Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21610 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21610 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21209/2017 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende -controricorrente-
Avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del LAZIO n. 341/2017 depositata il 07/02/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/04/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Commissione tributaria regionale del Lazio ( hinc: CTR), con la sentenza n. 341/2017 depositata in data 07/02/2017, ha accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la sentenza n. 22277/2015, con la quale la Commissione tributaria provinciale di Roma aveva accolto il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE ( hinc: la società contribuente) contro l’avviso di accertamento con il quale sono state eseguite riprese a titolo di IRES, IVA e IRAP per l’anno 2007.
La CTR ha ritenuto che l’Agenzia delle Entrate, eseguiti i riscontri incrociati sulle movimentazioni bancarie dei soci, avesse agito correttamente, dopo aver accertato che i redditi di impresa erano stati occultati. Non sussiste, quindi, la violazione dell’art. 12, comma 7, legge n. 212 del 2000, versandosi in un’ipotesi in cui l’avviso di accertamento poteva essere emesso prima del decorso di sessanta giorni.
2.1. Anche l’accertamento nel merito è corretto, dato che, dai riscontri incrociati con le movimentazioni bancarie dei soci, ex art. 32 d.P.R. n. 600 del 1973 (come interpretato dalla giurisprudenza di legittimità), è emerso l’occultamento dell’imponibile d’impresa, attesi i prelevamenti e i versamenti dei soci non giustificati per l’anno 2007.
Contro la sentenza della CTR la società contribuente ha proposto ricorso in cassazione con un motivo.
L’Agenzia delle Entrate ha depositato controricorso.
La contribuente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c.
…
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso è stata denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 12 legge n. 212 del 2000, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.
1.1. La parte ricorrente denuncia la sentenza impugnata per aver ritenuto valido l’avviso di accertamento notificato prima del decorso di sessanta giorni dalla notificazione del processo verbale, in assenza di particolari motivi di urgenza. Nell’avviso di accertamento si legge, in particolare, che trattandosi di annualità in scadenza, l’atto impositivo viene emesso in deroga all’art. 12 legge n. 212 del 2000, ricorrendone i requisiti di urgenza. Tuttavia, questi ultimi non erano presenti nel caso di specie, considerato che il termine di scadenza per la notifica dell’avviso di accertamento relativo all’anno 2007 scadeva il 31/12/2012, mentre il processo verbale è stato notificato in data 29/10/2012 e il termine scadeva in data 28/12/2012. Di conseguenza, decorsi sessanta giorni dalla notifica del verbale l’ufficio avrebbe avuto due giorni feriali (il 29 e il 31 dicembre 2012) per perfezionare la notificazione dell’avviso di accertamento, senza incorrere in alcuna decadenza. Rileva, altresì, che l’eccezione di nullità per violazione dell’art. 12 legge n. 212 del 2000 è stata sollevata come primo motivo del ricorso introduttivo e nelle controdeduzioni in appello (riportandone i contenuti a pag. 7 ss. del ricorso in cassazione).
Il motivo di ricorso è fondato.
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno, infatti, precisato che, in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212 deve essere interpretato nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali
destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni – determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso “ante tempus”, poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva (Cass., Sez. U, 29/07/2013, n. 18184).
Secondo il costante orientamento di questa Corte, tuttavia, la scadenza del termine per l’esercizio del potere impositivo non può integrare il requisito di urgenza previsto dall’art. 12, comma 7, cit. È stato infatti precisato che in materia di garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, le ragioni di urgenza che, ove sussistenti e provate dall’Amministrazione finanziaria, consentono l’inosservanza del termine dilatorio di cui alla legge n. 212 del 2000, devono consistere in elementi di fatto che esulano dalla sfera dell’ente impositore e fuoriescono dalla sua diretta responsabilità, sicché non possono in alcun modo essere individuate nell’imminente scadenza del termine decadenziale dell’azione accertativa (Cass., 09/11/2015, n. 22786; Cass., 16/03/2016, n. 5149; Cass., 10/04/2018, n. 8749).
Alla luce della giurisprudenza richiamata non può venire in rilievo neppure la gravità delle infrazioni rilevate (a meno che non venga evidenziato il periculum di un’eventuale attività di riscossione che presupponga la preventiva emissione dell’atto impositivo di accertamento delle maggiori imposte dovute dal contribuente).
3. Il ricorso è, pertanto, fondato e, considerato che la violazione del termine di sessanta giorni previsto nell’art. 12, comma 7, legge n. 212 del 2000 costituisce causa di illegittimità dell’atto impositivo
assorbente rispetto a ogni e qualsivoglia ulteriore vizio eventualmente contestato e non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto ex art. 384, comma 2, c.p.c., la sentenza impugnata deve essere cassata e, decidendo nel merito, deve essere annullato l ‘avviso di accertamento impugnato nel presente giudizio.
3.1. Le spese devono essere liquidate in favore della parte ricorrente e poste a carico della controricorrente.
…
P.Q.M.
accoglie il ricorso e decidendo nel merito annulla l’avviso di accertamento impugnato; condanna la controricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio in favore della parte ricorrente, liquidate in Euro 7.600, oltre 15% spese generali, I.V.A. e c.a. Così deciso in Roma, il 10/04/2025.