Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21437 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21437 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23690/2023 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in LA SPEZIA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
CONTRO
CONDOMINIO RAGIONE_SOCIALE, INDIRIZZO
-intimato-
avverso SENTENZA della CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA di SECONDO GRADO della LOMBARDIA n. 1704/2023 depositata il 12/05/2023;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La SocRAGIONE_SOCIALEImposte comunali RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE) impugna la sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, di rigetto dell’appello dalla medesima proposto avverso la sentenza della C.T.P. di Milano, con la quale è stato accolto il ricorso proposto dal Condominio RAGIONE_SOCIALE in Trezzano su Naviglio, per l’annullamento dell’avviso di accertamento relativo al pagamento della TOSAP per l’anno 2020.
La Corte di giustizia tributaria di secondo grado ha ritenuto infondato il motivo di ricorso introdotto da RAGIONE_SOCIALE volto alla declaratoria dell’improcedibilità del ricorso introduttivo del giudizio, per violazione del termine per la costituzione del convenuto, essendo l’udienza di trattazione della controversia stata fissata per una data in cui il termine era già scaduto e non essendo l’inammissibilità invocata prevista dalla legge.
Il Condominio Galilei, in Trezzano sul Naviglio, è rimasto intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La SocRAGIONE_SOCIALEImposte comunali RAGIONE_SOCIALE formula un unico motivo di ricorso.
Con la doglianza fa valere, ex art. 360, comma 1 n. 4 cod. proc. civ., la nullità del procedimento e della sentenza impugnata per violazione degli artt. 17 bis, commi 2 e 3, 23, comma 1, 27 comma 1, 30, comma 1, 32 comma1 e 59 comma 1, lett. b) del d. lgs. 546 del 1992. Ricorda che: con ricorso
notificato alla I.C.A. in data 27 gennaio 2022 il Condominio Galilei impugnava l’avviso di accertamento esecutivo relativo all’omessa denuncia ed all’omesso versamento dell’importo di euro 213,00 relativo alla TOSAP del 2020, dovuta per l’apertura ed il mantenimento del passo carrabile a servizio del Condominio; il ricorso veniva iscritto a ruolo in data 22 febbraio 2022, in violazione di quanto previsto dall’art. 17 -bis commi 2 e 3 d. lgs. 546 del 1992; in pendenza del termine di giorni novanta per l’esame del reclamo, come stabilito dall’art. 17 bis comma 3, l’I.C.A. riceveva dalla C.T.P. avviso di trattazione per l’udienza del 5 maggio 2022; in data 22 aprile 2022 la I.C.A. si costituiva in giudizio rilevando l’improcedibilità del ricorso, essendo pendente il termine per l’esame del reclamo, chiedendo alla C.T.P. di fissare una nuova udienza di trattazione; ciononostante la C.T.P. all’udienza del 5 maggio 2022 procedeva alla discussione della causa nel merito, accogliendo il ricorso formulato dal Condominio; con l’atto di appello la I.C.A. riproponeva l’eccezione di improcedibilità del ricorso e -conseguentemente- quella di nullità della decisione, per essere la causa stata trattata in pendenza del termine per l’esame del reclamo ed in violazione del contraddittorio, per effetto dell’inosservanza dei termini a comparire, senza fissazione di una nuova udienza. Osserva che l’art. 17 bis, comma 3 del d. lgs. 546 del 1992 non prevede l’insanabile improcedibilità del ricorso inappropriatamente definita ‘inammissibilità’ dalla Corte di seconda curaper l’anticipata costituzione del ricorrente rispetto alla spatium deliberandi accordato dalla legge per la conclusione della procedura di mediazione, a patto che il giudice rinvii l’udienza già fissata per consentire la trattazione del reclamo; in applicazione dell’art. 27 del d. lgs. 546 del 1992, infatti, il giudice di primo grado avrebbe dovuto fissare l’udienza una volta scaduti i termini di costituzione delle parti. Al
contrario, alla data fissata per l’udienza -5 maggio- il termine per la costituzione della parte convenuta non era scaduto, esso consumandosi solo il 27 giugno, per effetto della somma dei sessanta giorni di cui all’art. 23 comma 1 del d. lgs. 546 cit. e dei novanta giorni di cui all’art. 17 bis, comma 2 del medesimo d. lgs.). La violazione delle suddette disposizioni ha comportato la compromissione delle prerogative difensive della convenuta, la quale, costituendosi al solo fine far rilevare l’improcedibilità, aveva, peraltro, richiesto la fissazione di una nuova data di udienza. Assume che la Corte di secondo grado avrebbe dovuto prendere atto della violazione dei diritti di difesa della convenuta, rimettendo la causa al primo giudice ex art. 59, comma 1, lett. b) d. lgs. 546 del 1992, anziché affermare che la controversia è stata trattata nell’effettivo contraddittorio delle parti ‘entrambe costituite in causa’.
Il motivo non può trovare accoglimento.
Deve, innanzitutto, rilevarsi che il Condominio Galilei, ricorrente in prima cura, ha notificato il ricorso introduttivo del giudizio avverso l’avviso di accertamento il 27 gennaio 2022, che il termine per la definizione del procedimento di reclamo, di cui all’art. 17 bis comma 2 d. lgs. 546 del 1992, scadeva il 27 aprile 2022 e che l’udienza si è tenuta il 5 maggio 2022.
Per dare soluzione al quesito posto con la doglianza va, preliminarmente, riassunta la disciplina applicabile al caso di specie.
L’art. 17 bis d. lgs. 546 del 1992 -ora abrogato dall’art. 2, comma 3 d. lgs. 220 del 2023- come risultante dalle modifiche introdotte dall’art. 9 del d. lgs. 156 del 2015, dispone che per le controversie di valore inferiore ad euro cinquantamila (con le eccezioni stabilite dalla disposizione) il ricorso avverso uno dei provvedimenti di cui all’art. 19 del medesimo d. lgs., produca il doppio effetto di introdurre la lite e
la fase amministrativa del reclamo, valendo il ricorso anche quale reclamo avverso il provvedimento impugnato. La notificazione del ricorso, dunque, determina la pendenza della lite. Ai sensi del comma 3, nondimeno ‘Il ricorso non è procedibile sino al termine di novanta giorni dalla data di notifica, entro il quale deve essere conclusa la procedura’ amministrativa di mediazione, introdotta dal reclamo. Dallo spirare di detto termine di novanta giorni decorre il termine di costituzione delle parti, ordinariamente stabilito per il ricorrente dall’art. 22 in giorni trenta e per il resistente dall’art. 23 in giorni sessanta dalla notificazione dell’atto introduttivo.
La previsione di cui al terzo comma, seconda parte dell’art. 17bis, stabilendo che ‘Se la Commissione rileva che la costituzione è avvenuta in data anteriore -alla scadenza del termine di novanta giorni, prevista per la definizione del reclamorinvia la trattazione della causa per consentire l’esame del reclamo’ dimostra che l’anticipata costituzione del ricorrente costituisce una mera irregolarità, tanto è vero che l’unico effetto è quello di onerare il giudice del rinvio dell’udienza, essa non rendendo di per sé improcedibile il ricorso. E ciò, perché, da un lato, la costituzione dell’attore non implica la decorrenza di alcun termine, essendo il termine di sessanta giorni per la costituzione del convenuto condizionato unicamente dal decorso del termine di novanta giorni dalla notifica del ricorso introduttivo, dall’altro, perché la fissazione dell’udienza incombe sul Presidente, che deve provvedervi ‘scaduto il termine per la costituzione delle parti’ (artt. 27 e 30, comma 1, del d. lgs. 546 del 1992) sicché la determinazione di una data di trattazione antecedente al decorso del termine complessivo di giorni novanta, di cui al comma 2 dell’art. 17 bis cit., cui va aggiunto il termine di giorni sessanta per la costituzione del resistente, di cui all’art. 23, ed
ulteriormente quello di trenta giorni liberi di cui all’art. 31, non può che essere modificata dall’organo giudicante.
Il rito tributario, infatti, si distingue tanto dal processo civile di cognizione, che rimette alla parte, ai sensi dell’art. 163, n. 7) cod. proc. civ., l’indicazione dell’udienza di trattazione, e quindi il rispetto del termine a comparire di cui all’art. 163 bis cod. proc. civ., determinandosi la pendenza della lite con la notifica della citazione, che dal rito del lavoro, in cui la pendenza della lite si determina con il deposito del ricorso (cfr. ex multis Cass. Sez. 1, 21/05/2002, n. 7433), mentre l’udienza è fissata dal giudice con decreto, ai sensi dell’art. 415 cod. proc. civ.. Con la conseguenza che, in questo secondo caso, il rispetto del termine dipende dalla data determinata dal decreto, dovendo la parte limitarsi a provvedere alla notifica del ricorso nel termine di dieci giorni dalla pronuncia del decreto.
Nel rito tributario, invece, la pendenza della lite si determina con la notificazione del ricorso, da cui discendono in modo automatico i termini di costituzione delle parti, come previsti dall’art. 22 e 23 del d. lgs. 546 del 1992.
Ciò vale anche nell’ipotesi di cui all’art. 17 bis cit., come chiarito da questa Corte con una recentissima pronuncia, secondo la quale ‘In tema di processo tributario, la proposizione del ricorso di cui all’art. 17-bis del d.lgs. n. 546 del 1992, anche nel testo vigente prima delle modifiche di cui all’art. 1, comma 611, lett. a), della l. n. 147 del 2013, determina la pendenza della lite’ (Cass. Sez. 5, 06/03/2025, n. 6028), ancorché il termine di costituzione delle parti (art. 22 e 23) decorra, nella versione della disposizione ratione temporis vigente, dalla scadenza del termine per la definizione del reclamo, mentre spetta al Presidente, ai sensi dell’art. 30, la fissazione dell’udienza di trattazione, una volta spirati i termini di
costituzione delle parti (art. 27), nel rispetto del termine di cui all’art. 31.
Fatta questa premessa, occorre chiedersi che cosa accada qualora sia stata fissata la trattazione in data, successiva allo spirare del termine di giorni novanta di cui all’art. 17 cit., ma antecedente allo spirare dei termini per la costituzione, potendo dipendere simile evenienza solo dall’organo giudicante.
È chiaro, ed in questo senso depone anche l’art. 17 bis comma 3 d. lgs. 546 del 1993, che è onere del giudice dell’udienza di trattazione, in ogni caso, disporne il rinvio al fine di assicurare alle parti il rispetto del termine di costituzione, cui va aggiunto, ai fini della determinazione della data di udienza, quello di trenta giorni liberi, di cui all’art. 31.
Allorquando, nondimeno, questo non accada, il ricorso non è improcedibile, essendo la sua procedibilità condizionata solo dal rispetto del termine di giorni novanta di cui al secondo comma dell’art. 17 -bis. La sua anticipata trattazione, tuttavia, incide sui diritti di difesa delle parti, ed in particolare su quelli del resistente, il cui termine a difesa viene definitivamente compresso.
Affrontando la questione della violazione del termine a comparire, non rilevata dal primo giudice, nel rito ordinario di cognizione, le Sezioni unite hanno precisato che ‘Nel caso di nullità della citazione di primo grado per vizi inerenti alla “vocatio in ius” (nella specie, per inosservanza del termine a comparire), ove il vizio non sia stato rilevato dal giudice ai sensi dell’art. 164 c.p.c. e il processo sia proseguito in assenza di costituzione in giudizio del convenuto, alla deduzione della nullità come motivo di gravame consegue che il giudice di appello, non ricorrendo un’ipotesi di rimessione della causa al primo giudice, deve ordinare, in quanto possibile, la
rinnovazione degli atti compiuti nel grado precedente, mentre l’appellante, già dichiarato contumace, può chiedere di essere rimesso in termini per il compimento delle attività precluse se dimostra che la nullità della citazione gli ha impedito di avere conoscenza del processo, ai sensi dell’art. 294 c.p.c. (Cass. Sez. U., 26/01/2022, n. 2258). Osserva il Supremo Collegio che ‘La nullità della citazione introduttiva del giudizio di primo grado per vizi della vocatio in ius , riguardando l’atto preordinato all’instaurazione del contraddittorio, ove il convenuto non si costituisca e non sia rilevata d’ufficio dal giudice (art. 164 c.p.c.), comporta l’estensione a tutti gli atti del processo che ne sono dipendenti (art. 159, comma 1, c.p.c.), ovvero agli atti che devono compiersi nel contraddittorio delle parti. Allorché tale nullità non sia stata sanata dalla costituzione del convenuto né rilevata d’ufficio, non operando per essa il regime di cui all’art. 157, comma 2, c.p.c., la stessa nullità si converte in motivo di impugnazione e deve perciò essere fatta valere dal contumace mediante appello, contemporaneamente spiegato, a pena di inammissibilità, anche in rapporto alle statuizioni di merito (da ultimo, Cass. Sez. Unite, 25 novembre 2021, n. 36596). La proposizione dell’appello, d’altro canto, non sana ex se la nullità degli atti successivi dipendenti dalla citazione viziata. Il giudice d’appello, preso atto della nullità del giudizio di primo grado e della stessa sentenza, non potendo disporre la rimessione al primo giudice, ai sensi dell’art. 354 c.p.c., è dunque tenuto a trattare la causa nel merito, rinnovando gli atti dichiarati nulli’ (ancora Cass. Sez. U., 26/01/2022, n. 2258, in motivazione).
Ora, è indubbio che siffatte considerazioni sulla violazione del termine a comparire -estensibili anche al rito del lavoro, come chiarisce la pronuncia che ha espresso l’orientamento adottato dalle Sezioni unite in composizione del
contrasto (Cass. Sez. 6, 07/05/2013, n. 10580)- non si attaglino tout court al rito tributario.
Sia nel rito ordinario di cognizione, che nel rito del lavoro, invero, la violazione del termine a comparire si risolve in un difetto di vocatio in ius , laddove, invece, nel rito tributario la vocatio in ius si realizza con la notificazione del ricorso, da cui decorrono i termini di costituzione delle parti, sicché il contraddittorio è instaurato prima della fissazione della data dell’udienza da parte del giudice e l’eventuale violazione del termine a comparire può derivare solo da un provvedimento giudiziale successivo alla notificazione dell’atto introduttivo.
La diversità della disciplina non impedisce, nondimeno, di costruire un parallelo con il processo ordinario di cognizione. Vale, invero, anche nel processo tributario il principio della conversione delle nullità in motivi di impugnazione, di cui all’art. 161, comma cod. proc. civ.. Così come vale il correlato principio per il quale il diritto al doppio grado di giudizio -privo, nel nostro ordinamento, di garanzia costituzionale, né sorretto da principi unionali (cfr. Cass. Sez. U., 31/07/2012, n. 13617; nonché Corte cost. sentenza del 30/07/1997 n. 288)- postula solo che una questione venga successivamente proposta a due giudici di grado diverso e non anche che venga decisa da entrambi.
Si tratta di principi sottesi all’art. 59 del d. lgs. 546 del 1992 -invocato dalla parte ricorrenteregolante i casi di rimessione della causa al primo giudice nel processo tributario.
La disposizione prevede una serie di ipotesi tassative, che non coincidono del tutto con quelle di cui all’art. 354 cod. proc. civ..
Se quest’ultimo limita la rimessione al primo giudice alle ipotesi di nullità della notificazione dell’atto introduttivo, di mancata integrazione del contraddittorio, di ingiustificata
estromissione di una parte dal giudizio, o di difetto di sottoscrizione della sentenza, l’art. 59 cit., invece, impone la rimessione al primo giudice anche quando il giudice di secondo grado dichiari la competenza declinata o la giurisdizione negata e quando giudichi che la sentenza impugnata ha erroneamente dichiarato estinto il processo in sede di reclamo avverso il provvedimento presidenziale, di cui all’art. 27 . E se, l’ulteriore ipotesi, di cui alla lett. e) relativa alla mancata sottoscrizione della sentenza di primo grado, ricalca la disposizione di cui all’art. 354, ciò non è vero per quanto riguarda quella relativa al difetto di costituzione del giudice di cui alla lett. d), non prevista dall’art. 354 (questa Corte ha, infatti, chiarito come nel procedimento civile il vizio di cui all’art. 158 cod. proc. civ., benché rilevabile anche d’ufficio, non è assimilabile a quello di cui all’art. 161, primo comma, cod. proc. civ., ciò comportando che il giudice di seconda cura sia tenuto a decidere il merito della controversia, senza, rimettere la causa al primo giudice che ha pronunciato la sentenza affetta da nullità: cfr. così Sez. 1, del 08/06/2012 n. 9369; Sez. 6 – 3, Ordinanza del 08/07/2020 n. 14144; mentre in relazione al processo tributario: cfr. Cass. Sez. 5, 28/02/2025, n. 5269, che afferma il principio secondo il quale il difetto di composizione dei collegi tributari rientra nell’ipotesi di nullità di cui all’art. 59, comma 1, lett. d), del d.lgs. n. 546 del 1992).
Anche la previsione di cui alla lett. b) dell’art. 59, secondo la quale la causa deve essere rimessa al primo giudice se il secondo ‘riconosce che nel giudizio di primo grado il contraddittorio non è stato regolarmente costituito o integrato’ non coincide, o almeno non del tutto, con la previsione di cui all’art. 354 cod. proc. civ.. Ed invero, quest’ultima comprende sia il difetto originario della vocatio in ius (nullità della notificazione della citazione), sia il difetto, anch’esso originario,
della integrazione del contraddittorio, che il difetto successivo di contraddittorio, realizzatosi per l’estromissione di una parte che non doveva essere estromessa.
La previsione dell’art. 59 cit., invece, rimanda al difetto di contraddittorio originario (non regolarmente costituito o integrato), ma non riguarda la mancanza della notifica dell’atto introduttivo del giudizio, stante la natura impugnatoria del processo ed il correlato termine decadenziale. Ed invero, secondo questa Sezione ‘La remissione della causa alla commissione tributaria provinciale prevista dall’art. 59, comma primo, lettera b), del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, per l’ipotesi di non regolare costituzione o integrazione del contraddittorio nel giudizio di primo grado non può trovare applicazione quando, per la mancata notifica all’ufficio tributario del ricorso, semplicemente presentato alla commissione adita, neppure sia stato costituito il contraddittorio, ove si consideri che in tale caso, ai sensi degli artt. 21 e 22 del medesimo decreto, la inammissibilità del ricorso è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, anche se la parte resistente si costituisce, con la conseguente definitività dell’atto impugnato. (Cass. Sez. 5, 19/05/2003, n. 7814). Diversa è l’ipotesi in cui il giudice primo grado, pronunciandosi per l’inammissibilità del ricorso per decadenza dall’impugnazione dell’atto impositivo, abbia negato, in caso di notifica nulla e di mancata costituzione dell’Ufficio, la rimessione nei termini per l’impugnazione del provvedimento sostanziale, pur in presenza dei presupposti (cfr. ‘ In tema di contenzioso tributario, l’istituto della rimessione in termini, previsto dall’art. 184 bis c.p.c. (abrogato dall’art. 46 della l. n. 69 del 2009, e sostituito dalla norma generale di cui all’art. 153, comma 2, c.p.c.), è applicabile al rito tributario, operando sia con riferimento alle decadenze relative ai poteri processuali “interni” al giudizio, sia a quelle correlate alle facoltà
esterne e strumentali al processo, quali l’impugnazione dei provvedimenti sostanziali’ (Cass. Sez. 5, 17/06/2015, n. 12544). In un simile caso, la mancata costituzione del rapporto processuale, non realizzatasi per il diniego del provvedimento di cui all’art. 153 cod. proc. civ., integra senz’altro un’ipotesi di cui all’art. 59 d. lgs. 546 del 1992, posto che implica la mancata regolare costituzione del contraddittorio. Mentre l’art. 59 cit. è certamente applicabile per i casi di omessa integrazione del contraddittorio nelle ipotesi di litisconsorzio necessario.
Tornando al caso di specie, deve rilevarsi che non ricorre l’ipotesi di cui all’art. 59 lett. b), posto che il contraddittorio si è realizzato con la notificazione del ricorso avverso l’avviso di accertamento. Né l’attuale ricorrente lamenta vizio alcuno in relazione alla vocatio in ius.
Escluso, dunque, che ci si trovi dinanzi ad un difetto originario di regolare costituzione del contraddittorio, la disciplina sulla violazione del termine per comparire può assimilarsi -ancorché non dipenda da un vizio dell’atto introduttivo, ma da un’attività del giudice – alla violazione del termine a comparire nel processo civile, posto che detto vizio realizza i medesimi esiti in ordine alla compressione del diritto di difesa delle parti, ed in particolare della parte resistente.
Ne consegue non solo che la nullità derivante dalla violazione del termine a comparire si converte in motivo di impugnazione, ai sensi dell’art. 161 cod. proc. civ., ma che debba essere esclusa la rimessione al primo giudice, dovendo il giudice di seconda cura decidere nel merito della controversia assicurando alla parte l’esplicazione diritti difensivi eventualmente sacrificati in primo grado ed eventualmente rinnovando gli atti compiuti nel giudizio precedente.
Da quanto sin qui detto deriva, nondimeno, che l’unico motivo di appello, limitato alla sola improcedibilità del ricorso, ai
sensi dell’art. 17 bis, comma 3 d. lgs. 546 del 1992, non comportando la violazione del termine di comparizione una delle ipotesi tassative di cui all’art. 59 d. lgs. 546 del 1992, in assenza di difese sul merito della pretesa, risulta privo di interesse (Cass. Sez. 2, 10/05/2018, n. 11299, in ordine al rito civile; Cass. Sez. 5, 26/08/2004, n. 17026, in ordine al rito tributario).
Può, dunque, essere enunciato il seguente principio di diritto:
‘In tema di processo tributario, nel caso di violazione del termine per comparire di cui all’art. 23 del d. lgs. 546 del 1992, anche per effetto del mancato rinvio dell’udienza ai sensi dell’art. 17 bis, terzo comma d. lgs. 546 del 1992, non ricorre l’ipotesi di rimessione al primo giudice di cui all’art. 59 lett. c) del d. lgs. 546 del 1992, non costituendo il mancato rispetto del termine una violazione della regolare costituzione del contraddittorio’.
Il ricorso deve, dunque, essere rigettato. Nulla sulle spese in assenza di attività difensiva.
Sussistono, ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 15 maggio 2025.