Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25145 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 25145 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 19/09/2024
Oggetto: termini di appello avverso sentenza del giudice del rinvio -distinzione tra rinvio restitutorio e rinvio prosecutorio – rilevanza – esclusione
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 4383/2022 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO, elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO, presso l’Avvocatura AVV_NOTAIO dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-ricorrente –
Contro
SGRITTA NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, con domicilio eletto presso la casella pec EMAIL;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, Sezione Distaccata di Salerno, n. 285/9/2021, depositata il 14 gennaio 2021;
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 19 giugno 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso ;
uditi per l’RAGIONE_SOCIALE l’AVV_NOTAIO dello Stato AVV_NOTAIO e per il controricorrente l’ AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
La società RAGIONE_SOCIALE – era oggetto di verifica fiscale per l’anno d’imposta 2000, donde risultava la mancata indicazione della plusvalenza da cessione realizzata a seguito della vendita di un complesso immobiliare non costituente bene merce, ma bene-azienda. Ne seguiva la ripresa a tassazione con aggiunta di sanzioni. L’atto impositivo era notificato alla società ed al legale rappresentante -socio accomandatario NOME COGNOME.
L’accertamento societario si riverberava anche sui soci destinatari di personali avvisi di accertamento, diretti al signor NOME COGNOME, odierno controricorrente, al signor NOME COGNOME, e al predetto socio accomandatario signor NOME COGNOME. Senonché il legale rappresentante impugnava tardivamente sia l’avviso di accertamento della società, sia l’avviso di accertamento ricevuto personalmente quale socio. Donde ne scaturiva sentenza della CTP di Salerno di rigetto per tardività nei confronti della società (sent. n. 139 del 28/03/2008), e la sentenza della medesima CTP (n. 233/2009 del 23/07/2009) di rigetto dei ricorsi (riuniti) dei soci NOME COGNOME e NOME COGNOME.
La violazione del litisconsorzio originario necessario era riscontrata in grado d’appello dalla CTR di Salerno , adìta solo dallo COGNOME, con sentenza numero 54/9/2013 che rimetteva le parti davanti al primo giudice dopo aver dichiarato la nullità dell’intero giudizio, secondo l’insegnamento di questa Suprema Corte di legittimità in materia di litisconsorzio necessario fra società di persone e soci, di cui alla sentenza resa dalle Sezioni Unite numero 1052 del 18 gennaio 2007.
Più in particolare, occorre precisare che la CTR con ordinanza disponeva l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutte le parti che avevano partecipato al giudizio di primo grado, assegnando un termine perentorio di 60 giorni entro cui operare l’integrazione. Il difensore dell’odierno controricorrente COGNOME depositava atto di chiamata in causa notificato agli altri due soci NOME COGNOME e NOME COGNOME. Tuttavia la CTR constatava che già il collegio di primo grado avesse in precedenza dispost o l’integrazione del contraddittorio nei confronti del terzo socio NOME COGNOME e stante la mancanza di prova che quest’ultimo avesse ricevuto la relativa notifica, con la precitata sentenza numero 54/9/2013 depositata in data 21 febbraio 2013 la CTR disponeva la rimessione della causa innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Salerno, ai sensi dell’articolo 59, primo comma, del decreto legislativo 546/1992.
Riassunta la causa presso la CTP di Salerno, le parti processuali ripetevano le medesime difese già espresse in precedenza, ed il procuratore del signor COGNOME rappresentava la carenza di interesse del suo assistito, in quanto aveva ottenuto l’annullamento dell’atto impositivo con ordinanza di questa Suprema Corte n. 21790/2018, mentre il signor COGNOME dichiarava di aver aderito alla definizione agevolata dei carichi, cosiddetta ‘rottamazione’ RAGIONE_SOCIALE cartelle, fornendo prova dell’intervenuto pagamento.
Il collegio di primo grado, con sentenza numero 5259 depositata il 12 dicembre 2018, dichiarava estinto il giudizio per cessata materia del contendere grazia sia all’intervenuto annullamento dell’accertamento relativo al socio COGNOME, sia alla sopraggiunta definizione agevolata da parte del signor NOME COGNOME.
Senonché, con appello notificato il 18 dicembre 2019, l’Ufficio impugnava questa sentenza, lamentando come la definizione agevolata non comportasse la cessazione della controversia per una
diversa opzione del contribuente sui carichi da rottamare. Quindi reiterava tutte le argomentazioni pregresse.
La CTR dichiarava inammissibile per tardività la proposizione dell’appello, accogliendo l’eccezione di parte privata che riteneva applicabile la novellazione dei termini processuali avvenuta con legge n. 69/2009.
Avverso questa sentenza propone ricorso il patrono erariale, affidandosi ad unico mezzo, con cui replica con tempestivo controricorso la parte contribuente, che in vista dell’udienza camerale del 25/1/2024 ha depositato memoria con richiesta di condanna di controparte al risarcimento dei danni da lite temeraria, oltre che di condanna alle spese di lite con distrazione.
Con ordinanza interlocutoria n. 4804/2024 questa Corte, evidenziata la rilevanza nomofilattica della questione di diritto, rinviava la causa a nuovo ruolo per la trattazione in pubblica udienza.
Fissata l’udienza pubblica per il 19/06/2024, i l AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO Generale, nella persona del AVV_NOTAIO, ha depositato memoria scritta con cui ha chiesto rigettarsi il ricorso, salvo poi precisare le conclusioni con altra memoria, successivamente depositata, nel senso di accogliere il ricorso dell’ufficio .
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unic o motivo di ricorso l ‘RAGIONE_SOCIALE denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione degli articoli 51 e 38 terzo comma, del decreto legislativo numero 546 del 1992, nonché dell’articolo 327 del codice di procedura civile, nel testo in vigore prima della riforma di cui alla legge numero 69/2009.
Nella sostanza si critica la sentenza in scrutinio per aver ritenuto applicabile il regime semestrale anziché il previgente regime annuale cui sommare il termine feriale non ridotto. In altri termini,
il patrono erariale ritiene che il giudizio iniziato prima del 2009 segua le regole processuali previgenti alla novella introdotta in quell’anno.
All’opposto, nel suo controricorso, la parte contribuente afferma la tardività dell’appello e, quindi, la correttezza della sentenza in scrutinio e rileva altresì la tardività del presente ricorso per cassazione, l’Ufficio ritenendo erroneamente applicabil e il regime ante riforma, mentre esso è regolato dai nuovi termini ridotti con al più volte citata legge 69 del 2009.
Il motivo è fondato.
2. Come già evidenziato nell’ordinanza interlocutoria n. 4804/2024, costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, a partire dalla sentenza RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite n. 19701 del 17 settembre 2010, che il giudizio di rinvio conseguente a cassazione, pur dotato di autonomia, non dà vita ad un nuovo ed ulteriore procedimento, ma rappresenta una fase ulteriore procedimento, ma rappresenta una fase ulteriore di quello originario da ritenersi unico ed unitario. Sicché si è costantemente affermato che «in tema di impugnazioni, la modifica dell’art. 327 cod. proc. civ., introdotta dalla legge 18 giugno 2009 n. 69, che ha sostituito il termine di decadenza di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza all’originario termine annuale, è applicabile, ai sensi dell’art. 58, comma 1, della predetta legge, ai soli giudizi instaurati dopo la sua entrata in vigore e, quindi, dal 4 luglio 2009, restando irrilevante il momento dell’instaurazione di una successiva fare o di un successivo grado di giudizio» (cfr. Cass 17/04/2012, n. 6007, seguita in senso conforme, ex pluribus , da Cass. nn. 17060/2012, 15741/2013, 19941/2013 e 19979/2018).
Va, peraltro, rilevato che in caso -solo in parte analogo al presente (rimessione, da parte della Corte di Cassazione, al primo giudice per difetto di contraddittorio) -Cass. ord. n. 22407 del 15/10/2020, muovendo da Cass. Sez. U., n. 11844 del 9 giugno 2016, riguardo alla distinzione tra rinvio prosecutorio (o proprio), di cui all’art. 383, primo comma, cod. proc. civ., e rinvio restitutorio o
improprio di cui all’art. 383, terzo comma, cod. proc. civ., ha statuito che «nel caso di annullamento dell’intero giudizio di merito, da parte della Corte di Cassazione, ai sensi dell’art. 383, comma 3, c.p.c., non trova applicazione il principio del ‘tempus regit processum’ -secondo cui, in ossequio alle regole del giusto processo civile (art. 111 Cost.), vanno mantenute le norme vigenti al momento della proposizione della domanda iniziale -, dal momento che esso presuppone l’esistenza di atti processual i validi, compiuti nel previgente regime, mentre nell’ipotesi suddetta, insieme con l’atto originario, cade anche il collegamento col precedente regime processuale e il nuovo giudizio che si instaura a seguito di rinvio restitutorio è sottoposto alle regole vigenti (nella specie relative al termine lungo per impugnare) nel momento in cui, con la riassunzione, si rinnova l’atto introduttivo nullo, in virtù del giustapposto principio del ‘tempus regit actum’ ».
La distinzione è richiamata in ulteriori successivi provvedimenti sezionali (tra gli altri, più di recente, Cass. 28/09/2023, n. 27577, Cass. 29/04/2023, n. 10439, e Cass. 22/06/2021, n. 17855), tutte peraltro rese in ipotesi di rinvio prosecutorio o proprio. In tema di diversità del regime impugnatorio – per la modifica normativa, nelle more intervenuta – della decisione annullata si sono espresse, evidenziando la rilevanza della distinzione tra i detti tipi di rinvio, Cass. 08/11/2023, n. 31081 e Cass. n. 167/2019.
Ritiene la Corte che l’orientamento sin qui seguito debba essere sottoposto a rivisitazione, anche alla luce RAGIONE_SOCIALE osservazioni critiche emerse in dottrina.
Appare opportuno, in via preliminare, riportare il quadro normativo di riferimento.
L’articolo 58, comma 1, della l. 69/2009, entrata in vigore il 4 luglio 2009, prevede che «fatto salvo quanto previsto dai commi successivi, le disposizioni della presente legge che modificano il codice di procedura civile e le disposizioni per l’attuazion e del codice
di procedura civile si applicano ai giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore».
Si tratta di una norma, di portata AVV_NOTAIO, che detta la disciplina transitoria valevole per tutte le disposizioni della legge n. 69/2009, ad eccezione di quelle per le quali è prevista una regola diversa nei commi successivi (ad es. al comma 2 si prevede che i novellati articoli 132 e 345 cod. proc. civ. si applicano ai giudizi pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore della legge).
In deroga al principio di diritto intertemporale tempus regit actum – secondo il quale lo ius superveniens di natura processuale si applica ai giudizi in corso, sia pure limitatamente agli atti ancora da compiersi la norma ha previsto l’applicabilità RAGIONE_SOCIALE modifiche al codice di rito solo ai giudizi instaurati ex novo dopo la sua entrata in vigore (così Cass. Sez. U. 09/06/2016, n. 11844).
La norma, quando allude all’instaurazione del giudizio, si riferisce, secondo l’orientamento di questa Corte, all’instaurazione originaria del giudizio o del procedimento, e, quindi, all’inizio del primo grado, dovendosi escludere che esso intenda avere riguardo alla instaurazione della fase di un grado di giudizio o di un grado di giudizio ( ex multis , Cass. 17/05/2011, n. 10846 e Cass. Sez. U. cit. n. 11844/2016).
L’art. 327 cod. proc. civ., come modificato dalla legge n. 69/2009, prevede, come termine lungo per proporre impugnazione, 6 mesi (in luogo di 1 anno); esso si applica, in virtù del comma 1 cit., ai giudizi instaurati dopo il 4 luglio 2009.
Ora, la quaestio iuris che la Corte è chiamata a decidere attiene all’applicabilità della nuova formulazione dell’articolo 327 cod. proc. civ. ai giudizi di rinvio disposti dalla Corte di Cassazione (al giudice di primo o secondo grado) ex art. 383 cod. proc. civ., ed a quelli di primo grado riassunti a seguito di decisione del giudice del gravame (Tribunale, Corte di Appello o CTR) ex artt. 353 e 354 cod. proc. civ. (come nel caso de quo ), in seno a procedimenti in origine instaurati prima del 4 luglio 2009.
5.1. Ora, ritiene la Corte che la distinzione tra rinvio prosecutorio e rinvio restitutorio (peraltro tecnicamente possibile solo in caso di rinvio disposto dalla suprema Corte ed affermata in principio dalla dottrina sull’abbrivio del terzo comma dell’art icolo 383 cod. proc. civ.) abbia effetto solo descrittivo; come condivisibilmente già affermato in diversi precedenti, la detta distinzione « viene in considerazione esclusivamente ai fini della determinazione dell’ampiezza dei poteri spettanti al giudice d el rinvio nel riesame della controversia, che coincidono, nel primo caso, con quelli connessi alla funzione di giudice dell’impugnazione della sentenza di primo grado, e si estendono pertanto al riesame di tutte le questioni ritualmente proposte che non incidano sul suo obbligo di conformarsi al principio di diritto enunciato dal Giudice di legittimità » (Cass. 20/01/2022, n. 1841 che afferma la necessità di riassumere il giudizio innanzi al giudice dichiarato competente dalla Suprema Corte, pur in presenza di norme medio tempore sopravvenute modificative dei criteri di individuazione del giudice competente; conf. Cass. 27/09/2018, n. 23314 e Cass. 04/03/2015, n. 4290).
La detta distinzione non ha e non può avere alcuna ricaduta pratica, in particolare, in termini di applicazione di una disciplina eventualmente intervenuta medio tempore , soprattutto alla luce RAGIONE_SOCIALE seguenti ed ulteriori considerazioni.
5.2. In primo luogo, deve ritenersi che il processo di merito (di primo o di secondo grado) ‘mal instaurato’ per il difetto di integrità del contraddittorio sia, pur a seguito del rinvio da parte della Suprema Corte e della conseguente retrocessione alla fase in cui il vizio si è manifestato, sempre lo stesso. In altri termini, per effetto del rinvio cd. restitutorio non si instaura tecnicamente un nuovo procedimento, bensì continua, dopo la sanatoria del vizio riscontrato, il processo (l’unico) originariam ente instaurato.
Come correttamente argomentato dal AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO Generale nella memoria depositata ex art. 378 cod. proc. civ., in caso di rinvio restitutorio la causa continua a ritenersi pendente in
conformità con la regola fissata nell’ultimo comma dell’articolo 39 cod. proc. civ., ossia dal giorno della notifica dell’atto di citazione o del deposito del ricorso. La causa che, infatti, viene all’attenzione del giudice ad quem è sempre la stessa, che pende sin dal predetto giorno.
Il difetto originario del contraddittorio deve ritenersi un vizio sanabile con efficacia, per giurisprudenza pacifica, ex tunc ; sussiste, infatti, litispendenza anche quando la prima domanda sia stata proposta nei confronti solo di alcuni dei contraddittori necessari e quella successiva nei confronti di tutti. In tale ipotesi, ambedue le cause ‘pendono’ con la conseguente elimina zione del giudizio successivamente proposto secondo il criterio della prevenzione, attesa la finalità perseguita con la modifica d ell’art. 39, comma 1, cod. civ. ad opera della l. 69/2009, di evitare l’inutile duplicità di giudizi ed il contrasto tra giudicati (Cass. 02/11/2020, n. 24226).
L’unicità ed unitarietà del giudizio, in seno al quale sia stato disposto un annullamento con rinvio da parte della Suprema Corte, è affermazione ricorrente nella giurisprudenza di legittimità a partire dalla nota sentenza RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite n. 19701 del 17 settembre 2010: il giudizio di rinvio conseguente a cassazione non è dotato di autonomia e non dà vita a un nuovo ed ulteriore procedimento, piuttosto concretando una mera fase ulteriore di quello originario da ritenersi unico ed unitario. Nella specie le Sezioni Unite erano state chiamate a pronunciarsi sulla questione dell’applicabilità RAGIONE_SOCIALE modifiche dell’articolo 163bis cod. proc. civ. (sul termine a comparire) operate dalla legge n. 263/2005, al giudizio di rinvio prosecutorio, giungendo alla soluzione negativa, poiché la controversia era stata originariamente instaurata in data antecedente all’entrata in vigore della riforma del 2005.
A fronte di una disciplina di diritto transitorio come quella fissata nell’articolo 58 della legge 69/2009 ( supra richiamato, che già questa Corte ha ritenuto non possa prestarsi ad alcun equivoco interpretativo ; così Sez. U. cit. n. 11844/2016) non può non ritenersi
già pendente alla data di entrata in vigore della detta legge (e, quindi, sottratto all’applicazione della nuova disciplina dei termini di impugnazione) il giudizio introdotto prima del 4 luglio 2009, annullato dalla Suprema Corte per vizi di integrità del contraddittorio e successivamente riassunto innanzi al giudice del rinvio (restitutorio) indicato dalla Suprema Corte.
Opinare diversamente comporterebbe, come logica conseguenza, che alla domanda, originariamente mal proposta, non potrebbero ricollegarsi gli effetti conservativi previsti dall’articolo 5 del cod. proc. civ., rendendo quindi rilevanti eventuali mutamenti di legge intervenuti nelle more in punto di giurisdizione e competenza. Non solo. Persino l’idoneità dell’originaria domanda a valere come atto interruttivo della prescrizione andrebbe esclusa, ove si ritenga che con il rinvio restitutorio inizi da principio un nuovo e diverso giudizio. Infine, a voler portare alle estreme conseguenze un siffatto ragionamento, nel processo tributario il ricorso introduttivo del contribuente non potrebbe valere nemmeno come atto impeditivo della decadenza dalla impugnazione dell’atto di accertamento o di riscossione.
Trattasi, all’evidenza, di conseguenze, non ponderate sinora, e in ogni caso per nulla giustificabili alla luce RAGIONE_SOCIALE considerazioni supra svolte.
5.3. Può soccorrere, al fine di ritenere applicabile la nuova disciplina dei termini di impugnazione solo ai giudizi introdotti in origine dopo il 4 luglio 2009, l’altro principio fondamentale che regola il processo civile, ovvero il principio tempus regit processum , di matrice dottrinaria, a mente del quale il processo è regolato dalle norme vigenti al momento della proposizione della domanda, irrilevanti essendo le modifiche medio tempore intervenute.
Nella decisione n. 22407/2020 cit. il detto principio era ritenuto non applicabile poiché presuppone « l’esistenza di atti processuali validi, compiuti nel previgente regime processuale » e, nelle ipotesi di declaratoria di nullità del giudizio per vizio di integrità del
contraddittorio veniva a mancare anche « l’atto originario ». Come supra argomentato, tale linea decisoria non può essere condivisa, poiché l’atto originario (il ricorso o la citazione) non sono affatto invalidi ‘per un vizio originario insanabile’, sol perché non notificati a tutti i litisconsorti necessari; sono certamente viziati, ma sanabili ex tunc per effetto della integrazione del contraddittorio e, in quanto tali, determinano la litispendenza sin dal loro originario compimento. Ne segue, quindi, che un processo instaurato prima del 4 luglio 2009, anche se viziato per il difetto in discorso e dichiarato nullo da questa Corte, retrocede unicamente al primo giudice, ma resta fenomenicamente sempre lo stesso; pertanto, ad esso continuano ad applicarsi le n orme vigenti all’epoca della sua originaria introduzione.
5.4. Infine, come sottolineato sia dalla Corte Costituzionale (sent. n. 13/2018) sia da questa Corte a Sezioni Unite (09/05/2016 nn. 9284 e 9285) « la presenza di un’esplicita disciplina transitoria priva di rilevanza esclusiva il riferimento alla natura processuale degli atti per risolvere le questioni di diritto intertemporale ». In altri termini, a fronte di una chiara disciplina transitoria (come nel caso oggetto del presente giudizio e come nel caso dell’art. 27 commi 3 e 4 dlgs. n. 40/2006, scrutinato nel 2016 dal giudice RAGIONE_SOCIALE leggi) non può nemmeno porsi la questione di una eventuale violazione del principio tempus regit processum , poiché con la specifica disciplina transitoria è il legislatore a risolvere ex ante il problema dell’applicabilità RAGIONE_SOCIALE norme processuali sopravvenute.
5.5. Le medesime considerazioni devono valere anche nell’ipotesi in cui (come nella specie) il rinvio al primo giudice sia disposto dalla CTR, non già dalla Suprema Corte, non potendo in tal caso, come già accennato supra , nemmeno porsi la distinzione tra rinvio prosecutorio e rinvio restitutorio. Anche in tale ipotesi, infatti, il giudizio, annullato dalla CTR per vizio di integrità del contraddittorio, resta fenomenicamente lo stesso, anche a seguito della rimessione dello stesso alla CTP.
6. La CTR ha, per tutto quanto esposto, erroneamente ritenuto applicabile il termine breve (6 mesi) per impugnare la sentenza della CTP emessa in sede di rinvio (restitutorio) e, perciò, inammissibile in quanto tardivo il gravame interposto dall’Ufficio.
La sentenza va, quindi, cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, Sezione Distaccata di Salerno, che, in diversa composizione, procederà a nuovo esame attenendosi al seguente principio di diritto: ‘ in ipotesi di rinvio al giudice di merito (di primo o di secondo grado) anche per motivi di nullità del processo per vizi relativi al mancato rispetto del litisconsorzio necessario, i termini processuali di impugnazione RAGIONE_SOCIALE sentenze rese in sede di rinvio sono quelli previsti dall’articolo 327 c.p.c. nella formulazione vigente prima della riforma del 2009, quando il giudizio originario sia stato introdotto in data antecedente al 4 luglio 2009 ‘.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, Sezione Distaccata di Salerno, che, in diversa composizione, procederà a nuovo esame e provvederà alla liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 19 giugno 2024.