Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19150 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 19150 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 12/07/2025
Avviso di accertamento -termine dilatorio art. 12, comma 7, legge n. 212 del 2000
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5729/2018 R.G. proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa dal l’Avvocatura generale dello Stato;
-ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME
-controricorrente – avverso la sentenza della COMM. TRIB. REG. SICILIA, n. 3452/2017, depositata il 18/09/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 5 giugno 2025 dal consigliere NOME COGNOME;
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle Entrate ricorre nei confronti di NOME COGNOME che resiste a mezzo controricorso, avverso la sentenza in epigrafe. Con quest’ultima la CTR ha rigettato l’appello dell’Ufficio avverso la sentenza della CTP che aveva accolto il ricorso spiegato contro l’avviso di accertamento con il quale, per l’anno di imposta 2006, era stato recuperato a tassazione un maggior reddito, ritenendo indebitamente dedotti costi relativi ad operazioni oggettivamente inesistenti, oltre sanzioni ed interessi.
Il contribuente ha depositato memoria con la quale ha chiesto dichiararsi l’estinzione della presente controversia, stante l’adesione alla definizione agevolata ex art. 6 e 7 d.l. 23 ottobre 2018, n. 119 conv.to con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’ unico motivo -suddiviso in quattro sub-censure l’Agenzia delle entrate denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 36, d.lgs. 31 dicembre 1992, e dell’art. 132 cod. proc. civ. e, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 10, comma 7, legge 27 luglio 2000, n. 212 e dell’art. 21 -ocites legge 7 agosto 1990, n. 241.
Con una prima censura, denuncia il vizio di motivazione omessa o meramente apparente della sentenza per aver acriticamente condiviso le tesi sostenute nella sentenza di primo grado assumendo violato l’art. 12, comma 7 legge n. 212 del 2000, per essere stato notificato il p.v.c. unitamente all’avviso di accertamento.
Con una seconda censura deduce che il p.v.c. era stato emesso nei confronti di soggetto terzo e, quindi, non sussisteva alcun obbligo di preventiva notifica.
Con una terza censura sostiene che, in termini più generali, la norma richiamata non stabilisce alcuna sanzione di nullità dell’atto impositivo in caso di mancato rispetto del termine di sessanta giorni trattandosi di temine ordinatorio; che le garanzie procedimentali trovano applicazione esclusivamente in relazione agli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuati nei locali ove si svolge l’attività del contribuente, mentre è esclusa l’esistenza di una clausola generale di contraddittorio endoprocedimentale per i tributi non armonizzati; che, invece, per i tributi armonizzati occorre la prova che, in mancanza di tale irregolarità, il procedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso.
Con una quarta censura, prospetta che sussistevano comunque ed erano state evidenziate le ragioni di urgenza coincidenti con l’imminente scadenza del termine di accertamento.
Preliminarmente va disattesa l’istanza di estinzione del giudizio avanzata dal contribuente.
Questi ha documentato di aver presentato domanda di definizione agevolata la quale, se pure contiene indicazione del presente giudizio (ric. n. 5729/2018), è relativa all’avviso di accertamento n. CODICE_FISCALE emesso con riferimento all’anno di imposta 2007 ; ugualmente ha documentato e di aver corrisposto la prima rata, rapportata a quanto dovuto in ragione di quest’ultimo atto impositivo. Oggetto del presente giudizio, invece, come indicato sia in sentenza, sia nel ricorso, sia, infine, nello stesso controricorso del contribuente è l’avviso di accertamento n. TYQ01D401313 relativo all’anno di imposta 2006.
Il complesso motivo dell’Agenzia delle entrate è da rigettare integralmente.
3.1. E’ , innanzitutto, infondata la censura di omessa motivazione della sentenza impugnata.
Il vizio di motivazione è denunciabile in cassazione solo per l’anomalia motivazionale che si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé e purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella «mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico», nella «motivazione apparente», nel «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» e nella «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile»; è esclusa, invece, qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione. (Cass. Sez. U. 07/04/2014, nn. 8053 e 8054).
La CTR, invece, ha chiaramente espresso le ragioni per le quali ha ritenuto nullo l’avviso di accertamento , evidenziando che la verifica si era conclusa con un processo verbale di constatazione notificato contestualmente all’avviso di accertamento, i n violazione dell’art. 12, comma 7, legge n. 212 del 2000; che tale disposizione va interpretata nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento decorrente dal rilascio al contribuente nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività della copia del processo verbale -determina, salvo ragioni di urgenza, non dedotte dall’Ufficio, l’illegittimità dell’atto.
3.2. La seconda censura con la quale l’Agenzia delle entrate assume che il processo verbale di constatazione era stato emesso nei confronti di un terzo soggetto è inammissibile.
Il giudizio d’appello, per come ricostruito nella sentenza impugnata, non risulta aver avuto ad oggetto la questione dedotta con il motivo in esame.
E’ noto, invece, che i motivi del ricorso per cassazione devono investire questioni che abbiano formato oggetto del thema decidendum
del giudizio di secondo grado, come fissato dalle impugnazioni e dalle richieste delle parti: in particolare, non possono riguardare nuove questioni di diritto se esse postulano indagini ed accertamenti in fatto non compiuti dal giudice del merito ed esorbitanti dai limiti funzionali del giudizio di legittimità. Pertanto, secondo il costante insegnamento di questa Corte, qualora una determinata questione giuridica -che implichi un accertamento di fatto -non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito consentendo alla Corte di controllare la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa: ciò che, nel caso di specie, non è accaduto (tra le più recenti Cass. 24/01/2019, n. 2038).
A ciò deve aggiungersi che, nel controricorso, il contribuente ha riferito che l’accesso era avvenuto presso la propria commercialista e che tale circostanza di fatto assumeva rilievo, ai fini della questione giuridica posta dall’Ufficio , in quanto per la giurisprudenza di questa Corte l’acces so presso il professionista tenutario delle scritture contabili è equiparabile ai fini dell’applicazione della garanzia procedimentale prevista dall’art. 12, comma 7, della legge n. 212 del 2000, all’accesso avvenuto presso la sede dell’impresa (Cass. 31/03/2022, n. 10352).
3.3. La terza censura è priva di fondamento.
La CTR, una volta affermato che l’Amministrazione non aveva rispettato il termine di sessanta giorni, tra il rilascio al contribuente del verbale di chiusura delle operazioni e la notifica dell’avviso di accertamento, si è attenuta alla costante giurisprudenza di questa Corte secondo la quale, in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto ad accessi, ispezioni o verifiche fiscali, l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni dal rilascio della copia del processo
verbale di chiusura delle operazioni, previsto ex art. 12, comma 7, legge. n. 212 del 2000 per l’emanazione dell’avviso di accertamento -a meno che l’Amministrazione finanziaria non provi la ricorrenza di ragioni d’urgenza -determina di per sé la nullità insanabile dell’atto impositivo, indipendentemente dalla natura del tributo accertato, sia esso armonizzato o non armonizzato (Cass. 20/07/2023, n. 21517).
3.4. La quarta censura è anch’essa infondata.
L’Agenzia delle entrate, nell’affermare che la CTR non si è pronunciata sulle ragioni di urgenza addotte, non si rapporta con la sentenza impugnata la quale, invece, ha affermato che dette ultime non erano mai state allegate.
In ogni caso, l’Agenzia delle Entrate deduce come ragione di urgenza l’imminente scade nza del termine che, invece, è ritenuta irrilevante da questa Corte, la quale ha affermato che dette ragioni devono consistere in elementi di fatto che esulano dalla sfera dell’ente impositore e dalla sua diretta responsabilità, sicché non possono in alcun modo essere individuate nell’imminente scadenza del termine decadenziale dell’azione accertativa (Cass. 06/0/2022, n. 11110).
In definitiva, il ricorso va rigettato.
Le spese di questo giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Stante la soccombenza di una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13 comma 1-quater, d.P.R., 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia delle entrare a l pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio, che liquida in euro 200,00 per esborsi e in euro 7.800,00 a
titolo di compenso, oltre il 15 per cento a titolo di rimborso forfetario spese generali, iva e cpa come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5 giugno 2025.