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Termine dilatorio: nullo l’atto emesso prima di 60gg

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha annullato un avviso di accertamento fiscale perché emesso prima della scadenza del termine dilatorio di 60 giorni concesso al contribuente per presentare osservazioni dopo una verifica. La Corte ha stabilito che il momento decisivo è la data di redazione e sottoscrizione dell’atto (emanazione), non quella della sua successiva notifica. La violazione di questo termine perentorio rende l’atto insanabilmente nullo, a tutela del diritto al contraddittorio del contribuente.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Termine Dilatorio: Nullo l’Atto Fiscale Emesso Prima dei 60 Giorni

Il rispetto delle garanzie procedurali è un pilastro fondamentale nel rapporto tra Fisco e contribuente. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 16195/2024) ha ribadito con forza l’importanza del termine dilatorio di 60 giorni previsto dallo Statuto del Contribuente, chiarendo che un avviso di accertamento emesso prima della sua scadenza è irrimediabilmente nullo, anche se notificato successivamente. Questa decisione consolida un principio cruciale a tutela del diritto di difesa.

I Fatti del Caso: Una Questione di Tempismo

Il caso ha origine da una verifica fiscale condotta dall’Amministrazione Finanziaria presso una società. Le operazioni di controllo si concludevano il 24 aprile 2018, con il rilascio del processo verbale di constatazione. Da questa data, secondo l’art. 12, comma 7, della Legge n. 212/2000 (Statuto dei Diritti del Contribuente), scattava un termine dilatorio di 60 giorni durante il quale il contribuente poteva presentare osservazioni e richieste, e l’ufficio non poteva emettere l’avviso di accertamento.

Il termine di 60 giorni sarebbe quindi scaduto il 23 giugno 2018. Tuttavia, l’Agenzia delle Entrate redigeva e sottoscriveva l’avviso di accertamento in data 14 giugno 2018, quindi ben prima della scadenza. L’atto veniva poi spedito il 26 giugno e notificato alla società il 28 giugno, cioè dopo la scadenza del termine. La società ha impugnato l’atto, sostenendone la nullità proprio per la violazione di questa garanzia procedurale.

La Violazione del Termine Dilatorio e la Decisione della Corte

Il cuore della controversia risiedeva nell’interpretazione del verbo “emanare”. L’Amministrazione sosteneva che ciò che conta è il momento della notifica, avvenuta dopo i 60 giorni. Il contribuente, al contrario, affermava che l’atto è “emanato” nel momento in cui viene formato, datato e sottoscritto dal funzionario, poiché è in quel momento che la volontà impositiva dell’ente si concretizza.

La Corte di Cassazione ha accolto pienamente la tesi del contribuente. Ha stabilito che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento ne determina di per sé l’illegittimità. La notifica è una mera condizione di efficacia esterna dell’atto, ma non può sanare un vizio che si è verificato nella sua fase di formazione.

Le Motivazioni: Perché la Data di Formazione dell’Atto è Decisiva

La Suprema Corte ha fornito una motivazione chiara e lineare, basata sulla ratio della norma. Il termine dilatorio non è una formalità, ma una garanzia sostanziale del contraddittorio. Serve a consentire al contribuente di interloquire con l’amministrazione in un momento in cui l’atto impositivo è “ancora in fieri”, cioè non è stato ancora definitivamente formato.

I giudici hanno spiegato che l’Ufficio deve “…attendere il decorso del termine previsto dalla legge per la formulazione delle osservazioni e richieste del contribuente, prima di chiudere il procedimento di formazione dell’atto”. Emettere l’atto prima di tale scadenza significa, di fatto, vanificare questo diritto, poiché la decisione è già stata presa senza poter considerare le eventuali argomentazioni difensive del contribuente.

La Corte ha inoltre precisato che questa violazione comporta la nullità insanabile dell’atto, indipendentemente dalla natura del tributo (armonizzato o meno) e senza che sia necessaria la cosiddetta “prova di resistenza”. Non spetta al contribuente dimostrare che, se avesse potuto presentare le sue osservazioni, l’esito sarebbe stato diverso. La violazione della procedura è di per sé sufficiente a invalidare l’atto.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Contribuenti e Amministrazione

La sentenza n. 16195/2024 ha importanti implicazioni pratiche:

1. Certezza del Diritto: Viene stabilito un principio chiaro: l’avviso di accertamento è “emanato” quando viene redatto e sottoscritto. È questa la data che deve essere successiva alla scadenza del termine dilatorio.
2. Tutela del Contribuente: Si rafforza la garanzia del contraddittorio, impedendo all’Amministrazione Finanziaria di formare la propria decisione prima di aver potenzialmente ricevuto e valutato le osservazioni del contribuente.
3. Onere per l’Amministrazione: Gli uffici fiscali devono prestare la massima attenzione al calendario. Qualsiasi atto datato prima della scadenza dei 60 giorni, salvo comprovate ed esplicitate ragioni di urgenza, è a rischio di annullamento.

In conclusione, questa pronuncia della Cassazione rappresenta un punto fermo nella tutela dei diritti del contribuente, ricordando a tutti gli operatori che il rispetto delle regole procedurali non è un optional, ma la base per un’azione amministrativa legittima ed equa.

Cosa si intende per ‘termine dilatorio’ di 60 giorni nel diritto tributario?
È il periodo di tempo, che decorre dal rilascio del processo verbale di constatazione al termine di una verifica fiscale, durante il quale l’Amministrazione finanziaria non può emettere l’avviso di accertamento. Questo intervallo è finalizzato a consentire al contribuente di presentare le proprie osservazioni e difese.

Un avviso di accertamento datato prima della scadenza dei 60 giorni, ma notificato dopo, è valido?
No, non è valido. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’atto è nullo. Il momento rilevante per il rispetto del termine dilatorio è quello dell’emanazione dell’atto (data e sottoscrizione), non quello della sua successiva notifica al contribuente.

È necessario dimostrare che l’esito dell’accertamento sarebbe stato diverso se il termine fosse stato rispettato (c.d. prova di resistenza)?
No. Secondo la sentenza, la violazione del termine dilatorio di 60 giorni comporta la nullità insanabile dell’atto impositivo, senza che il contribuente debba fornire la prova di resistenza. La violazione della garanzia procedurale è di per sé sufficiente a invalidare l’atto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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