Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 11279 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 11279 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 29/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21877/2023 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
DEI STATO (NUMERO_DOCUMENTO), che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in VENEZIA -MESTRE, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA II GRADO COGNOME n. 3055/01/23 depositata il 10/05/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 3055/01/23 del 10/05/2023, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania (di seguito CGT2) accoglieva l’appello incidentale proposto da RAGIONE_SOCIALE e dichiarava
assorbito l’appello principale dell’Agenzia delle entrate (di seguito AE) nei confronti della sentenza n. 2300/01/22 della Commissione tributaria provinciale di Napoli (di seguito CTP), che aveva accolto parzialmente il ricorso proposto dalla società contribuente avverso due atti di recupero concernenti IVA relativa agli anni d’imposta 2020 e 2021.
1.1. Come evincibile dalla sentenza impugnata, l’Amministrazione finanziaria contestava alla società contribuente, quale destinatario registrato, la responsabilità, in solido con l’acquirente, in ordine al mancato versamento dell’IVA su acquisti di carburante per autotrazione da parte di RAGIONE_SOCIALE In particolare, detti acquisti sarebbero avvenuti senza l’immediato assolvimento dell’imposta in ragione di una polizza fideiussoria rivelatasi contraffatta.
1.2. La CGT2 accoglieva l’appello incidentale di RAGIONE_SOCIALE e dichiarava assorbito l’appello principale proposto da AE, evidenziando che: a) gli atti di recupero per cui era controversia erano stati emessi a seguito di accesso dell’Amministrazione finanziaria presso i locali dell’impresa, con conseguente applicazione del disposto dell’art. 12, comma 7, della l. 27 luglio 2000, n. 212; b) poiché gli atti impositivi erano stati emessi prima del termine di sessanta giorni fissato dalla legge per lo svolgimento del contraddittorio endoprocedimentale, gli stessi andavano annullati; c) la questione posta dall’Amministrazione finanziaria con l’appello principale era, dunque, assorbita.
Avverso la sentenza di appello AE proponeva ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
RAGIONE_SOCIALE resisteva in giudizio con controricorso e depositava memoria ex art. 380 bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso di AE è affidato a tre motivi, di seguito brevemente illustrati.
1.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1, comma 937 e 938, della l. 27 dicembre 2017, n. 205, dell’art. 1, comma 422, della l. 30 dicembre 2004, n. 311, dell’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali della UE e dell’art. 24 Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CGT2 illegittimamente contestato la natura meramente liquidatoria degli atti di recupero.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000, per avere la CGT2 illegittimamente ritenuto il mancato rispetto del termine di sessanta giorni previsto dalla disposizione richiamata ai fini dell’emissione dell’atto impositivo.
1.3. Con il terzo motivo si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1, comma 938, della l. n. 205 del 2017, per avere la CGT2 illegittimamente considerato il contenuto della prova di resistenza gravante in capo a RAGIONE_SOCIALE responsabile anche per sanzione e interessi.
Il primo motivo, con il quale si contesta la natura dell’atto di recupero come atto non meramente liquidatorio, va disatteso.
2.1. La CTR ha ritenuto, con accertamento di fatto congruamente e logicamente motivato, che gli atti di recupero oggetto del presente giudizio abbiano natura accertativa in quanto l’attività compiuta dall’Ufficio non è meramente liquidatoria, costituendo « un’attività di accertamento, originata da approfondita istruttoria, con acquisizione di copiosa documentazione presso la sede» della società (pag. 16 della sentenza impugnata).
2.2. AE ha contestato tale inquadramento ma, da un lato, non ha tenuto conto della giurisprudenza di questa Corte, per la quale gli
avvisi di recupero di cui all’art. 1, comma 421, della l. n. 311 del 2004 hanno natura di atti impositivi (Cass. n. 8429 del 31/03/2017); dall’altro, non ha riprodotto il testo degli atti impugnati in modo tale da mettere questa Corte in condizioni di valutare il contenuto accertativo o meramente liquidatorio di tali atti, sicché il motivo proposto difetta di specificità.
Il secondo motivo, con il quale si assume il rispetto del termine di sessanta giorni per l’emissione dell’atto impositivo, è fondato per le ragioni che seguono.
3.1. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000 « deve essere interpretato nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento – termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni – determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso “ante tempus”, poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva » (Cass. S.U. n. 18184 del 29/07/2013).
3.1.1. Tuttavia, la nullità derivante dal mancato rispetto del termine dilatorio, decorrente dal rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni, riguarda -anche con riferimento all’IVA (Cass. nn. 701 e 702 del 15/01/2019) -solo ed esclusivamente il triplice caso di accesso, ispezione o verifica nei
locali destinati all’esercizio dell’attività e non anche le verifiche cd. a tavolino.
3.1.2. Con riferimento a queste ultime soccorre la previsione di Cass. S.U. n. 24823 del 09/12/2015, per la quale, con riferimento ai tributi cd. non armonizzati, « non sussiste per l’Amministrazione finanziaria alcun obbligo di contraddittorio endoprocedimentale », mentre per i tributi cd. armonizzati, secondo quanto emerge dal diritto unionale, per come interpretato dalla Corte di giustizia della UE, « l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa » (cd. prova di resistenza).
3.1.3. Sotto altro profilo, è stato evidenziato che « Il processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, di cui l’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000, richiede il rilascio di copia al contribuente almeno sessanta giorni prima della notifica dell’avviso di accertamento, deve intendersi riferito alla conclusione degli accessi, delle ispezioni e delle verifiche fiscali svolte nei locali dell’impresa, non essendo richiesta dalla legge la notificazione al contribuente di un diverso ed ulteriore verbale di chiusura delle operazioni, quando esse siano state completate presso gli uffici dell’ente impositore » (Cass. n. 17818 del 01/06/2022). Del resto, il termine dilatorio decorre da tutte le possibili tipologie di verbali di accesso, indipendentemente dal loro contenuto e denominazione formale (Cass. n. 4726 del 15/02/2023).
3.1.4. In particolare, nel caso di accesso mirato all’acquisizione di documentazione fiscale (cd. accessi istantanei, cui pure sono applicabili le garanzie formali previste dallo Statuto del contribuente:
cfr. Cass. n. 25681 del 31/08/2022), è sufficiente che il verbale indichi i documenti prelevati, ferma restando la decorrenza del termine dilatorio di cui all’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000 dal rilascio di copia del predetto verbale, senza che sia necessaria l’adozione di un ulteriore processo verbale di contestazione delle violazioni successivamente riscontrate (Cass. n. 12094 del 08/05/2019; Cass. n. 11589 del 04/05/2021).
3.2. Riassumendo, deve ritenersi che nel caso di accessi, ispezioni o verifiche nei locali destinati all’esercizio dell’attività imprenditoriale , l’avviso di accertamento, in materia di imposte dirette ed IVA (che, si noti, è l’unico tributo che viene in considerazione nel caso di specie , non vertendo in alcun modo la controversia in materia di accise) non può essere emesso prima di sessanta giorni dall’ultimazione della verifica; in tal caso, ai fini della decorrenza del termine, non occorre la redazione di uno specifico processo verbale di constatazione di chiusura della verifica, ma è sufficiente la redazione di un semplice verbale, comunque denominato. Nel caso, invece, di accertamento a tavolino non si applicano le garanzie formali previste dallo Statuto del contribuente, ma il contraddittorio endoprocedimentale è obbligatorio unicamente per l’ipotesi delle imposte armonizzate , non anche per quelle non armonizzate.
3.3. Nel caso di specie è pacifico, oltre che accertato dalla CGT2, che: i) vi è stato un accesso sui luoghi da parte dei verificatori in data 22 dicembre 2020 (cfr. ricorso, pag. 16; controricorso, pag. 4; sentenza impugnata, pag. 18); ii) l’accesso ha avuto lo scopo di acquisire documenti e, dunque, si è trattato di accesso istantaneo; iii) all’esito dell’accesso non è stato redatto uno specifico processo verbale di chiusura delle operazioni di verifica; iv) successivamente, in data 21 giugno 2021 (cfr. ricorso, pag. 17; controricorso, pag. 5; sentenza impugnata, pag. 2), sono stati emessi gli atti di recupero.
3.4. Orbene, la CGT2 -partendo dal presupposto che sia sempre necessaria la redazione di un verbale di chiusura delle operazioni di verifica -ha affermato che, « Poiché l’atto impugnato trae origine dalla documentazione e dalle informazioni acquisite nel corso dell’accesso del 22 dicembre 2020 presso i locali della Società, l’Ufficio, nell’adottare il provvedimento senza comunicare la chiusura della verifica e senza attivare alcun contraddittorio con la Società, e nell’assenza di un verbale o provvedimento di chiusura della verifica a mezzo del quale siano stati contestati i rilievi di cui all’atto di recupero impugnato, ha quindi violato la norma de qua».
3.5. Le conclusioni della CGT2 non sono conformi alla giurisprudenza di questa Corte, atteso che, a seguito dell’ accesso (istantaneo) presso la sede dell’impresa verificata al fine di acquisire documentazione, trova sicura applicazione la previsione di cui all’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000, indipendentemente dalla emissione di uno specifico verbale di chiusura della verifica, decorrendo il termine di sessanta giorni dal verbale di accesso. Tale termine -diversamente da quanto ritenuto dalla sentenza impugnata -è stato ampiamente rispettato dall’Amministrazione finanziaria, essendo decorsi quasi sei mesi dalla data di accesso (22/12/2020) a quella di emissione del provvedimento impositivo (21/06/2021).
Il terzo motivo, con il quale si affronta la questione della legittimità della prova di resistenza, resta assorbito in ragione della ritenuta applicazione dell’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000, che riguarda, pacificamente, anche l’IVA e rende superflua qualsiasi discussione in ordine alla menzionata prova.
In conclusione, va accolto il secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo e rigettato il primo. La sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e rinviata alla Corte di giustizia
tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, dichiara assorbito il terzo motivo e rigetta il primo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 07/11/2024.