Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4854 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4854 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 25/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12577/2021 R.G. proposto da :
AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE con gli NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOMEcontroricorrente- avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sardegna n. 108/2021 depositata il 26/02/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con distinti ricorsi, RAGIONE_SOCIALE impugnava gli avvisi di accertamento per gli anni di imposta 2011 e 2012, con i quali si richiedeva, rispettivamente, una maggiore IRES per € 73.667,16 ed € 75.243,72, con recupero a tassazione, quali componenti negativi di reddito indeducibili, delle somme relative ad accantonamenti per il trattamento di fine mandato del presidente del consiglio di amministrazione, eccedenti la misura del compenso annuale diviso 13,5, misura prevista dall’art. 2120 c.c. per il trattamento di fine rapporto dei lavoratori dipendenti, che l’Ufficio
riteneva assimilabile, ex art. 105 c. 4 TUIR, a quello di fine mandato degli amministratori di società.
La CTP di Oristano, riuniti i ricorsi, li rigettava.
La pronuncia di primo grado veniva riformata dalla CTR della Sardegna che, con la sentenza indicata in epigrafe, accoglieva le tesi della società contribuente, affermando che, non esistendo una norma che obblighi le società a dedurre le predette quote nelle forme e nei limiti previsti per i lavoratori dipendenti, non è preclusa la deducibilità delle quote di accantonamento al TFM per importi superiori al compenso annuo degli amministratori diviso per 13,5, ponendosi come unico presupposto che l’ammontare del TFM sia certo, determinato e che riporti una data certa anteriore all’inizio del rapporto.
Avverso la predetta sentenza ricorre, con unico motivo, l’Agenzia delle entrate e resiste, con controricorso, la società contribuente.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso l’Amministrazione finanziaria lamenta, in relazione all’art. 360, comma 1. n. 3 c.p.c., la «Violazione degli artt. 17, c. 1, lett. c) nonché 50 c. 1 lett. c-bis e 105 c. 4 TUIR – Violazione dell’art. 2389 c.c. e falsa applicazione dell’art. 2120 c.c.», non ritenendo condivisibile la tesi affermata dalla CTR, pur in adesione ad orientamento di questa Corte di cassazione.
Il motivo è infondato.
2.1. Questa Corte, con orientamento al quale si intende dare continuità (di recente confermato da Cass. n. 15966 del 07/06/2024), ha escluso che, in mancanza di una norma che obblighi le società a provvedere all’ammortamento delle quote del trattamento di fine mandato degli amministratori nelle forme previste per i lavoratori dipendenti, possa applicarsi l’art. 2120 cod. civ., dettato per questi ultimi (Cass. 29/08/2022, n. 25435; Cass. 06/11/2020, n. 24848). Si è precisato che tale assunto è in linea
con l’ulteriore principio affermato in tema di redditi di impresa, in base al quale, in ragione del combinato disposto degli artt. 17, comma 1, lett. c), e 105 t.u.i.r., possono essere dedotte in ciascun esercizio, secondo il principio di competenza, le quote accantonate per il trattamento di fine mandato, previsto in favore degli amministratori delle società, purché la previsione di detto trattamento risulti da un atto scritto avente data certa anteriore all’inizio del rapporto, che ne specifichi anche l’importo: in mancanza di tali presupposti trova applicazione il principio di cassa, come disposto dall’art. 95, comma 5, t.u.i.r. che stabilisce la deducibilità dei compensi spettanti agli amministratori delle società nell’esercizio nel quale sono corrisposti (Cass. 10/07/2023, n. 19445, Cass. 19/10/2018, n. 26431).
2.2. La sentenza impugnata si è attenuta ai richiamati principi.
2.3. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna della ricorrente al rimborso, in favore della società controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano come in dispositivo.
Rilevato che risulta soccombente l’Agenzia delle Entrate, ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. n. 30 maggio n. 115, art. 13 comma 1quater (Cass. 29/01/2016, n. 1778).
P.Q.M .
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 5.600,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 04/02/2025.
La Presidente
NOME COGNOME