Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1809 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 1809 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 25/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7445/2020 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE STRAORDINARIA, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO), che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DELL’ABRUZZO n. 1042/04/18 depositata il 12/11/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 1042/04/18 del 12/11/2018, la Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo (di seguito CTR) rigettava, in sede di rinvio, l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE (oggi in amministrazione straordinaria, di seguito RAGIONE_SOCIALE nei confronti della sentenza n. 34/04/08 della Commissione tributaria provinciale di L’Aquila (di seguito CTP), che aveva rigettato il ricorso proposto dalla società contribuente avverso un avviso di accertamento per IVA relativa all’anno d’imposta 2013.
Con l’atto impositivo l’Amministrazione finanziaria aveva contestato alla RAGIONE_SOCIALE l’indebita detrazione dell’IVA a seguito dell’acquisto, da potere di RAGIONE_SOCIALE, di un compendio mobiliare, qualificato dall’Ufficio come cessione d’azienda soggetta ad imposta di registro.
Con ordinanza n. 8781 del 05/04/2017 questa Corte cassava la sentenza n. 12/03/11 della CTR, che riformava la sentenza di primo grado, evidenziando che la qualificazione del contratto ai fini dell’imposta di registro andava operata ai sensi dell’art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (T.U. sull’imposta di registro) in base alla causa reale del negozio, sicché la cessione di beni funzionalmente correlati all’azienda integrava una cessione di ramo di azienda soggetta ad imposta di registro.
In sede di rinvio la CTR respingeva l’appello di RAGIONE_SOCIALE evidenziando che: a) la cessione di beni mobili da parte di RAGIONE_SOCIALE alla società contribuente integrava un cessione di azienda; b) l’allegazione al processo verbale di constatazione (PVC) dell’elenco dei beni ceduti non era necessaria ai fini della validità dell’atto impositivo, essendo detti beni conosciuti dalla RAGIONE_SOCIALE, non rilevando a tali fini la collocazione dell’impresa in amministrazione straordinaria; c) non vi era difetto di motivazione dell’avviso di
accertamento per mancata allegazione della documentazione previdenziale; d) le sanzioni erano dovute e congruamente quantificate dall’Ufficio.
Avverso la sentenza di appello COGNOME proponeva ricorso per cassazione, affidato a due motivi e depositava due memorie ex art. 380 bis .1 cod. proc. civ.
L’Agenzia delle entrate (di seguito AE) resisteva in giudizio con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va pregiudizialmente esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per tardività proposta da AE.
1.1. Nella prospettazione della difesa erariale, a fronte di una sentenza di appello depositata in data 12/11/2018 e non notificata il termine lungo per l’impugnazione di detta sentenza sarebbe di un anno, trattandosi di giudizio iniziato prima del 04/07/2009. Tale termine sarebbe pertanto scaduto -computandosi anche la sospensione feriale dei termini processuali di trentuno giorni -in data 13/12/2019.
1.2. Finmek sostiene che troverebbe in ipotesi applicazione l’art. 6, comma 11, del d.l. 23 ottobre 2018, n. 119, conv. con modif. nella l. 17 dicembre 2018, n. 136, con conseguente sospensione per nove mesi dei termini di impugnazione e tempestività della notifica del ricorso, intervenuta in data 12/02/2020.
1.3. In realtà, l’art. 6, comma 11, del d.l. n. 119 del 2018, relativamente alle liti che possono essere definite, prevede che sono sospesi, per un periodo di nove mesi, «i termini di impugnazione, anche incidentale, delle pronunce giurisdizionali e di riassunzione, nonché per la proposizione del controricorso in Cassazione che scadono tra la data di entrata in vigore del presente decreto e il 31 luglio 2019».
1.4. Secondo l’interpretazione della menzionata disposizione accolta da questa Corte, la sospensione dei termini d’impugnazione dal 24 ottobre 2018 al 31 luglio 2019, prevista dalla suddetta disposizione, opera ex lege , in presenza dei requisiti di definibilità, anche solo in astratto (ovvero senza la necessità di una concreta istanza di definizione), della lite pendente (Cass. n. 14507 del 23/05/2024; Cass. n. 33069 del 09/11/2022; Cass. n. 8273 del 14/03/2022; Cass. n. 41170 del 22/12/2021).
1.5. Peraltro, diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, la giurisprudenza richiamata ritiene, concordemente, che l’effetto sospensivo di nove mesi dei termini di impugnazione opera unicamente quando il termine lungo scada tra il 24 ottobre 2018 e il 31 luglio 2019; e, poiché nel caso di specie il termine lungo di impugnazione era destinato a scadere, come detto, il 13/12/2019, al di fuori del periodo di pendenza della sospensione straordinaria ex art. 6, comma 11, del d.l. n. 119 del 2018, la notifica del ricorso, di COGNOME avvenuta in data 12/02/2020, deve ritenersi tardiva.
In conclusione, il ricorso per cassazione è inammissibile e, conseguentemente, non è necessario procedere all’esame dei motivi di ricorso.
2.1. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente procedimento, liquidate come in dispositivo avuto conto di un valore dichiarato della lite di euro 1.150.000,00.
2.2. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -della
sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente procedimento, che si liquidano in euro 13.000,00, oltre alle spese di prenotazione a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 09/10/2024.