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Termine lungo per impugnare: quando decorre?

Una contribuente proponeva appello tardivamente, attribuendo la colpa al ritardo del giudice nel depositare la sentenza. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che il termine lungo per impugnare decorre dalla data di pubblicazione della sentenza (deposito in cancelleria) e non dalla sua comunicazione. Il ritardo del giudice non costituisce una causa di forza maggiore che giustifichi la rimessione in termini, essendo un ostacolo superabile con la dovuta diligenza.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Termine lungo per impugnare: la Cassazione chiarisce la decorrenza

Nel contenzioso tributario, il rispetto dei termini processuali è un elemento cruciale che può determinare l’esito di una controversia, a prescindere dal merito della questione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale riguardo al termine lungo per impugnare, chiarendo da quale momento esatto esso inizi a decorrere. La decisione offre spunti importanti sulla diligenza richiesta al contribuente e al suo difensore, anche di fronte a eventuali ritardi da parte dell’organo giudicante.

I fatti di causa

Il caso ha origine da un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Entrate a una contribuente, esercente la professione di parrucchiera. L’amministrazione finanziaria contestava maggiori redditi presunti, derivanti dal possesso di un immobile e di un cavallo da equitazione. La contribuente impugnava l’atto, ma il suo ricorso veniva respinto in primo grado dalla Commissione Tributaria Provinciale (CTP). Successivamente, la Commissione Tributaria Regionale (CTR) dichiarava inammissibile l’appello proposto dalla contribuente per tardività, ovvero perché presentato oltre i termini di legge.

La questione del termine lungo per impugnare e il ricorso in Cassazione

La contribuente si rivolgeva quindi alla Corte di Cassazione, lamentando che il ritardo nel deposito della sentenza di primo grado da parte del giudice le avesse impedito di rispettare il termine lungo per impugnare di sei mesi. Sostanzialmente, la ricorrente affermava che, a causa del comportamento della commissione, non aveva potuto proporre appello tempestivamente e che la CTR avrebbe dovuto concederle la cosiddetta ‘rimessione in termini’, annullando gli effetti della scadenza.

Le motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha ritenuto il ricorso infondato, confermando la decisione dei giudici d’appello. I giudici supremi hanno ribadito un principio consolidato nella giurisprudenza: il termine ‘lungo’ per impugnare, previsto dall’art. 327 del codice di procedura civile e richiamato nel processo tributario dall’art. 38 del D.Lgs. 546/1992, decorre dalla data di pubblicazione della sentenza. Tale data coincide con il deposito dell’atto presso la segreteria della commissione giudicante.

La Corte ha specificato che la data della successiva comunicazione della sentenza alle parti è irrilevante ai fini del calcolo di questo specifico termine. Di conseguenza, la semplice tardività del deposito della sentenza da parte del giudice non costituisce un impedimento non imputabile alla parte che giustifichi una rimessione in termini. Si tratta, secondo la Corte, di un ostacolo che può essere superato con un comportamento diligente da parte del contribuente e del suo difensore, i quali hanno l’onere di monitorare attivamente lo stato del procedimento e la pubblicazione della sentenza.

L’istituto della rimessione in termini presuppone una situazione di impedimento assoluto e non imputabile, come nel caso in cui una parte non riceva la comunicazione della data dell’udienza. Il ritardo del giudice, invece, non rientra in questa categoria. La decisione della CTR, che aveva negato la rimessione in termini, è stata quindi giudicata corretta e priva di contraddizioni.

Le conclusioni

Questa pronuncia rafforza il principio della responsabilità e della diligenza delle parti processuali. Per i contribuenti e i loro consulenti, emerge chiaramente la necessità di un monitoraggio costante delle procedure pendenti, senza fare affidamento esclusivamente sulle comunicazioni di cancelleria. L’onere di verificare la data di pubblicazione della sentenza ricade sulla parte interessata a impugnare. Attendere la comunicazione formale può comportare il rischio di superare il termine lungo per impugnare, con la conseguenza fatale dell’inammissibilità del gravame e la definitività della sentenza sfavorevole. La decisione della Cassazione serve da monito: nel processo, la vigilanza è una componente essenziale della difesa.

Da quale momento inizia a decorrere il termine lungo per impugnare una sentenza?
Il termine lungo di sei mesi per impugnare una sentenza inizia a decorrere dalla data della sua pubblicazione, che coincide con il giorno del suo deposito presso la segreteria dell’organo giudicante, e non dalla data in cui viene comunicata alle parti.

Il ritardo del giudice nel depositare la sentenza giustifica la tardività dell’appello?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la semplice tardività del deposito della sentenza da parte del giudice non costituisce una causa non imputabile che giustifichi una rimessione in termini. È considerato un ostacolo superabile con un comportamento diligente da parte dell’interessato.

Quando è possibile chiedere la rimessione in termini?
La rimessione in termini può essere concessa solo quando la parte dimostra che la scadenza del termine è stata causata da un impedimento non imputabile, come ad esempio la mancata ricezione della comunicazione della data di udienza di discussione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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