Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6543 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6543 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9909/2017 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE GENERALE DELLO STATO . (P_IVA) che lo rappresenta e difende
-ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. NAPOLI n. 8949/2016 depositata il 13/10/2016. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/01/2025
dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO CHE
Con l’avviso di accertamento n. TF3010506362/2013 l’RAGIONE_SOCIALE richiedeva nei confronti del AVV_NOTAIO ulteriori imposte per Irpef, addizionale regionale, Irap e Iva, con riferimento all’anno di imposta 2008.
L’emissione dell’atto impositivo era stato preceduto da attività di accertamento conclusasi con PVC notificato al contribuente in data 19/12/2013.
Il contribuente ha impugnato l’atto avanti la CTP di Napoli, contestando preliminarmente l’intervenuta decadenza per violazione dei termini di accertamento, in quanto l’avviso di cui sopra gli era stato notificato soltanto il 3 gennaio 2014 (mentre il termine ultimo doveva individuarsi nel 31.12.2013), nonché nella violazione dello Statuto del contribuente, in quanto l’avviso era stato comunque emesso in violazione del termine dilatorio di 60 giorni previsto dall’art. 12, comma 7, della l. 27.07.2000, n. 212; il contribuente contestava altresì nel merito le maggiori pretese avanzate dall’ufficio.
Con sentenza n. 465/2015 la C.T.P. di Napoli ha accolto il ricorso della contribuente annullando l’avviso di accertamento in quanto emesso in assenza di elementi sufficiente a valutare la tempestività della sua notificazione, nonché privo di motivazione circa il recupero a tassazione di costi giudicati non inerenti.
L’RAGIONE_SOCIALE ha, quindi, proposto appello avverso la detta sentenza, ma il gravame è stato respinto con la decisione
della C.T.R. della Campania -Sez. Napoli -oggetto della presente impugnazione, con la quale i giudici, hanno ritenuto assorbente la questione preliminare relativa alla violazione del termine concesso al contribuente sottoposto a verifiche fiscali ex art. 12, comma 7, l. n. 212/2000. La decisione ha altresì aggiunto che in data 31/12/2013 non era dimostrato che il processo notificatorio fosse avviato, ritenendo a tal fine insufficiente che l’atto si trovi presso l’ufficio postale.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l’RAGIONE_SOCIALE sulla scorta di due motivi di impugnazione.
Resiste il contribuente con controricorso con il quale ha eccepito l’inammissibilità dei mezzi avversari.
E’stata, quindi, fissata udienza camerale per il 21.01.2025, all’esito della quale, udita la relazione del AVV_NOTAIO, il ricorso viene deciso.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso proposto dall’RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza della C.T.R. della Campania -Sez. Napoli, n. 8949/2016 si fonda sui seguenti motivi:
violazione di legge art. 60 dpr n. 600/1973 e dell’art. 149 c.p.c. in relazione all’ art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. (la data di notifica deve ritenersi il 31.12.2013 e non il 03.01.2014 come invece opinato dal giudice del merito);
violazione di legge art. 39 co. 1 lett. d) del dpr 600/1973 e art. 12 comma 7 della l. 212/2000, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. (secondo la ricorrente sussistevano giuste ragioni di urgenza per anticipare l’emissione dell’avviso di accertamento, in quanto un ritardo ulteriore avrebbe comportato la decadenza dal potere impositivo relativamente all’annualità in contestazione).
Ai fini della decisione del ricorso giova osservare come entrambi i motivi proposti dall’RAGIONE_SOCIALE ricorrente involgano questioni di carattere preliminare e come, fra questi, almeno secondo un ordine logico-giuridico astratto, il primo mezzo dovrebbe porsi come pregiudiziale, in quanto involgente la verifica circa la tempestiva e regolare costituzione del contraddittorio.
E tuttavia, appare altresì evidente come il secondo mezzo, per il suo carattere potenzialmente assorbente, possa essere analizzato per primo, secondo quel criterio della ragione ‘più liquida’, in forza del quale la causa può essere decisa sulla base della questione ritenuta di più agevole soluzione, anche se logicamente subordinata, senza la necessità di esaminare previamente le altre questioni, imponendosi un approccio che -presidiando esigenze di economia processuale e celerità di giudizio di rilievo costituzionale ex art. 111 cost. – comporta la verifica RAGIONE_SOCIALE soluzioni sul piano dell’impatto operativo, piuttosto che su quello della coerenza logico sistematica, così da sostituire il profilo dell’evidenza a quello dell’ordine RAGIONE_SOCIALE questioni da trattare ai sensi dell’art. 276 c.p.c. Si può ricordare, infatti, Cass. sez. VI, 28/05/2014, n. 12002, la quale ha dato rilievo secondo il criterio della ragione ‘più liquida’ alla mancata prova del credito rispetto al tema della tempestività dell’insinuazione; od ancora Cass. sez. trib., 11/11/2011, n. 23621, che ha attribuito rilievo preminente alla manifesta infondatezza dei motivi di ricorso rispetto al tema dell’eventuale necessità di rinnovazione della notifica, come pure Cass. sez. III, 21/06/2017, n. 15350, in ordine al carattere assorbente della inammissibilità del motivo di ricorso inteso a censurare una decisione sorretta, in realtà, da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna RAGIONE_SOCIALE quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata. Ancor prima può ricordarsi l’insegnamento di Cass. sez. un., 12/12/2014, n. 26242, sulla possibilità di far prevalere un motivo di rigetto fondato sulla ragione ‘più liquida’
rispetto al dovere del giudice di rilievo officioso della nullità contrattuale.
In altri termini, la costituzionalizzazione dei principi di ragionevole durata del processo civile, in uno con la sua giustizia sostanziale, nonché i sempre più numerosi dati normativi che valorizzano in concreto l’atteggiamento tenuto dalle parti nel processo (si pensi all’art. 115 c.p.c. in tema di non contestazione, o allo stesso art. 232 c.p.c. sul valore della mancata comparizione della parte cui sia deferito l’interpello), richiedono di guardare al giudizio civile ed allo stesso giudizio tributario in termini non astratti ed immutabili, i cui snodi decisori debbano essere affrontati secondo il rigido ordine delineato dall’art. 276 c.p.c., ma secondo un modello nel quale la circolarità degli oneri di allegazione e prova, nonché le ricadute operative concrete dell’atteggiamento difensivo tenuto dalle parti, possono comportare l’adozione di modelli di trattazione e motivazione semplificati, pur che sempre rispettosi del diritto di difesa RAGIONE_SOCIALE parti e della pienezza della cognizione.
3. Sulla scorta di tale premessa, occorre ricordare quanto previsto dall’art. 12, comma 7, l. n. 212/2000 (la cui applicabilità al caso di specie non è contestata), a tenore del quale, nel testo ratione temporis applicabile, ‘ nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura RAGIONE_SOCIALE operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza’.
Nella fattispecie in esame è pacifico che l’avviso di accertamento sia stato emesso all’esito di verifiche sfociate nell’emissione di PVC che, per stessa ammissione della ricorrente (vds. p. 8) reca la data
del 19.12.2013 ed è stato sottoscritto dai verbalizzanti e dalla parte.
Appare quindi ugualmente pacifico che l’avviso di accertamento non abbia rispettato il citato termine dilatorio di 60 gg., essendo stato inoltrato per la notifica con consegna all’ufficio postale in data 31.12.2013 (e ciò a prescindere dalla valutazione se detta data segni o meno il perfezionamento della notifica per il notificante, così come ritiene l’ufficio, mentre per il contribuente tale perfezionamento dovrebbe individuarsi nel successivo 03.01.2014). Per parte ricorrente tale anticipata emissione troverebbe giustificazione in ragioni di urgenza, così come consentito dall’ultimo periodo della norma richiamata, in quanto un ulteriore ritardo avrebbe comportato la decadenza del potere impositivo dell’amministrazione finanziaria, relativamente all’annata 2008 in contestazione. L’avviso contiene infatti la seguente motivazione, che per il principio di autosufficienza è correttamente riportato in ricorso e che, anche per tale motivo, si sottrae alla censura di inammissibilità formulata dal controricorrente: ‘visto l’approssimarsi del termine di scadenza per l’accertamento dell’annualità in argomento, data la rilevanza sostanziale RAGIONE_SOCIALE violazioni contestate è ravvisata l’urgenza di notificare l’avviso di accertamento prima della scadenza dei 60 giorni dalla notifica del pvc poiché ricorrono i presupposti indicati nell’ultima parte del comma 7 dell’articolo 12 della legge 212/2000′.
Ma vi è da chiedersi se tale giustificazione sia idonea.
A partire da Cass. Sez. Un., sent. n. 18184 del 29/07/2013, si è infatti andato consolidando un orientamento del S.C. via via più restrittivo in ordine alla sussistenza di quelle ragioni di urgenza che ammettono il mancato rispetto dei termini dilatori necessari a consentire il dispiegarsi del contraddittorio con il contribuente.
Le Sezioni Unite del 2013, sopra richiamate, hanno infatti stabilito che in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a
verifiche fiscali, l’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212 deve essere interpretato nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento – termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura RAGIONE_SOCIALE operazioni – determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso “ante tempus”, poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva. Il vizio invalidante non consiste nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall’osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’ufficio.
Tale insegnamento è stato in seguito sviluppato da Cass., Sez. 6 5, ord. n. 22786 del 09/11/2015, per la quale, in materia di garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, le ragioni di urgenza che, ove sussistenti e provate dall’Amministrazione finanziaria, consentono l’inosservanza del termine dilatorio di cui alla legge n. 212 del 2000, devono consistere in elementi di fatto che esulano dalla sfera dell’ente impositore e fuoriescono dalla sua diretta responsabilità, sicché non possono in alcun modo essere individuate nell’imminente scadenza del termine decadenziale dell’azione accertativa.
Ed ancora, la più recente Cass. Sez. 5, ord. n. 23223 del 25/07/2022, ha affermato che in tema di diritti e garanzie del contribuente, all’avviso di recupero di credito d’imposta è
applicabile il termine dilatorio di sessanta giorni dalla conclusione della verifica fiscale previsto dall’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000, in ragione della sostanziale equiparazione tra tale atto accertativo della pretesa tributaria, con natura impositiva, e l’avviso di accertamento. Ne consegue l’illegittimità dell’avviso di recupero di credito d’imposta emesso “ante tempus”, poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva. (Nella specie, la RAGIONE_SOCIALE.C. ha accertato la suddetta violazione, in presenza di un atto impositivo notificato dopo dodici giorni dalla chiusura RAGIONE_SOCIALE operazioni di verifica, ed escluso che l’imminente prescrizione del diritto al rimborso potesse integrare i motivi d’urgenza che consentono di derogare al rispetto del termine).
In definitiva, si deve ritenere che i motivi di urgenza che consentono di non attendere i termini dilatori concessi al contribuente per il contraddittorio, di cui all’art. 12, comma 7 dello Statuto del contribuente (ratione temporis applicabile), non possano individuarsi in ragioni organizzative o comunque interne all’amministrazione, né possano ricondursi a circostanze comunque rientranti nella sfera di dominabilità da parte dell’ufficio, così da rendere di per sé irrilevante il richiamo alla prossima scadenza del potere di accertamento della maggiore imposta contestata.
E’infatti evidente che, ragionando diversamente, l’ufficio potrebbe caso per caso comprimere il citato termine a difesa di sessanta giorni, ritardando le verifiche ispettive e la successiva consegna del pvc, sol che quest’ultimo adempimento venisse eseguito dopo il 2 novembre dell’anno di scadenza del potere di accertamento.
Poiché il secondo motivo di ricorso è infondato, resta assorbita e comunque privo di interesse per la ricorrente, la verifica –
introdotta dal primo motivo di ricorso -circa la data di perfezionamento della notifica dell’avviso , posto che entrambe le date in contestazione (il 31.12.2013 secondo l’ufficio ed il 03.01.2014 per i contribuente) non rispettano il termine dilatorio di 60 giorni di cui al citato art. 12, comma 7, l. 212/2000.
In definitiva, pertanto, il ricorso deve essere respinto con aggravio di spese, liquidate come in dispositivo.
Poiché risulta soccombente la parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1- quater del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente a rifondere al controricorrente le spese processuali, che liquida in euro 5.600#, oltre spese forfettarie del 15%, oltre esborsi per Euro 200 ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quinta Sezione