Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 12644 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 12644 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/05/2025
Diniego rimborso IRES 1990 -1991 – 1992
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25635/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato.
-ricorrente –
Contro
SOCIETA’ RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata nello studio di quest’ultimo sito in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. SICILIA SEZ. DIST. SIRACUSA n. 5203/2022, depositata in data 8 giugno 2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 3 aprile 2025 dal Consigliere dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
Con istanza del 28 novembre 2007, reiterata il 31 marzo 2008, invocando l’applicazione dell’art. 9, comma 17, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (sisma 1990), la RAGIONE_SOCIALE impresa avente sede nel territorio dei Comuni interessati dal sisma del 13 – 16 dicembre 1990, chiedeva all’Agenzia delle Entrate il rimborso del 90% delle imposte IVA, IRPEG ed ILOR per gli anni 1990 – 1992.
Con ricorso la predetta Società impugnava dinanzi la C.t.p. di Siracusa il silenzio rifiuto serbato dall’Agenzia delle Entrate – Ufficio di Siracusa avverso la richiesta di rimborso; si costituiva anche l’Ufficio, che chiedeva conferma del proprio operato.
La C.t.p. adita, con sentenza n. 28/05/2010, accoglieva integralmente il ricorso della contribuente, riconoscendo il diritto della società a conseguire il rimborso del 90% delle imposte versate negli anni 1990, 1991 e 1992, avendo ritenuto tempestive le relative istanze.
Contro tale sentenza proponeva appello l’Agenzia delle Entrate dinanzi la C.t.r. della Sicilia; si costituiva anche la contribuente, chiedendo conferma della sentenza di primo grado.
Con sentenza n. 226/16/2011, depositata in data 14 giugno 2011, la C.t.r. adita rigettava gravame dell’Ufficio, confermando la sentenza di primo grado.
Avverso la sentenza della C.t.r. della Sicilia, l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione e la contribuente resisteva con controricorso.
Con ordinanza n. 19577/2018, depositata in data 24797/2028, la Suprema Corte accoglieva il ricorso dell’Ufficio e rinviava il giudizio innanzi alla C.t.r. della Sicilia.
Riassunto il giudizio dalla società contribuente, costituitasi l’Agenzia delle Entrate, la C.t.r. della Sicilia, con sentenza n. 5203/2022 depositata in data 8 giugno 2022, accoglieva il ricorso in riassunzione e confermava la sentenza di primo grado.
Avverso la sentenza della C.t.r. della Sicilia, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un solo motivo e la società contribuente ha resistito con controricorso. La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 3 aprile 2025.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto degli articoli 57, 58 e 63, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’articolo 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. – In ogni caso, violazione e/o falsa applicazione dell’art.2697 cod. civ., dell’articolo 9, comma 17, l. n. 289/2002; dell’articolo 1, comma 665 della legge 23 dicembre 2014, n. 190 e successive modifiche e integrazioni; degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea; dei principi stabiliti dalla Commissione Europea con Decisione (UE) 2016/195, notificata con il n. C (2015) 5549 final , in combinato disposto con il Regolamento Europeo (UE) 18 dicembre 2013, n. 1407, nonché del Regolamento UE n. 360/2012 e del Regolamento del 27 giugno 2014, n. 717/2014, in relazione all’articolo 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.» l’Ufficio lamenta l’ error in iudicando e l’ error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la C.t.r. – benché abbia tenuto in considerazione la motivazione alla base dell’Ordinanza di rinvio della Corte di Cassazione (n. 19577/2018) e non si sia sottratto all’esame della compatibilità del beneficio in commento con la normativa UE in materia di aiuti di Stato -ha riconosciuto applicabile alla fattispecie in esame un limite de minimis di € 500.000,00, derivante dal citato Regolamento UE n. 360/2012, che non trova precedenti nella giurisprudenza di legittimità che si è consolidata in materia.
Preliminarmente va e saminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso dell’Agenzia delle Entrate per intempestività; essa è fondata.
Risulta documentato che, in data 21 giugno 2022, veniva notificato via Pec l’atto di messa in mora ex art. 70 d.l.gs n. 546/1992 nonché la sentenza della C.t.r. siciliana n. 5203/2022 depositata in data 8 giugno 2022 in forma esecutiva; risulta pure ex actis che il ricorso dell’Avvocatura dello Stato è stato notificato alla società contribuente in data 28/10/2022. Ebbene, a quella data (28/10/2022) era spirato il termine breve di sessanta giorni decorrente, ai sensi dell’art. 325, secondo comma, cod. proc. civ. dalla notifica della sentenza alla controparte.
Infatti, in data 21 giugno 2022, con PEC proveniente dall’indirizzo del Dott. NOME COGNOME (difensore della società nel giudizio di rinvio) «EMAIL», inserito nell’indice INI -PEC (cfr. lo stampato del relativo sito, in doc. n. 4), avente come oggetto «Messa in mora ex art 70 Dlgs 546/1992 con le modalità di cui all’ art. 16 bis del D.lgs. 546/1992» e trasmessa all’indirizzo PEC dell’Agenzia delle Entrate -Direzione Provinciale di Siracusa «EMAIL», tratto dall’indice IPA, oltre ad essere stato recapitato il predetto atto di messa in mora, risulta notificata anche copia autentica della sentenza n. 5203/04/22 della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, come si evince dal contenuto della ricevuta di avvenuta consegna.
2.1. Del resto, anche nel testo dell’atto di messa in mora ex art. 70 del D.lgs. n. 546/1992 si segnala come, ad esso, sia stata allegata la predetta sentenza, precisandosi che «la predetta sentenza, che si allega in forma autentica, è immediatamente esecutiva».
Dunque è indubbio che l ‘Agenzia ricorrente avesse legale conoscenza dell’esistenza della sentenza sin dalla data del 21 giugno 2022 e che tale circostanza fosse idonea a far decorrere il termine breve per la proposizione del ricorso per cassazione.
2.2. Questa Corte ha reiteratamente chiarito che la legale conoscenza del provvedimento rappresenta circostanza idonea a far decorrere il termine breve, indipendentemente dalle finalità per le quali sia stata effettuata alla controparte la comunicazione dello stesso. Non è quindi necessario che la sentenza sia stata esplicitamente notificata proprio al fine di far decorrere il termine breve per l’impugnazione, esso decorrendo, ad esempio, anche in caso di notifica del ricorso per revocazione.
2.3. In particolare, di recente si è sostenuto che, in materia di impugnazioni, la notifica della sentenza di primo grado (spedita in forma esecutiva) compiuta dalla parte parzialmente vittoriosa nei confronti di una P.A.(anche presso l’Avvocatura dello Stato) è idonea a far decorrere il termine breve per l’appello sia per il destinatario, sia per il notificante, perché dimostra la conoscenza legale di quest’ultimo circa l’avvenuta pubblicazione della decisione (Cass. 11/01/2025, n. 737).
Inoltre, per il giudizio tributario, si è anche detto che la notifica della sentenza, ai sensi dell’art. 38, comma 2, d.lgs. n.546/1992, è idonea a far decorrere il termine breve di impugnazione (v. Cass. 8151/2015, richiamata in Cass. 26428/2023).
In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese seguono il criterio della soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura generale, non si applica l’art. 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in € 7.800,00 oltre € 200,00 per esborsi, rimborso forfettario nella misura del 15 % oltre ad IVA e c.p.a. come per legge.
Così deciso in Roma il 3 aprile 2025.