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Termine dilatorio: nullo l’atto emesso prima di 60gg

La Corte di Cassazione ha esaminato un caso relativo a un avviso di accertamento per abuso del diritto. La Corte ha stabilito che il mancato rispetto del termine dilatorio di 60 giorni, previsto per consentire al contribuente di presentare le proprie osservazioni, rende nullo l’atto impositivo. È irrilevante che la notifica avvenga dopo la scadenza del termine: ciò che conta è la data di emissione (sottoscrizione) dell’atto. La violazione di questa garanzia procedimentale comporta l’invalidità insanabile dell’accertamento. Inoltre, la Corte ha accolto il ricorso del contribuente, affermando che la ‘complessità della materia’ non è una motivazione sufficiente per compensare le spese legali.

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Pubblicato il 18 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Termine Dilatorio e Avviso di Accertamento: Se Emesso Prima dei 60 Giorni è Nullo

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale a tutela del contribuente: il termine dilatorio di sessanta giorni dopo la chiusura di una verifica fiscale è una garanzia invalicabile. Se l’Amministrazione Finanziaria emette l’avviso di accertamento prima di questa scadenza, l’atto è irrimediabilmente nullo. Questa decisione rafforza il diritto al contraddittorio, specialmente in casi complessi come le contestazioni per abuso del diritto.

I fatti del caso

Una società a responsabilità limitata riceveva un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate rettificava i redditi ai fini Irap, Ires e Iva per l’anno 2006. Secondo il Fisco, la società aveva posto in essere operazioni con altre entità collegate al solo scopo di ottenere vantaggi fiscali indebiti, configurando un’ipotesi di abuso del diritto.

La società impugnava l’atto e la Commissione Tributaria Provinciale le dava ragione, annullando l’accertamento. L’Agenzia delle Entrate proponeva appello, ma anche la Commissione Tributaria Regionale confermava la decisione di primo grado, seppur per una ragione diversa: la violazione del termine dilatorio di 60 giorni previsto dall’art. 12 dello Statuto del Contribuente. L’atto, infatti, era stato emesso prima che il contribuente avesse avuto il tempo di presentare le proprie osservazioni. La società, a sua volta, contestava la decisione dei giudici di compensare le spese legali a causa della ‘complessità della materia’.

La questione è così giunta dinanzi alla Corte di Cassazione, con l’Agenzia delle Entrate che insisteva sulla validità del proprio operato e la società che chiedeva il riconoscimento delle spese legali.

La decisione della Corte sul termine dilatorio

La Corte di Cassazione ha esaminato in via prioritaria il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria, respingendolo con argomentazioni nette. I giudici hanno chiarito che il termine dilatorio di 60 giorni è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale.

Il punto cruciale della decisione risiede nella distinzione tra ‘emanazione’ e ‘notifica’ dell’atto. Secondo l’Agenzia, l’atto era valido perché notificato dopo i 60 giorni. La Corte, invece, ha affermato che il momento che conta è quello dell’emanazione, ovvero quando l’atto viene redatto in forma definitiva, datato e sottoscritto dal funzionario. Se questo avviene prima della scadenza del termine, la volontà impositiva si è già formata senza attendere le eventuali osservazioni del contribuente. Di conseguenza, il diritto al contraddittorio è stato violato e l’atto è nullo, indipendentemente dalla data successiva di notifica.

La questione delle spese legali

Accolto, invece, il ricorso della società sulla compensazione delle spese. La Corte ha stabilito che la generica motivazione della ‘complessità della materia’ non è più sufficiente per derogare al principio della soccombenza, secondo cui chi perde la causa paga le spese. Per poter compensare le spese, il giudice deve indicare ragioni più specifiche, come l’assoluta novità della questione o un mutamento della giurisprudenza.

Le motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che il contraddittorio preventivo è una espressione primaria dei principi costituzionali di collaborazione e buona fede tra Fisco e contribuente. Il termine dilatorio di 60 giorni non ammette equipollenti e non può essere sostituito da altre forme di dialogo intercorse tra le parti. La sua violazione comporta una nullità insanabile dell’atto impositivo, a prescindere dalla natura del tributo contestato. Questo principio, secondo la Corte, assume una rilevanza ancora maggiore nei casi di accertamento per abuso del diritto. In tali circostanze, la normativa specifica (art. 37-bis del d.P.R. n. 600/1973) impone all’Ufficio di richiedere preventivamente chiarimenti al contribuente, a pena di nullità. La violazione del termine dilatorio, quindi, si inserisce in un quadro di garanzie procedurali ancora più stringenti. Per quanto riguarda le spese, la motivazione si basa sull’interpretazione rigorosa dell’art. 92 del codice di procedura civile, come modificato nel tempo. Il potere del giudice di compensare le spese è stato limitato a casi eccezionali e specifici, tra cui non rientra più il vago riferimento alla complessità del caso.

Le conclusioni

L’ordinanza ha importanti implicazioni pratiche. In primo luogo, consolida un orientamento a forte tutela del contribuente, riaffermando che le garanzie procedurali, come il termine dilatorio, non sono mere formalità, ma requisiti di validità dell’azione amministrativa. I contribuenti e i loro difensori devono prestare massima attenzione non solo alla data di notifica, ma anche a quella di emissione dell’atto impositivo. In secondo luogo, la decisione sulle spese legali spinge i giudici tributari a motivare in modo più analitico un’eventuale compensazione, limitandola a circostanze realmente eccezionali e disincentivando decisioni che potrebbero penalizzare ingiustamente la parte vincitrice.

Un avviso di accertamento firmato prima della scadenza del termine dilatorio di 60 giorni è valido se viene notificato dopo?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’atto è illegittimo e nullo. Ciò che conta è il momento dell’emanazione (datazione e sottoscrizione), non quello della notifica, perché la volontà impositiva dell’Ufficio si è già formata prima che il contribuente potesse presentare le sue osservazioni.

Il diritto al contraddittorio preventivo può essere sostituito da altre forme di dialogo tra Fisco e contribuente?
No, la Corte afferma che la garanzia assicurata dal termine dilatorio ‘non ammette equipollenti’ e non può essere sostituita da un contraddittorio più o meno lungo ed intenso svoltosi tra le parti in altri momenti.

La ‘complessità della materia’ è una ragione sufficiente per compensare le spese legali?
No, secondo la Corte, il semplice richiamo alla ‘complessità della materia’, senza specificare profili di novità della questione o possibili contrasti interpretativi, non è una motivazione adeguata per derogare al principio della soccombenza e compensare le spese.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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