Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3695 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3695 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25238/2018 R.G. proposto da :
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore
-intimato-
sul controricorso incidentale proposto da RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente incidentale-
Avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA PUGLIA SEZ.DIST. LECCE n. 535/2018 depositata il 21/02/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/01/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
Rilevato che:
1. La Commissione Tributaria Regionale della Puglia, sez. dist. Lecce ( hinc: CTR), con la sentenza n. 535/18 depositata in data 21/02/2018, ha rigettato il ricorso per revocazione proposto dal sig. NOME COGNOME contro la sentenza n. 2084/17. Con tale sentenza la stessa CTR aveva rigettato l’appello del contribuente contro la sentenza n. 4067 (depositata in data 21/12/2015), con la quale la Commissione Tributaria Provinciale di Lecce aveva autorizzato l’Agenzia delle Entrate a procedere al sequestro conservativo dei beni immobili del contribuente.
2. La richiesta di revocazione si fondava sull’errore di fatto, individuato nel mancato rispetto del termine di sessanta giorni previsto per legge, che deve intercorrere tra la data di notifica del PVC e quella di emissione degli avvisi di accertamento. La parte ricorrente denunciava che il PVC fosse stato notificato in data 10/07/2015, contrariamente a quanto osservato dall’Ufficio e condiviso dai giudici di appello che individuavano il perfezionamento
della notificazione nella data del 04/06/2015. Ulteriore censura riguardava l’errore di fatto, risultante dagli atti di causa e relativo all’illeggibilità del PVC.
2.1. La CTR, con la sentenza n. 535/18, ha ritenuto che l’avviso di accertamento emesso prima di sessanta giorni dal rilascio del verbale di constatazione (cioè del termine previsto dall’art. 12, comma 7, legge n. 212 del 2000) non ne determina in assoluto la nullità, perché non compromette la difesa del contribuente. Rileva, altresì, che l’art. 12 cit. non prevede alcuna sanzione di nullità dell’atto impositivo, in caso di mancato rispetto del termine di sessanta giorni e ciò potrebbe portare a ritenere che si tratti di un termine meramente ordinatorio. Facendo applicazione del principio ubi lex voluit, dixit, ubi noluit tacuit, ha rilevato che, ove il legislatore avesse inteso sanzionare con la nullità il mancato rispetto del termine di sessanta giorni, lo avrebbe espressamente prescritto, al pari di quanto stabilito nell’art. 6, comma 5, Statuto del contribuente.
2.2. Nel caso di specie il diritto del contribuente non ha subito, sul piano sostanziale, alcuna irrimediabile compressione, dal momento che, oltre a poter sollecitare l’autotutela d’ufficio in caso di accertamento infondato, ha difeso le proprie ragioni mediante ricorso alla commissione tributaria provinciale e regionale.
2.3. La CTR ha ritenuto, inoltre, infondata anche la doglianza relativa alle parti oscurate del PVC che lo avrebbero reso illeggibile e incomprensibile, in quanto comparandole con quelle in chiaro erano più che comprensibili e non avevano, quindi, pregiudicato la comprensione né dei motivi, né degli importi della ripresa erariale. Tanto più che il ricorrente aveva in suo possesso già la copia consegnatagli a mani priva di imperfezioni e avrebbe, comunque, potuto chiedere e ottenere dall’uf ficio copia del pvc.
Contro la sentenza della CTR il sig. NOME COGNOME ha proposto ricorso in cassazione con tre motivi.
3.1. Il contribuente ha altresì proposto avverso la sentenza impugnata nel presente giudizio ricorso per revocazione (cd. revocatio revocationis ) davanti alla Commissione Tributaria Regionale della Puglia sez. dist. di Lecce, con atto che dichiara di aver notificato all’Ufficio in data 04/07/2018 e depositato in data 16/07/2018.
L’Agenzia delle Entrate, costituendosi con controricorso, ha proposto ricorso incidentale con un motivo.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso è stata denunciata, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e la falsa applicazione dell’art. 12, comma 7, legge n. 212 del 2000 in relazione agli artt. 3, 53 e 97 Cost, all’art. 10 legge n. 212 del 2000 e all’art. 21 -septies legge n. 241 del 1990.
1.1. La ricorrente rileva che la CTR, in funzione di giudice della revocazione, ha erroneamente giudicato in merito alle conseguenze derivanti dal mancato rispetto, da parte dell’Agenzia delle Entrate, del termine minimo di sessanta giorni che deve intercorrere tra la data di notifica del PVC e quella di emissione degli avvisi di accertamento posti alla base dell’istanza di adozione delle misure cautelari sui beni del ricorrente.
1.2. In via preliminare il contribuente ha evidenziato la tempestività del ricorso in cassazione proposto nel rispetto tanto del termine di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza impugnata che di quello di sessanta giorni dalla notificazione, ad opera dello stesso ricorrente, del ricorso per revocazione proposto contro la medesima sentenza impugnata nel presente giudizio.
1.3. La ricorrente rileva, quindi, l’erroneità della statuizione dei giudici della revocazione in merito alle conseguenze del mancato rispetto del termine minimo di sessanta giorni che deve intercorrere tra la data di notifica del PVC e l’emissione degli avvisi di accertamento. Il rispetto di tale termine è fondamentale, dal momento che è proprio sulla base di tali avvisi di accertamento -emessi in data 01/09/2015, cioè dopo appena cinquantatré giorni dalla data di notificazione del PVC avvenuta il 10/07/2015 – che l’Agenzia delle Entrate ha chiesto l’adozione delle misure cautelari ex art. 22 d.lgs. n. 472 del 1997. La CTR, in sede di revocazione, pur riconoscendo l’errore commesso dai giudici d’appello, ha affermato, tuttavia, che tale violazione non comporta di pe r sé l’illegittimità degli avvisi di accertamento. Tale conclusione è errata: nella specie il PVC è stato notificato in data 10/07/2015 e non è possibile che fosse stato notificato in data 04/06/2015 -come sostenuto dai giudici d’appello dal momento che risulta elaborato in data 11/06/2015 e protocollato in data 16/06/2015.
1.4. La ricorrente ha, poi, evidenziato come, sebbene non sia testualmente previsto, la stessa giurisprudenza di legittimità -a partire da Cass., Sez. U, 29/07/2013, n. 18184 – abbia affermato che il mancato rispetto del termine di sessanta giorni ex art. 12, comma 7, legge n. 212 del 2000, comporta la nullità dell’atto impositivo emesso prima dello spirare di tale termine.
Inoltre, l’amministrazione finanziaria non ha indicato né le ragioni d’urgenza per le quali non è stato rispetto il termine dilatorio previsto nell’art. 12, comma 7, cit., né ha fornito mai alcuna prova in ordine al fondato timore di perdere la garanzia del proprio credito posto a base dell’istanza di adozione delle misure cautelari. La CTR ha, quindi, errato nel non ritenere rilevante la violazione del termine dilatorio, posto che non è stata riscontrata neppure l’assenza di
motivazione in ordine al requisito dell’urgenza ai sensi di quanto previsto dall’art. 21 septies legge n. 241 del 1990. Di conseguenza, se gli avvisi di accertamento sono nulli, ciò si ripercuote anche sulla richiesta di concessione delle misure cautelari.
1.5. Inoltre, una volta ricevuto il PVC, notificato il 10/07/2015, il contribuente si è adoperato, tramite il proprio legale, presso la Guardia di Finanza, rilevando la sua totale illeggibilità, con la conseguente impossibilità di potersi difendere. L’ammi nistrazione finanziaria non ha mai risposto alle memorie presentate dall’odierna parte ricorrente, ma ha addirittura accelerato l’emissione degli accertamenti, dimostrando assoluto disinteresse per i suoi diritti fondamentali.
Con il secondo motivo è stata denunciata, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la nullità del procedimento derivante dalla violazione dell’art. 115 c.p.c.: la CTR, in funzione di giudice della revocazione, ha pronunciato la sentenza n. 535/24/2018, senza esaminare, tuttavia, le prove fornite dal contribuente in merito all’illeggibilità del PVC posto alla base dell’istanza di adozione delle misure cautelari sui beni del ricorrente.
2.1. La parte ricorrente contesta l’affermazione contenuta nella sentenza, secondo cui il contribuente avrebbe potuto prendere conoscenza delle ragioni sottese alla pretesa erariale, poiché in possesso di una copia del pvc notificatagli a mani e priva di imperfezioni. Rileva che il PVC sia stato notificato al contribuente solo in data 10/07/2015 e non anche in data 04/06/2015. L’errore in cui sono incorsi i giudici della revocazione deriva dalla circostanza che insieme al PVC è stato allegato un precedente e distinto PVC datato 04/06/2015 (v. all. 2 alle memorie difensive depositate in primo grado dal contribuente, allegato al fasc. Cassazione, Doc. D, sub 7). È infatti impossibile che in data 04/06/2015 sia stato
notificato il PVC protocollato solo in data 16/06/2016 (v. pag. 1 del PVC depositato in primo grado e depositato nel presente giudizio sub doc. D, 2). La CTR ha, quindi, confuso il PVC illeggibile, in quanto totalmente oscurato, con il diverso PVC del 04/06/2015. Conclude rilevando che: a) in data 04/06/2015 la Guardia di Finanza -Tenenza di Maglie ha notificato un primo PVC composto da quarantuno pagine, a mani del contribuente; b) in data 10/07/2015, l’Agenzia delle Entrate ha notific ato, per la prima volta e tramite messo notificatore, un nuovo e diverso PVC con protocollo n. 0259395/15, composto di sedici pagine.
2.2. Secondo la parte ricorrente l ‘errore compiuto dai giudici della revocazione è, pertanto, grave, in quanto, se avessero accertato l’effettiva differenza tra il PVC notificato a mano il 04/06/2016 e il successivo PVC n. 0259395/15 si sarebbero accorti che quest’ultimo è stato notificato solo in data 10/07/2015 ed è illeggibile e non avrebbero, quindi, potuto fare altro che dichiarare illegittima la successiva misura cautelare che trova il suo presunto fumus, proprio nelle contestazioni che il contribuente non ha potuto conoscere.
Con il terzo motivo è stata denunciata, ai sensi de ll’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 7 legge n. 212 del 2000 (Statuto del contribuente) in relazione agli artt. 1 e 3 legge n. 241 del 1990.
3.1. Ad avviso della ricorrente la CTR, in funzione di giudice della revocazione, ha erroneamente giudicato in merito al vizio di trasparenza e motivazione del PVC avente protocollo n. 0259395/15 del 16/06/2015, notificato in data 10/07/2015 e posto alla base dell’istanza di adozione delle misure cautelari. È stata censurata, in particolare, l’affermazione della CTR, secondo cui la copia del PVC notificata al contribuente, seppure oscurata, sarebbe stata
comprensibile, se comparata con le altre parti in chiaro del medesimo PVC. In realtà, a differenza di quanto affermato dai giudici della revocazione, il PVC redatto dall’ufficio è composto da sedici pagine, quasi del tutto oscurate e, per tale motivo, illeggibili. Tanto è vero che, a causa delle cancellature, non risultava possibile al contribuente contestare i rilievi eseguiti dai verificatori. Ha quindi evidenziato come, dal tenore letterale degli artt. 1 e 3 legge n. 241 del 1990, risulti che gli atti ad ottati dall’amministrazione finanziaria debbano essere redatti in maniera chiara, trasparente e motivata, in modo tale da permettere al contribuente di comprendere le ragioni sulle quali si fonda la pretesa erariale. Il PVC notificato contrasta con i principi sopra menzionati ed è, pertanto, gravato da radicale e insanabile nullità.
Inoltre, ad avviso della CTR il contribuente avrebbe potuto chiedere anche una copia del PVC, cosa che, peraltro, è stata fatta mediante la nota trasmessa in data 10/09/2015.
La controricorrente ha proposto ricorso incidentale con un motivo, con il quale ha censurato la decisione della CTR per non aver rilevato la causa di inammissibilità della domanda di revocazione, non ricorrendo, nel caso in esame, il motivo indicato nell’art. 395, n. 4, c.p.c. Gli errori di fatto, risultanti dagli atti o dai documenti di causa, che la ricorrente in via principale ha fatto valere in sede di revocazione hanno, infatti, costituito punti controversi nell’ambito dei giudizi di primo e secondo grado.
4.1. L’Agenzia delle Entrate rileva, inoltre, che è ancora pendente il giudizio instaurato davanti alla Commissione Provinciale di Lecce avente per oggetto gli avvisi di accertamento relativi agli anni d’imposta 2010 e 2011. Si tratta, in particolare, degl i avvisi che, secondo la tesi difensiva della controparte, sarebbero stati notificati prima della scadenza del termine di sessanta giorni. Al momento del
deposito del ricorso incidentale l’Agenzia delle Entrate ha affermato che, in esito all’udienza di trattazione svolta in data 14/02/2018, non risultava ancora depositata la decisione.
In via preliminare deve essere esaminato il motivo di ricorso incidentale proposto dall’Agenzia delle Entrate , poiché astrattamente idoneo, in caso di fondatezza, ad assorbire (anche) l’esame del ricorso principale.
5.1. Il ricorso in via incidentale è, tuttavia, inammissibile.
La ricorrente incidentale non precisa quale sia, tra i motivi indicati nell’art. 360, primo comma, c.p.c., quello posto a fondamento del ricorso. Anche a voler ritenere che tale profilo di indeterminatezza possa essere colmato attraverso la lettura del motivo di ricorso incidentale quest’ultimo è, comunque, inammissibile. Si legge, infatti, a pag. 15 del controricorso: « Prima di procedere all’esame dei motivi di ricorso, è opportuno ribadire in questa sede processuale, l’inammissibilità della domanda di re vocazione rigettata -nel merito -con la sentenza impugnata, inammissibilità, sulla quale i giudici tributari hanno omesso di pronunciarsi, su cui si propone ricorso incidentale ai sensi dell’art. 371 c.p.c.»
5.2. La ricorrente evoca, quindi, un vizio di omessa pronuncia, in relazione alla questione di ammissibilità del ricorso per revocazione per insussistenza dei presupposti ai sensi dell’ultimo periodo dell’art. 395, n. 4, c.p.c. (v. pag. 2-3 della sentenza impugnata).
Deve, tuttavia, ritenersi che la sentenza impugnata, entrando nel merito del ricorso per revocazione, abbia superato il profilo di ammissibilità sollevato dalla parte ricorrente incidentale davanti al giudice di seconde cure, rigettandolo implicitamente. Di conseguenza, occorre dare continuità a quanto precisato da questa Corte, secondo la quale non ricorre il vizio di omessa pronuncia ove la decisione comporti una statuizione implicita di rigetto della
domanda o eccezione, da ritenersi ravvisabile quando la pretesa non espressamente esaminata risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia, nel senso che la domanda o l’eccezione, pur non espressamente trattate, siano superate e travolte dalla soluzione di altra questione, il cui esame presuppone, come necessario antecedente logico-giuridico, la loro irrilevanza o infondatezza (Cass., 26/09/2024, n. 25710). Secondo questa Corte, infatti, è configurabile la decisione implicita di una questione (connessa a una prospettata tesi difensiva) o di un’eccezione di nullità (ritualmente sollevata o rilevabile d’ufficio) quando queste risultino superate e travolte, benché non espressamente trattate, dalla incompatibile soluzione di un’altra questione, il cui solo esame presupponga e comporti, come necessario antecedente logicogiuridico, la loro irrilevanza o infondatezza; ne consegue che la reiezione implicita di una tesi difensiva o di una eccezione è censurabile mediante ricorso per cassazione non per omessa pronunzia (e, dunque, per la violazione di una norma sul procedimento), bensì come violazione di legge e come difetto di motivazione, sempreché la soluzione implicitamente data dal giudice di merito si riveli erronea e censurabile oltre che utilmente censurata, in modo tale, cioè, da portare il controllo di legittimità sulla decisione inespressa e sulla sua decisività (Cass., 08/05/2023, n. 12131).
Deve, quindi, ritenersi che, nel giudizio di revocazione, la sentenza in cui il giudice esamini direttamente il vizio revocatorio, senza pronunciarsi espressamente sull’eccezione di inammissibilità della parte convenuta che contesti l’esistenza di uno dei casi previsti nell’art. 395 c.p.c. , non incorre in un vizio di omessa pronuncia, dovendosi ritenere che tale eccezione sia stata implicitamente rigettata, con la conseguenza che la parte soccombente su tale
eccezione può ricorrere in cassazione solo prospettando il vizio di violazione di legge (art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.) o il difetto di motivazione nei limiti dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. (Cass., Sez. U, 07/04/2014, n. 8053), senza poter evocare il vizio di omessa pronuncia.
Passando all’esame del ricorso principale i motivi possono essere esaminati congiuntamente e sono infondati.
6.1. È da ritenere infondata la denuncia della violazione del termine di sessanta giorni tra la data di notificazione del PVC e quella dell’emissione dell’avviso di accertamento (rilevante ai sensi dell’art. 12, comma 7, legge n. 212 del 2000), oggetto del primo motivo di ricorso. La ricorrente fa riferimento (v. pag. 7 del ricorso) al PVC notificato, per la prima volta, in data 10/07/2015 ex art. 140 c.p.c. e ritirato in data 16/07/2015, indicato come Doc. D, sub 2). Nella prima pagina di tale documento (indicante come oggetto: « p.v. di constatazione» ) si legge che il verbale di verifica è iniziato il 27/05/2014 e terminato il 04/06/2015. Unitamente a tale documento viene prodotto il processo verbale di constatazione datato 04/06/2015 , recante, nell’ultima pagina, la sottoscrizione della parte (indicata nella pagina iniziale nel sig. NOME COGNOME). Sempre nell’ultima pagina del PVC si legge al pari di quanto è dato leggere nel doc. D7 -che il verbale si compone di n. 41 fogli e 5 allegati. Soprattutto si legge, prima della sottoscrizione della parte, che un esemplare viene consegnato a quest’ultima . La controricorrente, peraltro, a pag. 18 afferma che: « Nella fattispecie in esame, successivamente alla consegna del verbale e degli atti ad esso allegati al contribuente, consegna, si sottolinea, avvenuta in data 04/06/2015, l’Ufficio, ritenendo opportuna l’adozione di provvedimenti cautelari, e verificata la fondatezza della pretesa (fumus boni iuris ) e del pericolo di perdere il proprio credito
( periculum in mora ), ha proceduto alla notifica, in data 10/07/2015, della copia del processo verbale pervenuta dalla Guardia di Finanza ai sensi dell’art. 60 DPR n. 600/73.
In sostanza, la parte ricorrente fonda la contestazione inerente alla violazione dell’art. 12, comma 7, legge n. 212 del 2000 , facendo leva sulla copia del pvc notificata in data 10/07/2015 dall’amministrazione finanziaria al fine di chiedere le misure cautelari e indicata sub prot. 0259395/15 del 16/06/2015. Tale atto fa riferimento a un verbale di verifica iniziato in 27/05/2014 e terminato il 04/06/2015, con allegato un processo verbale di constatazione, dove viene indicata la data del giorno 04/06/2015, viene apposta la sottoscrizione della parte (individuata nella prima pagina nel sig. COGNOME) e riporta la consegna a quest’ultima di una copia.
6.2. Con riferimento al secondo e al terzo motivo -entrambi incentrati sull’asserita illeggibilità del PVC prot. n. 0259395/15 del 16/06/2015 – la parte ricorrente afferma a pag. 12 del ricorso: « L’errore in cui sono incorsi i giudici della revocazione deriva dalla circostanza che insieme al suddetto PVC prot. N. 0259395/15 l’Ufficio ha allegato un precedente e distinto PVC datato 04.06.2015 (si veda PVC del 4/06/2015 della Guardia di Finanza, allegato n. 2 alle memorie difensive depositate in primo grado dal Sig. NOME il 23.09.2015 insieme al PVC prot. n. 0259395/15, ora allegato al Fascicoletto Cassazione, Doc. D, sub 7).
Questa Corte ha precisato che: « In tema di ricorso per cassazione, mentre l’errore di valutazione in cui sia incorso il giudice di merito e che investe l’apprezzamento della fonte di prova come dimostrativa (o meno) del fatto che si intende provare – non è mai sindacabile nel giudizio di legittimità, l’errore di percezione, cadendo sulla ricognizione del contenuto oggettivo della prova, qualora
investa una circostanza che ha formato oggetto di discussione tra le parti, è sindacabile ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4), c.p.c., per violazione dell’art. 115 del medesimo codice, il quale vieta di fondare la decisione su prove reputate dal giudice esistenti, ma in realtà mai offerte. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto ammissibile il motivo con cui si contestava l’oggettivo travisamento, a causa di un errore percettivo, del contenuto di una missiva, alla quale la Corte d’appello aveva attribuito una valenza confessoria circa il riconoscimento di pretesi difetti di beni che, in realtà, non erano mai stati consegnati all’acquirente). » (Cass., 04/03/2022, n. 7187).
Nel caso di specie dalla lettura di quello che nell’elenco dei documenti riportato a pag. 19 del ricorso come D), 2 ( i.e. « copia del PVC prot. n. 0259395/15 della Guardia di Finanza, Tenenza di Maglie notificato al Sig. NOME in data 10/07/2015» ), risultano riportati un documento recante prot. 0259395 del 16/06/2015 di tredici pagine, un documento denominato «MUV» (modello unico di verifica) di due pagine e il processo verbale di constatazione datato 04/06/2015, di cui viene indicato nell’ultima pagina che è composto di quarantuno pagine. Tale complesso documentale non è affatto totalmente illeggibile, con la conseguenza che non può ritenersi che la CTR sia incorsa in un errore percettivo della prova rilevante ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., rientrando, piuttosto, le conclusioni del giudice di seconde cure nella valutazione delle prove sottratta al sindacato della presente Corte. Il giudice di seconde cure ha, infatti, ritenuto che l’eccezione relativa alle parti oscurate sia infondata, in quanto: « comparandole con quelle in chiaro, sono più che comprensibili, e pertanto, di fatto, non hanno pregiudicato al comprensione né dei motivi né degli importi della ripresa erariale.» È pertanto da ritenere infondata anche la censura inerente alla violazione dell’art. 7 legge n. 212 del 2000, non essendo riscontrabile
il vizio di motivazione denunciato dalla parte ricorrente in via principale.
Alla luce di quanto sin qui evidenziato il ricorso principale è infondato e deve essere rigettato, mentre il ricorso incidentale è inammissibile.
In ragione della soccombenza reciproca delle parti le spese del presente giudizio devono essere compensate.
…
P.Q.M.
a i sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di co ntributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
dichiara inammissibile il ricorso incidentale; rigetta il ricorso incidentale; dispone la compensazione delle spese di lite; Così deciso in Roma, il 17/01/2025.