Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20217 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 20217 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/07/2025
Oggetto: Tributi –
Accertamento – IVA – Territorialità
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 27108/2018 R.G. proposto da Agenzia delle entrate , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del rappresentante fiscale pro tempore, NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME come da procura speciale in calce alla memoria di sostituzione e contestuale costituzione di nuovo difensore;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Liguria n. 180/02/2018, depositata il 26.02.2018.
Udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME all’udienza pubblica del 25 marzo 2025;
Sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. NOME COGNOME il quale, riportandosi alle conclusioni scritte, ha chiesto il rigetto del ricorso.
Sentiti, per l’Agenzia delle entrate, l’avvocato dello Stato NOME COGNOME e, per la parte controricorrente, l’avvocato NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La CTP di Genova accoglieva il ricorso della RAGIONE_SOCIALE avverso il provvedimento con cui l’Agenzia delle Entrate aveva recuperato l’IVA relativa all’anno d’imposta 2008, riguardante tre fatture emesse dalla RAGIONE_SOCIALE in relazione alle quali l’Ufficio aveva disconosciuto le condizioni per l’assoggettamento ad IVA, in quanto considerate prestazioni di consulenza ed assistenza tecnica e legale (art. 7, comma 4, lett. d) del d.P.R. n. 633 del 1972) e, quindi, fuori campo IVA per mancanza del requisito della territorialità, essendo state rese da soggetto comunitario (la RAGIONE_SOCIALE) privo di una stabile organizzazione in Italia; altre fatture riguardavano la riparazione di un autoveicolo, l’ affitto di locale ad uso archivio e l’ affitto di locali per convegni, riunioni e dimostrazioni commerciali, ritenute relative a costi non inerenti.
La Commissione tributaria regionale della Liguria rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, rilevando che:
-le operazioni contestate erano imponibili IVA, per cui l’imposta era stata correttamente portata in detrazione;
in particolare, per quanto riguardava le fatture emesse dalla RAGIONE_SOCIALE, per la natura del rapporto intercorso con la RAGIONE_SOCIALE e per l’oggetto – seppur non dettagliato -di dette fatture, le operazioni poste in essere apparivano non rientrare nella nozione di «consulenza ed assistenza tecnica», bensì in quella di «prestazione di servizi relative a beni mobili materiali» di cui all’art. 7 , comma 4, lett. b) del d.P.R. n. 633 del 1972, per le quali il criterio di valutazione dell’imponibilità in
Italia delle stesse si ravvisava nella regola che « si considerano effettuate nel territorio dello Stato quando sono eseguite nel territorio stesso »;
dagli atti di causa e a fronte di elementi non convincenti offerti dall’Ufficio, si evinceva che le prestazioni oggetto delle suindicate fatture riguardavano il controllo della qualità della merce, il confezionamento, il coordinamento della spedizione e delle forniture di ortofrutta, nonché il monitoraggio dei residui (anticrittogamici), per cui si trattava di operazioni che non potevano rientrare tra quelle di consulenza ed assistenza tecnica o legale di cui alla lett. d) dell’ art.7, ma erano ricomprese in quelle contemplate dalla lett. b) del medesimo art. 7, in relazione alle quali è riconosciuto il requisito della territorialità;
era infondato anche il rilievo relativo all’indebita detrazione dell’IVA riguardante fatture per riparazione di un autoveicolo con targa estera, in quanto il contribuente aveva richiesto e ottenuto di operare in Italia attraverso un rappresentante fiscale e, in tale veste, aveva utilizzato un autoveicolo sul territorio italiano; in virtù della stretta connessione fra l’attività eserc itata e le necessità funzionali della medesima, tali costi si dovevano considerare inerenti all’attività svolta e aventi il requisito della territorialità;
analoghe considerazioni valevano per la locazione di un locale ad uso archivio e l’affitto di locali per convegni e dimostrazioni commerciali;
L’Agenzia delle Entrate impugnava la sentenza della Commissione tributaria regionale con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi;
La contribuente resisteva con controricorso e depositava memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente va rigettata la richiesta del Procuratore generale di riunione della causa n. 34444/2018 R.G. con la presente,
sul presupposto della sussistenza di motivi di connessione soggettiva e di quasi identità delle questioni trattate.
In proposito occorre rammentare che nel giudizio di cassazione, le finalità di economia processuale e di uniformità delle decisioni relative a casi identici, cui è ispirato l’obbligo della riunione previsto dall’art. 151 disp. att. cod. proc. civ., come sostituito dall’art. 19, lett. f), del d.lgs. n. 40 del 2006, possono utilmente essere perseguite, in mancanza di un espresso riferimento della predetta disposizione al giudizio di legittimità, anche attraverso la trattazione nella medesima udienza e davanti allo stesso giudice di più cause riunibili, verificandosi in tale evenienza una situazione sostanzialmente assimilabile a quella del «simultaneus processus» in senso tecnico (Cass., 30 novembre 2017, n. 28686; Cass., 23 febbraio 2010, n. 4357 del 23/02/2010), situazione nella specie sussistente, posto che la causa n. 34444/2018 R.G., per le quali la riunione è stata richiesta, è stata fissate per la medesima udienza innanzi a questo collegio, con la conseguenza che, anche per ragioni di speditezza processuale, non appare necessario disporre la riunione dei procedimenti.
1.1 Ciò posto, con il primo motivo di ricorso l’Agenzia deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 7, comma 4, lett. b), 19 e 21 D.P.R. 633/1972, 1367, 2729 e 2697 cod. civ ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., per avere la CTR ritenuto erroneamente che fosse onere dell’Ufficio offrire elementi probanti a sostegno della tesi della non territorialità, mentre gravava sulla contribuente l’onere di dimostrare il diritto alla detrazione dell’imposta e, segnatamente, che le prestazioni ricevute rientravano nell’ambito dell’art. 7, comma 4, lett. b) cit., sicchè, in mancanza di detta prova, le prestazioni rese da un soggetto residente in Italia (la RAGIONE_SOCIALE) ad un soggetto residente in Germania, privo di stabile organizzazione in Italia e dotato solo di rappresentante fiscale (la RAGIONE_SOCIALE), genericamente riconducibili ad
attività di controllo della qualità e di organizzazione del lavoro, finalizzate, pertanto, ad una utilità generale piuttosto che ad una concreta prestazione di servizi relativa a beni mobili materiali, costituivano prestazioni di consulenza ed assistenza tecnica, con conseguente indetraibilità della relativa imposta e legittimità del recupero del credito d’imposta erroneamente rimborsato.
1.2 Il motivo è inammissibile.
1.3 L’art. 7, comma 3, del d.P.R. n. 633 del 1972, nella versione ratione temporis applicabile (prima delle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 18 del 2010), fissava la regola generale per l’individuazione del requisito della territorialità nelle prestazioni di servizi, disponendo, in particolare che: “Le prestazioni di servizi si considerano effettuate nel territorio dello Stato quando sono rese da soggetti che hanno il domicilio nel territorio stesso o da soggetti ivi residenti che non abbiano stabilito il domicilio all’estero, nonché quando sono rese da stabili organizzazioni in Italia di soggetti domiciliati e residenti all’estero….” .
1.4 In deroga a quanto previsto dal predetto comma 3, il comma 4, lett. b) dello stesso articolo 7 disponeva che ‘ le prestazioni di servizi, comprese le perizie, relative a beni mobili materiali e le prestazioni di servizi culturali, scientifici, artistici, didattici, sportivi, ricreativi e simili, nonchè le operazioni di carico, scarico, manutenzione e simili, accessorie ai trasporti di beni, si considerano effettuate nel territorio dello Stato quando sono eseguite nel territorio stesso ‘, mentre il comma 4, lett. d) dello stesso articolo 7 stabiliva, tra l’altro, che ‘…le prestazioni pubblicitarie, di consulenza e assistenza tecnica o legale…. si considerano effettuate nel territorio dello Stato quando sono rese a soggetti domiciliati nel territorio stesso o a soggetti ivi residenti che non hanno stabilito il domicilio all’estero e quando sono rese a stabili organizzazioni in Italia di soggetti domiciliati o residenti all’estero, a
meno che non siano utilizzate fuori della Comunità economica europea” .
1.5 Mentre le prestazioni di servizi relativi a beni mobili materiali rilevano nello Stato in cui sono eseguite, è previsto un diverso criterio per le prestazioni di consulenza e assistenza tecnica o legale, che si considerano effettuate nel territorio dello Stato dove è domiciliato o residente il committente del servizio o in cui il committente, seppure domiciliato o residente all’estero, ha una stabile organizzazione.
1.6 Nella specie, poiché il committente è una società con sede in Germania, senza una stabile organizzazione in Italia, dove ha solo un rappresentante fiscale, ai fini dell’assoggettamento o meno ad IVA delle prestazioni rese dalla RAGIONE_SOCIALE (società con sede in Italia), è rilevante stabilire se le prestazioni fatturate rientravano nella prima o nella seconda fattispecie.
1.7 Con riferimento alla natura dei servizi resi dalla RAGIONE_SOCIALE nei confronti della contribuente, la CTR ha accertato che « per la natura del rapporto intercorso fra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, ma anche per l’oggetto seppur non dettagliato delle conseguenti fatture emesse da RAGIONE_SOCIALE, le operazioni poste in essere appaiono non rientrare nella nozione di “consulenza ed assistenza tecnica”, bensì in quella di “prestazione di servizi relative a beni mobili materiali” di cui all’art. 7 c.4 lett. b, per le quali il criterio di valutazione dell’imponibilità in Italia si ravvisa nella regola che ”si considerano effettuate nel territorio dello Stato quando sono eseguite nel territorio stesso”», precisando al riguardo che «In merito alle prestazioni oggetto della fatturazione, questa Commissione osserva che dagli atti di causa è rilevabile che le stesse erano riferite al controllo della qualità della merce, al confezionamento, al coordinamento della spedizione e delle forniture di ortofrutta, nonché al monitoraggio dei residui (degli anticrittogamici), operazioni che evidentemente non possono rientrare tra quelle di consulenza ed
assistenza tecnica o legale, ex lett. d) art. 7, bensì rientranti nella lettera b) del summenzionato articolo a cui viene riconosciuto il requisito della territorialità. Del resto, l’Ufficio, a sostegno della tesi della non territorialità, non ha offerto elementi probanti e convincenti, limitandosi ad apodittiche affermazioni.»
1.8 L’Ufficio sostiene che , per quanto si poteva desumere dal generico contenuto delle fatture, le prestazioni rese dalla RAGIONE_SOCIALE consistevano principalmente in attività di controllo della qualità, di organizzazione del lavoro e di coordinamento dello stesso e, quindi, rientranti nella nozione di consulenza ed assistenza tecnica.
1.9 Come ha più volte affermato questa Corte (Cass. 3603/2009; Cass. 15871/2016; 10355/2022), l’onere di provare l’esistenza dei presupposti della deroga al regime della territorialità IVA è a carico del contribuente, anche in ragione del principio generale secondo il quale l’onere di provare la sussistenza dei presupposti di fatto che legittimano la deroga al normale regime impositivo è sempre a carico di chi invoca detta deroga.
1.10 La contribuente ha assolto a tale onere, tanto che la CTR ha effettuato un accertamento in fatto, in questa sede insindacabile, all’esito del quale era risultato che le prestazioni fatturate non erano riconducibili nell’ambito delle attività di consulenza ed assistenza tecnica o legale, in quanto erano riferite al controllo della qualità della merce, al confezionamento, al coordinamento della spedizione e delle forniture di ortofrutta, nonché al monitoraggio dei residui (in particolare, degli anticrittogamici), e che ciò si evinceva sia dalla natura del rapporto intercorso fra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE che dal contenuto delle fatture emesse dalla RAGIONE_SOCIALE, non avendo l’Ufficio, peraltro, fornito alcuna prova contraria, ‘ limitandosi ad apodittiche affermazioni ‘.
1.11 Né può ritenersi che sussista la violazione del l’art. 2697 cod. civ., che si configura solo nell’ipotesi in cui il giudice di merito applica
la regola di giudizio fondata sull’onere della prova in modo erroneo, cioè attribuendo l ‘onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di ripartizione basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni (Cass. n. 26769 del 2018).
1.12 Nella specie, la CTR ha prima constatato che la contribuente aveva fornito la prova della riferibilità delle prestazioni fatturate alla fattispecie prevista dall’art. 7, comma 4, lett. b) del d.P.R. n. 633 del 1972 ( “prestazione di servizi relative a beni mobili materiali”) e poi ha ritenuto che l’Ufficio non avesse fornito idonea prova contraria.
1.13 Con le denunciate violazioni, quindi, l’Agenzia ricorrente intende ottenere, in realtà, una diversa ricostruzione dei fatti di causa, che non costituiscono vizio di violazione di legge.
1.14 Del resto, come ha opportunamente chiarito la stessa Agenzia nella risoluzione n. 122/E del 12 agosto 2005 (citata dalla CTR), occorre distinguere fra ‘ la perizia (rientrante fra i servizi relativi a beni mobili materiali di cui all’art. 7, quarto comma, lettera b) del D.P.R. n. 633 del 1972)’ , che si sostanzia ‘in prestazioni che comportano valutazioni circoscritte allo specifico bene esaminato, restando esclusa ogni analisi di utilità prospettica ‘ ed è diretta ‘ ad individuare oggettivamente concreti elementi di fatto di un determinato bene mobile materiale o immobile, in relazione al loro valore, quantità e qualità (vedi, da ultimo, la risoluzione del 23 maggio 2002, n. 153) senza possibilità di estendere le medesime considerazioni ad altri elementi della stessa specie ‘, dai servizi di consulenza di cui all’art. 7, quarto comma, lettera d), dello stesso decreto, che, invece, ‘implicano anche valutazioni su fatti o circostanze connessi con l’utilizzo della categoria di beni cui il campione si riferisce, a fini di commercializzazione o per altri scopi e, di norma, producono risultati validi per la totalità del prodotto dal quale è stato estratto il campione’ .
1.15 Si tratta di un quid pluris che nel caso di specie non è stato accertato con riferimento alle prestazioni oggetto delle fatture contestate alla contribuente.
Con il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 7, comma 4, lett. b), 19 e 21 D.P.R. 633/1972, 1367, 2729 e 2697 cod. civ. , in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., per avere la CTR ritenuto erroneamente che la contribuente avesse diritto a detrarre l’IVA riguardante le fatture per riparazione di autoveicolo con targa straniera, non di proprietà della rappresentanza fiscale in Italia (alla quale le fatture erano indirizzate) della RAGIONE_SOCIALE, nonosta nte la mancanza di inerenza con l’attività svolta dalla rappresentanza stessa.
2.1 Il motivo è inammissibile perché non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata, la quale ha accertato che le spese per la riparazione dell’autovettura con targa straniera, di proprietà della società contribuente, ma utilizzata sul territorio italiano dal suo rappresentante fiscale in Italia, erano ‘ inerenti all’attività svolta e aventi il requisito della territorialità ‘, in quanto strettamente connesse con l’attività esercitata da detto rappresentante per conto della RAGIONE_SOCIALE.
2.2 In una fattispecie simile, seppure non perfettamente sovrapponibile con quella in esame, è stato affermato che nell’ipotesi in cui il contribuente esternalizza ad un’impresa terza l’attività di produzione di beni, i costi per l’utilizzo a tal fine del capannone e per la manutenzione dei macchinari di sua proprietà, concessi in comodato all’impresa che svolge per il comodante l’attività di produzione, sono deducibili, ai sensi dell’art. 75 (ora art. 109), comma 5, del d.P.R. n. 917 del 1986, con conseguente detraibilità della relativa IVA ex art. 19 del d.P.R. n. 633 del 1972, trattandosi di spese che si inseriscono nel suo programma economico e devono, quindi, ritenersi inerenti la sua
attività produttiva in quanto ad essa strumentali (Cass. n. 28375 del 2018; cfr. Cass. Sez. U. n. 11533 del 2018).
2.3 La stessa Corte di Giustizia dell’UE ha recentemente precisato che l’art. 168, lett. a) della direttiva 2006/112 deve essere interpretato nel senso che ‘ esso osta a una prassi nazionale in forza della quale, qualora un soggetto passivo abbia acquistato un bene che in seguito mette a disposizione, a titolo gratuito, di un subappaltatore affinché effettui lavori a beneficio di tale soggetto passivo, a quest’ultimo viene negata la detrazione dell’IVA relativa all’acquisto di tale bene, nella misura in cui tale messa a disposizione non ecceda quanto necessario per consentire a detto soggetto passivo di effettuare una o più operazioni soggette ad imposta a valle o, in alternativa, di esercitare la sua attività economica, e nella misura in cui il costo di acquisto di detto bene faccia parte degli elementi costitutivi del prezzo delle operazioni effettuate dal medesimo soggetto passivo oppure dei beni o dei servizi che egli fornisce nell ‘ambito della sua attività economica ‘ (Corte di Giustizia, sentenza n. C -475/23 del 4 ottobre 2024 –RAGIONE_SOCIALE , punto 30).
2.4 Tali principi vanno applicati anche nel caso in esame, che riguarda un’ autovettura di proprietà della contribuente, utilizzata dal suo rappresentante fiscale in Italia, i cui costi di manutenzione sono stati ritenuti inerenti dal giudice di merito, essendo stato accertato che era bene strumentale all’attività di impresa , al servizio della sua attività economica sul territorio nazionale.
Con il terzo motivo deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 19 comma 1, 19bis lett. h) e 21 DPR n. 633/1972, 1367, 2729 e 2697 cod. civ. , in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. , lamentando che la CTR, nel riconoscere il diritto alla detrazione dell’IVA con riferimento al terzo rilievo (affitto di un locale ad uso archivio) ed al quarto rilievo (affitto della location ‘RAGIONE_SOCIALE‘), ha dispensato la
contribuente dal documentare compiutamente le relative operazioni e, quindi, dal dimostrare l’effettiva inerenza dell e stesse, atteso che il contratto di affitto del locale uso archivio non risultava nemmeno registrato e che la disponibilità della location ‘RAGIONE_SOCIALE‘ era collegata a prestazioni (quali musica, massaggi, degustazione vini) inquadrabili nelle spese di rappresentanza, non detraibili, e non a quelle di pubblicità.
3.1 Anche questo motivo è inammissibile, in quanto mira, sotto l’apparente vizio di violazione di legge, alla rivalutazione dei fatti prospettando un nuovo apprezzamento delle prove, rimesso alla esclusiva valutazione del giudice di merito ( ex multis , Cass. n. 3340 del 5/02/2019), dato che il giudice di merito ha accertato che si trattava di costi ‘ correttamente portati in detrazione ‘.
3.2 Con riferimento al terzo rilievo, peraltro, non viene contestata la mancanza di inerenza, ma solo la mancanza di prova del costo, stante l’assenza di un contratto registrato, che la CTR ha ritenuto, invece, ininfluente ai fini della detrazione dell’IVA.
3.3 La ripresa riguardante il quarto rilievo, invece, si fonda sulla riqualificazione della spesa in termini di spese di rappresentanza, anziché di pubblicità, ed appare inammissibile, essendo finalizzata, anche in questo caso, alla rivalutazione degli elementi istruttori, preclusa nel giudizio di legittimità.
3.4 Ad ogni modo, è utile ribadire il principio più volte affermato da questa Corte, secondo il quale costituiscono spese di rappresentanza quelle affrontate per iniziative volte ad accrescere il prestigio o l’immagine dell’impresa ed a potenziarne le possibilità di sviluppo, mentre vanno qualificate come spese di pubblicità o di propaganda quelle sostenute per iniziative tendenti, in prevalenza anche se non in esclusiva, alla pubblicizzazione di prodotti, marchi e servizi, o comunque dell’attività svolta ( ex multis , Cass. n. 3087 del 2016).
3.5 Dalla sentenza impugnata si evince che si trattava dell’affitto di un locale, finalizzato anche alla dimostrazione commerciale.
In conclusione, il ricorso va rigettato e le spese vanno liquidate come da dispositivo secondo il principio della soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente Agenzia delle entrate al pagamento, in favore della società controricorrente, delle spese del giudizio, che si liquidano in euro 7.600,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 25 marzo 2025