Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 97 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 97 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27569/2016 R.G. proposto da :
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende -controricorrente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della TOSCANA n. 786/2016 depositata il 02/05/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/11/2024 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Guardia di Finanza di Desenzano effettuava un controllo nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, società sanmarinese, esercente il commercio all’ingrosso di cartoleria. Sulla scorta di un pvc del 28 settembre 2012 veniva emesso un avviso di accertamento nei confronti del subagente di commercio COGNOME Alessio, finalizzato al recupero di Irpef, Iva e Irap, per l’anno d’imposta 2007. Con separati atti di contestazione gli venivano irrogate sanzioni per le annualità 2007 e 2008, avuto riguardo a ritenute non versate. I distinti ricorsi presentati dal contribuente venivano riuniti e accolti dalla CTP di Grosseto. La CTR della Toscana accoglieva, invece, il gravame erariale. Il ricorso per cassazione del Caselli è affidato a due motivi. Resiste l’Agenzia con controricorso
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso il contribuente assume la violazione dell’art. 7, comma 3, d.P.R. n. 633 del 1972, dell’art. 2697 c.c. e 115 c.p.c., in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., per avere la CTR erroneamente escluso che le prestazioni rese dal COGNOME costituissero servizi di intermediazione resi dal subagente in favore dell’agente generale RAGIONE_SOCIALE, soggetto estero, escluse dal campo di applicazione dell’IVA, in ragione della normativa vigente.
Con il secondo motivo di ricorso si lamenta la violazione dell’art. 360, n. 5, c.p.c., per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti, avendo la CTR trascurato il mancato assolvimento dell’onere della prova da parte dell’Amministrazione e le prove fornite dall’odierno ricorrente.
Il primo motivo non coglie nel segno e va disatteso.
La CTR, nel reputare legittimo il recupero della maggiore Iva dovuta, ha accertato in fatto che la complessa organizzazione di RAGIONE_SOCIALE si articolava precipuamente in Italia e che il contribuente NOME COGNOME in quanto subagente, interagiva in via
esclusiva con gli agenti dislocati in Italia di RAGIONE_SOCIALE, non già direttamente con quest’ultima. In buona sostanza, fra NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE s’interponeva un diaframma operativo, dal momento che il primo COGNOME non interloquiva con l’ente sanmarinese, ma nel proprio ruolo di subagente, si interfacciava con gli agenti facenti capo alla RAGIONE_SOCIALE, successivamente RAGIONE_SOCIALE Quest’ultima come accertato in fatto dalla CTR -costituiva ‘ la monomandataria italiana della RAGIONE_SOCIALE In altri termini, l’ente che gestiva gli agenti deputati a commerciare i prodotti di carta e cartone di RAGIONE_SOCIALE e che rappresentava il supporto logistico di quest’ultima, era, secondo quanto acclarato in sentenza, un ente ‘ italiano ‘. Pertanto, l’attività del COGNOME si è declinata in altrettanti rapporti intrattenuti con agenti che operavano, non in nome e/o per conto di RAGIONE_SOCIALE, ma sotto l’egida di RAGIONE_SOCIALE, identificata in sentenza dalla CTR come ‘ monomandataria italiana ‘, chiamata a gestire ‘ direttamente ‘ l’intero ‘ complesso dei … rapporti economici ‘ cui si correlavano le ‘ provvigioni da corrispondere agli agenti ‘.
Consta, in definitiva, in sentenza un chiaro accertamento sull’italianità della monomandataria e sul fatto che la sua sede e la sua organizzazione fossero ubicate in Italia. Questo profilo accertato in sentenza non è aggredito dal ricorso per cassazione. La censura, pertanto, non è attinente al decisum , in quanto non intercetta la ragione del trattamento fiscale riservato dall’erario alla posizione del subagente NOME COGNOME. L’impugnazione di legittimità non coglie, in ultima analisi, la ratio della decisione di accoglimento del gravame dell’Agenzia, che attiene ad un profilo di ‘territorialità’, rappresentato dall’ubicazione in Italia della sede della monomandataria RAGIONE_SOCIALE, chiamata a governare i rapporti con agenti di commercio a loro volta operanti nel territorio italiano. La circostanza che la complessa organizzazione di ricerca della clientela dei beni prodotti da RAGIONE_SOCIALE fosse gestita in Italia
da un soggetto distinto da essa e avente la propria sede in territorio italiano pone, d’altronde, la sentenza al riparo da tutte le censure esposte in ricorso.
Il secondo motivo è inammissibile.
La sentenza d’appello, infatti, reca a proprio supporto una trama argomentativa idonea a sorreggerla sul piano della ratio decidendi. Mette in conto evidenziare che ‘ in seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali ‘ (Cass. n. 7090 del 2022; Cass. n. 22598 del 2018).
Il ricorso va, in ultima analisi, rigettato. Le spese sono regolate dalla soccombenza, nella misura esposta in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento in favore dell’Agenzia delle Entrate delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.300,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma, il 06/11/2024.