Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 12098 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 12098 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 07/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12472/2018 R.G. proposto da AVV. COGNOME NOME difesa da sé medesima ai sensi dell’art. 86 c.p.c., elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA PUGLIA n. 2969/2017 depositata il 12 ottobre 2017
udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 6 marzo 2025 dal Consigliere COGNOME NOME
FATTI DI CAUSA
La Direzione Provinciale di Bari dell’Agenzia delle Entrate emetteva nei confronti dell’avv. NOME COGNOME un avviso di accertamento relativo all’anno 2010 con il quale contestava alla predetta
professionista la percezione di compensi non fatturati per un importo complessivo di 152.555 euro e l’indeducibilità di costi dichiarati per un ammontare di 6.197 euro, operando le conseguenti riprese fiscali ai fini dell’IRPEF, dell’IRAP e dell’IVA e irrogando le sanzioni amministrative pecuniarie previste dalla legge.
La contribuente impugnava l’atto impositivo dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Bari, la quale, in parziale accoglimento del suo ricorso, annullava le riprese attinenti all’IRAP e riduceva le sanzioni comminate dall’Ufficio.
La decisione veniva successivamente riformata dalla Commissione Tributaria Regionale della Puglia, la quale, con sentenza n. 2969/2017 del 12 ottobre 2017, accoglieva l’appello principale dell’Amministrazione Finanziaria e rigettava quello incidentale della parte privata; per l’effetto, dichiarava la legittimità dell’impugnato avviso di accertamento anche in ordine ai rilievi in tema di IRAP e alle sanzioni.
Contro questa sentenza la COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, così rubricati:
(1)violazione e falsa applicazione dell’art. 12, commi 1, 2 e 5, della L. n. 212 del 2000 (statuto del contribuente);
(2)violazione e falsa applicazione dell’art. 12, comma 7, della L. n. 212 del 2000;
(3)violazione e falsa applicazione dell’art. 42, comma 2, del D.P.R.
n. 600 del 1973;
(4)violazione dell’art. 112 c.p.c..
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso, con il quale ha chiesto, in via preliminare, la riunione del presente procedimento con quello iscritto al n. 29229/2017 R.G., pendente fra le stesse parti dinanzi a questa Corte, o quantomeno la trattazione congiunta dei due ricorsi.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai
sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
Nel termine di cui al comma 1, terzo periodo, dello stesso articolo la ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Si rendono necessari alcuni rilievi preliminari.
1.1 Anzitutto, deve dichiararsi inammissibile la produzione dei documenti allegati alla memoria illustrativa della parte impugnante.
1.2 Tali documenti non attengono, infatti, all’ ammissibilità del ricorso per cassazione, sicchè il loro deposito non poteva in ogni caso avvenire indipendentemente (vale a dire separatamente: cfr. Cass. n. 12288/2016) da quello del ricorso medesimo, ai sensi dell’art. 372, comma 2, c.p.c..
1.3 Va inoltre evidenziato che, contrariamente a quanto sostenuto a pag. 2 della suddetta memoria, nel presente giudizio non è stata emessa alcuna ordinanza dell’ex Sesta Sezione Civile disponente la rimessione della causa alla pubblica udienza di questa Sezione.
Una simile ordinanza è stata, invece, pronunciata nell’àmbito del procedimento iscritto al n. 19502/2018 R.G., avente ad oggetto altro ricorso per cassazione proposto dalla stessa COGNOME contro una diversa sentenza della CTR pugliese (la n. 1210/2018 del 2 aprile 2018).
1.4 Giova poi rammentare, alla luce di quanto ancora si legge nella richiamata memoria, che la fissazione dell’udienza o dell’adunanza in camera di consiglio non rientra fra le attribuzioni del relatore, il quale viene nominato per un’udienza già fissata con provvedimento del primo presidente o del presidente di sezione, a seconda che il ricorso sia stato assegnato alle sezioni unite o a una sezione semplice ( arg. ex art. 377, comma 1, c.p.c.).
1.5 Va infine notato che il procedimento n. 29229/2017 R.G., indicato nel proprio controricorso dall’Agenzia delle Entrate, è stato nelle more definito da questa Corte con ordinanza n. 19425/2019 del 18 luglio 2019, con la conseguenza che deve ritenersi venuta
meno la prospettata opportunità della sua riunione o trattazione congiunta con il presente giudizio.
Fatte queste precisazioni, deve dichiararsi d’ufficio la tardività del ricorso.
2.1 Ai sensi dell’art. 51, comma 1, del D. Lgs. n. 546 del 1992, se la legge non dispone diversamente, il termine per impugnare la sentenza della Corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado è di sessanta giorni, decorrente dalla sua notificazione, «salvo quanto disposto dall’art. 38, comma 3».
2.2 In base a tale ultima norma, se nessuna delle parti provvede alla notificazione della sentenza, si applica l’art. 327, comma 1, del codice di procedura civile, il quale, a sua volta, stabilisce che, indipendentemente dalla notificazione, l’appello, il ricorso per cassazione e la revocazione per i motivi indicati nei nn. 4 e 5 dell’art. 395 non possono proporsi dopo decorsi sei mesi dalla pubblicazione della sentenza.
2.3 Tanto premesso, si rileva che nel caso di specie l’impugnata sentenza è stata pubblicata il 12 ottobre 2017, mentre il ricorso per cassazione è stato consegnato all’ufficiale giudiziario il 17 aprile 2018, come inequivocabilmente risulta attestato dal timbro apposto dall’UNEP di Bari sull’ultima pagina dell’atto ( ), recante il numero cronologico, la data e la specifica delle spese, nonché la firma dell’addetto (cfr., sull’argomento, Cass. n. 3755/2015, Cass. n. 3071/2023, Cass. n. 2467/2025).
2.4 Poichè fra le date di cui sopra risulta essere intercorso un periodo di tempo superiore a sei mesi, il gravame va dichiarato inammissibile.
2.5 È bene precisare che la constatata tardività dell’impugnazione non soggiace al divieto, sancito dall’art. 101, comma 2, secondo periodo, c.p.c., di porre a fondamento della decisione una questione rilevata d’ufficio e non rimessa al contraddittorio delle parti, atteso che l’osservanza dei termini perentori entro i quali
devono essere esperite le impugnazioni costituisce un parametro di ammissibilità della domanda cui la parte dotata di una minima diligenza processuale non può non prestare attenzione, sì da dover considerare già «ex ante» come possibile sviluppo della lite la rilevazione officiosa dell’eventuale violazione dei termini suddetti (cfr. Cass. n. 29803/2019, Cass. Sez. Un. n. 8776/2021, Cass. n. 32527/2022).
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Stante l’esito dell’impugnazione, viene resa nei confronti della ricorrente l’attestazione contemplata dall’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), inserito dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente a rifondere all’Agenzia delle Entrate le spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi 2.300 euro, oltre ad eventuali oneri prenotati a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la proposta impugnazione, a norma del comma 1bis dello stesso articolo, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione