Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5718 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5718 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/03/2024
Oggetto: rimborso IVA – termine biennale
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12583/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentata e difesa in forza di procura speciale in atti dall’AVV_NOTAIO (PEC: EMAIL)
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore rappresentata e difesa come per legge dall’avvocatura generale dello Stato con domicilio in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO (PEC: EMAIL);
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 4003/19/2021 depositata in data 05/11/2021, non notificata;
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 14/09/2023 dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che:
-la società RAGIONE_SOCIALE ricorreva contro il diniego di rimborso per IVA 2010 e 2011, fondato sulla mancata registrazione in contabilità, operata per errore, di una serie di fatture di acquisto da parte della società incorporata dalla odierna ricorrente relative a detti periodi d’imposta e rilevata dalla incorporante ora ricorrente solo nel 2014;
-la CTP accoglieva il ricorso;
-appellava l’Ufficio;
-con la pronuncia oggetto della sentenza gravata, la CTR ha accolto impugnazione dell’RAGIONE_SOCIALE riconoscendo legittimi i dinieghi di rimborso in quanto emessi a fronte di istanze tardive;
-ricorre a questa Corte la società con atto affidato a un solo motivo di ricorso;
-resiste con controricorso l’Amministrazione Finanziaria;
Considerato che:
-l’unico motivo dedotto si incentra sulla illegittimità della sentenza impugnata per avere la CTR violato gli artt. 19 e 25 del d.P.R. n. 633 del 1972, facendo discendere da una violazione formale la perdita del diritto della società a ottenere il rimborso dell’iva ;
-il motivo è infondato;
-in primo luogo, va rilevato come la sentenza gravata, nella articolata e puntuale motivazione espressa, non abbia affatto posto a base della decisione la natura formale della violazione, sulla quale si incentra la censura;
-ben diversamente, essa ha ritenuto legittimo il diniego espresso dall’Ufficio in quanto, come chiaramente si illustra al punto n. 6 della motivazione, ‘trattandosi di una fattispecie di versamento effettuato per errore, e quindi di imposta non dovuta e mancando nella disciplina IVA del DPR 633/72 una specifica disciplina relativamente ai termini di decadenza per le richieste di rimborso, si deve far riferimento alla disciplina residuale di cui all’art. 21
comma 2 del DLgs. N. 546/92, che stabilisce il termine di decadenza per la presentazione della istanza…’;
-la RAGIONE_SOCIALE, dunque, non ha affatto deciso di confermare il diniego in quanto la società ha commesso una violazione formale; essa ha ritenuto, correttamente, intempestive le istanze di rimborso in quanto presentate oltre i due anni dal versamento erroneo dell’iva chiesta in restituzione;
-e tale statuizione, per vero, non solo non risulta puntualmente aggredita dal motivo di ricorso ma è anche ampiamente motivata e scevra da errori di diritto, dal momento che secondo questa Corte (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 11652 del 11/05/2017; conf. Cass. n. 15638 del 2019) in tema di IVA, il diritto alla restituzione dell’imposta indebitamente versata non è soggetto alla disciplina dettata dall’art. 38 del d.P.R. n. 602 del 1973 in materia di imposte dirette, bensì a quella prevista dagli artt. 30, 38-bis, 38-bis1, 38bis2 e 38 ter del d.P.R. n. 633 del 1972; tale diritto resta soggetto al termine decadenziale biennale ex art. 21, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, che decorre dal giorno in cui si è verificato il presupposto del rimborso, ossia dal giorno in cui è stato effettuato il pagamento che dà diritto alla restituzione del versato;
-neppure appare pertinente il richiamo, svolto lungamente in ricorso, agli orientamenti della Corte di Giustizia atteso che, da un lato, la Corte ha riconosciuto compatibile con il diritto dell’Unione e conforme al principio di effettività «la fissazione di termini di ricorso ragionevoli a pena di decadenza, nell’interesse della certezza del diritto, a tutela sia dell’interessato sia dell’amministrazione coinvolta, anche se, per definizione, il decorso di tali termini comporta il rigetto totale o parziale, dell’azione proposta» (v. sentenza 8 settembre 2011, C-89/10 e C-96/10, Q-Beef e Bosschaert; sentenza 15 aprile 2010, C542/08, COGNOME; sentenza 15 dicembre 2011, in C-427/10, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE; sentenza 20 dicembre 2017, in C500/16, Caterpillar), mentre, dall’altro, ove ha riconosciuto il
diritto al rimborso a prescindere dal maturare del termine di decadenza previsto dalla legislazione nazionale, ha assegnato rilevanza a situazioni oggettive e imponderabili per il contribuente o, comunque, a condotte riferibili all’Amministrazione finanziaria;
-il rimando è qui alla sentenza RAGIONE_SOCIALE sopra citata, relativa a soggetto che aveva “agito come un operatore economico prudente”, aveva “correttamente assoggettato all’IVA le operazioni di riscossione dei contributi consortili da essa effettuate” e “correttamente versato detta imposta all’amministrazione finanziaria, in ossequio alla prassi seguita da tale amministrazione all’epoca della fatturazione di dette operazioni”, regime poi “rimesso in discussione, retroattivamente” dalla stessa Amministrazione, lasciando il soggetto passivo esposto all’azione del suo committente), condizioni qui non ricorrenti;
-in ultimo, va fatto mero cenno -per chiarezza – al fatto che non viene qui in rilievo, stante la differente situazione di fatto, il diverso termine di prescrizione decennale;
-ciò in quanto (in argomento si veda per tutte Cass. Sez. 5, Sentenza n. 4559 del 22/02/2017 seguita da Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 1543 del 22/01/2018) in tema d’IVA, ove il credito di imposta sia già desumibile dalle dichiarazioni del contribuente e non sia contestato dall’Amministrazione finanziaria, situazione che ovviamente qui non ricorre, non è necessaria una specifica istanza di rimborso, che costituisce solo il presupposto di esigibilità per l’avvio del relativo procedimento, per cui non trova applicazione -in detta fattispecie, si ripete, del tutto diversa da quella per cui è processo – il termine biennale di decadenza previsto dall’art. 21, comma 2, ultima parte, del d.lgs. n. 546 del 1992, ma solo quello di prescrizione decennale ex art. 2946 c.c.
-conclusivamente, quindi, il ricorso va rigettato;
-le spese seguono la soccombenza;
p.q.m.
rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese di lite che liquida in euro 4.300,00 oltre a spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento a carico di parte ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 14 settembre 2023.