Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1300 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 1300 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/01/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 28748/2018 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO RAGIONE_SOCIALE presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che lo rappresenta e difende
-intimata-
avverso la SENTENZA di COMM.TRIB.REG. MILANO n. 1002/2018 depositata il 08/03/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con avviso di accertamento n. TMB074L01133/2012, l’Agenzia delle Entrate contestava alla società RAGIONE_SOCIALE di non aver applicato la ritenuta d’imposta che la medesima società aveva distribuito alla propria controllante al 100% RAGIONE_SOCIALE
La ricorrente riteneva invece che detta ritenuta, prevista dall’art. 27 d.p.r. n. 600/1973, non fosse dovute in ragione della eccezione stabilita dal successivo art. 27 bis del medesimo decreto ministeriale, non potendosi ritenere che detta beneficiaria posse assimilarsi ad una società ‘conduit’ e che l’effettivo beneficiario finale del dividendo fosse altra società del gruppo, tal RAGIONE_SOCIALE.
La contribuente provvedeva ad impugnare detto avviso di accertamento, mentre un altro avviso -emesso in relazione alla medesima vicenda per sanzioni -era stato oggetto di sgravio da parte dell’amministrazione finanziaria, in ragione di normativa sopravvenuta.
Il giudizio di primo grado si concludeva con la sentenza n. 2391/2017 della CTP di Milano, con la quale il ricorso della contribuente è stato respinto.
A sua volta, la CTR della Lombardia, con la sentenza n. 1002/2018, ha respinto il gravame.
Avverso detta sentenza ha proposto impugnazione la società contribuente, con ricorso ritualmente notificato contenente quattro motivi di impugnazione.
L’Agenzia delle Entrate si è limitata a depositare una memoria per la partecipazione all’udienza e deve, pertanto, essere considerata intimata.
E’stata quindi fissata udienza pubblica per il 13/11/2024 in vista della quale la Procura generale ha presentato memoria scritta e concluso per l’accoglimento del primo motivo di ricorso.
Nel corso di detta udienza la causa è stata discussa oralmente. Il sostituto procuratore generale, dott. NOME COGNOME ha confermato le proprie conclusioni, così come i difensori delle parti presenti in udienza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso proposto dalla contribuente si fonda su quattro motivi che possono riassumersi così come segue:
violazione e falsa applicazione dell’art. 12, comma 7, della l. 212 del 2000, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. e all’art. 62 del d.lgs. n. 546 del 1992;
II) nullità della sentenza per violazione o falsa applicazione dell’art. 27 bis del d.p.r. n. 600/1973, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. e all’art. 62 del d.lgs. n. 546 del 1992;
III) nullità della sentenza per violazione o falsa applicazione della nozione di beneficiario effettivo di cui all’art. 10 CDI, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. e all’art. 62 del d.lgs. n. 546 del 1992;
IV) nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c. e all’art. 62 del d.lgs. n. 546 del 1992.
Il primo motivo di ricorso ha carattere pregiudiziale ed è fondato.
Afferma l’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000, che ‘Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di
chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza ‘.
In forza di detta disposizione il contribuente, in quanto titolare di una qualificata posizione giuridico -soggettiva, è normativamente posto nelle condizioni di partecipare attivamente al procedimento tributario potendo avviare un contraddittorio amministrativo, endoprocedimentale, sia per motivi di difesa che per ragioni di carattere collaborativo.
L’emissione ‘anticipata’ dell’avviso di accertamento, rispetto alla scadenza di detto termine, può essere giustificata da ragioni d’urgenza che, la giurisprudenza ha via via ritenuto configurabili solo se di carattere oggettivo ed ‘esterno’, non riconducibili cioè alle stesse esigenze organizzative dell’amministrazione e, quindi, neppure collegate all’imminente decadenza dalla potestà impositiva (essendo evidente che anche in tal caso l’urgenza non è di carattere eccezionale ma dipende da un evento, la scadenza di un termine legale, prevedibile e quindi evitabile sol che la fase di indagine ed accertamento sia condotta con anticipo o più celermente).
La giurisprudenza ha via via consolidato questo tipo di ragionamento.
Sez. U, sent. n. 18184 del 29/07/2013 ha infatti stabilito che in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212 deve essere interpretato nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento – termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del
processo verbale di chiusura delle operazioni – determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso “ante tempus”, poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva; il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall’osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’ufficio.
Sez. 6, ord. n. 22786 del 09/11/2015, ha poi affermato che in materia di garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, le ragioni di urgenza che, ove sussistenti e provate dall’Amministrazione finanziaria, consentono l’inosservanza del termine dilatorio di cui alla legge n. 212 del 2000, devono consistere in elementi di fatto che esulano dalla sfera dell’ente impositore e fuoriescono dalla sua diretta responsabilità, sicché non possono in alcun modo essere individuate nell’imminente scadenza del termine decadenziale dell’azione accertativa.
Posizione quest’ultima fatta propria anche da Sez. 5, ord. n. 23223 del 25/07/2022, per la quale in tema di diritti e garanzie del contribuente, all’avviso di recupero di credito d’imposta è applicabile il termine dilatorio di sessanta giorni dalla conclusione della verifica fiscale previsto dall’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000, in ragione della sostanziale equiparazione tra tale atto accertativo della pretesa tributaria, con natura impositiva, e l’avviso di accertamento. Ne consegue l’illegittimità dell’avviso di recupero di credito d’imposta emesso “ante tempus”, poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio
procedimentale, primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva. (Nella specie, la S.C. ha accertato la suddetta violazione, in presenza di un atto impositivo notificato dopo dodici giorni dalla chiusura delle operazioni di verifica, ed escluso che l’imminente prescrizione del diritto al rimborso potesse integrare i motivi d’urgenza che consentono di derogare al rispetto del termine)
Nella fattispecie in esame non è contestato che a fronte del PVC consegnato in data 16 novembre 2012, l’avviso di accertamento sia stato notificato il 19 dicembre 2012, ben prima della scadenza del termine citato di 60 gg. Previsto dall’ art. 12 comma 7 della l. n. 212/2000. L’ufficio ha motivato l’urgenza con la circostanza dell’imminente spirare dei termini di decadenza dell’azione accertatrice, con conseguente grave pericolo di perdita del credito erariale.
Ma simile argomentazione non può essere accolta, a parere di questo Collegio, nel solco dell’orientamento giurisprudenziale consolidato, in quanto l’emissione anticipata dell’atto impositivo viola principi di collaborazione e partecipazione nella fase amministrativa di accertamento la cui frustrazione non può che essere dovuta ad esigenze urgenti di carattere eccezionale ed ‘esterne’ alla sfera organizzativa e di dominabilità degli uffici.
Del resto, ove si ragionasse diversamente, la decadenza di detta attività accertatrice finirebbe per essere, in ogni caso concreto volta a volta considerato, rimessa discrezionalmente alla più o meno solerte attività dell’amministrazione, che potrebbe contare su di uno iato temporale ulteriore, in violazione di esigenze di certezza ed affidamento del contribuente, come pure della perentorietà dei termini di decadenza.
Il che è sufficiente, occorre ribadire conclusivamente, a condurre all’accoglimento del primo motivo di ricorso, con assorbimento dei restanti qui non analizzati.
Detto accoglimento comporta altresì, la decisione nel merito del ricorso, con conseguente annullamento dell’avviso di accertamento impugnato, in quanto illegittimamente emesso prima dello spirare del più volte citato termine dilatorio.
Mentre sussistono giuste ragioni di compensazione per le spese relative al merito, attesa l’entità della pretesa in contestazione e la complessa articolazione internazionale della società contribuente, le spese del presente giudizio di legittimità sono liquidate come in dispositivo, secondo principio di soccombenza.
P.Q.M.
La Corte, accoglie il primo motivo di ricorso e, decidendo nel merito, pronuncia l’annullamento dell’avviso di accertamento impugnato;
compensa le spese del giudizio di merito e condanna l’amministrazione intimata alla refusione delle spese del presente giudizio di legittimità sostenute dalla ricorrente, che liquida in complessivi euro 7.000, oltre spese per Euro 200, spese forfettarie del 15% e contributive come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quinta Sezione