Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 798 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 798 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/01/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 6597/2022 R.G., proposto
DA
‘ I.C.A. – Imposte RAGIONE_SOCIALE unipersonale ‘, con sede in Roma, in persona dell’amministratore unico pro tempore , nella qualità di concessionaria per l’accertamento, la liquidazione e la riscossione della TOSAP in nome e per conto del Comune di Collegno (TO), rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME con studio in La Spezia, elettivamente domiciliata presso l’Avv. NOME COGNOME con studio in Roma, giusta procura in calce al ricorso introduttivo del presente procedimento e dichiarazione di variazione del domicilio eletto;
RICORRENTE PRINCIPALE
CONTRO
‘ Autostrada Torino-IvreaValle d’Aosta RAGIONE_SOCIALE, con sede in Torino, in persona del presidente del consiglio di amministrazione pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME di Rosignano, con studio in Torino, e dal l’Avv. NOME COGNOME con studio in Roma, ove elettivamente
RAGIONE_SOCIALE AUTOSTRADALI
domiciliata, giusta procura in calce al controricorso di costituzione nel presente procedimento;
CONTRORICORRENTE/RICORRENTE INCIDENTALE NONCHÉ NEI CONFRONTI DI
Comune di Collegno (TO), in persona del Sindaco pro tempore ;
INTIMATO
avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per il Piemonte il 10 gennaio 2022, n. 72/01/2022; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22 ottobre 2024 dal Dott. NOME COGNOME
udito il P.M., nella persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso principale;
udito per la ricorrente l’Avv. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso principale ed il rigetto del ricorso incidentale;
udito per la controricorrente, l’Avv. NOME COGNOME di Rosignano, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale; in subordine, in caso di accoglimento del ricorso principale, per l’accoglimento del ricorso incidentale .
FATTI DI CAUSA
1. L” I.C.A. – RAGIONE_SOCIALE unipersonale ‘ , nella qualità di concessionaria per l’accertamento, la liquidazione e la riscossione della TOSAP in nome e per conto del Comune di Collegno (TO), ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per il Piemonte il 10 gennaio 2022, n. 72/01/2022, che, in controversia su impugnazione di avviso di accertamento n. 113/2012 per omessa denuncia e omesso versamento della TOSAP relativa all’anno 20 12 con riguardo all’occupazione mediante cavalcavia autostradale -per un’estensione di mq.
453 – dello spazio aereo sovrastante la strada comunale di INDIRIZZO in Collegno (TO), per l’importo complessivo di € 20.734,77 (con arrotondamento ad € 20.735,00) , ha rigettato l’appello proposto in via principale dalla medesima ed ha parzialmente accolto l’appello proposto in via incidentale da ll”’ Autostrada Torino-IvreaValle d’Aosta RAGIONE_SOCIALE ‘, nella qualità di concessionaria dello Stato per la costruzione e la gestione dell’autostrada A/5 (nel tratto Torino -Ivrea-Quincinetto), dell’autostrada A/4 -A/5 Ivrea-Santhià e del sistema autostradale tangenziale di Torino, con la diramazione per Pinerolo, in forza di convenzione stipulata con l” RAGIONE_SOCIALE‘ il 7 novembre 2007 ed approvata con la legge 6 giugno 2008, n. 101, nel giudizio di cui è parte anche il Comune di Collegno (TO), avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Torino l’11 febbraio 2019, n. 262/04/2019, con condanna alla rifusione delle spese giudiziali.
2. La Commissione tributaria regionale ha confermato « per motivi diversi da quelli indicati in sentenza » (in relazione al secondo motivo dell’appello incidentale) la decisione di prime cure -che aveva accolto il ricorso originario della contribuente – sul rilievo che: «(…) il presupposto impositivo può realizzarsi concretamente soltanto in relazione a spazi, che sono effettivamente destinati all’uso generalizzato del pubblico. Soltanto in relazione a questi ultimi, infatti, l’occupazione realizzata dal singolo, può determinare una compressione della disponibilità collettiva, restando da verificare se piuttosto sullo spazio in questione non si concretizzi una diversa e financo migliore utilizzazione collettiva . Nel caso di specie lo spazio sovrastante la strada comunale o provinciale non è stato sottratto alla disponibilità generalizzata, per volontà della
società autostradale, è lo Stato stesso ad aver stabilito e deciso la costruzione delle autostrade, utilizzando determinati spazi ed aree, per offrire e realizzare compiutamente un pubblico servizio a favore della collettività ».
L ”’ Autostrada Torino-IvreaValle d’Aosta RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso, proponendo ricorso incidentale avverso la medesima sentenza, mentre il Comune di Collegno (TO) è rimasto intimato.
Con conclusioni scritte, il P.M. si è espresso per l ‘accoglimento del ricorso principale.
Le parti costituite hanno depositato memorie illustrative ex art. 378 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso principale è affidato ad un unico motivo, con il quale si denuncia violazione degli artt. 38, comma 2, 39 e 49, comma 1, lett. a, del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che: « (A) norma dell’art. 39 D.Lgs. 507/1993 ‘la tassa è dovuta al Comune o alla P rovincia dal titolare dell’atto di concessione o di autorizzazione o, in mancanza, dall’occupante di fatto, anche abusivo, in proporzione alla superficie effettivamente sottratta all’uso pubblico nell’ambito del rispettivo territorio’. Nel caso di specie deve darsi atto che l’occupazione deriva da un titolo ‘legale’, attribuito direttamente dallo Stato, con una propria legge/atto amministrativo. Si rileva inoltre che il fondamento giustificativo della T.ORAGIONE_SOCIALESRAGIONE_SOCIALE viene individuato nella sottrazione di uno spazio pubblico, che un soggetto opera a danno della collettività. In altri termini, il presupposto di applicazione del particolare tributo si realizza quando, attraverso l’occupazione,
il soggetto occupante (di fatto o di diritto), limita la disponibilità e la fruizione di uno spazio pubblico, da parte della collettività (cfr. Cass. 1 aprile 2005, n. 6873; Cass. 7 marzo 2002, n. 3363). Da tale principio consegue tuttavia che il presupposto impositivo può realizzarsi concretamente soltanto in relazione a spazi, che sono effettivamente destinati all’uso generalizzato del pubblico. Soltanto in relazione a questi ultimi, infatti, l’occupazione realizzata dal singolo, può determinare una compressione della disponibilità collettiva, restando da verificare se piuttosto sullo spazio in questione non si concretizzi una diversa e financo migliore utilizzazione collettiva. Nel caso di specie lo spazio lo spazio sovrastante la strada comunale o provinciale non è stato sottratto alla disponibilità generalizzata, per volontà della società autostradale, è lo Stato stesso ad aver stabilito e deciso la costruzione delle autostrade, utilizzando determinati spazi ed aree, per offrire e realizzare compiutamente un pubblico servizio a favore della collettività. Per decisione dello Stato, dunque, determinati spazi ed aree sono stati sottratti – con apposita previsione legislativa (cogente anche per l’ente locale, che ad essa ha dovuto adeguarsi) all’uso generaliz zato, al fine di essere destinati alla realizzazione del servizio pubblico autostradale (Decreto del Ministro dei Lavori Pubblici n. 2004 del 2 luglio 1969). La successiva occupazione con le strutture autostradali (ponti, cavalcavia) interviene quindi quando è già stata definita la diversa utilizzazione del bene comunale e la eventuale compressione della utilizzazione generalizzata del bene (nel caso di specie il soprassuolo del sedime stradale) avviene per motivi di interesse generale. Da aggiungere che nel caso specifico, sulla base della documentazione urbanistica versata in giudizio, risulta che la superficie del tratto di viabilità
locale che sottopassa la tangenziale non è stata normata, è attribuita alla viabilità prevalente (tangenziale) ed è priva di qualsiasi altra destinazione d’uso (quale ad esempio la capacità edificatoria, aree di verde attrezzato, ecc.). È lo stesso Piano Regolatore Generale del Comune di Collegno che riconosce e attua la sottrazione alla disponibilità collettiva della superficie ritenuta soggetta a TOSAP dal Concessionario anzi per meglio precisare è stata attribuita una diversa disponibilità collettiva della superficie in quanto il sistema viario comunale è pacificamente integrato con quello della Tangenziale in questione. Assorbiti gli altri motivi di ricorso ». A suo dire, invece: « Tale argomentazione sembra tuttavia aver condotto la Commissione Tributaria Regionale di Torino ad equivocare la norma ed a ritenere ipotizzabile un contrasto tra l’affermato obbligo di corrispondere la TOSAP e l’esistenza della concessione per la gestione della rete autostradale accordata dallo Stato al concessionario, senza invece considerare come l’obbligazione tributaria de qua sia diretta conseguenza della sussunzione della fattispecie concreta sotto il raggio di copertura della norma di cui al comma secondo dell’articolo 38, d.lgs. 15.11.1993, n. 507. Occorre infatti prima di tutto chiarire che in via generale la concessione con la quale lo Stato affida al concessionario la progettazione, la costruzione, la realizzazione e la gestione di una rete autostradale non è quella di cui all’articolo 39, che è invece quella per mezzo della quale il Comune o la Provincia autorizzano un determinato soggetto ad effettuare un’occupazione di uno spazio pubblico, sia che essa si realizzi in superficie, così come previsto dal primo comma dell’articolo 38, d.lgs. 15.11.1993, n. 507, sia che es sa si realizzi nel soprassuolo o nel sottosuolo, a mente del secondo comma dello stesso articolo. L’equivoco consiste
evidentemente nel rischio di confondere (come ha fatto il Giudice a quo ) il suolo al di sopra del quale è stata realizzata la rete autostradale oggetto della concessione Stato -gestore, che presumibilmente avrà formato a suo tempo, per la parte che non costituiva già proprietà demaniale, oggetto di esproprio nei confronti di coloro che erano i legittimi proprietari dei lotti interessati dal realizzando tracciato, con il soprassuolo, che invece viene talvolta occupato in tutti quei tratti in cui il tracciato autostradale, inteso come nastro di asfalto realizzato direttamente sul suolo, si distacca dalla superficie e viene quindi a sovrastare il soprassuolo stradale sottostante (si tratta del caso di intersezione tra viabilità diverse a livelli sfalsati) » (alle pagine 9 e 10 del ricorso).
Il predetto motivo è fondato.
2.1 Ai sensi dell’artt. 38, comma 1, del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507 (abrogato dall ‘art. 1, comma 816, dell a legge 27 dicembre 2019, n. 160 , con decorrenza dall’1 gennaio 2021 ), sono soggette alla TOSAP le occupazioni di qualsiasi natura, effettuate, anche senza titolo, nelle strade, nei corsi, nelle piazze e, comunque, sui beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei Comuni e delle Province. Il successivo art. 39 precisa che la TOSAP è dovuta al Comune o alla Provincia dal titolare dell’atto di concessione o di autorizzazione o, in mancanza, dall’occupante di fatto, anche abusivo, in proporzione alla superficie effettivamente sottratta all’uso pubblico nell’ambito del rispettivo territorio.
Il tributo è, dunque, dovuto in caso di qualsiasi occupazione di una strada riconducibile al demanio o al patrimonio indisponibile di Comuni e Province: sia in caso di occupazione fondata su un provvedimento amministrativo dell’ente locale , sia, come precisano le disposizioni in esame, di occupazione di
fatto, che avvenga in assenza di una autorizzazione o concessione, a prescindere dal carattere abusivo oppure legittimo, come desumibile dall’avverbio « anche », prima dell’aggettivo « abusivo » nell’art. 39. Il riferimento all’occupazione di qualsiasi natura consente, pertanto, di comprendere nella fattispecie impositiva anche quelle occupazioni che, come nel caso di specie, trovino il loro fondamento nella legge, a cui è effettivamente riconducibile la realiz zazione dell’opera pubblica e l’individuazione del tracciato della rete autostradale.
Le leggi citate dalla contribuente (legge 21 maggio 1955, n. 463, e legge 24 luglio 1961, n. 729) con riguardo alla realizzazione delle autostrade sono anteriori al d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, la cui disciplina – come sopra esposto -ha sottoposto ad imposizione l’occupazione delle strade comunali e provinciali avvenuta per la realizzazione della rete autostradale (da ultime: Cass., Sez. Trib., 22 gennaio 2024, n. 2164; Cass., Sez. Trib., 23 gennaio 2024, n. 2255; Cass., Sez. Trib., 25 gennaio 2024, n. 2395; Cass., Sez. Trib., 30 maggio 2024, nn. 15162, 15167, 15171, 15173, 15186, 15201, 15204). Di talché, l’art. 38 del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, va interpretato nel senso che l’occupazione mediante impianti di servizi pubblici (tale essendo il viadotto autostradale, che rappresenta un ‘ impianto ‘ costituito da una costruzione completata da strutture -impianti segnaletici e di illuminazione – che ne aumentano l’utilità) è soggetta alla tassa, sia che si tratti di spazi sottostanti, che sovrastanti lo spazio pubblico (salvo che ricorra una delle eccezioni di soprasuolo tassativamente previste dalla norma, tra le quali non si menzionano i viadotti e sovrappassi autostradali) (Cass., Sez. 5^, 5 novembre 2019, n. 28341).
Per cui, la destinazione del bene ad uso collettivo di viabilità non esclude l’occupazione, avendo questa Corte già chiarito che la società concessionaria dello Stato che abbia realizzato e gestito un’opera pubblica, occupando di fatto spazi rientranti nel demanio comunale o provinciale, è tenuta al pagamento della TOSAP, non assumendo rilievo il fatto che l’opera sia di proprietà statale, poiché la condotta occupativa è posta in essere dalla società concessionaria nello svolgimento, in autonomia, della propria attività d’impresa, per cui è sufficiente l’utilizzazione del bene da parte di un soggetto diverso dall’ente pubblico titolare, mentre risulta indifferente la strumentalità di tale utilizzazione alla realizzazione di un pubblico interesse, in assenza di una specifica ipotesi di esenzione; tanto più considerandosi che il tributo è ex lege dovuto anche per le occupazioni « poste in essere con condutture ed impianti di servizi pubblici gestiti in regime di concessione amministrativa » (art. 38 del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507). Dunque, la pianificazione del tracciato autostradale e, quindi, l’attraversamento da parte del viadotto autostradale del soprassuolo comunale o provinciale in forza della legge 24 luglio 1961, n. 729 (recante il ‘ Piano di nuove costruzioni stradali ed autostradali ‘ ) non eliminano l’operatività del regime previsto dagli artt. 38 ss. del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, giacché la regolarità delle procedure dirette al rilascio della concessione per la costruzione e/o l’esercizio dell’opera pubblica (anche in relazione all’acquisizione coattiva dei suoli interessati dalla collocazione del sedime autostradale con le relative pertinenze ) non esclude che l’occupazione del soprassuolo inerente a strade comprese nel demanio comunale o provinciale sia sine titulo rispetto all’ente locale, che è del tutto estraneo alle vicende riguardanti la predetta concessione.
Per cui, secondo la corretta deduzione della ricorrente (alla pagina 9 del ricorso), « la concessione con la quale lo Stato affida al concessionario la progettazione, la costruzione, la realizzazione e la gestione di una rete autostradale non è quella di cui all’articolo 39, che è invece quella per mezzo della quale il Comune o la Provincia autorizzano un determinato soggetto ad effettuare un’occupazione di uno spazio pubblico, sia che essa si realizzi in superficie, così come previsto dal primo comma dell’a rticolo 38, d.lgs. 15.11.1993, n. 507, sia che essa si realizzi nel soprassuolo o nel sottosuolo, a mente del secondo comma dello stesso articolo ».
2.2 Analoghe e pedisseque conclusioni sono state raggiunte da questa Corte anche con riguardo al COSAP, che l’art. 63 della legge 15 dicembre 1997, n. 446 (come modificato dall ‘art. 31 della legge 23 dicembre 1998, n. 448), ha consentito ai Comuni di sostituire (con apposito regolamento) alla TOSAP, affermandosi che tale canone è dovuto dall’occupante di fatto
in assenza di titolo concessorio del Comune o della Provincia
che trae beneficio dallo sfruttamento delle aree occupate indipendentemente dalla concessione dell’infrastruttura autostradale, la quale è inidonea a modificare l’abusività dell’occupazione (Cass., Sez. 1^, 10 giugno 2021, n. 16395; Cass., Sez. 1^, 18 aprile 2023, n. 10345; Cass., Sez. 1^, 29 maggio 2023, n. 15010; Cass., Sez. 1^, 25 luglio 2024, n. 20708; Cass., Sez. 1^, 25 settembre 2024, n. 25614).
2.3 In tal senso, ancorché la questione non sia stata specificamente dedotta tra i motivi di ricorso per cassazione, si rammenta anche che, in tema di TOSAP, l’esenzione prevista per lo Stato e gli altri enti pubblici dall’art. 49, comma 1, lett. a, del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, postula che l ‘ occupazione, quale presupposto del tributo, sia ascrivibile al
soggetto esente, sicché, nel caso di occupazione di spazi rientranti nel demanio o nel patrimonio indisponibile dello Stato da parte di una società concessionaria per la realizzazione e/o la gestione di un ‘ opera pubblica (nella specie, per la gestione di un tratto di rete autostradale inclusiva di un viadotto sopraelevato), alla stessa non spetta l’esenzione in quanto è questa ad eseguirne la progettazione e la costruzione e/o a curarne la gestione economica e funzionale, a nulla rilevando che l ‘ opera pubblica sia di proprietà dello Stato, al quale ritornerà la gestione al termine della concessione (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 12 maggio 2017, n. 11886; Cass., Sez. 6^-5, 25 luglio 2018, n. 19693; Cass., Sez. 6^-5, 11 settembre 2018, n. 22097; Cass., Sez. 6^-5, 1 ottobre 2020, n. 20974; Cass., Sez. 5^, 10 gennaio 2022, n. 385; Cass., Sez. 6^-5, 28 febbraio 2022, n. 6568; Cass., Sez. Trib., 22 gennaio 2024, n. 2164; Cass., Sez. Trib., 30 maggio 2024, nn. 15162, 15167, 15171, 15173, 15186, 15201 e 15204).
È , dunque, sufficiente l’utilizzazione del bene da parte di un soggetto diverso dall’ente pubblico titolare, mentre risulta indifferente la strumentalità di tale utilizzazione alla realizzazione di un pubblico interesse, in assenza di una specifica ipotesi di esenzione (Cass., Sez. Trib., 22 gennaio 2024, n. 2164).
2.4 Dirimenti, al riguardo, sono le considerazioni spese dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass., Sez. Un, 7 maggio 2020, n. 8628), secondo cui, in aderenza al dettato normativo di cui all’art. 39, come sopra interpretato, in presenza di un atto di concessione o di autorizzazione per individuare il soggetto passivo della TOSAP diventa, infatti, irrilevante indagare a chi sia riconducibile l’interesse privato ritratto dall’occupazione, essendo sufficiente e, anzi, assorbente il rapporto esistente tra
l’ente territoriale e il contribuente autorizzato, quale specifico destinatario dei provvedimenti con cui l’amministrazione territoriale ha allo stesso trasferito, previo controllo della sussistenza dei necessari requisiti, facoltà e diritti sulla cosa pubblica alla stessa riservati.
2.5 A tal riguardo, le concessioni autostradali – nella duplice variante della ‘ concessione di esercizio e di gestione ‘ (artt. 3, comma 1, della legge 21 maggio 1955, n. 463, 16, comma 1, della legge 24 luglio 1961, n. 729, e 5, comma 2, della legge 7 febbraio 1961, n. 59), e della ‘ concessione di solo esercizio ‘ (art. 17, comma 1, della legge 24 luglio 1961, n. 729) sembrerebbero essere attratte nella tipologia della ‘ concessione di lavori ‘ , nella misura in cui il corrispettivo, al pari del rischio operativo, deriva al concessionario esclusivamente dallo sfruttamento dell’opera e, quindi, dalla sua gestione, sebbene si siano manifestate perplessità in merito a questa ricostruzione dogmatica, che hanno indotto a classificare tali concessioni come un ‘ ibrido ‘, giacché esse contengono tanto il profilo della progettazione e della costruzione di nuove infrastrutture, quanto il momento della gestione di un servizio di trasporti. In altri termini, la compresenza di due attività distinte, legate l’una alla costruzione dell’opera, l’altra alla sua gestione, determina per le concessioni autostradali la configurabilità di un regime giuridico ‘ speciale ‘, che è alla base dell’enucleazione di specifiche disposizioni all’interno del c.d. ‘ Codice dei contratti pubblici ‘. Non a caso, l’art. 178 del medesimo d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, ha espressamente dettato ‘ Norme in materia di concessioni autostradali e particolare regime transitorio ‘, a conferma della loro natura sui generis .
Pur con tali peculiarità, la concessione è un contratto a titolo oneroso che ha per oggetto l’affidamento, da parte della stazione appaltante, della esecuzione di lavori o della fornitura e della gestione di servizi in cui il concessionario ricava il corrispettivo ad esso spettante per l’esecuzione del contratto esercitando il diritto a gestire le opere o i servizi e a trattenere i ricavi della gestione, assumendosi i rischi connessi a tale gestione (e principalmente, nella concessione di servizi o in cui la parte relativa ai servizi è prevalente rispetto ai lavori, il rischio derivante dalla domanda del servizio). La concessione, sia di lavori pubblici che di servizi pubblici, si caratterizza, pertanto, per un dato: la remunerazione degli investimenti compiuti dall’operatore economico privato e delle prestazioni rese nell’esecuzione della concessione è costituita dal diritto di gestire funzionalmente ed economicamente il servizio (o i servizi) erogati attraverso le opere pubbliche realizzate (Cons. St., Sez. 5^, 4 febbraio 2022, n. 795). In sostanza, la caratteristica principale della concessione, ossia l’autorizzazione a gestire o sfruttare un’opera pubblica o un servizio pubblico, implica sempre il trasferimento al concessionario di un rischio operativo di natura economica che comporta la possibilità di non riuscire a recuperare gli investimenti effettuati ed i costi sostenuti per realizzare i lavori o i servizi, rischio che non sussiste quando la pubblica amministrazione si obbliga a coprire eventuali perdite occorse nell’esercizio dell’attività nell’interesse pubblico (Cons. St., Ad. Plen., 30 gennaio 2014, n. 7).
Si è, dunque, in presenza di una concessione quando, in base al titolo, l’operatore si assume i rischi economici della gestione del l’opera pubblica o del servizio pubblico, rifacendosi essenzialmente sull’utenza per mezzo della riscossione di un
qualsiasi tipo di canone o tariffa, mentre si sarà in presenza di un contratto di appalto pubblico quando l’onere de ll’opera pubblica o del servizio pubblico venga a gravare sostanzialmente sulla pubblica amministrazione.
La nozione (di fonte unionale) è stata ribadita anche da questa Corte, secondo la quale la caratteristica principale della concessione, ossia l’autorizzazione a gestire o sfruttare un’opera o un servizio, implica sempre il trasferimento al concessionario di un rischio operativo di natura economica che comporta la possibilità di non riuscire a recuperare gli investimenti effettuati ed i costi sostenuti per realizzare i lavori o i servizi, rischio dal quale il concessionario si garantisce rifacendosi essenzialmente sull’ut enza per mezzo della riscossione di un qualsiasi tipo di canone o tariffa (Cass., Sez. 5^, 11 agosto 2020, n. 16889; Cass., Sez. 6^-5, 15 settembre 2021, n. 24977; Cass., Sez. 6^-2, 17 marzo 2022, n. 8692; Cass., Sez. 5^, 12 luglio 2022, n. 22062; Cass. Sez. 3^, 11 aprile 2024, n. 9818; Cass., Sez. Un., 27 agosto 2024, n. 23155).
Ad ulteriore conferma della qualificazione privatistica della società autostradale, si può richiamare anche il principio enunciato da questa Corte, secondo cui, sia in tema di concessione di costruzione e gestione di opera pubblica sia in tema di concessione di servizi pubblici, le controversie relative alla fase esecutiva del rapporto, successiva all’aggiudicazione, sia se implicanti la costruzione (e la gestione) dell’opera pubblica, sia se non collegate all’esecuzione di un’opera pubblica, sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario (Cass., Sez. Un., 13 settembre 2017, n. 21200; Cass., Sez. Un., 18 dicembre 2018, n. 32728; Cass., Sez. Un., 8 luglio 2019, n. 18267; Cass., Sez. Un., 18 dicembre 2019, n. 33691;
Cass., Sez. Un., 28 febbraio 2020, n. 5594; Cass., Sez. Un., 11 marzo 2020, n. 7005; Cass., Sez. Un., 4 luglio 2022, n. 21139; Cass., Sez. Un., 11 marzo 2023, n. 7735; Cass., Sez. Un., 27 giugno 2023, n. 18374; Cass., Sez. Un., 31 ottobre 2023, n. 30267; Cass., Sez. Un., 22 luglio 2024, n. 20088), venendo in rilievo una relazione paritaria di tipo contrattuale co n l’amministrazione statale in ordine all’attuazione del rapporto concessorio.
Parimenti, la giurisprudenza di questa Corte ha costantemente affermato che le società concessionarie per la costruzione e/o la gestione di opera pubblica ovvero per la gestione di servizio pubblico, anche se partecipate (in forma maggioritaria o totalitaria) da enti pubblici, sono soggette allo statuto dell’imprenditore commerciale (artt. 2082 ss. cod. civ.) e, quindi, all’apertura delle procedure concorsuali (artt. 1 ss. del r.d. 16 marzo 1942, n. 267), sottolineando che la circostanza di essere affidatarie di servizi di interesse pubblico o gestori di beni di natura demaniale non crea un rapporto di immedesimazione con l’ente pubblico (tra le tante: Cass., Sez. 1^, 27 settembre 2013, n. 22209; Cass., Sez. 1^, 2 luglio 2018, n. Cass., Sez. 5^, 16 gennaio 2019, n. 956; Cass., Sez. 1^, 22 febbraio 2019, n. 5346; Cass., Sez. 1^, 4 marzo 2022, n. 7260; Cass., Sez. 1^, 28 marzo 2023, n. 8794; Cass., Sez. 1^, 28 aprile 2023, n. 11273).
2.6 Restando sempre alle fattispecie tipizzate dal diritto unionale, la società RAGIONE_SOCIALE non è certamente riconducibile alla figura dell” organismo di diritto pubblico ‘, che gli artt. 2, par. 1, lett. a, della citata direttiva n. 2004/17/CE e 1, comma 9, della citata direttiva n. 2004/18/CE, definiscono come « organismo (…) istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale
o commerciale » (nozione recepita a livello nazionale dall’art. 3, comma 1, lett. d, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50), potendo al più, ove ne ricorrano le condizioni (ma non nella fattispecie in disamina), rientrare tra le ‘ imprese pubbliche ‘, che si configurano, a norma dell’art. 2, comma 1, lett. a, della citata direttiva n. 2004/17/CE, come « le imprese su cui le amministrazioni aggiudicatrici possono esercitare, direttamente o indirettamente, un’influenza dominante perché ne sono proprietarie, vi hanno una partecipazione finanziaria, o in virtù di norme che disciplinano le imprese in questione » (nozione recepita a livello nazionale dall’art. 3, comma 1, lett. t, del citato d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50), essendo caratterizzate dallo svolgimento di attività economica a carattere, per definizione, imprenditoriale e, quindi, qualificata dalla presenza sintomatica dei seguenti indici (che rivelano la qualità di impresa e, al contempo, escludono il carattere non industriale o commerciale dei bisogni): l’agire in normali condizioni di mercato, il perseguimento di uno scopo di lucro e l’assunzione del rischio.
2.7 In questo quadro, perdono evidentemente rilievo, ai fini impositivi, quei profili di asserita divergenza rispetto a quella giurisprudenza amministrativa (Cons. St., Sez. 5^, 22 novembre 2023, nn. 10010, 10011, 10012, 10013, 10014, 10015, 10016, 10017 e 10018; Cons. St., Sez. 5^, 27 novembre 2024, n. 10130), la quale, incidendo ( nell’ ambito del COSAP) sul diverso terreno dei presupposti autoritativi di legittimo esercizio del potere concessorio, ha cura di evidenziare la inconcepibilità del rilascio di una concessione comunale di occupazione in relazione ad un bene ‘ occupante ‘ appartenente al demanio dello Stato (permanendo tale demanialità statale anche nell’ipotesi di gestione lucrativa
dell’infrastruttura), atteso che sempre nell’ottica della disciplina tributaria di cui al d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, come sempre interpretata, da ultimo, anche dalle Sezioni Unite -il presupposto impositivo richiama sì la relazione concessoria, senza, però, al contempo farne elemento imprescindibile, cioè senza escludere che, in assenza di questa (e dunque dei relativi presupposti amministrativi), il tributo debba essere, comunque, corrisposto da chi, anche in linea di fatto (ed anche se in maniera non abusiva), occupi il suolo comunale o provinciale, fatte naturalmente salve le previste esenzioni; con conseguente irrilevanza del fatto che, in forza di un diverso titolo concessorio, l’occupazione si attui attraverso la (o al fine della) gestione economica di un bene pacificamente appartenente al demanio statale.
Diversamente da quanto osservato dalla menzionata giurisprudenza amministrativa, non sembra, dunque, rilevare ai fini impositivi la supremazia dello Stato sul Comune o sulla Provincia, dal momento che questa può, per l’ appunto, interferire, neutralizzandola, sulla necessità di un provvedimento concessorio, ma non sul materializzarsi del presupposto del tributo costituito dal fatto in sé dell’occupazione; a meno che, ben inteso, non si verta di occupazione posta ‘ direttamente ‘ in essere dallo Stato nell’eser cizio di quella supremazia.
Parimenti ininfluenti ai fini di causa devono ritenersi quelle fonti legislative ed amministrative (ad esempio, la legge 21 maggio 1955, n. 463, e la legge 24 luglio 1961, n. 729, riguardanti la realizzazione della rete autostradale, o anche la nota resa dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti il 21 giugno 2023, n. 15776, recante disposizioni secondarie sulle procedure di autorizzazione e realizzazione di infrastrutture pubbliche in
conferenza dei servizi) che regolano le procedure di costruzione della rete auto stradale, così come l’attribuzione allo Stato della relativa proprietà, risultando esse -ancora una volta -indifferenti a quel presupposto; almeno fino a quando non venga dal legislatore affermato ciò che al momento non è (Cass., Sez. Trib., 22 gennaio 2024, n. 2164), cioè l’attrazione (per accessione invertita) allo Stato, per il solo fatto della costruzione del sovrappasso, della proprietà delle sottostanti strade comunali o provinciali occupate.
Né è significativo l’inserimento dell’opera autostradale nello strumento urbanistico generale del Comune, che, secondo il giudice di appello, « riconosce e attua la sottrazione alla disponibilità collettiva della superficie ritenuta soggetta a TOSAP dal Concessionario », confermando che « è stata attribuita una diversa disponibilità collettiva della superficie in quanto il sistema viario comunale è pacificamente integrato con quello della Tangenziale in questione ».
Difatti, è vero che, in base all’art. 7, comma 2, n. 1, della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (c.d. ‘ legge urbanistica ‘), il piano regolatore generale di un ente locale non può prescindere, nella programmazione urbanistica, dalla « rete delle principali vie di comunicazione stradali, ferroviarie e navigabili e dei relativi impianti » (e, quindi, anche dalle infrastrutture autostradali), che sono stati realizzati sul territorio comunale anche per effetto della previsione di fonti superiori, e non può prevedere né imporre opere che siano paesaggisticamente ed urbanisticamente incoerenti con le superiori determinazioni (del resto, secondo la gerarchia delle fonti, le norme primarie prevalgono sugli strumenti urbanistici adottati dagli enti locali con provvedimenti di natura regolamentare), ma si tratta di una mera ed inevitabile conseguenza dell’immanenza dell e
opere autostradali, che non comporta il riconoscimento della perdita della proprietà demaniale né tange il potere impositivo dell’ente locale sugli spazi sovrastanti le strade comunali per effetto della loro apprensione da parte dello Stato (o del suo concessionario).
2.8 Ne consegue che la sentenza impugnata si è discostata da tale indirizzo, ritenendo che: « A norma dell’art. 39 D.Lgs. 507/1993 ‘La tassa è dovuta al comune o alla provincia dal titolare dell’atto di concessione o di autorizzazione o, in mancanza, dall’occupante di fatto, anche abusivo, in proporzione alla superficie effettivamente sottratta all’uso pubblico nell’ambito del rispettivo territorio’. Nel caso di specie deve darsi atto che l’occupazione deriva da un titolo ‘legale’, attribuito direttamente dallo Stato, con una propria legge/atto amministrativo. Si rileva inoltre che il fondamento giustificativo della T.O.S.A.P. viene individuato nella sottrazione di uno spazio pubblico, che un soggetto opera a danno della collettività. In altri termini, il presupposto di applicazione del particolare tributo si realizza quando, attraverso l’occupazione, il soggetto occupante (di fatto o di diritto), limita la disponibilità e la fruizione di uno spazio pubblico, da parte della collettività (cfr. Cass. 1 aprile 2005, n. 6873; Cass. 7 marzo 2002, n. 3363). Da tale principio consegue tuttavia che il presupposto impositivo può realizzarsi concretamente soltanto in relazione a spazi, che sono effettivamente destinati all’uso generalizzato del pubblico. Soltanto in relazione a questi ultimi, infatti, l’occupazione realizzata dal singolo, può determinare una compressione della disponibilità collettiva, restando da verificare se piuttosto sullo spazio in questione non si concretizzi una diversa e financo migliore utilizzazione collettiva. Nel caso di specie lo spazio lo spazio sovrastante la
strada comunale o provinciale non è stato sottratto alla disponibilità generalizzata, per volontà della società autostradale, è lo Stato stesso ad aver stabilito e deciso la costruzione delle autostrade, utilizzando determinati spazi ed aree, per offrire e realizzare compiutamente un pubblico servizio a favore della collettività. Per decisione dello Stato, dunque, determinati spazi ed aree sono stati sottratti – con apposita previsione legislativa (cogente anche per l’ente locale, che ad essa ha dovuto adeg uarsi) all’uso generalizzato, al fine di essere destinati alla realizzazione del servizio pubblico autostradale (Decreto del Ministro dei Lavori Pubblici n. 2004 del 2 luglio 1969). La successiva occupazione con le strutture autostradali (ponti, cavalcavia) interviene quindi quando è già stata definita la diversa utilizzazione del bene comunale e la eventuale compressione della utilizzazione generalizzata del bene (nel caso di specie il soprassuolo del sedime stradale) avviene per motivi di interesse generale. Da aggiungere che nel caso specifico, sulla base della documentazione urbanistica versata in giudizio, risulta che la superficie del tratto di viabilità locale che sottopassa la tangenziale non è stata normata, è attribuita alla viabilità prevalente (tangenziale) ed è priva di qualsiasi altra destinazione d’uso (quale ad esempio la capacità edificatoria, aree di verde attrezzato, ecc). È lo stesso Piano Regolatore Generale del Comune di Collegno che riconosce e attua la sottrazione alla disponibilità collettiva della superficie ritenuta soggetta a TOSAP dal Concessionario anzi per meglio precisare è stata attribuita una diversa disponibilità collettiva della superficie in quanto il sistema viario comunale è pacificamente integrato con quello della Tangenziale in questione ».
Il ricorso incidentale è affidato a due motivi.
4. Con il primo motivo (indicato in controricorso come ‘ B1 ‘), si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 115, primo comma, e 167 cod. proc. civ., nonché degli artt. 2 del d.lgs. 30 aprile 1992 n. 285, 38, commi 3 e 4, del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, e 22, comma 1, della legge 20 marzo 1865, all. f, in relazione a ll’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado -posto che il riconoscimento in suo favore dell’appartenenza dell’area occupata da parte del giudice di prime cure non era stato contestato dalla controparte -che l ‘ area medesima apparteneva al demanio comunale. A suo dire, invece: « (…) affinché una strada possa essere classificata comunale, non ne è sufficiente l’uso pubblico (il c.d. transito) ma, tale uso deve essere accompagnato da un valido titolo di proprietà del suolo o da un diritto di servitù pubblica, in base ad un atto idoneo a trasferire il dominio od a costituire la servitù: appartenenza all’ente pubblic o ( quoad proprietatem ) e destinazione all’uso pubblico ( quoad usum ). Ne consegue che, contrariamente a quanto afferma la sentenza impugnata, la proprietà dei terreni su cui insiste la strada non è affatto irrilevante: l’accertamento in ordine alla natura ‘pubblica’ e alla titolarità di una strada presuppone necessariamente l’esistenza di un atto o di un fatto in base al quale la proprietà del suolo su cui essa sorge sia di proprietà di un ente pubblico territoriale, ovvero che a favore del medesimo ente sia stata costituita una servitù di uso pubblico e che la stessa sia destinata all’uso pubblico con una manifestazione di volontà espressa o tac ita dell’ente medesimo, senza che sia sufficiente a tal fine l’esplicarsi di fatto del transito del pubblico né la mera previsione programmatica della sua destinazione a strada pubblica o l’intervento di atti di riconoscimento da parte
dell’amministrazione medesima circa la funzione da essa assolta » (alla pagina 19 del controricorso).
4.1 Il predetto motivo è infondato.
4.2 Preliminarmente, si rileva che, a fronte dell’inciso affermato dal giudice di prime cure nel senso che: « In sostanza parte convenuta non ha contestato la circostanza che il terreno di cui trattasi risulta interamente di proprietà di RAGIONE_SOCIALE (circostanza da ritenersi pacifica ai sensi dell’art. 115 comma 1 c.p.c., come modificato dalla legge n. 69/09) ma si è limitata ad affermare la assoggettabilità al pagamento della tassa anche per le occupazioni effettuate su aree private sulle quali risulta costituita, nei modi e nei termini di legge, la servitù di pubblico passaggio, trascurando però il fatto che l’area privata assoggettata alla servitù di passaggio risulta di proprietà dello stesso soggetto dal quale si pretende il pagamento dell’imposta » (stralcio riportato alla pagina 17 del controricorso), la concessionaria per l’accertamento, la liquidazione e la riscossione della RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello principale anche su tale questione, come si evince dall’esposizione degli antefatti processuali nella sentenza impugnata, laddove si riporta che: « Propone appello RAGIONE_SOCIALE deducendo violazione dell’art. 38, comma 4 e 49, comma 1, lett. a) D.Lgs 507/1993 e art. 2 Codice della Strada e omessa pronuncia sulle eccezioni formulate e in particolare dell’applicabilità dell’art. 38, comma 4 che dispone come il suolo delle strade comunali appartenga al Comune ».
Il che esclude a monte la formazione di un eventuale giudicato interno, che, peraltro, sarebbe precluso in relazione a ll’ accertamento incidentale del giudice tributario su « questione da cui dipende la decisione delle controversie rientranti nella propria giurisdizione » (come, per l’appunto, nel
caso della proprietà demaniale dell’immobile ai fini della TOSAP -Cass., Sez. Un., 29 aprile 2003, n. 6631; Cass., Sez. Un., 24 febbraio 2012, n. 2814; Cass., Sez. 5^, 5 settembre 2012, n. 14873) ex art. 2, comma 3, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.
Aggiungasi che l ‘om issione di una specifica contestazione in primo grado non esclude la possibilità di proporre appello, in quanto la contestazione della legittimazione passiva (da intendersi come titolarità del rapporto controverso) è mera difesa e può essere proposta in ogni stato e grado del giudizio (Cass., Sez. 6^-3, 12 febbraio 2021, n. 3765; Cass., Sez. 5^, 18 giugno 2021, n. 17477; Cass., Sez. 1^, 16 maggio 2022, n. 15500 ), anche d’ufficio, se risulta dagli atti di causa ( Cass., Sez. Un., 16 febbraio 2016, n. 2951; Cass., Sez. 6^-5, 28 luglio 2017, nn. 18914, 18915, 18916 e 18917; Cass., Sez. 5^, 23 ottobre 2019, n. 27099; Cass., Sez. Trib., 9 agosto 2023, n. 24327; Cass., Sez. Trib., 21 giugno 2024, n. 17237), a meno che non vi sia un giudicato espresso in senso contrario. 4.3 Quanto alla presunta ‘ non contestazione ‘ della proprietà della contribuente sull’area occupata, valgano le seguenti considerazioni.
Come è stato già precisato da questa Corte, la ‘ non contestazione ‘, assurta dopo la novellazione dell’art. 115 cod. proc. civ. (da parte dell’art. 45, comma 14, della legge 18 giugno 2009, n. 69), a principio generale del processo, e come tale suscettibile di essere applicato anche nel giudizio tributario, seppure al netto della specificità dettata dalla non disponibilità dei diritti controversi nel processo de quo , concerne esclusivamente il piano (probatorio) dell’acquisizione del fatto non contestato, ove il giudice non sia in grado di escluderne l’esistenza in base alle risultanze ritualmente
assunte nel processo; inoltre, va altresì considerato che il principio di non contestazione, applicabile anche al processo tributario, trova qui, comunque, un limite strutturale insito nel fatto che l’avviso di accertamento (o di rettifica) non è l’atto introduttivo del processo, quanto piuttosto l’oggetto (immediato), per lo meno nei casi in cui venga in questione la pretesa fiscale in esso riportata, sicché la cognizione del giudice è limitata dai profili che siano stati contestati col ricorso, e anche laddove, in base all’art. 23 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, l’attenzione sia rivolta alle difese dell’amministrazione pubblica resistente, e si intenda sottolineare che la parte resistente deve all’atto della costituzione in giudizio esporre « le sue difese prendendo posizione sui motivi dedotti dal ricorrente », indicando « le prove di cui intende valersi » e proponendo « altresì le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio », non per questo può trascurarsi che l’amministrazione fonda la pretesa su un atto preesistente al processo, nel quale i fatti costitutivi sono stati già allegati in modo ovviamente difforme da quanto ritenuto dal contribuente; ne consegue che l’onere di completezza della linea di difesa, che in concreto si desume dal suddetto art. 23, per quanto interpretato in coerenza col principio di non contestazione oggi desumibile dall’art. 115 cod. proc. civ., non può essere considerato come base per affermare esistente, in capo all’amministrazione, un onere aggiuntivo di allegazione rispetto a quanto già dedotto nell’atto impositivo (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 6 febbraio 2015, n. 2196; Cass., Sez. 5^, 18 maggio 2018, n. 12287; Cass., Sez. 5^, 23 luglio 2019, n. 19806; Cass., Sez. 5^, 13 ottobre 2020, n. 22015; Cass., Sez. 5^, 22 giugno 2021, n. 17698; Cass., Sez. Trib., 7 dicembre 2022, n. 36028; Cass., Sez. Trib., 27 dicembre 2022, n.
37844; Cass., Sez. Trib., 14 giugno 2023, n. 16984; Cass., Sez. Trib., 8 agosto 2024, n. 22526; Cass., Sez. Trib., 4 ottobre 2024, n. 26019).
Pertanto, la carente presa di posizione della concessionaria per l’accertamento, la liquidazione e la riscossione della TOSAP sulla rivendicazione della proprietà dell’area occupata da parte della contribuente non può equivalere ad una sorta di tacito riconoscimento della sua appartenenza, dovendo altrimenti escludersi la sussistenza stessa del presupposto impositivo (per d ifetto dell’occupazione di un’area comunale).
4.4 Ciò detto, pur avendo concluso per l’esclusione della spettanza del tributo in base ad ulteriori ragioni, con il riconoscimento dell’appartenenza dell’area occupata al demanio comunale, il giudice di appello si è uniformato sul punto all’orientamento di questa Corte, secondo cui l a costruzione della rete autostradale prevista ed approvata con provvedimenti legislativi non ha comportato automaticamente il trasferimento della proprietà delle strade interessate allo Stato ed il conseguente passaggio di quelle comunali e provinciali al demanio statale, tenuto conto che l’art. 11 della legge 24 luglio 1961, n. 729, prevedeva l’esecuzione di procedure espropriative per la realizzazione delle opere necessarie per la costruzione delle autostrade previste dalla predetta legge, mentre l’art. 12, comma 4, della medesima legge, nel prevedere che gli enti proprietari potevano prescrivere esclusivamente le cautele da osservare e le opere provvisionali da eseguire durante la costruzione delle opere, conferma la possibile appartenenza del tratto di strada ad amministrazioni diverse dallo Stato, quali gli enti territoriali. Del resto, l’art. 822 cod. civ. prevede che le strade, le autostrade e le strade ferrate fanno parte del demanio pubblico
se appartengono allo Stato e, cioè, rientrano nel demanio pubblico statale meramente eventuale, il che non esclude, quindi, che la strada su cui insiste il cavalcavia dell’autostrada appartenga ad altro ente (da ultime: Cass., Sez. Trib., 22 gennaio 2024, n. 2164; Cass., Sez. Trib., 23 gennaio 2024, n. 2255; Cass., Sez. Trib., 25 gennaio 2024, n. 2395; Cass., Sez. Trib., 30 maggio 2024, nn. 15162, 15167, 15171, 15173, 15186, 15201, 15204).
Occorre, quindi, distinguere la proprietà della strada su cui insiste il pontone o cavalcavia dell’autostrada da quella di quest’ultimo manufatto: la prima resta di titolarità dell’ente territoriale, in assenza di un atto di trasferimento, pur essendo la seconda di proprietà statale. Non si configura, infatti, una ipotesi di accessione invertita a favore dello Stato, che non è contemplata dalla legge (Cass., Sez. Trib., 22 gennaio 2024, n. 2164).
A ogni modo, non è conferente il riferimento concernente l’appartenenza dell’autostrada al demanio statale ex art. 822 cod. civ ., ed è altresì marginale e priva di decisività l’indagine sulla effettiva proprietà del tratto autostradale che occupa, per proiezione, la strada comunale sottostante, atteso che la dedotta proprietà statale dell’autostrada e così del viadotto non interferisce con la circostanza secondo cui, nel periodo di durata della concessione, la società dispone del viadotto, per la relativa gestione quale concessionaria, e per ciò solo essa realizza la condotta di « occupazione » del sottostante suolo provinciale o comunale (Cass., Sez. Trib., 26 gennaio 2024, n. 2521).
4.5 Difatti, in linea di principio, sul piano civilistico, per quanto concerne le strade, vale il regime generale del l’art. 840 c od. civ., con estensione usque ad sideras et ad inferos della relativa
proprietà, da nulla risultando che alla proprietà pubblica si applichi, sul punto, un regime diverso da quello della proprietà privata (Cass., Sez. 2^, 3 aprile 2023, n. 9157). Rimane, tuttavia, fermo che l’art. 840 c od. civ. si riferisce al sottosuolo, nel significato comune della parola, che indica lo strato sottostante alla superficie del terreno, ossia la zona esistente in profondità al di sotto dell’area superficiale del piano di campagna . La nozione, quindi, non comprende l’area di sedime sottostante una strada pubblica in corrispondenza di un ponte o di un viadotto. In questo caso, qualora la proprietà pubblica del suolo non risulti positivamente, si tratta di stabilire se sia operante la presunzione iuris tantum di demanialità delle aree accessorie alle strade pubbliche, quali pertinenze stradali (Cass., Sez. 2^, 3 aprile 2023, n. 9157), che, peraltro, non può operare in relazione all’area occupata dal percorso di un’altra strada pubblica.
Inoltre, la presunzione di demanialità, che è stabilita dall’art. 22 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, non si riferisce ad ogni area comunicante con la strada pubblica, ma solo a quelle che, per l’immediata accessibilità, integrano la funzione viaria della rete stradale, in guisa da costituire pertinenza della strada; nelle altre ipotesi, invece, affinché un’area privata venga a far parte del demanio, è necessario che essa sia destinata all’uso pubblico e che sia intervenuto un atto o un fatto che ne abbia trasferito il dominio alla pubblica amministrazione (Cass., Sez. 2^, 2 febbraio 2017, n. 2795; Cass., Sez. 2^, 21 maggio 2018, n. 12497; Cass., Sez. 2^, 3 aprile 2023, n. 9157; Cass., Sez. 1^, 17 luglio 2024, n. 19784).
Per cui, si deve escludere qualsiasi apprensione allo Stato del tratto di strada comunale che sia perpendicolarmente
sottostante al viadotto autostradale. A maggior ragione, quindi, non si può ammettere un’acquisizione per interposta persona a favore della concessionaria dell’autostrada , che non opera quale longa manus dello Stato (Cass., Sez. Trib., 25 gennaio 2024, n. 2463).
4.6 Secondo l’ iter argomentativo della sentenza impugnata: « Quanto alla motivazione della sentenza, che ritiene che la occupazione del soprassuolo del sedime stradale sia avvenuta su terreno di proprietà della concessionaria ATIVA e pertanto non può essere fonte di imposizione fiscale nei suoi confronti, essa è da riformare accogliendo sul punto il motivo di appello del Concessionario che fornisce la prova della legittimità della pretesa impositiva, in quanto essa non si estende alle porzioni di terreno circostanti la viabilità comunale, ma è limitata alla porzione di cavalcavia la cui proiezione a terra ricade interamente (ed esclusivamente) sulla porzione della strada comunale denominata INDIRIZZO, sulla quale è pacifico che si realizza la viabilità comunale, e che pertanto è strada pubblica comunale per effetto di quanto previsto dall’articolo 2, d.lgs. 30.04.1992, n.285, nonché dall’articolo 38, commi 3 e 4, d. lgs. 15.11.1993, n.507, ma anche dall’ancora vigente articolo 22, comma 1, legge 20.03.1865, allegato F, che prevede espressamente che <> e ciò indipendentemente dalla proprietà dei mappali di terreno che includono tale strada. La proprietà comunale deriva quindi direttamente dalla legge ed è indifferente a vendite e acquisizioni successivamente intervenute ».
4.7 Secondo la censura della controricorrente: « A prescindere dalla predetta violazione del principio di non contestazione, la sentenza impugnata erra però anche nella parte in cui afferma
in capo al Comune la titolarità della porzione di area interferita (adibita a strada) sulla base del disposto degli artt. 2, d.lgs. 30.4.1992 n.285, 38, commi 3 e 4, d.lgs. 15.11.1993, n.507 e 22, comma 1, legge 20.3.1865 allegato F » (alla pagina 18 del controricorso). Inoltre, a suo dire, « l’errore in cui incorre la sentenza impugnata è quello di ritenere la proprietà dell’area interferita (quella su cui insiste l’impronta del viadotto) in capo al Comune, ‘indipendentemente dalla proprietà dei mappali di terreno che includono tale strada’ (c osì si legge a pag. 19 della sentenza impugnata), per il semplice fatto che gli artt. 2, d.lgs. 30.4.1992 n.285, e 22, comma 1, legge 20.3.1865 allegato F affermano che ‘è di proprietà dei comuni il suolo delle strade comunali’ » , non tenendo, altresì, conto che « viene in considerazione il recente disposto dell’art. 49 comma 5 del D.L. 76/2020 convertito dalla legge 120/2020 (Decreto Semplificazioni), avente palese natura ricognitiva di una situazione già esistente, che assegna all’ente proprietario della strada superiore la titolarità della parte di strada interferita » (alla pagina 20 del controricorso).
4.8 Sicuramente, non è significativo il richiamo alla previsione dell’art. 2 del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, secondo cui: « Le strade urbane (…) sono sempre comunali quando siano situate nell’interno dei centri abitati, eccettuati i tratti interni di strade statali, regionali o provinciali che attraversano centri abitati con popolazione non superiore a diecimila abitanti », giacché tale disposizione si riferisce alla diversa ipotesi di ‘ incrocio ‘ sul medesimo livello (o a raso) di strade situate alla medesima altezza, ma appartenenti ad enti diversi, che ai fini della TOSAP è espressamente regolamentata dall’art. 38, comma 4, del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507 (a tenore del quale: « 4. Le occupazioni realizzate su tratti di strade statali o provinciali che
attraversano il centro abitato di Comuni con popolazione superiore a diecimila abitanti sono soggette all’imposizione da parte dei Comuni medesimi »), non avendo alcuna attinenza con la fattispecie eterogenea dell’occupazione del soprassuolo inerente alla strada comunale.
4.9 Né la previsione dell’art. 25, comma 1 -ter , lett. a, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, come introdotto dall’art. 49, comma 5, del d.l. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, contraddice in alcun modo la ricostruzione della permanenza della proprietà comunale sulla strada sottostante il viadotto autostradale.
Difatti, sancendo che « le strutture dei sottopassi e sovrappassi di strade di tipo A e B con strade di tipo inferiore, comprese le barriere di sicurezza nei sovrappassi, sono di titolarità degli enti proprietari delle strade di tipo A e B, anche quando tali enti rilasciano la concessione all’attraversamento », tale disposizione -che regolamenta la c.d. ‘ intersezione ‘ a livelli sfalsati di strade situate a diverse altezze – riconosce la sola appartenenza dei sottopassi o sovrappassi delle strade di tipo A (autostrade) e B (strade extraurbane principali) agli enti indicati dall’art. 2, comma 5, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (tra i quali, lo Stato), escludendo ogni incidenza sull’appartenenza delle strade di tipo inferiore, vale a dire quelle di tipo C (strade extraurbane secondarie), D (strade urbane di scorrimento), E (strade urbane di quartiere), Ebis (strade urbane ciclabili), F (strade locali) e Fbis (itinerari ciclopedonali), la cui proprietà rimane ferma in capo agli enti d’origine.
Analogamente, il d.m. 30 novembre 2021, n. 485, contenente in allegato, « in relazione agli attraversamenti tra le strade di tipo A o di tipo B statali e le strade di classificazione inferiore
ai sensi dell’articolo 2 del Codice della strada (…), l’elenco delle strutture delle opere d’arte dei sottopassi e sovrappassi, comprese le barriere di sicurezza nei sovrappassi, con l’indicazione dei relativi enti titolari, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 25, commi 1 -bis e 1-ter, del medesimo Codice della strada », si riferisce alla esclusiva proprietà dei sovrappassi, ma non anche alla proprietà delle sottostanti strade di tipo inferiore, che continuano ad appartenere agli enti d’origine (al par i dell’inerente soprassuolo).
4.10 Quanto alla previsione dell’ancora vigente art. 22, comma 1, della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, secondo cui « è proprietà dei Comuni il suolo delle strade comunali », si tratta di disposizione contenente una presunzione iuris tantum di demanialità comunale delle strade rientranti nel centro abitato, che ammette la prova contraria, ancorché circoscritta all’esistenza di consuetudini (che escludano la demanialità per il tipo di aree di cui faccia parte quella considerata), o di convenzioni che attribuiscano la proprietà a soggetto diverso dal Comune, ovvero alla preesistente natura privata della proprietà dell’area in contestazione (Cass., Sez. 2^, 3 aprile 2023, n. 9157).
Per cui, nella valutazione del materiale probatorio, il giudice di appello ha correttamente privilegiato la presunzione legale (art. 2728 cod. civ.) derivante dalle norme succitate rispetto alla presunzione semplice (art. 2729 cod. civ.) derivante dalle risultanze catastali, dal momento che, se è vero che la presunzione di demanialità delle strade rientranti nel territorio comunale ex art. 22, comma 1, della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, ha carattere relativo e non assoluto (Cass., Sez. 1^, 15 luglio 2020, n. 15033; Cass., Sez. 3^, Cass., Sez. 6^3, 6 ottobre 2021, n. 27054), l’accertamento dell’esistenza,
della sufficienza e della rilevanza della prova contraria implica una tipica indagine di fatto, istituzionalmente attribuita dalla legge al giudice di merito ed irrimediabilmente preclusa al giudice di legittimità (Cass., Sez. 5^, 12 aprile 2004, n. 238; Cass., Sez. 1^, 15 luglio 2020, n. 15033; Cass., Sez. 2^, 3 aprile 2023, n. 9157).
Si rammenta, infatti, che, in tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. (sotto il profilo del risultato probatorio), occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), e cioè, sia quando la motivazione si basi su mezzi di prova mai acquisiti al giudizio, sia quando da una fonte di prova sia stata tratta un’informazione che è impossibile ricondurre a tale mezzo, a condizione che il ricorrente assolva al duplice onere di prospettare l’assoluta impossibilità logica di ricavare dagli elementi probatori acquisiti i contenuti informativi individuati dal giudice e di specificare come la sottrazione al giudizio di detti contenuti avrebbe condotto a una decisione diversa, non già in termini di mera probabilità, bensì di assoluta certezza, mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 cod. proc. civ. (Cass., Sez. Un., 30 settembre 2020, n. 20867; Cass., Sez. 5^, 17 dicembre 2020, n. 28940; Cass., Sez. 5^, 9 giugno 2021, n. 16016; Cass., Sez. 6^-5, 9 dicembre 2021, n. 39057; Cass., Sez. 5^, 15
dicembre 2021, n. 40214; Cass., Sez. 5^, 24 marzo 2022, n. 9541; Cass., Sez. Trib., 31 agosto 2023, n. 25518; Cass., Sez. Trib., 31 ottobre 2023, n. 30303; Cass., Sez. 2^, 31 ottobre 2024, n. 28116), la cui violazione è censurabile in sede di legittimità solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo ” prudente apprezzamento “, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (Cass., Sez. Un., 30 settembre 2020, n. 20867; Cass., Sez. 5^, 9 giugno 2021, n. 16016; Cass., Sez. Trib., 27 ottobre 2023, n. 29956; Cass., Sez. 2^, 20 ottobre 2024, n. 27585).
Con il secondo motivo (indicato in controricorso come ‘ B2 ‘), si denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 7 della legge 27 agosto 2000, n. 212, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che l’impugnato avviso di accertamento era munito di adeguata motivazione. A suo dire: « Tale atto (…) si limita ad affermare la sussistenza del presupposto impositivo per l’applicazione del tributo per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (T.O.S.A.P.) su mq.
453, senza fornire alcun valido supporto probatorio in merito all’esistenza effettiva del presupposto impositivo. Nemmeno in premessa l’ente accertatore ritiene di spiegare i motivi che hanno determinato l’emanazione dell’avviso di accertamento . (…) Nessun elemento oggettivo sulle modalità tecniche di determinazione dell’imponibile, con riferimento alla lunghezza/estensione della strada comunale di proprietà, eventualmente occupata. Soltanto l’indicazione di una tariffa (nessuna indicazione dell’eventuale categoria) di € 19,33/mq. moltiplicata per un’area di 453 mq., determinati in qualche maniera (quale e quando?) … ! Nemmeno una sola parola sull’effettiva concreta sottrazione all’uso pubblico dello spazio/superficie, necessariamente richiesta dall’art. 39 D.Lgs. 507/1993 » (alle pagine 22 e 23 del controricorso).
5.1 Il predetto motivo è inammissibile e, comunque, infondato. 5.2 Per il primo aspetto, lamentando la carenza di un « valido supporto probatorio in merito all’esistenza effettiva del presupposto impositivo » (alla pagina 23 del controricorso), il mezzo incorre in una palese confusione tra la ‘ motivazione ‘ dell’avviso di accertamento, che è finalizzata alla conoscenza da parte del contribuente degli elementi di fatto e delle ragioni di diritto della pretesa impositiva , e la ‘ prova ‘ della pretesa impositiva (o della sua infondatezza), che va riferita al documento, quale mezzo da far valere nel processo.
Questa distinzione tra piano della motivazione e piano della prova trova conferma normativa nel l’ art. 7, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (nel testo novellato dall’art. 1, comma 1, lett. f, del d.lgs. 30 dicembre 2023, n. 219), che, mentre richiede l’allegazione dell’atto a cui l’avviso si riferisce, sempre che non sia già stato portato a conoscenza dall’interessato o l’avviso ne riproduca il contenuto essenziale,
prevede soltanto l’indicazione dei mezzi di prova, che potranno essere prodotti o acquisiti nell’eventuale processo a seguito dell’impugnazione dell’atto impositivo (in termini: Cass., Sez. Trib., 25 marzo 2024, n. 8016).
5.3 Per il secondo aspetto, secondo la laconica motivazione del giudice di appello (che, comunque, non è stata oggetto di specifica censura in sede di legittimità): « Il motivo è da respingere gli elementi essenziali dell’accertamento sono stati indicati ».
5.4 Ora, in base alla trascrizione fattane in controricorso (secondo il canone dell’autosufficienza), l’avviso di accertamento n. 113/2012 ha contestato al contribuente l’occupazione mediante un ‘ ponte autostradale ‘ del soprassuolo corrispondente al percorso stradale di INDIRIZZO nel Comune di Collegno (TO) per un tratto esteso mq. 453 ed ha liquidato la TOSAP per l’anno 2012 nella misura unitaria di € 19,33/mq per un totale di € 8.756,49, oltre ad interessi mora tori nella misura di € 583,84, sanzioni amministrative (per omessa denuncia ed omesso versamento) nella misura di € 11.383,44 e spese di notifica nella misura di € 11,00, per un ammontare complessivo di € 20. 735,00 (con un arrotondamento di € 0, 23).
Tali informazioni sono conformi alle prescrizioni dell’art. 51, comma 2, del d.lgs. 30 dicembre 1993, n. 507, a tenore del quale: « Il Comune o la Provincia provvede all’accertamento in rettifica delle denunce nei casi di infedeltà, inesattezza ed incompletezza delle medesime, ovvero all’accertamento d’ufficio nei casi di omessa presentazione della denuncia. A tal fine emette apposito avviso di accertamento motivato nel quale sono indicati la tassa, nonché le soprattasse e gli interessi liquidati e il termine di sessanta giorni per il pagamento »;
nonché degli artt. 46, comma 1, e 47, comma 1 e comma 2, a tenore dei quali, rispettivamente: « 1. Le occupazioni del sottosuolo e del soprassuolo stradale con condutture, cavi, impianti in genere ed altri manufatti destinati all’esercizio e alla manutenzione delle reti di erogazione di pubblici servizi, compresi quelli posti sul suolo e collegati alle reti stesse, nonché con seggiovie e funivie sono tassate in base ai criteri stabiliti dall’art. 47 »; « 1. La tassa per le occupazioni del sottosuolo e del soprassuolo stradale di cui all’art. 46 è determinata forfetariamente in base alla lunghezza delle strade comunali o provinciali per la parte di esse effettivamente occupata, comprese le strade soggette a servitù di pubblico passaggio, secondo i criteri indicati nel comma 2. 2. La tassa va determinata in base ai seguenti limiti minimi e massimi: strade comunali, da lire 250.000 a lire 500.000 per km lineare o frazione; – strade provinciali, da lire 150.000 a lire 300.000 per km lineare o frazione ».
Per cui, essendo consentito ricostruire ex post i presupposti fattuali e le ragioni giuridiche della pretesa impositiva, la sentenza impugnata ha valutato che la previsione dell’art. 7, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212, possa considerarsi rispettata.
5.5 Aggiungasi che il riferimento dell’art. 47 alla « lunghezza delle strade comunali o provinciali » ed al « km lineare », deve essere sistematicamente coordinato con le disposizioni degli artt. 39 e 42, commi 4 e 5, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 507, – secondo cui, rispettivamente: « La tassa è dovuta al Comune o alla Provincia dal titolare dell’atto di concessione o di autorizzazione o, in mancanza, dall’occupante di fatto, anche abusivo, in proporzione alla superficie effettivamente sottratta all’uso pubblico nell’ambito del rispettivo territorio»; « 4. La
tassa si determina in base all’effettiva occupazione, espressa in metri quadrati o in metri lineari con arrotondamento all’unità superiore della cifra contenente decimali. Non si fa comunque luogo alla tassazione delle occupazioni che in relazione alla medesima area di riferimento siano complessivamente inferiori a mezzo metro quadrato o lineare. 5. Le superfici eccedenti i mille metri quadrati, per le occupazioni sia temporanee che permanenti, possono essere calcolate in ragione del 10 per cento » -ove l’e spressa menzione della « superficie » e dei « metri quadrati » lascia intendere che la determinazione del quantum debeatur deve essere rapportata alle dimensioni (lunghezza e larghezza) dell’occupazione in relazione alla consistenza dell’opera realizzata.
Peraltro, a ttenendosi alla disciplina legislativa, anche l’art. 14, comma 1, del regolamento comunale TOSAP ribadisce che: « La tassa è commisurata alla superficie occupata, espressa in metri quadrati o in metri lineari ».
In conclusione, alla stregua delle suesposte argomentazioni, valutandosi la fondatezza del motivo del ricorso principale e l’ inammissibilità/infondatezza dei motivi del ricorso incidentale, il ricorso principale può trovare accoglimento, mentre il ricorso incidentale deve essere respinto; la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al ricorso accolto con rinvio della causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte (ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. a, della legge 31 agosto 2022, n. 130), in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della controricorrente/ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello previsto per il ricorso incidentale, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale e rigetta il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della controricorrente/ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale, se dovuto.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 22 ottobre