Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19527 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 19527 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME , rappresentato e difeso, giusta procura speciale stesa in calce al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME che ha indicato recapito Pec, avendo il contribuente dichiarato domicilio presso lo studio del difensore, alla INDIRIZZO in Roma;
-ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate , in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’Avvocatura Generale dello Stato, e domiciliata presso i suoi uffici, alla INDIRIZZO in Roma;
-controricorrente –
avverso
la sentenza n. 3935, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, sezione staccata di Latina, il 24.5.2017, e pubblicata il 28.6.2017;
ascoltata la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME la Corte osserva:
Fatti di causa
Oggetto: Irpef 2010 -Accertamento sintetico, c.d. redditometro -Tardiva proposizione del ricorso.
L’Agenzia delle Entrate richiedeva a COGNOME NOME di fornire giustificazioni in ordine al reddito conseguito nell’anno 2010. Quindi gli notificava il 1° aprile 2015 l’avviso di accertamento n. TKF011201684, redatto nelle forme dell’accertamento sintetico, c.d. redditometro, contestando il maggior reddito non dichiarato nell’anno 2010, specie in considerazione delle spese sostenute per incrementi patrimoniali mediante la stipula di due polizze di assicurazione dell’importo di Euro 400.000,00 ciascuna.
Il contribuente impugnava l’atto impositivo innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Latina, proponendo plurime censure, procedimentali e di merito. La CTP accoglieva il ricorso, ritenendo non provata la legittimazione del funzionario che aveva sottoscritto l’atto impositivo a provvedervi, ed anche reputando maturata la decadenza dell’Amministrazione finanziaria dal potere di esercitare la pretesa finanziaria. In conseguenza annullava l’avviso di accertamento.
L’Agenzia delle Entrate spiegava appello avverso la decisione sfavorevole assunta dai primi giudici, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, sezione staccata di Latina. La CTR riteneva integrata, e tempestivamente fornita, la prova della legittimazione del funzionario firmatario dell’atto impositivo. Reputava, inoltre, non essere maturata la decadenza dell’Amministrazione finanziaria dal potere di esercitare la pretesa tributaria alla data in cui la notificazione dell’avviso di accertamento doveva ritenersi compiuta per il notificante. Valutate infondate pure le critiche proposte dal contribuente avverso il merito dell’accertamento, e ritenuto che il contribuente non avesse provato la disponibilità di adeguata provvista non imponibile, la CTR accoglieva il ricorso dell’Agenzia delle Entrate e riaffermava la piena validità ed efficacia dell’atto impositivo. Avverso questa decisione NOME COGNOME proponeva ricorso per revocazione, che era respinto dalla CTR con pronuncia che, impugnata in questa
sede, è l’oggetto del processo NRG. 959/2019, che è stato trattato contestualmente nella odierna udienza.
Il contribuente ha pure proposto ricorso per cassazione avverso la medesima pronuncia n. 3935/17 del giudice di secondo grado, di cui si sono riassunti i contenuti, affidandosi a quattro strumenti di impugnazione. L’Amministrazione finanziaria resiste mediante controricorso.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma primo, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., il contribuente contesta la nullità della sentenza impugnata, e comunque la violazione degli artt. 112 e 342 cod. proc. civ., per non avere la CTR rilevato la formazione del giudicato interno circa la tardività della produzione documentale offerta dall’Amministrazione finanziaria con riferimento al conferimento della delega al funzionario firmatario dell’atto impositivo.
Mediante il secondo strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 2 , cod. proc. civ., il ricorrente censura la violazione degli artt. 140 cod. proc. civ. e 4 del D.Lgs. n. 261 del 1999, per non avere il giudice dell’appello rilevato l’inesistenza della notificazione dell’atto impositivo, anche perché effettuata tramite operatore postale privato.
Con il terzo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il contribuente critica la violazione dell’art. 43 del Dpr n. 600 del 1973 e dell’art. 140 cod. proc. civ., per non avere il giudice del gravame rilevato la decadenza dell’Amministrazione finanziaria dal potere di esercitare la pretesa tributaria.
Mediante il quarto strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 38 del Dpr n. 600 del 1973, e comunque il vizio di motivazione dipendente dall’omesso
esame, da parte del giudice dell’appello, del fatto decisivo per il giudizio e costituito dall’assolvimento da parte del contribuente dell’onere di allegazione relativo alla dimostrazione del possesso di una provvista patrimoniale non imponibile sufficiente a finanziare le spese per incrementi patrimoniali sostenute.
Non ricorrono le condizioni perché siano esaminati i motivi di ricorso proposti dal contribuente.
L’Amministrazione finanziaria, nel costituirsi in giudizio, ha segnalato che il contribuente ha proposto avverso la medesima decisione della CTR, come del resto già innanzi ricordato, ricorso per revocazione, che è stato notificato il 14.11.2017. In conseguenza il ricorso per cassazione relativo al presente giudizio avrebbe dovuto essere notificato nel termine, c.d. breve, dei sessanta giorni successivi, ma il contribuente non vi ha provveduto, notificando il ricorso per cui è causa solo il 25.1.2018.
Merita di essere segnalato che il ricorrente afferma di avere domandato la sospensione dei termini di impugnazione, ma neppure attesta che la stessa gli sia stata concessa.
Il rilievo proposto dalla controricorrente appare fondato. Questa Corte di legittimità ha infatti già avuto occasione di ribadire che ‘la notificazione della citazione per la revocazione di una sentenza di appello equivale, sia per la parte notificante che per la parte destinataria, alla notificazione della sentenza stessa ai fini della decorrenza del termine breve per proporre ricorso per cassazione, onde la tempestività del successivo ricorso per cassazione va accertata non soltanto con riguardo al termine lungo dal deposito della pronuncia impugnata, ma anche con riferimento a quello di sessanta giorni dalla notificazione della citazione per revocazione, a meno che il giudice della revocazione, a seguito di istanza di parte, abbia sospeso il termine per ricorrere per cassazione, ai sensi dell’art. 398, comma 4, c.p.c., con effetto dalla data di comunicazione del provvedimento di sospensione’, Cass.
sez. III, 7.6.2024, n. 15926 (cfr., anche Cass. sez. V, 5.9.2019, n. 22220); e non si era già in precedenza mancato di specificare, pronunciando a Sezioni Unite, che ‘l’art. 398, comma 4, secondo inciso, c.p.c. deve interpretarsi nel senso che l’accoglimento, da parte del giudice della revocazione, dell’istanza di sospensione del termine per proporre ricorso per cassazione determina l’effetto sospensivo (come, del resto, l’eventuale sospensione del corso del giudizio di cassazione, se frattanto introdotto) soltanto dal momento della comunicazione del relativo provvedimento, non avendo la proposizione dell’istanza alcun immediato effetto sospensivo sebbene condizionato al provvedimento positivo del giudice’, Cass. SU, 30.8.2019, n. 21874.
Il ricorso per cassazione proposto da NOME COGNOME è stato pertanto tardivamente introdotto, e deve perciò essere dichiarato inammissibile.
Le spese di lite seguono l’ordinaria regola della soccombenza, e sono liquidate in dispositivo, in considerazione delle ragioni della decisione e del valore della controversia.
7.1. Deve anche darsi atto che ricorrono le condizioni di legge perché il contribuente sia assoggettato anche al versamento del c.d. doppio contributo.
La Corte di Cassazione,
P.Q.M .
dichiara inammissibile il ricorso proposto da COGNOME Paolo COGNOME
e lo condanna al pagamento in favore della costituita controricorrente delle spese di lite, che liquida in complessivi Euro 7.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater , dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello da corrispondere per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 bis , se dovuto.
Così deciso in Roma, il 3.7.2025.