Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21512 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21512 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/07/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TRIBUTARIA CIVILE
Composta da
Oggetto: tosap -opposizione pda
NOME
-Presidente –
Oggetto
NOME
-Consigliere –
R.G.N. 12188/2023
COGNOME NOME
-Consigliere –
COGNOME
Balsamo NOME
-Consigliere –
U – 15/05/2025
NOME
-Consigliere COGNOME.-
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12188/2023 R.G. proposto da Autostrade per l’Italia s.p.a.RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t. , rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME;
-controricorrente –
Comune di Olgiate Olona;
-intimato –
Numero registro generale 12188/2023 Numero sezionale 3510/2025 Numero di raccolta generale 21512/2025 Data pubblicazione 26/07/2025
avverso la sentenza della Corte di giustizia di secondo grado della Lombardia, n. 4708/2022 depositata il 28 novembre 2022; Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15 maggio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La controversia ha ad oggetto sei avvisi di accertamento (nn. 1 2013, 1 2014, 1 2015, 2 2016, 1 2017, 1 2018) con cui il Comune di Olgiate Olona (d’ora in poi intimato) ha chiesto, tramite il suo concessionario RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi controricorrente) ad Autostrade per lRAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi ricorrente) il pagamento della Tosap rispettivamente per gli anni 2014, 2015, 2016, 2017, 2018, in relazione ai ponti autostradali lungo il tratto A8.
La CTP ha respinto il ricorso la CTR ha confermato la pronuncia di primo grado, sulla base delle seguenti ragioni:
-in conformità ad un consolidato indirizzo di legittimità, in materia di Tosap, il presupposto impositivo è costituito dalle occupazioni, di qualsiasi natura, di spazi ed aree, anche sovrastanti e sottostanti il suolo, appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei comuni e delle province che comporti un’effettiva sottrazione della superficie all’uso pubblico, essendo in proposito irrilevanti gli atti di concessione e autorizzazione relativi all’occupazione, salvo che sussista, una delle ipotesi di esenzione previste dall’articolo 49 del d.lgs. n. 507 del 1993;
-nel caso di specie, assume rilievo l’attività di gestione economica e funzionale del bene effettuata dalla società concessionaria del soggetto esente , nonché l’attività lucrativa svolta dalla prima, con conseguente esclusione per essa dell’esenzione.
La ricorrente propone ricorso fondato su due motivi.
Ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., il consigliere delegato ha proposto la definizione anticipata del giudizio per manifesta infondatezza.
La ricorrente ha proposto istanza di decisione del ricorso, mentre la controricorrente ha presentato istanza di sollecita definizione del giudizio e memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente si osserva che il ricorso è stato tempestivamente notificato. La sentenza oggi impugnata è stata depositata il 28 novembre 2022 e non è stata notificata. La notifica, effettuata a mezzo pec è stata consegnata e accettata il 25 maggio 2023, nel rispetto del termine semestrale previsto dall’art. 327, primo comma c.p.c., come richiamato dall’art. 38, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992.
Con il primo motivo di impugnazione la ricorrente prospetta, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione violazione e falsa applicazione delle leggi n. 463/1955, Provvedimenti per la costruzione di autostrade e strade , in specie artt. 1-2, n. 729/1961, Piano di nuove costruzioni stradali ed autostradali , in specie artt. 1-2-6-7-8-12 e n. 385/1968, Modifiche ed integrazioni alla legge 24 luglio 1961, n. 729, concernente il piano di nuove costruzioni stradali e autostradali ‘; degli artt. 38 e 39 d.lgs. n. 507/1993. Deduce l’assenza del presupposto impositivo, trattandosi, nel caso di specie, di un’occupazione fondata su uno specifico titolo , ovvero una convenzione con il Ministro delle infrastrutture e dei Trasporti. La scelta di costruire l’autostrada è stata deliberata con una legge d ello Stato e, pertanto, gli spazi e le aree individuati sono stati sottratti d’autorità all’uso generalizzato della comunità locale e alla diponibilità dell’autorità locale.
Con il secondo motivo di impugnazione, in subordine, la ricorrente prospetta , in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, c.p.c., la violazione falsa applicazione dell’art. 49, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 507/1993, dell’art. 822 c.c . e dell’art. 1 del d.lgs. n. 461/1999. Contesta la decisione impugnata nella parte in cui ha escluso il ricorrere nel caso di specie di un’ipotesi di esenzione. Riprendendo le ragioni svolte nel primo motivo di impugnazione, evidenzia come la sottrazione dello spazio sovrastante la strada comunale è avvenuta per volontà dello Stato e non della stessa ricorrente, la quale è così stata legittimata a gestire un bene pubblico nell’interesse ella collettività .
Chiede che venga sottoposta alla Corte di giustizia UE la questione di compatibilità comunitaria volta a stabilire se gli artt. 49, 56, 63 e 345 del TFUE consentano nei confronti dei concessionari di infrastrutture pubbliche l’applicazione di un trattamento differenziato e discriminatorio rispetto ai rapporti con gli enti locali interessati, in funzione della proprietà pubblica o privata del concessionario stesso.
Il ricorso è infondato e i due motivi di impugnazione, stante le loro stretta connessione, possono essere trattati congiuntamente.
Ritiene, infatti, il Collegio ribadire l’ ormai consolidato principio di legittimità secondo cui, in tema di TOSAP, il presupposto impositivo è costituito, ai sensi degli artt. 38 e 39 del d.lgs. n. 507 del 1993, dalle occupazioni, di qualsiasi natura, di spazi ed aree, anche soprastanti e sottostanti il suolo, appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei Comuni e delle Province, che comporti un’effettiva sottrazione della superficie all’uso pubblico, essendo in proposito irrilevanti gli atti di concessione o di autorizzazione relativi all’occupazione, salvo che sussista una delle ipotesi di esenzione previste dall’art. 49 del cit. decreto (Cass., Sez. 5, n. 28341/2019,
Rv. 655595 -01; in tal senso già Cass. nn. 11553/2003, 2555/2002).
L’art. 38, comma 2, del d. lgs. n. 507/93 prevede, infatti, che: « Sono, parimenti, soggette alla tassa le occupazioni di spazi soprastanti il suolo pubblico, di cui al comma 1, con esclusione dei balconi, verande, bow-windows e simili infissi di carattere stabile, nonché’ le occupazioni sottostanti il suolo medesimo, comprese quelle poste in essere con condutture ed impianti di servizi pubblici gestiti in regime di concessione amministrativa.».
La lettera a) del comma 1 dell’art. 49 del d.lgs. 15.11.1997, n.507 esclude dall’obbligo di corrispondere la tassa (esenzione) le occupazioni effettuate dallo Stato e da altri soggetti pubblici specificamente e tassativamente indicati dalla norma.
A tale proposito è stato precisato che l’interpretazione di tale disposizione è nel senso che l’occupazione a mezzo di impianti di servizi pubblici è soggetta alla tassa, sia per gli spazi sottostanti, sia per quelli sovrastanti lo spazio pubblico, ben potendo esistere impianti che si sviluppano sopra il suolo per i quali non si giustificherebbe un diverso trattamento normativo.
Per quanto riguarda la rivendicata esenzione per l’occupazione effettuata dall’impresa che ha provveduto, in forza di concessione conferita dallo Stato, all’esecuzione del lavoro pubblico costituito dalla rete autostradale di cui fa parte il viadotto in questione, deve essere ribadito che l’occupazione medesima deve considerarsi propria dell’ente concessionario e, dunque, assoggettata alla tassa ai sensi dell’art. 38, comma 2, del d.lgs. n.507 del 1993, in quanto la società concessionaria è l’esecutrice della progettazione e della realizzazione dell’opera pubblica (art. 143, comma 1, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163) a fronte del corrispettivo costituito dal diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente tutti i lavori
realizzati (art. 143, comma 2) per la durata, di regola, non superiore a trenta anni ( art. 143,comma 6 ); a nulla rileva il fatto che il viadotto, come nel caso di specie, sia di proprietà del demanio e che, al termine della concessione, anche la gestione di esso ritorni in capo allo Stato poiché, nel periodo di durata della concessione stessa, il bene, che pure è funzionale all’esercizio di un servizio di pubblica utilità, è gestito in regime di concessione da un ente che agisce in piena autonomia e non quale mero sostituto dello Stato nello sfruttamento dei beni (Cass., Sez. 5, n. 385 del 2022, Sez. 65, n. 18385 del 2022).
La titolare di concessione per la progettazione e realizzazione dell’opera pubblica ricava dalla gestione il diritto di sfruttare economicamente tutti i lavori realizzati per la durata prevista dalla concessione. Le finalità pubblicistiche, cui certamente è finalizzata la gestione e la manutenzione della rete autostradale, se pur imprimono alla riscossione dei pedaggi una preminente destinazione dei ricavi al perseguimento delle finalità proprie della realizzazione del tracciato autostradale, non annullano il perseguimento del profitto tipico dell’attività d’impresa svolta da società per azioni, quale indubbiamente è la RAGIONE_SOCIALE ciò che rende irrilevante la natura demaniale dell’autostrada ed il ritorno della stessa allo Stato al tempo della concessione»(Cass., Sez. 6-5, n.19693 del 2018, Rv. 650359 – 01; Cass., Sez. 6-5, n.19694 del 2018).
Tale giurisprudenza ha ben evidenziato che i rilievi che tendono a ricondurre l’occupazione allo Stato non risultano, infatti, in linea con la natura di stretta interpretazione delle norme tributarie che prevedano esenzioni o agevolazioni e, in particolare, con l’interpretazione di questa Corte dell’art. 49, comma 1 lett. a) del d.lgs. n. 507/1993, secondo cui l’esenzione per lo Stato e gli altri
enti, di cui alla citata norma, postula che l’occupazione, quale presupposto del tributo, sia posta in essere direttamente dal soggetto esente (cfr., più in generale, Cass., sez. 5, n. 18041/2009, Rv. 609297 – 01).
Con riferimento, poi, alla riconducibilità dell’occupazione alla volontà dello Stato, la stessa giurisprudenza ora richiamata ha sottolineato in modo del tutto condivisibile che la portata di quella volontà deve, in ogni caso, essere commisurata alla volontà, altrettanto statale, della predisposizione con la successiva normativa di finanza derivata per gli enti locali di cui al d.lgs. n.507 del 1993, nella parte in cui regola l’istituzione della TOSAP ed il relativo regime di esenzione con norme di stretta interpretazione.
Deve essere, parimenti respinta la doglianza della ricorrente circa la non riconducibilità dell’occupazione in esame nel novero delle occupazioni di fatto, in quanto ciò sarebbe escluso dalla sussistenza di un atto concessorio dello Stato ai fini della gestione della rete autostradale, che nel contempo non è neppure riconducibile alla concessioneautorizzazione di cui all’articolo 39, d.lgs. 15.11.1993, n.507.
Come questa Corte Suprema ha avuto modo più volte di affermare, che non esiste un tertium genus di occupazione: o l’occupazione è assentita dall’ente locale, per mezzo dell’atto di concessione -autorizzazione di cui all’articolo 39, d.lgs. 15.11.1993, n.507, ovvero, qualora insussistente tale atto, l’occupazione è definibile come occupazione di fatto (o abusiva che dir si voglia).
In tale solco interpretativo si è da sempre attestata la giurisprudenza di questa Corte, che non ravvisa spazi vuoti o terze vie tra l’occupazione assentita dall’ente locale mediante l’atto di concessione-autorizzazione e quella non coperta da tale provvedimento amministrativo, individuando come occupazioni di
fatto tutte quelle che non ricadono nell’ambito della prima categoria. In questo senso si sono nuovamente espresse di recente anche le Sezioni Unite di questa Corte, evidenziando come possa affermarsi, alla luce della normativa di riferimento come costantemente interpretata da questa Corte, che, ai fini del sorgere dell’obbligazione tributaria ovvero della sussistenza del presupposto oggettivo di imposizione, la TOSAP, benché, connessa principalmente al provvedimento di concessione emesso dall’Amministrazio ne comunale o provinciale, è dovuta, anche per l’occupazione avvenuta senza titolo, perché l’obbligo contributivo sorge, nel suo presupposto oggettivo, quando ci sia stata limitazione o sottrazione all’uso normale e collettivo del suolo, nell’interesse proprio del singolo. Il soggetto passivo di imposta trova, invece, specifica e chiara individuazione solo nell’art.39, del citato decreto legislativo, intitolato ‘soggetti attivi e passivi’, il quale, come già detto, prevede che la tassa è dovuta al comune o alla provincia dal titolare dell’atto di concessione o di autorizzazione, o, in mancanza, dall’occupante di fatto, anche abusivo, in proporzione alla superficie effettivamente sottratta all’uso pubblico nell’ambito del rispettivo territorio» (Cass., Sez. U, n.8628,2020, Rv. 657619 – 01). Del resto, ciò è desumibile dall’avverbio “anche”, prima dell’aggettivo “abusivo” nell’art. 39 (Cass., Sez. 5, n. 6029 del 2024).
Il riferimento all’occupazione di qualsiasi natura (anche abusiva e, quindi, prima ancora a quella legittima) consente, pertanto, di includere nella fattispecie impositiva quelle occupazioni che, come nel caso di specie, trovino il loro fondamento nella legge, a cui è effettivamente riconducibile la realizzazione dell’opera pubblica e l’individuazione del tracciato della rete autostradale.
Le leggi de quibus , relative alla realizzazione dell’autostrada ed invocate da Autostrade, sono, del resto, anteriori all’istituzione della
TOSAP, nella cui regolamentazione il legislatore non vi ha fatto alcun riferimento e non ha, dunque, affatto escluso dalla fattispecie impositiva l’occupazione delle strade comunali e provinciali avvenuta per la realizzazione della rete autostradale. Né è dirimente l’assenza di poteri di rimozione o riappropriazione da parte del Comune, che caratterizza anche le occupazioni avvenute in base a provvedimento concessorio, nell’ipotesi di fisiologico espletamento del rapporto.
A ciò si aggiunga, secondo quanto ben chiarito da questa Corte (Cass., Sez. 5, n. 6029 del 2024, cit.) che, sebbene la realizzazione della rete autostradale sia stata prevista ed approvata con provvedimenti legislativi, ciò non ha comportato automaticamente il trasferimento della proprietà delle strade interessate allo Stato ed il conseguente passaggio di quelle comunali e provinciali nel demanio statale, al contrario, essendo necessario un procedimento di espropriazione o la conclusione di accordi con effetti traslativi.
L’art. 822 c.c. prevede, del resto, che le strade, le autostrade e le strade ferrate fanno parte del demanio pubblico, se appartengono allo Stato e, cioè, rientrano nel demanio pubblico statale meramente eventuale, sicché è ben possibile la strada su cui insiste il cavalcavia dell’autostrada (e lo spazio sovrastante) appartenga ad altro ente.
Infine, l’art. 12, ultimo comma, della l. n. 729 del 1961, vigente ratione temporis , nel prevedere che gli enti proprietari potranno prescrivere esclusivamente le cautele da osservare e le opere provvisionali da eseguire durante la costruzione delle opere, conferma la possibile appartenenza del tratto di strada ad Amministrazioni diverse dallo Stato, quali gli enti territoriali.
In definitiva, occorre distinguere la proprietà della strada su cui insiste il pontone o cavalcavia dell’autostrada da quella di quest’ultimo manufatto: la prima resta di titolarità dell’ente territoriale, in assenza di un atto di trasferimento, pur essendo la seconda di proprietà statale.
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Numero sezionale 3510/2025
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Data pubblicazione 26/07/2025
Non si configura, infatti, una ipotesi di accessione invertita a favore dello Stato, che non è contemplata dalla legge.
Non può escludersi, nel caso di specie, la condotta dell’occupazione, in considerazione della destinazione del bene. A prescindere dalla considerazione che l’uso dell’autostrada è subordinato al pagamento di una tariffa al gestore dell’opera e, quindi, non è libero, sicché il bene non è più nella disponibilità della collettività, l’occupazione di cui all’art. 38 del d.lgs. n. 507 del 1993 consiste semplicemente nella sottrazione dell’area agli enti territoriali che ne sono titolari per qualsiasi finalità avvenga, essendo attribuita rilevanza alla natura del soggetto occupante o al perseguimento di determinati interessi sociali tramite la previsione di una serie di esenzioni all’art. 49 e non tramite la delimitazione e riduzione della fattispecie impositiva.
Del resto, questa Corte ha già affermato che la società, concessionaria statale, che abbia realizzato e gestito un’opera pubblica, occupando di fatto spazi rientranti nel demanio comunale o provinciale, è tenuta al pagamento del canone, non assumendo rilievo il fatto che l’opera sia di proprietà statale, poiché la condotta occupativa è posta in essere dalla società nello svolgimento, in piena autonomia, della propria attività d’impresa (Cass., Sez. 1, n. 16395/2021, Rv. 661585 -01, nello stesso senso di recente Cass., Sez.5, n.3322/2025, intervenuta tra le stesse parti; Sez. 5, n.2136/2025; Sez. 5, n.2138/2025, Sez. 5, n.3321/2025; Sez. 5, n.3323/2025; Sez. 5, n.3325/2025; Sez. 5, n.3328/2025).
È, dunque, sufficiente, ai fini dell’assoggettabilità all’imposta, l’utilizzazione del bene da parte di un soggetto diverso dall’ente pubblico titolare, mentre risulta indifferente la strumentalità di tale utilizzazione alla realizzazione di un pubblico interesse, in assenza di una specifica ipotesi di esenzione.
Con riguardo, infine, alla domanda subordinata di rimessione della questione alla corte di Giustizia Europea, ritiene il Collegio di richiamare
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ciò che la SRAGIONE_SOCIALE ha già avuto modo di osservare in tema di Cosap, ma il principio può essere esteso al tributo oggetto del presente giudizio, che deve essere escluso il principio di non discriminazione tra società in proprietà privata e società in proprietà pubblica. L’elemento scriminante, che consente di escludere l’assoggettamento alla Tosap, è l’occupazione dello spazio dell’ente locale posta in essere direttamente dal soggetto esente (Cass., Sez. 1, n. 6905 del 2025).
4. Il ricorso deve essere, quindi, rigettato.
La decisione del Collegio è conforme alla proposta di definizione accelerata, formulata, ai sensi dell’art. 380 bis , cod. proc. civ. e, quindi, trovano applicazione le previsioni di cui all’art. 96, terzo e quarto comma, c.p.c., sulla condanna della parte soccombente al pagamento in favore della controparte di una somma di denaro equitativamente determinata, ed in favore della Cassa delle ammende di una somma non inferiore a € 500,00 e non superiore ad € 5000,00.
L’art. 380 -bis c.p.c. configura uno strumento di agevolazione della definizione delle pendenze in sede di legittimità, anche tramite l’individuazione di strumenti dissuasivi di condotte rivelatesi ex post prive di giustificazione, e, quindi, idonee a concretare, secondo una valutazione legale tipica compiuta dal legislatore delegato (d.lgs. n. 149 del 2022), un’ipotesi di abuso del diritto di difesa (Cass., Sez. U., n. 28540/2023, Rv. 669313 -01, Sez. 2, n. 11346/2024).
Richiamando, per i casi di conformità tra proposta e decisione finale, l’art. 96, terzo e quarto comma, c.p.c. , l’art. 380 -bis , c.p.c. codifica, attraverso una valutazione legale tipica compiuta dal legislatore delegato, una ipotesi di abuso del processo, già immanente nel sistema processuale, giacché non attenersi alla delibazione del Presidente o del Consigliere delegato alla definizione accelerata dei ricorsi che trovi poi conferma nella decisione finale, lascia presumere
una responsabilità aggravata (Cass., Sez. U., n. 27195/2023, Rv. 668850 – 01).
Va, tuttavia, esclusa, come anche ha opportunamente precisato la Corte (Cass., Sez. U., n. 36069/2023, Rv. 670580 – 01), «una interpretazione della norma che conduca ad automatismi non in linea con una lettura costituzionalmente compatibile del nuovo istituto, dovendo l’applicazione in concreto delle predette sanzioni rimanere affidata alla valutazione delle caratteristiche del caso di specie.». Ciò detto, nel caso in esame, che non presenta peculiarità di sorta, non si rinvengono ragioni per discostarsi dalla sopra detta previsione legale.
Per l’effetto va disposta la condanna della ricorrente al pagamento di € 5.500,00 (valutata equitativamente) in favore della costituita controparte, e di ulteriori € 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Nulla sulle spese quanto a ll’intimato Comune di Olgiate Olona. Si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente a pagare in favore della controricorrente le spese del presente giudizio, che liquida nell’importo di € 5.500,00 , per compensi, ed € 200,00 per esborsi , oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge. Condanna, altresì, la ricorrente al pagamento della somma di € 5.500,00 in favore della controricorrente ex art 96, comma 3, c.p.c., e di € 2.000 , 00 in favore della cassa ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte
della ricorrente, dell’ulteriore importo pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 15 maggio 2025.
Il Presidente NOME COGNOME