Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 29078 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 29078 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 36566/2018 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, con l’avvocato NOME COGNOME
e
-ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa ex lege dalla Avvocatura Generale dello Stato
-controricorrente-
avverso la Sentenza delle Commissione Tributaria Regionale della Calabria n. 867/2018 depositata il 03/05/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/10/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La RAGIONE_SOCIALE impugnava l’avviso di accertamento, conseguente a verifica della Guardia di Finanza, con il quale venivano rideterminati il reddito di impresa per l’anno 200 8, con ripresa ai fini dell’Ires, nonché il volume di affari, con richiesta di maggiore Iva. La adita Commissione tributaria provinciale di Cosenza dichiarava inammissibile il ricorso perché tardivo, con decisione che trovava conferma in sede di appello, da parte della CTR della Calabria, con la sentenza indicata in epigrafe.
Ricorre la società con due motivi e resiste con controricorso l’Amministrazione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso la società contribuente lamenta, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.с., la violazione dell’art. 153, comma 2, c.p.с., in relazione agli artt. 24 e 111 Cost., deducendo la omessa valutazione degli elementi giustificativi del ritardo da parte del giudice di appello, che sarebbero ravvisabili nella non tempestiva risposta negativa data dall’Ufficio alla proposta di accertamento con adesione, in prossimità della scadenza dello spatium di 90 giorni previsto dall’art. 12 del D Lgs. n. 218/1999.
1.1. Il motivo è inammissibile.
1.2. Va rammentato che è censurabile ai sensi del n. 5) soltanto l’omesso esame di un fatto storico controverso, che sia stato oggetto di discussione e che sia decisivo; di contro, non è più consentito impugnare la sentenza per criticare la sufficienza del discorso argomentativo a giustificazione della decisione adottata sulla base degli elementi fattuali acquisiti e ritenuti dal giudice di merito determinanti ovvero scartati in quanto non pertinenti o recessivi (Cass. 31/01/2017, n. 2474).
Per fatto decisivo deve intendersi innanzitutto un fatto (inteso nella sua accezione storico-fenomenica e, quindi, non un punto o un profilo giuridico) principale o secondario, che sia processualmente esistente, in quanto allegato in sede di merito dalle parti ed oggetto di discussione tra le parti, che risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali e se preso in considerazione avrebbe determinato una decisione diversa (Cass. 13/04/2017, n. 9637).
Pertanto, non costituiscono ‘fatti’ suscettibili di fondare il vizio ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., le argomentazioni o deduzioni difensive, il cui omesso esame non è dunque censurabile in Cassazione ai sensi del n. 5 dell’art. 360 (Cass. 13/04/2021, n. 9637), né costituiscono ‘fatti storici’ le singole questioni decise dal giudice di merito, né i singoli elementi di un accadimento complesso,
comunque apprezzato, né le mere ipotesi alternative (Cass. 31/03/2022, n. 10525).
1.3. Pacifica l’applicabilità della norma al processo tributario (così Sez. U. n. 8053/2014 cit.), questa Corte, in tema di contenzioso tributario, ha ritenuto inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale non si censuri l’omesso esame di un fa tto decisivo, ma si evidenzi solo un’insufficiente motivazione per non avere la CTR considerato tutte le circostanze della fattispecie dedotta in giudizio (Cass. 28/6/2016 n. 13366, in materia di idoneità delle dichiarazioni rese da un terzo a fondare la prova, da parte della contribuente, di fatture per operazioni inesistenti).
1.4. Infine, il vizio in esame non è denunciabile qualora le sentenze di merito siano fondate sulle medesime ragioni di fatto (cd. doppia conforme), incombendo al ricorrente in cassazione l’onere di allegare che, di contro, le due decisioni si fondino su ragioni diverse.
Nella specie, la «valutazione degli elementi giustificativi del ritardo da parte del giudice di appello» , lungi dall’integrare un ‘fatto storico’, costituisce una questione giuridica di merito, come tale non rientrante nel paradigma normativo. Inoltre, le sentenze di merito nella specie sono fondate sulle medesime ragioni di fatto (cd. doppia conforme), pert anto, ai fini dell’ammissibilità del ricorso, incombeva al ricorrente l’onere (non assolto nella specie) di allegare che, di contro, le due decisioni si fondavano su ragioni diverse.
Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.с., la violazione dell’art. 6 della L. n. 212/2000 e degli artt. 2, 6, ed 8 del D. Lgs. n. 218/1997, dell’art. 12 del D. Lgs. n. 218/1997, dell’art. 2969 c.c. e dell’art. 153, comma 2 c.p.с. in relazione agli artt. 3, 97, 111 Cost.
Deduce la ricorrente che i giudici del merito avrebbero dovuto operare una interpretazione costituzionalmente orientata delle norme in materia di definizione agevolata, sì da ritenere tempestiva
la proposizione del ricorso nel primo giorno utile successivo alla comunicazione della risposta dell’Ufficio.
2.1. Il motivo è infondato.
2.2. La Commissione regionale ha correttamente rilevato che il termine per l’impugnazione dell’avviso di accertamento era spirato, pur computando la sospensione di 90 giorni prevista dall’art. 12 del D Lgs. n. 218/1999.
2.3. I giudici di appello hanno, inoltre, correttamente richiamato l’orientamento risalente di questa Corte, qui da ribadirsi, secondo cui «In tema di accertamento con adesione, la sospensione del termine di impugnazione dell’atto impositivo per 90 giorni conseguente alla presentazione dell’istanza di definizione da parte del contribuente, così come previsto dall’art. 12 del d.lgs. 19 giugno 1997, n. 218, non è interrotta dal verbale di constatazione del mancato accordo tra questi e l’Amministrazione finanziaria, poiché, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione, diretta a favorire il più possibile la composizione amministrativa della controversia, deve ritenersi che solo l’univoca manifestazione di volontà del contribuente possa escludere irrimediabilmente tale soluzione compositiva, attraverso la proposizione di ricorso avverso l’atto di accertamento, oppure di formale ed irrevocabile rinuncia all’istanza di definizione con adesione, facendo perciò venir meno la sospensione del temine di impugnazione. Ne consegue che, quando, nel corso del procedimento di definizione, sia intervenuto solo un verbale di constatazione di mancato accordo, ma non anche un provvedimento di rigetto dell’istanza, il ricorso del contribuente è tardivo solo se proposto oltre i 150 giorni dalla notifica dell’atto impositivo, ossia tenendo conto sia dei 60 giorni ordinariamente previsti per la presentazione del ricorso, sia dell’intero termine di sospensione di 90 giorni (Cass. Sez. 5, 24/02/2012, n. 2857).
2.4. Per quanto attiene alla lagnanza avente ad oggetto la mancata considerazione, da parte dei giudici del merito, di eventuali ragioni
fondanti la rimessione in termini del contribuente, è opportuno rammentare, a tale riguardo, che questa Corte ha affermato che, «L’istituto della rimessione in termini, ex art. 153, comma 2, c.p.c., presuppone che la parte incorsa nella decadenza per causa ad essa non imputabile si attivi con tempestività e, cioè, in un termine ragionevolmente contenuto e rispettoso del principio della durata ragionevole del processo» (Cass. Sez. 2, 17/02/2025, n. 4034; conf.: Cass. Sez. 3, 29/05/2025, n. 14348; Cass. Sez. 3, 11/11/2020, n. 25289). E ancora si è affermato che «Nel processo tributario, come in quello civile, il provvedimento di rimessione in termini, reso sia ai sensi dell’art. 184-bis c.p.c., che del vigente art. 153, comma 2, c.p.c., presuppone una tempestiva istanza della parte che assuma di essere incorsa nella decadenza da un’attività processuale per causa ad essa non imputabile. (Cass. Sez. 5, 01/03/2019, n. 6102).
2.5. Di tanto, parte ricorrente non ha fornito allegazione né tanto meno dimostrazione, ricordandosi comunque che questa Corte ha inoltre affermato che «L’istituto della rimessione in termini, previsto dall’art. 153, comma 2, c.p.c., trova applicazione, alla luce dei principi costituzionali di tutela delle garanzie difensive e del giusto processo, in caso di decadenza dai poteri processuali interni al giudizio o a situazioni esterne al suo svolgimento, quale la decadenza dal diritto di impugnazione, ma non anche in caso di decadenza conseguente ad errore di diritto. (Cass. Sez. 6, 21/02/2020, n. 4585)».
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna della ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M .
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 10.300,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 22/10/2025.
Il Presidente NOME COGNOME