Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3062 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3062 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/02/2025
Oggetto: IVA – terreno –
determinazione edificabilità
della
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22359/2016 R.G. proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (PEC: EMAILavvocaturastatoEMAIL)
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore
– intimata – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 5770/23/2016 depositata in data 16/06/2016, non notificata;
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 19/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
la RAGIONE_SOCIALE impugnava l’avviso di accertamento con il quale l’Ufficio rettificava la vendita di un terreno in Balzano, avvenuta in data
9 aprile 2008, ritenendo che lo stesso doveva essere considerato edificabile non a partire dalla data di rilascio della licenza edilizia, attribuita il 23 dicembre 2010, ma già all’atto della cessione -che era oggetto di rettifica – poiché era stato oggetto, in precedenza, di rivalutazione sulla base di perizia di stima oltre che esser stato ceduto, successivamente, per un corrispettivo ben maggiore al valore di mercato di un terreno agricolo;
la CTP di Benevento rigettava il ricorso, ritenendo edificabile l’area in oggetto, almeno in potenza;
proponeva appello la contribuente;
con la sentenza qui gravata di ricorso la CTR ha riformato la pronuncia di primo grado, ritenendo irrilevanti le vicende del bene e le condizioni di cessione dello stesso rispetto alle condizioni urbanistiche ed edilizie in cui si trovava alla data dell’atto notarile di compravendita, anche in forza del fatto che lo stesso era indicato nel certificato di destinazione urbanistica (c.d. CDU) come terreno agricolo;
ricorre a questa Corte l’Agenzia delle entrate con atto affidato a due motivi di impugnazione;
la contribuente non ha svolto attività difensiva di fronte a questa Corte;
Considerato che:
il primo motivo censura la sentenza impugnata denunciandone la nullità per violazione dell’art. 36 del d. Lgs. n. 546 del 1992, dell’art. 132 c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. c.p.c.; secondo parte ricorrente la pronuncia risulta apparentemente motivata poiché si risolve nel rinvio meramente adesivo perché acritico alle tesi della società;
il motivo è privo di fondamento;
dalla lettura della sentenza impugnata si evince in realtà come il collegio di merito abbia sia pur sinteticamente bene espresse le ragioni di fatto di diritto che l’hanno condotta a decisione; la motivazione in questione si colloca quindi ben al di sopra del c.d. ‘minimo costituzionale’ (Cass. Sez. Un. n. 8053/2014);
il secondo motivo deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 19, 19 bis 1 del d.P.R. n. 633 del 1972 in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3
c.p.c. per avere la sentenza impugnata erroneamente ritenuto agricolo e quindi non edificabile il terreno oggetto della cessione sottoposta a controllo;
il motivo è infondato;
come è noto, in forza del disposto di cui al d.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 36, c. 2, conv. in I. 4 agosto 2006, n. 248, è previsto che «i fini dell’applicazione del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, un’area è da considerare fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal comune, indipendentemente dall’approvazione della regione e dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo»;
le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato il principio che, a seguito dell’entrata in vigore di quest’ultima disposizione – di natura interpretativa (e, quindi, applicabile anche alle fattispecie anteriori e ai giudizi in corso; Cass. 30/10/2018, n. 27604) e valevole anche ai fini dell’applicazione del d.P.R. n. 917 del 1986 (c.d. testo unico imposte dirette, TUIR) – l’edificabilità di un’area dev’essere desunta dalla qualificazione a essa attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi, atteso che, considerati i diversi presupposti dello ius aedificandi e dello ius valutandi, «’inizio del procedimento di trasformazione urbanistica è sufficiente a far lievitare il valore venale dell’immobile, senza che assumano alcun rilievo eventuali vicende successive incidenti sulla sua edificabilità, quali la mancata approvazione o la modificazione dello strumento urbanistico, in quanto la valutazione del bene dev’essere compiuta in riferimento al momento del suo trasferimento, che
costituisce il fatto imponibile, avente carattere istantaneo» (Cass., Sez. Un., 30/11/2006, n. 25505);
infatti, la «formalizza» della vocazione edificatoria di un suolo «in un atto della procedura prevista dalla legislazione urbanistica» comporta che «non sia più possibile apprezzarne il valore sulla base di un parametro di riferimento, come il reddito dominicale, che deve considerarsi superato da più concreti criteri di valutazione economica» (Cass., Sez. Un., n. 25506 del 2005); sulla scorta di tali principi, l’accertamento della fabbricabilità di un’area non può quindi prescindere dalla considerazione di quegli atti della procedura prevista dalla legislazione urbanistica (statale o regionale) che ne formalizzino la vocazione edificatoria, in particolare, di quegli atti che, nel contesto della disciplina di interventi settoriali (in specie, nel campo delle opere e dei servizi pubblici), costituiscano varianti al piano regolatore generale o agli strumenti urbanistici (cosiddette varianti speciali);
l’edificabilità di un’area va allora desunta dalla qualificazione attribuita, al piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi (v., con riferimento a Cass. Sez. Un., 30 novembre 2006, nn. 25505 e 25506, ex plurimis , Cass., 23 settembre 2016, n. 18655; Cass., 13 febbraio 2015, n. 2924; Cass., 19 dicembre 2014, n. 27077; Cass., 11 dicembre 2012, n. 22554; Cass., 19 gennaio 2010, 729; Cass., 15 ottobre 2007, n. 21531; Cass., 16 maggio 2007, n. 11217);
parallelamente, ai fini dell’imposizione reddituale, l’art. 67, comma 1, lett. b), del TUIR include tra i redditi diversi che concorrono a formare il reddito imponibile ai fini dell’IRPEF «le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione»;
alla luce di tali considerazioni, deve quindi ritenersi che la sentenza impugnata abbia fatto corretta applicazione di questi principi, atteso che, nel negare la fabbricabilità sul solo rilievo del contenuto del
certificato di destinazione urbanistica rilasciato dall’ufficio comunale competente prima della cessione, ha giustamente ritenuto irrilevanti gli elementi di fatto diversi dalla condizione urbanistica ed edilizia del bene derivante dagli atti amministrativi che ne regolano la potenzialità edificatoria;
invero, l’elemento di fatto relativo al prezzo elevato così come l’elemento di fatto relativo all’avere la società acquistatolo esercitando la stessa attività (o intendendo ivi esercitare, non è chiaro nel motivo di ricorso) di trasformazione di profilati in alluminio per l’alimentazione umana, così come ancora la circostanza relativa all’essere il terreno stato oggetto di rivalutazione ai sensi dell’art. 7 L. 448 del 2011 (fatto questo che deriva peraltro da una legge di rivalutazione entrata in vigore anni dopo la cessione e anni dopo il rilascio della licenza edilizia), nel loro complesso valutati nulla dicono in ordine alla concreta potenzialità edificatoria: la stessa infatti va determinata unicamente ed esclusivamente in forza dalla condizione urbanistica ed edilizia nel quale si trova il bene;
in altri termini, tali elementi di fatto non riguardano il nulla l’iter amministrativo che qualifica il terreno rendendolo secondo sistema normativo concretamente edificabile; al più essi ne influenzano il valore che liberamente le parti possono attribuire -ex art. 1322 c.c. – al bene compravenduto in funzione della propria autonomia contrattuale, secondo le proprie valutazioni soggettive: ebbene, nondimeno tale valore è altro rispetto alla condizione di edificabilità del terreno;
per quanto riguarda, poi, lo specifico tema del trattamento della cessione di terreni edificabili, ai fini dell’Iva anche la Corte dell’Unione addiviene ad analoghe conclusioni;
essa rileva la necessità di una interpretazione che contemperi la previsione dell’art.12 paragrafo 1 lett. b) della direttiva 2006/112, che assoggetta ad IVA i «terreni edificabili», con l’art. 135, paragrafo 1, lettera j), della stessa direttiva, che prevede un’esenzione dall’IVA a favore delle cessioni di fabbricati, diverse da quelle di cui all’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), della medesima direttiva (che si riferisce alla
cessione di un fabbricato o di una frazione di fabbricato e del suolo pertinente, effettuata anteriormente alla prima occupazione) nonché con l’art. 135, paragrafo 1, lettera k), che mira ad esentare dall’IVA solo le cessioni di terreni non edificati che non sono destinati a supportare un fabbricato (v., in tal senso, Corte giust., 17 gennaio 2013, RAGIONE_SOCIALE, C- 543/11, punto 30 e la giurisprudenza ivi citata);
in sostanza, nel loro combinato disposto tali disposizioni operano una distinzione tra i vecchi e i nuovi fabbricati, ove persino la vendita di un vecchio fabbricato, in linea di principio, non è assoggettata a IVA (Corte giust., 16 novembre 2017, RAGIONE_SOCIALE, C-308/16, punto 30);
la ratio di tali disposizioni è infatti, come spesso avviene in tema di iva valutandosi la sostanza economica in termini oggettivi dell’operazione , l’assenza relativa di valore aggiunto generato dalla vendita di un vecchio fabbricato. Infatti, la vendita di un fabbricato successiva alla sua prima cessione a un consumatore finale, che segna la fine del processo di produzione, non produce un valore aggiunto significativo e deve quindi, in linea di principio, essere esente da imposta (Corte giust., 16 novembre 2017, RAGIONE_SOCIALE, cit., punto 31);
pertanto, il ricorso va rigettato;
non vi è luogo a pronuncia sulle spese stante la mancata costituzione in giudizio della società contribuente;
p.q.m.
rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 19 novembre 2024.