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Termine classamento catastale: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9278/2025, ha stabilito che il mancato rispetto del termine per il classamento catastale da parte dei Comuni non rende illegittimi i successivi avvisi di accertamento. Un contribuente aveva impugnato la revisione della rendita di due immobili, sostenendo che la delibera comunale sulla suddivisione in microzone fosse stata adottata oltre i termini di legge. La Corte ha chiarito che tale termine non è perentorio, ma ordinatorio, e quindi il suo superamento non invalida l’atto, confermando la legittimità della variazione catastale.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Termine Classamento Catastale: la Tardività del Comune non Invalida la Revisione della Rendita

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato una questione di notevole importanza per contribuenti e amministrazioni comunali: la validità della revisione delle rendite catastali basata su una delibera comunale adottata oltre i termini di legge. La Corte ha stabilito che il termine per il classamento catastale ha natura ordinatoria e non perentoria, una decisione che consolida la validità degli atti di riclassamento anche se tardivi. Analizziamo insieme i dettagli di questo importante caso.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine dal ricorso di un contribuente, erede del proprietario originario, contro un avviso di accertamento catastale emesso dall’Agenzia delle Entrate. L’atto contestato modificava la categoria catastale di due unità immobiliari da A/2 (abitazione di tipo civile) ad A/1 (abitazione di tipo signorile), con un conseguente aumento della rendita catastale e del carico fiscale.

La revisione si basava su una delibera del Consiglio comunale di Roma che aveva suddiviso il territorio in 238 “microzone”. Il ricorrente sosteneva l’illegittimità di tale delibera, e di conseguenza dell’avviso di accertamento, poiché adottata oltre il termine di nove mesi stabilito dal d.P.R. n. 138 del 1998. Chiedeva, quindi, al giudice tributario di disapplicare l’atto amministrativo presupposto.

La Questione Giuridica sul Termine del Classamento Catastale

Il nucleo della controversia ruotava attorno alla natura del termine fissato dall’art. 2, comma 3, del d.P.R. n. 138/1998. Il contribuente lo interpretava come un termine perentorio, la cui scadenza avrebbe comportato la decadenza del potere del Comune di deliberare, rendendo illegittimo ogni atto successivo.

La normativa prevede che, in caso di inerzia del Comune entro nove mesi, intervenga un potere sostitutivo del Dipartimento del Territorio entro i successivi 180 giorni. Nel caso di specie, neanche l’organo statale aveva agito entro i tempi. La domanda fondamentale era: cosa succede se entrambi i soggetti non rispettano le scadenze? Il potere del Comune di procedere al classamento si estingue definitivamente?

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del contribuente, fornendo una chiara interpretazione della normativa. Secondo gli Ermellini, il termine in questione non è perentorio, ma ha un carattere meramente ordinatorio e acceleratorio. Lo scopo del legislatore non era quello di sanzionare l’inattività del Comune con la decadenza dal potere, ma di stimolare un rapido adeguamento del classamento catastale.

La Corte ha argomentato che il riferimento normativo alla suddivisione in microzone, contenuto anche in leggi successive (come la L. 311/2004), dimostra che tale adempimento è un presupposto costante per la revisione delle rendite. Di conseguenza, non si può ipotizzare una decadenza del potere deliberativo. Se il potere sostitutivo dello Stato non viene esercitato, la competenza torna pienamente in capo al Comune, che può legittimamente provvedere anche dopo la scadenza del termine originario.

La Suprema Corte ha quindi enunciato il seguente principio di diritto: “L’inosservanza del termine stabilito dall’art. 2, comma 3, del d.P.R 23 marzo 1998, n. 138, per la delimitazione del territorio comunale in microzone, non comporta l’illegittimità della (successiva) revisione parziale del classamento delle unità immobiliari private site all’interno delle microzone stesse”.

Conclusioni

La sentenza chiarisce in modo definitivo che la tardività del Comune nell’adottare le delibere di suddivisione in microzone non inficia la validità degli atti di revisione catastale. Per i contribuenti, ciò significa che non è possibile impugnare un avviso di riclassamento basandosi unicamente sul ritardo dell’amministrazione comunale. La decisione rafforza gli strumenti a disposizione degli enti locali per l’adeguamento dei valori catastali a quelli di mercato, anche se non rispettano le scadenze procedurali previste. Si tratta di un’attività normativa di portata generale, incompatibile con vincoli di natura estintiva dell’azione pubblica.

La delibera comunale di suddivisione in microzone adottata oltre il termine di legge è illegittima?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’inosservanza del termine previsto per l’adozione della delibera non ne comporta l’illegittimità, poiché il termine non è perentorio.

Qual è la natura del termine previsto dal d.P.R. 138/1998 per la suddivisione in microzone?
Il termine ha carattere “ordinatorio” e non “perentorio”. Il suo scopo è quello di accelerare il procedimento, non di estinguere il potere del Comune di deliberare in caso di scadenza.

Cosa succede se né il Comune né l’organo statale sostitutivo rispettano i termini previsti per la suddivisione in microzone?
Il potere di deliberare torna ad essere di competenza del Comune. La mancata azione dell’organo sostitutivo non impedisce al Comune di esercitare successivamente la propria funzione, anche oltre la scadenza del termine originario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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