione, quale presupposto del tributo, sia ascrivibile al soggetto esente, pertanto, nel caso di spazi rientranti nel demanio o nel patrimonio indisponibile dello Stato occupati da parte di una società concessionaria per la realizzazione e la gestione di un’opera pubblica (nella specie, un tratto di rete autostradale inclusiva di una viadotto sopraelevato), alla stessa non spetta l’esenzione in quanto è questa ad eseguire la costruzione dell’opera e la sua gestione economica e funzionale, a nulla rilevando che l’opera sia di proprietà dello Stato, al quale ritornerà la gestione al termine della concessione».
Ricorre per la cassazione della sentenza n. 3525/16/2023 della Corte di Giustizia Tributaria di II grado della Campania, la società RAGIONE_SOCIALE sulla base di tre motivi.
Resiste con controricorso e memorie difensive l’amministrazione comunale, eccependo l’inammissibilità del ricorso per la violazione del principio di autosufficienza (violazione dell’art. 366 c.p.c.), nonché per la mancata indicazione degli atti e documenti su cui
esso si fonda essendo il ricorso per cassazione carente della indicazione degli atti e documenti posti a suo preteso fondamento e di cui la società intenderebbe avvalersi, in palese violazione di quanto è espressamente previsto dall’art. 366, primo comma, n. 6), c.p.c. (come introdotto dal d. lgs. 2 febbraio 2006, n. 40), il quale stabilisce che il ricorso deve contenere -per l’appunto, a pena d’inammissibilità la «specifica indicazione» degli atti processuali e dei documenti sui quali si fonda.
La ricorrente ha depositato memorie illustrative.
La Procura generale, nel ribadire la requisitoria scritta, ha concluso per il rigetto del ricorso.
MOTIVI DI DIRITTO
Non sussiste, in primo luogo, la dedotta violazione dell’art. 366 c.p.c. sollevata dall’ente comunale, per non avere parte ricorrente allegato o specificamente indicato in ricorso gli atti processuali dei gradi di merito su cui si fondano le censure proposte. Ed invero, i motivi di ricorso per cassazione non si fondano sul richiamo ad atti prodotti nel giudizio di merito, bensì sulla denunciata violazione o falsa applicazione di norme di diritto (ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.), e sulle affermazioni di diritto -contenute nella sentenza impugnata -che risulterebbero in contrasto con la legge o con l’interpretazione della stessa fornita dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato. D’altra parte, la Convenzione, citata nel ricorso, stipulata con il MIT -Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in precedenza ANAS risulta approvata ai sensi dell’art. 2, commi 82 e ss., del d.l. n. 262/2006, convertito in legge n. 286/2006, per cui vale il principio iura novit curia.
In via preliminare, osserva la Corte che non si ravvisano i presupposti per la rimessione della decisione alle Sezioni Unite, se solo si consideri che le principali tematiche qui dedotte, come meglio si vedrà nel prosieguo della motivazione e come del resto riconosciuto anche dalle parti, sono già state innumerevoli volte affrontate e risolte da questa Corte (non solo dalla Sezione Tributaria ma anche dalla Prima Sezione Civile nella contigua materia Cosap), tanto che devono fin d’ora escludersi fermi restando gli approfondimenti e le precisazioni di cui si darà conto -i requisiti di un contrasto interpretativo o di un ripensamento nomofilattico che, soli, potrebbero giustificare la rimessione.
3 . La prima censura prospetta la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ.: ; per avere i giudici territoriali trascurato di decidere sul motivo di ricorso principale e logicamente propedeutico, concernente ‘l’inapplicabilità della TOSAP per assenza dei presupposti di legge’ (v. motivo n. 2 a pag. 4), motivo che è stato accolto dalla Commissione Tributaria Provinciale nella citata sentenza n. 2801/04/2020, secondo cui . La ricorrente assume che, nel costituirsi in grado di appello, aveva ribadito detta argomentazione principale nelle proprie controdeduzioni. Tuttavia, nel decidere la controversia confermando la pretesa impositiva, la Corte di II grado ha motivato soltanto in merito alla inapplicabilità dell’esenzione TOSAP alla fattispecie in esame. Il Giudice di appello, quindi, ha argomentato soltanto in merito al motivo logicamente ‘subordinato’ dell’esenzione, ma non anche sul motivo
‘principale’ e logicamente propedeutico dell’assenza del presupposto impositivo RAGIONE_SOCIALE, oggetto della sentenza di primo grado e riproposto dalle parti nel secondo grado di giudizio.
4 . Deve essere accolta l’eccezione di inammissibilità.
4.1. Non è difatti ravvisabile alcuna omissione di pronuncia, bensì un rigetto implicito, posto che, là dove ha escluso l’esistenza dell’esenzione, il giudice di secondo grado ha postulato che vi sia il presupposto impositivo: l’esenzione si distingue dalla non imponibilità, posto che in questo secondo caso il presupposto impositivo manca, mentre, nel primo, esiste, ma per scelta del legislatore non viene applicata l’imposta.
La seconda censura deduce, in via subordinata rispetto al precedente motivo, . La Società assume di aver eccepito l’erronea applicazione degli artt. 38, 39 e ss. d.lgs. n. 507/1993, lamentando in specie la carenza dei presupposti impositivi TOSAP nella fattispecie contestata, per mancanza di un formale atto di concessione e/o autorizzazione rilasciato dal Comune per l’occupazione dello spazio pubblico da parte della società autostradale, nonché per l’impossibilità di qualificare l’occupazione de qua come abusiva e/o sine titulo , trattandosi di una occupazione fondata su uno specifico titolo (v. Convenzione stipulata con il MIT -Ministero delle Infrastrutture e
dei Trasporti, in precedenza ANAS, approvata ex art. 2, commi 82 e ss., del d.l. n. 262/2006, convertito in legge n. 286/2006) diverso da quello previsto ai fini TOSAP ed infine per l’impossibilità di rilevare nella fattispecie dibattuta una sottrazione di spazio pubblico nell’interesse esclusivo del soggetto privato. Il Giudice di appello ha, invece, richiamato l’orientamento di legittimità secondo cui l’attraversamento mediante cavalcavia autostradali costituirebbe una occupazione soggetta a TOSAP. Si assume che lo spazio soprastante la strada comunale non appartiene (più) al demanio del Comune, né può appartenervi, né si trova comunque nella sua disponibilità, in quanto la costruzione dell’autostrada, con la conseguente pianificazione delle aree soggette agli attraversamenti (ivi inclusi i ponti che realizzano l’occupazione di soprasuolo de qua) è riconducibile alla volontà statale ed è stata stabilita con alcune risalenti leggi dello Stato, quali la legge 21 maggio 1955, n. 463, secondo cui ‘le autostrade da costruirsi in base alla presente legge e l’ordine di precedenza della costruzione sono stabiliti con decreto del Ministro per i lavori pubblici, di concerto con il Ministro per il tesoro e con il Ministro per i trasporti e l’allegato grafico del piano poliennale di sviluppo e miglioramento della rete delle autostrade costituisce, nelle sue direttrici di grande massima, parte integrante della presente legge’ (art.2); – la legge 24 luglio 1961, n. 729, recante ‘Piano di nuove costruzioni stradali e autostradali’ come modificata ed integrata dalla legge 28 marzo 1968, n. 385, attuata con la Convenzione stipulata con l’Ente Nazionale per le Strade -ANAS il 18 settembre 1968, n. 9297 (come successivamente modificata ed integrata). Gli stessi progetti del tracciato autostradale sono stati, per espressa previsione normativa, oggetto di approvazione da parte dell’amministrazione statale centrale, approvazione che ‘equivale a dichiarazione di pubblica utilità nonché di indifferibilità ed urgenza a tutti gli effetti di legge’ (art. 11, Legge n. 729/1961). Per effetto della predetta
legge statale, dunque, spazi ed aree determinate sono stati d’autorità ed in via definitiva sottratti all’uso generalizzato della comunità locale, al fine di essere destinati alla realizzazione della rete autostradale, cioè per offrire e realizzare compiutamente un servizio a favore della collettività di riferimento nazionale: e ciò per superiori ed insindacabili esigenze di servizio pubblico a favore della collettività nazionale e locale. Di conseguenza, in ragione della ‘attrazione’ delle aree de quibus al demanio pubblico statale, l’ente locale ha perso e non dispone più di alcun potere e/o disponibilità sulle aree e volumi attraversati dalle opere autostradali, perché di ciò privato a seguito delle predette determinazioni dello Stato aventi fonte legislativa. Il che spiega anche le ragioni per le quali il Comune non abbia mai provveduto non solo a richiedere alcuna tassa, ma neppure a rimuovere e/o spostare le opere autostradali. Ciò troverebbe conferma anche nell’art. 12 della citata Legge n. 729/1961, secondo cui ‘le caratteristiche e le modalità di costruzione delle opere autostradali che devono attraversare strade e corsi d’acqua saranno indicate nei progetti esecutivi approvati con decreto del Ministro per i lavori pubblici’, che precisa al riguardo: ‘gli enti proprietari e le Amministrazioni interessate potranno prescrivere esclusivamente le cautele da osservare e le opere provvisionali da eseguire durante la costruzione delle opere’.
Si aggiunge che il Consiglio di Stato, con le recentissime sentenze nn. 10010-1001110012-10013-10014-10015-10016-1001710018 del 22/11/2023 e n. 10130/2023 del 27/11/2023 ha statuito che ‘sono escluse dall’ambito applicativo del COSAP le occupazioni che non necessitano di concessione provinciale, ossia quelle che non si riferiscono a beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dell’ente locale, ovvero le ipotesi in cui il medesimo ente sia sprovvisto del potere di accordare (o negare) l’occupazione, in quanto involgenti interessi di più ampio rilievo. Nel caso di specie, non è contestata in atti la proprietà statale
dell’infrastruttura autostradale di cui fanno parte integrante i pontoni sui quali si controverte, trovando quindi applicazione la regola di cui all’art. 822, comma c.c., a mente del quale ‘Fanno parimenti parte del demanio pubblico, se appartengono allo Stato, le strade, le autostrade e le strade ferrate ‘…. Ne consegue che l’esistenza e l’utilizzo ai fini del passaggio del traffico veicolare -di un pontone autostradale, in quanto parte inseparabile di un bene demaniale funzionalmente unitario (e, dunque, bene demaniale lui stesso) non richiede alcuna autorizzazione da parte degli enti territoriali cui appartengano gli eventuali beni al di sopra dei quali la detta struttura sia stata a suo tempo realizzata in base ad una espressa disposizione di legge. Per l’effetto, nessun canone (o altro corrispettivo) di occupazione sarà reciprocamente dovuto dalle parti in causa’.
Infine, la società ricorrente insiste per sottoporre, ai sensi dell’art. 267 TFUE, alla Corte di Giustizia UE questione di compatibilità comunitaria volta a stabilire se gli artt. 49, 56, 63 e 345, TFUE ed in ogni caso il diritto dell’Unione consentano nei confronti dei concessionari di infrastrutture pubbliche l’applicazione di un trattamento differenziato e discriminatorio rispetto ai rapporti con gli enti locali interessati, in funzione della proprietà pubblica o privata del concessionario stesso. Tanto più che anche il Consiglio di Stato, nelle già citate sentenze ha statuito al riguardo che nel momento in cui va escluso che il regolare mantenimento in esercizio del bene demaniale dello Stato necessiti -per non doversi considerare abusivo -di una formale autorizzazione (al mantenimento in situ) dell’ente territoriale sul cui territorio detto bene è ubicato, non può poi pretendersi il pagamento di un canone (o di una sanzione per omesso versamento di quest’ultimo) da parte del concessionario che tale bene amministri nell’interesse (ed in luogo) dello Stato, solo perché nel farlo persegua altresì un proprio (purché legittimo) fine lucrativo. Quest’ultimo, infatti, non
muta la natura demaniale del bene gestito e la piena legittimità della sua insistenza -senza necessità di autorizzazioni e/o concessioni di occupazione di sorta -sul territorio di uno o più degli enti locali nei quali è amministrativamente suddiviso lo Stato.
6. Con il terzo strumento di ricorso si lamenta Il Giudice di appello ha confermato la pretesa impositiva, ritenendo inapplicabile l’esenzione di cui all’art. 49 d.lgs. n. 507/1993. Si deduce che ai fini della individuazione delle fattispecie di esenzione, l’art. 49 d.lgs. n. 507/1993 prevede che ‘ sono esenti dalla tassa: a) le occupazioni effettuate dallo Stato ‘; circostanza che i giudici regionali non avrebbero considerato, atteso che lo spazio sovrastante la strada comunale non è stato sottratto alla disponibilità generalizzata per volontà della società -né per concessione del Comune, né per circostanza ‘di fatto’ ma per volontà dello Stato, il quale ex ante ha pianificato, stabilito e deciso la costruzione dell’autostrada e la localizzazione del suo tracciato, ivi inclusi i cavalcavia qui in contestazione; mentre la Società concessionaria agisce come mera esecutrice della volontà dello Stato di realizzare il servizio pubblico autostradale, in quanto, essendo un servizio ad evidentissima ed essenziale rilevanza pubblica, l’autostrada rientra pacificamente tra i beni demaniali ex art. 822, comma 2, cod. civ.. La circostanza che la concreta costruzione dell’opera pubblica sia stata affidata ad una società di diritto privato (in questo caso, RAGIONE_SOCIALE), anziché essere svolta direttamente dallo Stato stesso, è irrilevante: è in ogni caso lo Stato ad aver assunto la decisione della realizzazione dell’autostrada, e detta decisione deve ritenersi prevalente a qualsiasi opposta volontà dell’ente locale.
7.La seconda e la terza censura -che vanno scrutinate congiuntamente, concernendo questioni intimamente connesse sono prive di pregio.
7.1.Con riferimento alla dedotta carenza di potere impositivo del Comune, si afferma, nella illustrazione del secondo mezzo censorio, che l’art. 11 legge 729/1961 – disciplina integralmente abrogata dall’art. 24 d.l. n. 112/2008 ( ma il cui art. 11 era già stato abrogato dalla legge n. 327/2001) -prevedeva che <L'approvazione dei progetti esecutivi e delle relative varianti, concernenti le opere necessarie per la costruzione delle autostrade previste dalla presente legge…equivale a dichiarazione di pubblica utilità nonché di indifferibilità ed urgenza a tutti gli effetti di legge…..Alle procedure espropriative delle opere indicate nel comma precedente si applicano i commi secondo, terzo e quarto dell'articolo 8 della legge 21 maggio 1955, n. 463».
7.2.La testuale previsione normativa di un procedimento espropriativo dell'area di attraversamento del percorso autostradale -di cui non vi è alcuna allegazione e prova in atti -smentisce l'articolata argomentazione della ricorrente sia in relazione alla dedotta sottrazione agli enti locali dello spazio/volumetria occupate dai ponti stradali, che in ordine alla ritenuto diverso ambito di applicazione della normativa Tosap, relegata -secondo gli intendimenti dell'istante -alle «aree residue», non sottratte alla disponibilità dell'ente.
7.3. La dichiarazione di pubblica utilità rappresentava, difatti, solo il momento iniziale della procedura espropriativa – anche prima della entrata in vigore del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 che ha regolato in modo organico la materia espropriativa anche con riferimento ai beni demaniali e a quelli appartenenti al patrimonio indisponibili dello Stato e degli altri enti pubblici -la quale doveva
concludersi con il decreto di esproprio, non essendo l'occupazione delle aree indicate nel piano particolareggiato per l'esecuzione delle opere sufficiente a consentire, come deduce parte ricorrente, il trasferimento delle aree dall'originario proprietario all'ente espropriante, donde l'omessa adozione del decreto di esproprio ha lasciato la strade occupate dal cavalcavia e dal pontone in proprietà del Comune; in assenza di una procedura di esproprio, ciò che resta è, dunque, l'occupazione dello spazio (sottostante il viadotto e) sovrastante la strada comunale, circostanza questa che integra proprio la condizione oggettiva prevista dall'art. 38 d.lgs. n. 507/1993, che ha ribadito quanto già previsto dall'art. 192 r.d. 1175/1931.
7.4. Se, dunque, è senz'altro fondata nelle sue premesse l'affermata originaria imputabilità allo Stato la volontà di occupazione, per mezzo dell'attraversamento da parte del viadotto autostradale, del soprassuolo comunale, tuttavia la portata degli effetti va commisurata alla inosservanza delle disposizioni di cui alla normativa che regola la materia espropriativa, secondo la quale era ed è necessaria l'adozione del decreto di esproprio, provvedimento che, nella specie, risulta del tutto omesso e la cui mancanza dimostra, contrariamente a quanto assunto dalla società, la permanenza della titolarità in capo al Comune di Bisenzio sulle strade comunali e sull'area ad esse sovrastante; sotto altro versante, la circostanza che gli enti territoriali nulla oppongano alla realizzazione delle infrastrutture sul loro territorio non denota per ciò solo la legittimità dell'attività di occupazione, la quale permane abusiva ovvero di fatto in quanto non assentita dal Comune. L'art. 12, ultimo comma, della legge n. 729 del 1961, vigente ratione temporis, nel prevedere che gli enti proprietari potranno prescrivere esclusivamente le cautele da osservare e le opere provvisionali da eseguire durante la costruzione delle opere, conferma la possibile appartenenza del tratto di strada ad
Amministrazioni diverse dallo Stato, quali gli enti territoriali, senza tacere che la citata circostanza caratterizza anche le occupazioni avvenute in base a provvedimento concessorio nell'ipotesi di fisiologico espletamento del rapporto (Cass. n. 15162/2024; Cass. n. 15167/2024; Cass. n. 15186/2024; Cass. n. 15204/2024; Cass. n. 2283/2024).
7 .5. In definitiva, la realizzazione dell'autostrada sul soprasuolo delle strade comunali non ha determinato ipse iure la perdita della demanialità comunale delle strade, così come ribadito da questa Corte secondo la quale: '…sebbene la realizzazione della rete autostradale sia stata prevista ed approvata con provvedimenti legislativi, ciò non ha comportato automaticamente il trasferimento della proprietà delle strade interessate allo Stato ed il conseguente passaggio di quelle comunali e provinciali nel demanio statale ' ( v. Cass. n. 25614/2024 e n. 15162/2024). Ne consegue che l'attività di occupazione, che, inizialmente, ha avuto origine per volontà del legislatore, si è concretizzata nella realizzazione della infrastruttura autostradale ad opera della società concessionaria, esecutrice della progettazione e della realizzazione dell'opera pubblica, a fronte del corrispettivo costituito dal diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente tutti i lavori realizzati per la durata prevista, sui beni di proprietà comunale.
7 .6. Da qui la non condivisibilità dell'argomentazione contenuta nelle sentenze del Consiglio di Stato, citate nelle memorie difensive di parte ricorrente, secondo cui ' sono escluse dall'ambito applicativo del COSAP le occupazioni che non necessitano di concessione provinciale, ossia quelle che non si riferiscono a beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dell'ente locale, ovvero le ipotesi in cui il medesimo ente sia sprovvisto del potere di accordare (o negare) l'occupazione, in quanto involgenti interessi di più ampio rilievo … ', atteso che, come evidenziato nei
paragrafi precedenti, il Comune non ha perso la titolarità sulla strada e sull'area sovrastante, con il conseguente permanere del suo potere impositivo sui beni che indubbiamente appartengono al suo demanio.
7.7. Non appare apprezzabile neppure la tesi sostenuta dalla ricorrente secondo la quale, non essendo necessaria la preventiva concessione provinciale o comunale per la realizzazione delle infrastrutture autostradali, come argomentato dal Consiglio di Stato, non troverebbe applicazione la disciplina Tosap.
7.8. A detto ragionamento, invero espresso per sillogismo a contrario non del tutto lineare, osta in primo luogo la circostanza che in presenza della dichiarazione di pubblica utilità originariamente adottata dal legislatore, il Comune non aveva il potere di assentire o meno alla realizzazione dell'opera infrastrutturale, in quanto i beni demaniali avrebbero dovuto essere espropriati -previa sdemanializzazione -dallo Stato o dall'ente da esso preposto, con l'ovvia conseguenza che, in assenza della definizione della procedura espropriativa, il Comune ha subito l'occupazione di fatto dei beni demaniali rispetto ai quali permane il potere impositivo.
7.9. La disciplina Tosap non fa alcun riferimento agli atti di concessione alla stregua dei quali viene gestita l'opera che occupa il demanio comunale, che evidentemente per il legislatore fiscale sono irrilevanti; il riferimento al regime di concessione dei servizi pubblici, contenuto nel comma 2 dell'art. 38 d.lgs. n. 507/1993, non ha nulla a che vedere, evidentemente, con la concessione per l'occupazione del suolo. Argomenti a sostegno della conclusione appena esposta si traggono anche dall'art. 39 del d.lgs. 507/1993, che, in ultima analisi, individua nella persona dell'occupante di fatto
il soggetto passivo d'imposta, in mancanza di atti di concessione o autorizzazione.
7.10. Il titolo convenzionale in capo alla società ricorrenteconcessionaria, avente ad oggetto la realizzazione e la gestione della rete autostradale, concerne, poi, il rapporto tra le relative parti, ma non può interferire con il regime fiscale dell'occupazione; l'occupazione medesima deve considerarsi propria dell'ente concessionario e va, dunque, assoggettata alla tassa ai sensi dell'art. 38, comma 2, del d.lgs. n. 507 del 1993, in quanto la società concessionaria è l'esecutrice della progettazione e della realizzazione dell'opera pubblica (art. 143, comma l, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163) a fronte del corrispettivo costituito dal diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente tutti i lavori realizzati (art. 143, comma 2) per la durata, di regola, non superiore a trenta anni (art. 143,comma 6 ) ed a nulla rileva il fatto che il viadotto sia di proprietà del demanio e che, al termine della concessione, anche la gestione di esso ritorni in capo allo Stato poiché, nel periodo di durata della concessione stessa, il bene, che pure è funzionale all'esercizio di un servizio di pubblica utilità, è gestito in regime di concessione da un ente che agisce in piena autonomia e non quale mero sostituto dello Stato nello sfruttamento dei beni. Del resto, la concessione dello Stato per la costruzione e la gestione dell'autostrada, attraverso un provvedimento concessorio, legittimava API a gestire manufatti autostradali e a ricavarne un profitto, ma non escludeva «la necessità di richiedere al Comune l'autorizzazione ad occupare le aree di pertinenza dell'ente territoriale e non esclude soprattutto l'obbligo di corrispondere il canone, ove l'ente abbia optato per tale corrispettivo in luogo del tributo di finanza locale (TOSAP)» (Cass. n. 25614/2024; Cass. n. 2394/2024); non esiste, per vero, un tertium genus di occupazione: o l'occupazione è assentita dall'ente locale, per mezzo dell'atto di concessione –
autorizzazione di cui all'articolo 39, d.lgs. 15.11.1993, n.507, ovvero, qualora insussistente tale atto -per qualsiasi ragione -, l'occupazione è definibile come occupazione di fatto; in tale solco interpretativo si è da sempre attestata la giurisprudenza di questa Corte, che non ravvisa spazi vuoti o terze vie tra l'occupazione assentita dall'ente locale mediante l'atto di concessione -autorizzazione e quella non coperta da tale provvedimento amministrativo, individuando come occupazioni di fatto tutte quelle che non ricadono nell'ambito della prima categoria(così Cass., Sez. VI/T., 25 luglio 2018, n. 19693 e, nello stesso senso, Cass., Sez. VI/T, 1° dicembre 2022, n. 35408);
7 .11. L'indiscussa natura demaniale delle strade comunali -inferibile dagli artt. 822, secondo comma, c.c. e 22 della legge n. 2248/1865 – secondo cui «è proprietà dei comuni il suolo delle strade comunali» e «nell'interno delle città e villaggi fanno parte delle strade comunali le piazze, gli spazi ed i vicoli ad esse adiacenti ed aperti sul suolo pubblico, restando però ferme le consuetudini, le convenzioni esistenti e i diritti acquisiti …» che prevedono una presunzione di demanialità avente carattere relativo (Cass. n. 1503/2020; Cass. n. 27054/2021; Cass.n. 9157/2021; Cass. n. 2795/2017; Cass. n. 32705/2009; S.U., n. 5522/1996)) non risulta esser venuta meno in ragione della natura demaniale dell'autostrada, in assenza di un provvedimento ablativo del demanio comunale.
7.12. Deve certamente riconoscersi in linea di principio che, per quanto concerne le strade, il regime della proprietà non può che essere quello generale di cui all'art. 840 c.c., con estensione usque ad sideras et ad inferos della relativa proprietà, da nulla risultando che alla proprietà pubblica si applichi, sul punto, un regime diverso da quello della proprietà privata (Cass. n. 3882/1985). Il disposto dell'art. 840 c.c. si riferisce non solo al sottosuolo, nel significato
comune della parola, che indica lo strato sottostante alla superficie del terreno, ossia la zona esistente in profondità al di sotto dell'area superficiale del piano di campagna (Cass. n. 6587/1986; n. 632/1983), ma anche l'area di sedime sottostante una strada pubblica in corrispondenza di un ponte o di un viadotto, estendendosi allo spazio aereo compreso nella proiezione ideale, in altezza, del bene (Cass. n. 1379/1976). La presunzione di demanialità anche all'area sovrastante si desume dall'art. 22 l. n. 2248 del 1865 ed opera sulla base di due presupposti, uno di natura spaziale nel senso che l'area che si vorrebbe demaniale sia contigua o quantomeno comunicante con la strada pubblica (Cass. n. 4975/2007), l'altra di natura funzionale, vale a dire deve integrare la funzione viaria (Cass. n. 8876/2011; n. 238/2004). Ricorrendo tali presupposti sorge una presunzione iuris tantum di demanialità dell'area (Cass. n. 23705/2009; n. 4975/2007; S.U., n. 5522/1996; v. Cass. n. 9157/2023).
7.13. Non risulta, poi, coerente con la disposizione codicistica appena citata, la tesi sostenuta dal Consiglio di Stato e fatta propria dalla società Autostrade secondo la quale vi sarebbe l'impossibilità di configurare i presupposti applicativi del canone, e quindi anche della Tosap, che non potrebbe gravare un bene del demanio statale, per di più realizzato per evidenti finalità di interesse nazionale nazionale; ciò in quanto l'art. 822 c.c. individua i beni che appartengono al demanio accidentale dello Stato, riunendo in una unica categoria le strade, le autostrade e le strade ferrate. Le strade cui si fa riferimento in detta disposizione sono le strade nazionali di cui alla legge sui lavori pubblici n. 2248/1865, all. F, artt. 9 e ss. che avevano, all'epoca, uno scopo esclusivamente militare, congiungendo le principali città del Regno e l'elenco delle strade nazionali doveva essere approvato con decreto reale. Ma, accanto a queste, la stessa legge enumera le strade provinciali, quelle comunali e quelle vicinali, appartenenti
rispettivamente alla Provincia, al Comune ed ai proprietari dei fondi, così distinguendo ab origine il demanio statale dal demanio comunale o provinciale, il che dimostra che detta ripartizione non discende dalla devoluzione del patrimonio statale agli enti territoriali, come sostiene la ricorrente, bensì origina dal sistema codicistico.
Sotto altro versante, l'obiezione della società ricorrente, secondo la quale la strada comunale non può avere altre destinazioni se non quella viaria, dovendo l'ente comunale rispettare le cd. fasce di rispetto, non coglie nel segno. A tal proposito, occorre precisare che il principio affermato da questa Corte (Cass. del 25/01/2022, n. 2127; Cass. del 2/07/ 2020, n. 13598) secondo cui «il vincolo di inedificabilità prevale sulla pianificazione e programmazione urbanistica….dovendosi ritenere che l'area corrispondente alla fascia di rispetto (area sottostante ad un cavalcavia), a prescindere dall'assoggettamento alla procedura espropriativa e pur nella permanenza del diritto di proprietà, non ha alcuna potenzialità edificatoria in virtù di disposizioni di legge come è dato desumere anche dal tenore letterale dell'art. 37, comma 4, d.p.r. 327/2001» non esenta dalla tassa per l'occupazione di suolo pubblico, ancorata questa all'occupazione di beni pubblici di qualsiasi natura che, anzi, è dovuta proprio in relazione alla inedificabilità derivante dal rispetto delle cd. fasce di rispetto, nonchè alla sottrazione all'uso normale e collettivo di parte del suolo pubblico, ovvero in relazione all'utilizzazione particolare ed eccezionale dell'area, per una pura e semplice correlazione con l'utilità particolare diversa dall'uso della generalità (cfr. Cass. n. 17495/2008; Cass., 11/3/ 1996, n. 1996; Cass., 19/5/1988, n. 3523; Cass. n. 15162/2024, n. 15162; Cass. n. 28341/2019; Cass. n. 35408/2022).
Con riferimento in particolare alla terza doglianza, si osserva che la mera pianificazione della costruzione delle autostrade e la
localizzazione del tracciato, ivi inclusi i cavalcavia, ad opera dello Stato non rende la concessionaria la sua longa manus per la realizzazione di un servizio ad essenziale rilevanza pubblica: le concessioni autostradali rientrano in un modo di gestione dei beni pubblici, ai sensi del secondo comma dell'art. 822 c.c. (che recita « le autostrade sono aree ad uso pubblico destinate alla circolazione dei pedoni, dei veicoli e degli animali ») affidato a terzi rispetto alla gestione diretta dello Stato, che deve sempre sottostare alla finalizzazione dell'interesse generale (quello pubblico), ovvero al perseguimento del bene della vita che si appresta ad essere considerato in funzione del benessere collettivo ( cfr. S.U. n. 1543 del 21 gennaio 2019).
9.1. Per vero, la RAGIONE_SOCIALE titolare di concessione per la progettazione e realizzazione dell'opera pubblica, non rappresenta la longa manus dello Stato, perseguendo, in autonomia, un proprio fine di lucro, ricavando dalla gestione il diritto di sfruttare economicamente tutti i lavori realizzati per la durata prevista dalla concessione, a nulla rilevando che l'opera sia di proprietà dello Stato, al quale ritornerà al termine della concessione (Cass. n. 11886/ 2017; Cass. n. 11689/17), contando, invece, ai fini che interessano, la sottrazione dello spazio sovrastante il suolo comunale occupato dal predetto tracciato, come tale oggetto di tassazione ai sensi della chiara formulazione dell'art. 38, comma 2, d.lgs. n. 507/1993; sottrazione di per sé insita nelle limitazioni utilizzative e di destinazione del suolo comunale riconducibili proprio e soltanto all'occupazione infrastrutturale sovrastante (v. Cass. 18385/19 ed altre).
9.2. Il concessionario non può essere considerato longa manus dell'Amministrazione pubblica neppure laddove ricorrano i requisiti dell'in house providing , come configurati dalla giurisprudenza e dalle direttive comunitarie e come recepiti dalla nostra legislazione
e, cioè, in particolare allorquando ricorrano i requisiti del controllo analogo (ovvero di un controllo pubblico analogo a quello esercitato dall'amministrazione sulle proprie strutture) e della destinazione dell'oltre l'80% delle attività della persona giuridica controllata allo svolgimento dei compiti ad essa affidati dall'amministrazione aggiudicatrice controllante o da soggetti dalla stessa controllati( cfr. art. 178 del d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50, cd. codice degli appalti, abrogato dal d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36; Cass. n. 25614/2024). Il controllo pubblico dominante, per quanto svolto attraverso strumenti derogatori rispetto agli ordinari meccanismi di funzionamento sociale, non incide sull'alterità soggettiva della società rispetto all'amministrazione pubblica, in quanto la società in house rappresenta pur sempre un centro di imputazione di rapporti e posizioni giuridiche soggettive diverso dall'ente partecipante (Cass., sez. un., n. 7759/17; n. 21299/17; n. 7222/18 e, in particolare, Cass. n. 5346/19, Cass. n. 21658/21; Cass . n. 2164/2024; Cass. n. 464/2024; Cass. n. 2463/2024, n. 2463 secondo cui il canone per l'occupazione di spazi e aree pubbliche è sempre dovuto dalla concessionaria incaricata della gestione del servizio autostradale in relazione al viadotto ricompreso nell'infrastruttura, poiché il fine e il vincolo di natura pubblicistica che pur contrassegnano l'opera gestita non valgono a rendere la concessionaria – che persegue in autonomia un proprio fine di lucro – una mera " longa manus" dell'amministrazione statale, non potendo perciò fruire delle esenzioni riservate alle occupazioni di suolo attuate da parte di quest'ultima).
9.3. La natura privatistica della società ricorrente è stata confermata dall'arresto delle Sezioni unite (Sez. U., n. 5594/2020) secondo le quali la concessionaria autostradale «è un operatore economico privato non inquadrabile come organismo di diritto pubblico ex art. 3, co. 1, lett. d) d.lgs. 50/2016; non si tratta, infatti, di soggetto la cui attività è finanziata in modo maggioritario
dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione è soggetta al controllo di questi ultimi ovvero il cui organo d'amministrazione, di direzione o di vigilanza è costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico».
10. Quanto alla disciplina fondativa della Tosap di cui al d.lvo 507/93 -nella formulazione qui applicabile ratione temporis e per quanto più attiene alla fattispecie di causa si richiamano e recepiscono, in proposito, i numerosissimi ed anche assai recenti precedenti di questa Corte in controversie concernenti la Tosap (cfr., tra le ultime, Cass. n. 15171/2024; Cass., n. 15186/2024; Cass. n. 15162/2024; Cass. n. 17173/2024; Cass. n. 15201/2024; Cass. 15204/2024; Cass. n. 16387/2024; Cass. n. 2164/2024; Cass. n. 2255/2024; Cass. n. 2486/2024; Cass. n. 2498/2024; Cass. n. 2512/2024 e le tante altre ivi citate); analogamente, in tema di Cosap, molteplici sono stati gli arresti di questa Corte, sempre di segno negativo per le aspettative della parte contribuente (cfr., tra le tante, Cass. n. 16395/2021; Cass., n. 22219/2023; Cass. n. 22183/2023; Cass. n. 15010/2023; Cass. n. 13051/2023; Cass. n. 10345/2023; Cass. n. 20708/2024; Cass.n. 25614/24).
10.1.Ricapitolando, dunque, i principi affermati da questa Corte possono così sintetizzarsi:- il presupposto impositivo della Tosap è costituito, ai sensi degli artt. 38 e 39 d.lgs. n. 507/1993, dall'occupazione, di qualsiasi natura, di spazi ed aree, anche soprastanti o sottostanti il suolo, appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei Comuni o delle Province, che comporti un'effettiva sottrazione della superficie all'uso pubblico, con ciò rilevando il fatto oggettivo della predetta occupazione, indipendentemente dall'esistenza o meno di una concessione od
autorizzazione, salvo che sussista una delle ipotesi di esenzione previste dall'art. 49 d.lgs. cit.;l'art. 38 d.lgs. n. 507/1993 va interpretato nel senso che l'occupazione mediante impianti di servizi pubblici (tale essendo il viadotto autostradale, che costituisce un impianto costituito da una costruzione completata da strutture -impianti segnaletici e di illuminazione -che ne aumentano l'utilità) è soggetta alla tassa, sia che si tratti di spazi sottostanti, che sovrastanti lo spazio pubblico;- la tassa compete al concessionario che occupa lo spazio, a nulla rilevando il fatto che il viadotto sia di proprietà del demanio e che, al termine della concessione, anche la gestione di esso ritorni in capo allo Stato, poiché, nel periodo di durata della concessione stessa, il bene, che pure è funzionale all'esercizio di un servizio di pubblica utilità, è gestito in regime di concessione da un ente che agisce in piena autonomia e non quale mero sostituto dello Stato nello sfruttamento dei beni, con la conseguenza che l'esenzione prevista dall'art. 49, lett. a ), del citato decreto non spetta in quanto non si configura l'occupazione da parte dello Stato.
10.2. A nulla rileva il fatto che il viadotto sia di proprietà del demanio e che, al termine della concessione, anche la gestione di esso ritorni in capo allo Stato poiché, nel periodo di durata della concessione stessa, il bene, che pure è funzionale all'esercizio di un servizio di pubblica utilità, è gestito in regime di concessione da un ente che non agisce quale mero sostituto dello Stato nello sfruttamento dei beni (Cass. n. 25614/2024; Cass. n. 15162/2024; Cass. n. 20708/2024; Cass.n.11689/2017; nn. 11689 e 11886 del 2017; Cass. n. 19693/2018). Infatti, la dedotta proprietà statale dell'autostrada e così del viadotto non interferisce con la circostanza integrativa del presupposto di applicazione della Tosap da parte del Comune, secondo cui, nel periodo di durata della concessione, la società disponeva del viadotto, per la relativa gestione quale concessionaria, ed in tal modo essa realizzava la
condotta di «occupazione» del sottostante suolo comunale (Cass., 18/4/2023, n. 10351; anche Cass., 12 gennaio 2022, n. 708, in tema di Cosap; Cass., sez. 5, 11 gennaio 2022, n. 509, in tema di Cosap; anche Cass., sez. 5, 26/1/2024, n. 2512). Questi elementi sono più che sufficienti a radicare la debenza dell'imposta in capo alla concessionaria e occupante API, mentre risulta marginale e privo di decisività indagare la effettiva proprietà dell'infrastruttura autostradale e dei pontoni che occupano per proiezione la strada provinciale sottostante, attesa la rilevanza dirimente della accertata ed indiscussa circostanza che la società ne disponeva per la gestione quale concessionaria ed in tal modo realizzava la condotta di «occupazione».
10.3. Non rileva, dunque, la riconducibilità dell'occupazione allo Stato, dovendo tale argomento ritenersi inconciliabile « con la natura di stretta interpretazione delle norme tributarie che prevedano esenzioni o agevolazioni (cfr., tra le molte, più di recente, Cass. Sez. 5, 4 maggio 2016, n. 8869; Cass. Sez. 5, 26 marzo 2014, n. 7037, presupposto interpretativo condiviso da ultimo anche da Corte cost. 20 novembre 2017, n. 242) e, segnatamente, con specifico riferimento alla tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, con l'interpretazione di questa Corte dell'art. 49, comma 1 lett. a) del d. lgs. n. 507/1993, secondo cui l'esenzione per lo Stato e gli altri enti, di cui alla citata norma, postula che l'occupazione, quale presupposto del tributo, sia posta in essere direttamente dal soggetto esente (cfr., più in generale, Cass., Sez. 5, 6 agosto 2009, n. 18041) »; né è dirimente la dedotta assenza di poteri di rimozione o di riappropiazione del bene da parte del Comune, giacchè tale limite non vale ad escludere l'imposizione fiscale, semmai a confermarla, in ragione della perdurante occupazione, senza tacere che la citata circostanza caratterizza anche le occupazioni avvenute in base a provvedimento concessorio nell'ipotesi di fisiologico espletamento
del rapporto (cfr. Cass. n. 19694/2018; Cass n.18385/2019; Cass. n.28341/2019; Cass. Civ., n. 20974/2020; Cass. n. 385/2022; Cass. n.6568/2022; Cass. n. 4116/2023, e, in tema di Cosap, tra le tante, Cass. 22219/2023,; Cass. n. 22183/2023; Cass. n. 15010/2023; Cass. nn. 13051 e 10345 del 2023; Cass. n. 2283/2024).
10.4. Nemmeno rileva per il legislatore tributario la destinazione ovvero le finalità pubbliche dell'opera che la strada comunale; la finalità pubblicistica pur evidenziata dalla ricorrente con il secondo strumento di ricorso, cui certamente è finalizzata la gestione e la manutenzione della rete autostradale, se pur imprime alla riscossione dei pedaggi una preminente destinazione dei ricavi al perseguimento delle finalità proprie della realizzazione del tracciato autostradale, non annulla il perseguimento del profitto tipico dell’attività d’impresa svolta da società per azioni, quale indubbiamente è la Società Autostrade Cass., n. 15162/2024; Cass. n. 35408/2022; Cass. n.16395/2021; Cass. n. 19693/2018, in tema di TOSAP).
10.5. A ciò si aggiunga che l’assoggettamento al tributo, con facoltà di eventuale previsione di speciali agevolazioni, non è prevista nelle ipotesi di ‘occupazioni ritenute di particolare interesse pubblico e in particolare per quelle aventi finalità politiche ed istituzionali’; difatti ai sensi dell’art. 49 d.lgs. n. 507/1993 sono esenti oltre agli enti indicati dal primo comma lett. a) di detta disposizione e per le finalità indicate ( ), solo le occupazioni di cui alla lett. e) vale a dire quelle realizzate .
10.6.In altri termini, irrilevante agli effetti dell’art. 49, lett. a), per questo rilevando unicamente la qualità soggettiva dell’occupante, il riferimento all’interesse pubblico dell’opera potrebbe rilevare agli effetti dell’art. 49, lett. e), che viceversa dà rilievo all’interesse acquisitivo dell’ente territoriale, prescissa la qualità soggettiva dell’occupante; l’esenzione non spettante a norma dell’art. 49, lett. a), può competere a norma dell’art. 49, lett. e), purché gli atti concessori prevedano che l’impianto di pubblico servizio resti infine gratuitamente devoluto al Comune (Cass. 11 giugno 2004, n. 11175; Cass. 13 febbraio 2015, n. 2921; Cass. n.25300 del 25/10/2017).
10.7.Il ragionamento di parte ricorrente collide con il disposto dell’art. 49 d.lgs. n. 503/1997, che individua specificamente i soggetti esenti nello (v. Cass. n.20708/2024). Ebbene, nel caso in esame la società autostradale non è né lo Stato né un ente territoriale e non rientra nel novero degli enti di cui all’art. 87 cit., poiché costituita in forma societaria e per finalità di lucro, il che la esclude dai soggetti esenti indicati all’art. 49 cit.; dovendo ribadirsi che l’esenzione non opera ove l’occupazione sia ascrivibile ad una società concessionaria per la
realizzazione e la gestione di un’opera pubblica in quanto è detta società ad eseguire la costruzione dell’opera di cui ha la gestione economica e funzionale, a nulla rilevando che l’opera sia di proprietà dello Stato, al quale ritornerà la gestione al termine della concessione (tra le tante Cass. 16395/2021; Cass. n.19693/18; Cass. n.25300/17) e risultando del tutto inconferente e priva di decisività la predicata natura demaniale dell’autostrada (Cass. n.19693/18 cit.; Cass. n.11886/17) ovvero il dedotto interesse generale (dell’ente territoriale e della collettività) perseguito dall’attività di gestione della infrastruttura (Cass. n. 22489/2017; Cass. n. 21102/2019), come si chiarirà nei paragrafi che seguono.
10.8. Allo stesso modo, la destinazione del bene ad uso collettivo non esonera dalla imposizione tributaria, posto che l’attività di occupazione è posta in essere dalla società nello svolgimento, in piena autonomia, della propria attività di impresa (v. Cass. 10 giugno 2021, n. 16395) per cui è sufficiente l’utilizzazione del bene da parte di un soggetto diverso dall’ente pubblico titolare, mentre risulta indifferente la strumentalità di tale utilizzazione alla realizzazione di un pubblico interesse, in assenza di specifica ipotesi di esenzione. Le caratteristiche quindi del soggetto occupante, come titolare della concessione amministrativa che lo legittima alla realizzazione dell’opera, per eseguire la quale procede all’occupazione( di fatto) del soprassuolo comunale in ragione del tipo di attività svolta e del tipo di bene gestito rende del tutto legittima e conforme a diritto, in specie al comma secondo dell’articolo 38, d.lgs. 15.11.1993, n.507, la pretesa esercitata dall’amministrazione comunale(Cass., Sez. 1, 10 giugno 2021, n. 16395).
Non si ravvisano, infine, i presupposti per la rimessione della questione pregiudiziale alla CGUE ex art. 267 TFUE come anche richiesto, in estremo subordine, dalla società contribuente. Questa
eventualità che, com’è noto, non è assistita da alcun automatismo, tanto da integrare un obbligo del giudice di ultima istanza solo in quanto se ne ravvisino appunto i presupposti di dubbio interpretativo, di interferenza con il diritto unionale e di rilevanza in causa (tra le altre, v. Cass. SSUU n.14042/16; n. 26145/17; n. 30301/17; Corte EDU 8 settembre 2015, RAGIONE_SOCIALE c/ RAGIONE_SOCIALE; CGUE (grande sezione) in causa C-561/19, RAGIONE_SOCIALE va qui esclusa. Ciò non tanto e soltanto per l’estraneità della Tosap all’ambito dei tributi oggetto di armonizzazione, quanto per la insussistenza della discriminazione dedotta.
11.1. Deve, difatti, in radice escludersi, nella specie, la violazione del «principio di non discriminazione» secondo il diritto Europeo tra società in proprietà privata e società in proprietà pubblica, dedotta dalla ricorrente in controricorso. L’elemento scriminante, che consente di escludere l’assoggettamento alla Tosap, è l’occupazione dello spazio dell’ente locale posta in essere direttamente dal soggetto esente (cfr. Cass. 17296/2019, in una fattispecie relativa all’occupazione permanente di spazi pubblici ad opera delle aziende di erogazione di servizi pubblici o di quelle che svolgono attività ad essi strumentali; Cass. n. 20708/2024; Cass. n. 2395/2024).
11.2.Occorre, pertanto, che l’occupazione sia direttamente ascrivibile ad uno degli enti indicati nel regolamento comunale, sicché non è ipotizzabile la violazione del suddetto principio nel senso invocato, dovendo ribadirsi che l’esenzione non opera ove l’occupazione sia invece ascrivibile ad una società concessionaria per la realizzazione e la gestione di un’opera pubblica «in quanto è detta società ad eseguire la costruzione dell’opera e la sua gestione economica e funzionale, a nulla rilevando che l’opera sia di proprietà dello Stato, al quale ritornerà la gestione al termine della concessione» (da ultimo tra le tante Cass. 16395/2021 citata).
11 .3.La questione dell’interferenza col diritto unionale recupererebbe teorica rilevanza allorquando l’esenzione (quand’anche davvero qualificabile appunto come aiuto di Stato) venisse in effetti riconosciuta ad una società di veste commerciale operante in campo concorrenziale (anche se in forza di concessione pubblica) per il solo fatto di essere una società ‘pubblica’, ed a scapito di società concessionarie ‘private’ concorrenti nello stesso ambito di mercato; non anche quando l’esenzione, come nella specie, venisse invece negata proprio sul presupposto unionale della non discriminazione concorrenziale in ragione della natura economicoimprenditoriale dell’attività parimenti svolta dagli operatori, sia pubblici sia privati.
11.4. In ciò il ragionamento svolto dalla società contribuente in memoria, quanto alla prospettata violazione della normativa europea sulla concorrenza fra imprese, sembra anzi viziato da un ribaltamento logico di partenza, non ponendosi all’evidenza alcun dubbio di alterazione delle regole di libero mercato mediante il riconoscimento di aiuti di Stato ( sub specie di esenzione fiscale) non comunicati ed autorizzati, in un contesto nel quale tanto i primi quanto i secondi siano esclusi dal beneficio.
11.5. Né sarebbe fondatamente sostenibile un contrasto con il diritto unionale avendo riguardo, non già al rapporto competitivo tra società pubbliche e private, bensì a quello in ipotesi stabilito tra le società (pubbliche e private) da un lato, e lo Stato (e gli altri enti contemplati dall’art. 49 lett.a) dall’altro. Dal momento che se la natura dell’attività in concreto svolta è amministrativa, ad essere disattivata in radice è l’intera disciplina concorrenziale di mercato, mentre se è paritetica ed imprenditoriale (come tale svolta attraverso i vari strumenti a tal fine predisposti dall’ordinamento, quali appunto le società partecipate ed in house ) si ritorna a quanto appena osservato circa il fatto che nessun contrasto con il diritto
UE potrebbe originarsi da un sistema normativo nazionale che, come quello qui in esame, neghi indistintamente il beneficio, tranne che in ipotesi di attività ‘direttamente’ svolta dallo Stato nell’ambito di potestà di tipo autoritativo.
11.6. Si è altresì affermato (Cass. n. 2396/17, così Cass. n. 19779/20) che: ‘ in tema di recupero di aiuti di Stato dichiarati incompatibili con il mercato comune dalla decisione della Commissione Europea n. 2003/193/CE del 5 giugno 2002, l’Agenzia delle entrate, ai sensi dell’art. 1 del d.l. n. 10 del 2007, conv., con modif., dalla 1. n. 46 del 2007, ha l’obbligo di procedere mediante ingiunzione al recupero delle imposte non versate in forza del regime agevolativo previsto dall’art. 66, comma 14, del d.l. n. 331 del 1993, conv., con modif., dalla l. n. 427 del 1993, e dall’art. 3, comma 70, della l. n. 549 del 1995 anche nei confronti delle società “in house”, a partecipazione pubblica totalitaria, risultando irrilevante la composizione del capitale sociale rispetto all’obiettivo di evitare che le imprese pubbliche, beneficiarie del trattamento agevolato, possano concorrere nel mercato delle concessioni dei cd. servizi pubblici locali, che è un mercato aperto alla concorrenza comunitaria, in condizioni di vantaggio rispetto ai concorrenti ‘.
11.7. A maggior ragione si giunge a questa conclusione considerando la più ampia nozione euro-unitaria d’impresa che, per giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, include qualsiasi entità che eserciti un’attività economica a prescindere dal suo status giuridico e dalle sue modalità di funzionamento, laddove costituisce attività economica qualsiasi attività che consista nell’offrire beni o servizi su un determinato mercato (CG: 23/04/1991, COGNOME & COGNOME; 16/11/1995, Federation Francaise des societes d’assurances; 11/12/1997, Job Centre; 16/06/1987, Commissione vs. Italia; 01/07/2008, Motoe; 26/03/2009, RAGIONE_SOCIALE). Il che si raccorda sia con la normativa fiscale europea, per la quale è
soggetto passivo d’imposta sul valore aggiunto ” chiunque esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività (art. 9, 51, Direttiva UE, n. 2006/112/CE; conf. art. 4, Direttiva UE, n. 77/388/CE) “, sia con la normativa europea sugli appalti pubblici, laddove si stabilisce che (art. 1, §8, Direttiva UE, n. 2004/18/CE).
11 .8. D’altra parte, la questione della possibile interferenza dell’esenzione Tosap in parola con il diritto UE della concorrenza non è nuova, in quanto già recentemente affrontata (v. Cass n. 15204/24, con richiamo a Cass. n. 2164/24) nel senso che: .
Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
13 . Va, infine, dato atto che ricorrono i presupposti di cui all’art 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento da parte della ricorrente, di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per il ricorso.
P.Q.M.
la Corte
rigetta il secondo ed il terzo motivo di ricorso per cassazione, dichiarato inammissibile il primo;
-condanna RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, che liquida a favore del Comune di Conca della Campania nella misura di € 5.500,00 per competenze, oltre a 200,00 € per spese vive, rimborso forfettario ed accessori di legge.
Dà atto che ricorrono i presupposti di cui all’art 13, comma 1 -quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento da parte della ricorrente, di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per il ricorso.
Così deciso nella camera di consiglio della Sezione Tributaria, riunitasi in data 22 ottobre 2024.
La Consigliera rel.
NOME COGNOME
La Presidente
NOME NOME COGNOME