Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16888 Anno 2024
Oggetto: Tributi Irpef Irap e Iva 2001-2005 Cartella di pagamento
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16888 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME DI COGNOME NOME
Data pubblicazione: 19/06/2024
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 17715 del ruolo generale dell’anno 2021, proposto
Da
NOME COGNOME rappresentato e difeso, giusta procura speciale su foglio allegato al ricorso, dall’AVV_NOTAIO -PEC: EMAIL – elettivamente domiciliato presso lo studio (RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Servizi Legali) dell’AVV_NOTAIO, Roma, INDIRIZZO;
–
ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, e RAGIONE_SOCIALE in persona del Presidente pro
tempore , domiciliate in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che le rappresenta e difende;
-controricorrenti –
per la cassazione della sentenza della RAGIONE_SOCIALE tributaria regionale della Calabria n. 825/02/2014, depositata in data 2 maggio 2014, non notificata;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29 maggio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME NOME COGNOME di Nocera;
RILEVATO CHE
1.Con sentenza n. 825/02/2014, depositata in data 2 maggio 2014, non notificata, la RAGIONE_SOCIALE tributaria regionale della Calabria accoglieva l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di NOME COGNOME e dell’RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza n. 618/09/2010 con la quale la RAGIONE_SOCIALE tributaria provinciale di Cosenza aveva accolto il ricorso proposto dal suddetto contribuente avverso cartella di pagamento emessa ai fini Irpef, Irap e Iva per gli anni 2001-2005.
2.In punto di diritto, il giudice di appello -evidenziando preliminarmente come il contribuente, vittorioso in primo grado, si fosse costituito con comparsa depositata a mezzo servizio postale il 28.12.2012, richiamando in essa una precedente comparsa non presente agli atti del giudizio con conseguente rinuncia alle eccezioni di primo grado non specificamente riproposte ai sensi dell’art. 56 del d.lgs. n. 546/92 e previa conferma della tempestività della costituzione del l’appellante Agente della riscossion e – ha ritenuto fondato il gravame essendo rituale la notifica dell ‘impugnata cartella ai sensi dell’art. 26 del d.P.R. n. 602/1973.
3.Avverso la suddetta sentenza, NOME COGNOME propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui resistono, con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE sollevando preliminarmente l’eccezione di inammissibilità per tardività del ricorso.
E’ stata formulata proposta di definizione anticipata del ricorso, in considerazione del rilievo di inammissibilità del ricorso, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. Con memoria il contribuente ha chiesto la decisione ed è stata quindi disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 380 bis e 380 bis.1 c.p.c.
In data 17 maggio 2024, il contribuente ha depositato ulteriore memoria.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 22 del cod. proc. trib. per avere la CTR erroneamente rigettato l’eccezione di tardività della costituzione dell’appellante – Agente della riscossione pur essendo avvenuto il de posito dell’atto di appello oltre il termine di trenta giorni dalla notifica dello stesso.
Con il secondo motivo si denuncia in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia per mancato esame da parte della CTR del documento essenziale per la decisione, qual era la comparsa di c ostituzione (dell’AVV_NOTAIO) la quale riproponeva i motivi dedotti in primo grado.
Con il terzo motivo si denuncia la violazione dell’art. 100 c.p.c. stante l’inammissibilità dell’appello per carenza di interesse avendo RAGIONE_SOCIALE eccepito in primo grado la carenza di legittimazione passiva chiedendo l’estromissione dal giudizio.
In via preliminare, va esaminata l’eccezione sollevata dalle controricorrenti d’inammissibilità del ricorso per cassazione, per intempestività.
4.1. Rilevano, al riguardo, che NOME COGNOME risultava aver impugnato in data 16.12.2014 per revocazione la medesima sentenza della CTR della Calabria (con esito sfavorevole al contribuente), poi fatta oggetto di ricorso per cassazione. Di conseguenza , non sospendendo il ricorso per revocazione ai sensi dell’art. 398, quarto comma, c.p.c. il termine per proporre ricorso per cassazione -non avendo disposto in tal senso il giudice davanti al quale era stata proposta la
revocazione – il ricorso per cassazione era inammissibile per tardività, essendo stato proposto in data 14.06.2021 , in violazione dell’art. 327 c.p.c., ben oltre i sei mesi dal deposito della sentenza di appello in data 2 maggio 2014.
4.2.L’eccezione è fondata.
4.3.Questa Corte, ancora di recente, ha ribadito che ” la notificazione della citazione per la revocazione di una sentenza di appello equivale, sia per la parte notificante che per la parte destinataria, alla notificazione della sentenza stessa ai fini della decorrenza del termine breve per proporre ricorso per cassazione, onde la tempestività del successivo ricorso per cassazione va accertata non soltanto con riguardo al termine di un anno dal deposito della pronuncia impugnata, ma anche con riferimento a quello di sessanta giorni dalla notificazione della citazione per revocazione, a meno che il giudice della revocazione, a seguito di istanza di parte, abbia sospeso il termine per ricorrere per cassazione, ai sensi dell’art. 398, comma 4), cod. proc. civ .”. (da ultimo, Cass. sez. 5, sentenza n. 2735 del 2024; Cass., sez. 3, n. 13446 del 2020; Cass. Sez. 5, ord. 5 settembre 2019, n. 22220; nello stesso senso, Cass. Sez. 1, sent. 13 agosto 2015, n. 16828, non massimata; Cass. Sez. 3, sent. 22 marzo 2013, n. 7261, Rv. 625600-01 e Cass. Sez. 3, sent. 4 dicembre 2012, n. 21718, non massimata).
4.4.Orbene, “la ragione che in questi casi giustifica il decorso del termine c.d. breve a carico dell’impugnante è che, presupponendo l’esercizio della prima impugnazione la conoscenza della sentenza impugnata ricorre esattamente la situazione di «notum facere» realizzata dalla notificazione della sentenza, cui allude l’art. 326 cod. proc. civ., comma 1. Invero, se la conoscenza della sentenza per effetto della notificazione al difensore (art. 285 cod. proc. civ., in relazione all’art. 170 cod. proc. civ., comma 1) si realizza tramite la consegna da parte dell’ufficiale giudiziario fidefacente al riguardo della copia integrale della stessa, appare evidente che, quando il difensore della parte esercita per conto di questa il diritto di impugnazione, il «notum facere» relativo alla sentenza, idoneo al decorso del termine per impugnare, si realizza a maggior ragione nel momento in cui alla redazione dell’atto di impugnazione (atto interno alla sfera
del mandato alle liti) segue l’esternazione nel processo con effetti per tutte le sue parti tramite la notificazione dell’impugnazione (e nel caso ve ne siano più con effetto dall’ultima notificazione). La conoscenza della sentenza è, infatti, rivelata nel processo dalla necessaria implicazione che deriva dall’essere essa sottoposta a critica mediante un’impugnazione. Detta conoscenza, poi, è rivelata sempre tramite atto dell’ufficiale giudiziario, cioè tramite la notificazione dell’impugnazione. Non si tratta di interpretazione analogica, perché l’ipotesi di conoscenza legale idonea al decorso del termine breve che si è individuata non riguarda un equipollente della notificazione, ma semplicemente un modo di realizzazione proprio del suo effetto, tra l’altro provocato dalla stessa parte riguardo alla quale al «notum facere» relativo alla sentenza è dato rilievo, e, quindi, l’operazione ermeneutica è semmai un’interpretazione meramente estensiva, che, com’è noto, è ammissibile pur in presenza di norme eccezionali” (così Cass. Sez. 3, sent. n. 21718 del 2012, cit.; da ultimo, Cass., sez.3, sent. n. 13446 del 2020).
4.5. Orbene, poiché nel caso in esame la proposizione della revocazione della sentenza di appello (sentenza fatta oggetto anche di ricorso per cassazione) è avvenuta pacificamente in data 16.12.2014, entro sessanta giorni da tale data avrebbe dovuto compiersi anche la notificazione del ricorso per cassazione, avvenuta, a mezzo PEC, in data 14.6.2021, oltre il termine breve ex art. 325, comma 2, cod. proc. civ. e, comunque, anche oltre il termine lungo di sei mesi dal deposito della sentenza impugnata in data 2 maggio 2014. Né tale termine risulta essere stato sospeso, ai sensi dell’art. 398, quarto comma, c.p.c., dal giudice davanti al quale era stata proposta la revocazione, avendo, al riguardo, il ricorrente soltanto affermato di avere chiesto detta sospensione ma non anche di avere ottenuto un provvedimento in tal senso, nè avendo allegato, in difetto di specificità, l’eventuale statuizione, non risultando , peraltro, alcunché anche dalla sentenza impugnata.
5.In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.
6.Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
7.Ai sensi del terzo comma dell’art. 380 -bis cod. proc. civ. « la Corte … quando definisce il giudizio in conformità alla proposta applica il terzo e il quarto comma dell’articolo 96 » (disposizione immediatamente applicabile anche ai giudizi in corso alla data del 1° gennaio 2023 per i quali a tale data non era stata ancora fissata udienza o adunanza in camera di consiglio, come nella specie: cfr. Cass., Sez. U, Ordinanza n. 27195 del 22/09/2023; Sez. U, Ordinanza n. 27433 del 27/09/2023; Cass. n. 28318 del 2023). La norma sottende una valutazione legale tipica del legislatore delegato, in ragione della quale l’applicazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni -di quelle del terzo comma come di quelle del quarto comma dell’art. 96 -non è subordinata ad una valutazione discrezionale ma discende, «di default», dalla definizione del giudizio in conformità alla proposta (Cass. n. 27947/2023).
8.La Corte stima equo fissare in euro 3.000,00 la sanzione ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c., ed in euro 1.600,00 quella ai sensi del comma 4 della medesima disposizione, atteso il carattere pacifico dei principi giurisprudenziali applicati e la manifesta infondatezza del ricorso, per i motivi ampiamente esposti.
P.Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 5.800,00 per compensi oltre spese prenotate a debito;
condanna il ricorrente a pagare l’ulteriore importo di euro 3.000,00 in favore della controricorrente, ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c.;
condanna il ricorrente a pagare l’ulteriore importo di euro 1.600,00 in favore della cassa RAGIONE_SOCIALE ammende, ai sensi dell’art. 96, comma 4, c.p.c.;
Dà atto, ai sensi dell’art.13 comma 1 quater D.P.R. n.115/2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso a Roma il 29 maggio 2024