Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3160 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3160 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/02/2025
Rimborso IRAP 2005 – Silenzio rifiuto – Deducibilità svalutazione crediti – Art. 106 t.u.i.r. – Termine di decadenza – Decorrenza
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10835/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale in calce al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME, dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME ;
-controricorrente -avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Toscana, n. 1234/02/2021, depositata in data 2 novembre 2021. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16 gennaio
2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
1. La RAGIONE_SOCIALE (d’ora in avanti, per brevità, RAGIONE_SOCIALE impugnava innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Firenze il silenziorifiuto opposto dall’Agenzia delle entrate -direzione provinciale di Firenze -e dall’Agenzia delle entrate -direzione regionale della Toscana -all’istanza di rimborso (avanzata il 15 giugno 2010) delle somme versate, cautelativamente, in eccedenza, a titolo di IRAP, rispettivamente per gli anni di imposta 2005 e 2006. Assumeva che l’imposta avrebbe dovuto essere calcolata con deduzione, dalla base imponibile, delle quote delle svalutazioni dei crediti iscritti negli anni anteriori al 2005, in base al criterio di riparto previsto dall’art. 106, ‘nuovo’ t.u.i.r. (cc.dd. noni pregressi), e dall’art. 6, comma 1, lett. n), del d.lgs. n. 446/1997, nella versione ratione temporis vigente, secondo cui le svalutazioni iscritte a bilancio (sebbene integralmente riferibili -per competenza -al periodo d’imposta in cui la svalutazione stessa veniva effettuata) erano deducibili nell’esercizio corrente fino a una determinata percentuale del valore del credito iscritto, e, per la parte eccedente, in quote costanti, nei sette o nei nove esercizi successivi, apportando in dichiarazione variazioni in diminuzione rispetto al risultato civilistico di ciascun esercizio.
La CTP accoglieva il ricorso.
2. Avverso la decisione del giudice di prossimità interponevano gravame l ‘Agenzia delle entrate direzione regionale della Toscana (principale) e l’Agenzia delle entrate direzione provinciale di Firenze (incidentale). La Commissione tributaria regionale della Toscana rigettava il gravame principale e dichiarava inammissibile quello incidentale, perché tardivo. In particolare, la CTR riteneva non applicabile l’art. 334 cod. proc. civ. stante l’autonomia dei rapporti, essendo la direzione provinciale competente per il rimborso relativo all’anno 2005 e la direzione regionale per quello relativo all’anno 2006.
L’Agenzia delle entrate proponeva, quindi, ricorso per cassazione affidato a due motivi, ovvero: a) la violazione e falsa applicazione degli artt. 100 e 112 cod. proc. civ. per avere la CTR omesso qualsiasi decisione sul motivo di appello proposto dalla Direzione regionale in relazione alla tardività della domanda di rimborso per l’anno 2005; b) la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, cod. proc. civ., e 54 d.lgs. n. 546/1992, per avere la CTR dichiarato inammissibile l’impugnazione incidental e tardiva spiegata dalla Direzione provinciale, con la quale era stata eccepita la decadenza della contribuente dal diritto al rimborso, per l’anno 2005, per decorrenza del termine di 48 mesi di cui all’art. 38 d.P.R. n. 602/1973.
Con l’ordinanza n. 33047/2019 questa Corte, respinto il primo motivo, accolse il secondo ritenendo ammissibile il gravame incidentale tardivo spiegato dalla direzione provinciale e cassò con rinvio la pronuncia di appello. In particolare, affermò che: «le due cause -riguardanti, in sostanza, il rimborso dei cc.dd. ‘noni pregressi’ del 2005 e del 2006 sono avvinte da un legame d’interdipendenza logico -giuridica, proprio del contenzioso tributario, che ne impone la trattazione congiunta, al fine dell’ad ozi one di soluzioni uniformi, per l’ovvia esigenza del rispetto del principio di non contraddizione».
Riassunto il giudizio dalla contribuente, la Commissione tributaria regionale della Toscana, in diversa composizione, rigettava l’appello della Direzione provinciale ritenendo tempestiva l’istanza di rimborso formulata dalla MPS, individuato, quale dies a quo della decorrenza del termine di 48 mesi, il 20 giugno 2006, ovvero il giorno del versamento del saldo.
Avverso questa decisione propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate , affidandosi ad un unico motivo. La contribuente resiste con controricorso, eccependo preliminarmente l’inammissibilità dell’impugnazione .
È stata, quindi, fissata l’adunanza camerale per il 1 6/01/2025.
Considerato che:
1. Con l’unico motivo di ricorso , rubricato «violazione e falsa applicazione dell’art icolo 38 del D.P.R. n. 602/1973, in relazione all’articolo 360, n. 3), cod. proc. civ. », l’Amministrazione finanziaria censura la sentenza impugnata per non avere i giudici del rinvio accolto l’eccezione di tardività dell’istanza di rimborso, avente ad oggetto i versamenti IRAP effettuati in data 20 giugno e 30 novembre 2005 e proposta in data 15 giugno 2010, oltre il termine decadenziale di 48 mesi previsto dall’art. 38 del d.P.R. n. 602/1973.
Lamenta in particolare la ricorrente che la CTR abbia erroneamente stabilito che il termine di decadenza per la presentazione dell’istanza di rimborso Irap decorra dalla data del versamento del saldo anziché da quella del versamento degli acconti, sebbene fosse pacifico che la misura degli acconti era stata determinata dalla contribuente alla stregua di valutazioni d’opportunità e di prudenza, ossia calcolando l’acconto Irap senza dedurre le quote costanti delle svalutazioni dei crediti.
Il motivo è inammissibile in quanto muove da un presupposto di fatto, ritenuto pacifico, ovvero che la società abbia effettuato i versamenti IRAP in acconto per l’anno 2005 in date 20 giugno e 30 novembre 2005. D i contro, l’accertamento in fatto della CTR attiene proprio alla circostanza che la richiesta di rimborso sia riferita a quanto versato a saldo dell’IRAP per il 2005 (v. pag. 7 della sentenza), per cui nemmeno si pone il problema di verificare, ai fini del calcolo del termine di decadenza, se gli acconti fossero stati versati o meno nella misura dovuta. Non a caso la CTR, partendo da tale elemento fattuale, ritiene irrilevante nel presente giudizio la decisione di questa Corte n. 5833/2020 (sulla quale insiste l’Agenzia delle entrate nel ricorso per cassazione, ritenendo trattarsi di ipotesi del tutto sovrapponibile), resa in ipotesi diversa, ovvero in caso di rimborso su versamenti effettuati in acconto.
Pertanto, non solo il presupposto di fatto da cui muove l’Ufficio è tutt’altro che pacifico, ma la ricorrente non si confronta nemmeno con la decisione impugnata, secondo cui il rimborso aveva ad oggetto, nella specie, il versamento a saldo dell’IRAP.
Il motivo è, quindi, inammissibile perché, sotto l ‘apparente censura della violazione di legge, sollecita, in realtà, la Corte ad un nuovo accertamento in fatto, non consentito in questa sede.
A tal riguardo è sufficiente ricordare, sulla scia di un costante indirizzo (in tempi recenti Cass. 23/04/2024, n. 10927), che ‘deve ritenersi inammissibile il motivo di impugnazione con cui la parte ricorrente sostenga un’alternativa ricostruzione della vicenda fattuale, pur ove risultino allegati al ricorso gli atti processuali sui quali fonda la propria diversa interpretazione, essendo precluso nel giudizio di legittimità un vaglio che riporti a un nuovo apprezzamento del complesso istruttorio nel suo i nsieme’; le Sezioni Unite di questa Corte in precedenza (sent. n. 34476 del 27/12/2019) avevano affermato esplicitamente che ‘ è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutaz ione dei fatti storici operata dal giudice di merito’.
Pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Rilevato che risulta soccombente l’Agenzia delle entrate, ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. 228 del 2012 (Cass. 29/01/2016, n. 1778).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della società contribuente, delle spese del
giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.800,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre rimb. spese forf. nella misura del 15% dei compensi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 16 gennaio 2025.