Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6172 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6172 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME , rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO;
– ricorrente
–
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso la stessa domiciliata in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrente e rincorrente incidentale –
Avverso la sentenza n. 2317/15 depositata il 10 novembre 2015 e resa dalla Commissione Tributaria Regionale della Puglia, sez. staccata di Taranto.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 7 febbraio 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Dato atto che il Sostituto Procuratore generale, AVV_NOTAIO, ha concluso per il rigetto del ricorso principale e l’accoglimento di quello incidentale
RILEVATO CHE
Terreno edificabile
1.L’RAGIONE_SOCIALE recuperava a tassazione maggior plusvalenza in relazione alla vendita di un terreno in agro di Fasano da parte del contribuente, avvenuta il 10 maggio 2001, qualificando l’area medesima anziché come agricola come a vocazione edificatoria. La CTP accoglieva il ricorso ritenendo provata la vocazione agricola, mentre la CTR, adìta dall’RAGIONE_SOCIALE, riformava la sentenza e, in ritenuta applicazione dell’art. 36, comma 2, d.l. n. 223/2006, confermava la maggior tassazione, ma escludeva l’applicabilità delle sanzioni.
2.Il contribuente ricorre in cassazione affidandosi ad un motivo, e l’RAGIONE_SOCIALE resiste a mezzo di controricorso, spiegando a sua volta ricorso incidentale fondato su un unico motivo.
Il contribuente ha quindi depositato controricorso e successivamente memoria illustrativa.
CONSIDERATO CHE
1.Con l’unico motivo del ricorso principale il contribuente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 36, d.l. n.223/2006, 81,
TUIR, nonché delle norme tecniche attuative del p.r.g. di Fasano.
Ad avviso del contribuente, infatti, la sentenza impugnata avrebbe violato le disposizioni in epigrafe in quanto la natura edificatoria del terreno andrebbe desunta dal p.r.g., strumento di carattere generale che tipizza l’intero territorio comunale, per cui dalla mera tipizzazione non poteva dedursi la natura edificatoria. Nella specie dalla documentazione, ed in particolare il certificato di destinazione urbanistica, si ricavava che gran parte dell’area ceduta era a destinazione agricola, in parte poi soggetta a fascia di rispetto stradale e in parte ad ‘area per attrezzature d’interesse generale’ o ‘area per servizi pubblici di quartiere’, aree interessate poi altresì da vincolo paesaggistico. Le zone agricole per parte loro, in base alle n.t.a., potevano solo essere adibite a ‘mantenimento e sviluppo delle attività agricole’, essendo ivi consentita la sola
costruzione funzionale all’attività (quali ricoveri per mezzi o persone che esercitano l’attività agricola stessa).
Una particella era poi soggetta altresì al vincolo di 300 metri dal mare e in parte adibita a ‘verde di arredo stradale’.
Pertanto, sempre ad avviso del contribuente, non vi era alcuna vocazione edificatoria, neppur potenziale, desumibile dagli strumenti urbanistici.
Addirittura, sia la CTR che l’RAGIONE_SOCIALE davano atto che dagli strumenti si ricavava una ‘parziale edificabilità’, laddove invece l’avviso di accertamento confermato applicava indiscriminatamente a tutta la superficie la desunta natura edificatoria.
1.1. Il ricorso è fondato.
Per il citato art. 36, d.l. n.223/2006 ‘un’area è da considerare fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal comune, indipendentemente dall’approvazione della Regione e dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo.’
Ma nella presente controversia non v’è questione in ordine all’efficacia degli strumenti urbanistici in sé.
Dall’atto d’appello dell’RAGIONE_SOCIALE, riportato nel controricorso, si deduce infatti che la tesi dell’erario era fondata sul fatto da un lato che alcune particelle fossero, come descritto sopra, destinate ad ‘area verde di arredo stradale’, ‘aree per servizi pubblici di quartiere’ ed ‘aree per attrezzature d’interesse generale ed a livello urbano’ e dall’altro come anche per le zone agricole fosse ammessa una pur parziale edificabilità.
Che poi tale destinazione fosse derivata dal p.r.g. adottato con delibera del 16 giugno 1988, all’epoca ancora in itinere dopo la sua trasmissione alla Regione in data 7 novembre 1990, appare pacifico dallo stesso atto d’appello, per cui tutta la digressione della CTR sulla portata retroattiva e sugli effetti anche agli strumenti meramente adottati riferita all’art. 36, cit., appare superflua.
1.2. Va a questo punto precisato che il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 67, comma 1, lett. B), nel testo applicabile ratione temporis , assoggetta a tassazione, qualificandole come “redditi diversi”, le “plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo onerose di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione”.
Il tenore letterale di detta disposizione è dunque nel senso che, senza che sia consentita alcuna distinzione e/o specificazione, è assoggettata a tassazione la plusvalenza realizzata a seguito di cessione di terreno sul quale lo strumento urbanistico vigente (nei termini indicati sopra) consenta, a qualunque titolo e per qualunque scopo, di edificare. Non rileva pertanto cosa e a qual fine si costruisca, né in particolare che la prevista “utilizzazione edificatoria” sia meramente strumentale alla sua destinazione agricola, con conseguente possibilità di costruire, ma con le relative restrizioni (in tal senso v. Cass. 15/10/2013, n. 23316).
Siffatta interpretazione non appare in contrasto con i precetti costituzionali (e, in particolare, con l’art. 3), rientrando nella piena discrezionalità del legislatore non tassare la plusvalenza solo quando la stessa ha ad oggetto terreni non suscettibili in alcun modo di utilizzazione edificatoria, e prevederne invece la tassabilità nella differente ipotesi di terreno sì agricolo, ma (sia pur con limiti) suscettibile di edificazione.
La sostenuta interpretazione è, inoltre, in linea con la successiva evoluzione legislativa, e, in particolare, con la l. n. 448 del 2001, art. 7, che prevede espressamente la tassabilità della plusvalenza “per i terreni edificabili e con destinazione agricola …” (v., in senso implicitamente conforme, Cass. 30729/2011 e 8697/2011).
1.3.Allo stesso tempo, e per il medesimo principio, va qui invece ribadita la non applicabilità del disposto citato per i terreni soggetti a regime di fascia di rispetto stradale e ferroviario (cfr. Cass. 8897/2021), ma nello stesso tempo anche altre tipologie di ‘fasce
di rispetto’, ipotesi in parte interessanti il compendio oggetto di causa -ove si riscontra sia quella stradale che quella di m. 300 dal mare (Cass. 16470/2021; Cass. 3243/2019). Ancora occorre invece verificare l’esatto regime edificatorio nell’ipotesi di terreni vincolati, ad esempio qualora un terreno ceduto sia compreso in area che, in base allo strumento urbanistico vigente al momento della cessione, ricade in una superficie destinata a verde pubblico, nel qual caso infatti andrà esaminato se effettivamente sia consentita esclusivamente o meno l’edificazione di strutture poste a servizio dell’utilizzazione pubblica del bene, con la conseguenza che solo nel primo caso ‘l’area è effettivamente da considerare non edificatoria al fine della tassazione delle plusvalenze’ (Cass. 17880/2021). Situazione cui può equipararsi, per quanto ne discende circa l’applicazione del prefato art. 67 TUIR, anche la presente fattispecie per le porzioni qualificate dal piano come ‘area verde di arredo stradale’, ‘area per servizi pubblici di quartiere’ ed ‘area per attrezzature d’interesse generale ed a livello urbano’, per le quali non viene dedotta alcuna edificabilità compensativa o residue facoltà edificatorie, anzi la difesa erariale insiste nel senso che l’edificabilità andrebbe qui riferita alle realizzazioni possibili alla mano pubblica.
Va dunque affermato il seguente principio
‘Nella determinazione della plusvalenza ai sensi dell’art.67, TUIR, vanno assoggettate a tassazione le plusvalenze rinvenienti dall’utilizzazione del suolo a qualsiasi titolo e in qualsiasi modo, non rilevando pertanto cosa e a qual fine si costruisca, venendo così in rilievo anche l’ “utilizzazione edificatoria” meramente strumentale alla destinazione agricola dei terreni, così qualificati dagli strumenti urbanistici, in quanto anche in tal caso si ha possibilità di costruire sebbene osservando i relativi vincoli e limitazioni.
Non rileva invece l’edificabilità consentita esclusivamente con riferimento a strutture poste a servizio dell’utilizzazione pubblica del bene, e quindi riservata alla pubblica amministrazione, in quanto in tal caso l’area è effettivamente da considerarsi non edificatoria al fine della tassazione delle plusvalenze.
Non rileva ai fini di cui all’art. 67, comma 1, lett. b) neppure l’area soggetta a fascia di rispetto stradale o ferroviario o di altra sorta che determinino l’inedificabilità assoluta’.
Da tutto quanto precede emerge l’erronea applicazione delle disposizioni richiamate da parte del giudice tributario d’appello, che non ha proceduto a verificare, circa l’area agricola, l’effettiva edificabilità delle diverse (e diversamente disciplinate) particelle qualificate come ‘zona agricola’, per ricavarne o meno l’assoggettamento totale o parziale alla regola espressa dal prefato art. 67, TUIR, così come non ha distinto le aree soggette a fascia di rispetto e quelle destinate ad attrezzatura pubblica, nei termini sopra meglio indicati, da quelle effettivamente edificabili, limitandosi invece ad avallare l’indiscriminato assoggettamento dell’intero compendio al regime di plusvalenza fatto proprio dall’RAGIONE_SOCIALE, previsto però solo per i suoli che possono considerarsi utilizzabili per l’edificazione nei termini sopra precisati.
2.Tanto determina l’assorbimento del ricorso incidentale e la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado che, determinando altresì le spese, si conformerà ai principi qui espressi.
P. Q. M.
La Corte, accolto il ricorso principale e dichiarato assorbito il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, disponendo il rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, sezione staccata di Taranto, in diversa
composizione, cui demanda altresì la determinazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 7 febbraio 2024