Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19902 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 19902 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6111/2018 R.G. proposto da : COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO -controricorrente- nonchè
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE SIENA
-intimata- avverso la sentenza n. 1712/2017, della Commissione Tributaria Regionale della Toscana, Sez. 13, depositata il 10.7.2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25 giugno 2025 dalla dott.ssa NOME COGNOME
Fatti di causa
1.Con avviso n. 2010/001/DI/000000116/0/001 del 6.9.2011, notificato il 3.10.2011, l’Agenzia delle Entrate richiedeva alla contribuente il pagamento di euro 1.258,00, in relazione alla registrazione del decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Montepulciano nel procedimento tra NOME COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE In seguito alla notifica dell’avviso di accertamento, la contribuente estingueva il proprio debito in data 25.11.2011.
L’Agenzia delle Entrate, in data 9.12.2011, emetteva un secondo avviso di liquidazione n. 2010/DI/000000116/0/002, notificato il 20.12.2011, dell’importo di euro 7.518,00, in relazione al medesimo decreto ingiuntivo, con il quale veniva richiesta ‘l’imposta per omessa registrazione del decreto ingiuntivo del Tribunale di Montepulciano tra RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE
La contribuente proponeva ricorso avverso l’avviso di liquidazione e la CTP di Siena, con sentenza n. 81/5/12, depositata l’1.10.12, dichiarava cessata la materia del contendere e compensava le spese di lite.
L’Agenzia delle Entrate di Siena emetteva un terzo avviso di liquidazione n. 2010/DI/000000116/0/003, notificato il 27.11.2012, per il recupero della somma di euro 6.254,00.
La contribuente proponeva ricorso avverso tale avviso di liquidazione e la CTP di Siena, con sentenza n. 252/03/2014, rigettava il ricorso, sul rilievo che l’operato dell’Ufficio consisteva ‘in una integrazione della tassazione determinata con la prima liquidazione di imposta del 30.9.2011 e rispetto alla quale la cessata materia del contendere pronunciata dalla Commissione provinciale di Siena in data 12.07.2012 appare ininfluente e limitata a disciplinare l’errore materiale in cui era incorso l’ufficio finanziario’.
L’appello proposto dalla contribuente, con la sentenza indicata in epigrafe, veniva dichiarato inammissibile perché non tempestivo.
La contribuente ha proposto ricorso, affidato a sette motivi.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
All’esito dell’udienza del 29.11.2024 la causa è stata rinviata a nuovo ruolo per l’acquisizione dei fascicoli dei gradi di merito di giudizio.
Ragioni della decisione
1.Con il primo motivo, rubricato ‘Carenza di motivazione. Violazione e falsa applicazione dell’art. 36 D.Lgs. 546/92, art. 132 c.p.c., art. 111 Cost., art. 118 Disp. Att c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 5, c.p.c. -Violazione e falsa applicazione ex artt. 16, comma 3, e 22 del D.lgs. 546 del 1992, art. 156, comma 2, c.p.c., in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c.’, la contribuente censura la sentenza impugnata per non aver il giudice d’appello specificamente motivato sull’applicabilità, al processo tributario, dell’art. 16, comma 3 del d.lgs. n. 546 del 1992 , e per non aver considerato che non poteva essere pronunciata una nullità quando l’atto aveva raggiunto il suo scopo. Ad avviso della ricorrente, inoltre, nella sentenza impugnata vi è una motivazione solo apparente in merito alla circostanza relativa all’impossibilità di non poter verificare la data di costituzione in giudizio dell’appellante, ex art. 22 del d.lgs. n. 546 del 1992.
Con il secondo motivo di ricorso, la ricorrente censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 23, comma 1, del d.lgs n. 546 del 992, nonché la violazione e falsa applicazione dell’art. 112, in relazione all’art. 360 co. 1^ n. 4 c.p.c., per non avere il giudice d’appello motivato in merito alla non rilevabilità della tardività delle controdeduzioni dell’ufficio.
Con il terzo motivo, si lamenta la carenza di motivazione in merito alla validità delle firme apposte dai funzionari sull’atto di liquidazione, ritenuta causa di annullamento del ricorso.
Con il quarto motivo, la ricorrente censura la carenza di motivazione sulla pronuncia di cessazione della materia del contendere contenuta nella sentenza n. 81 del 2012 e sul conseguente contrasto di giudicati con la successiva sentenza n. 252 del 2014.
Con il quinto motivo, si lamenta la carenza di motivazione in merito alla violazione del principio di alternatività tra Iva ed imposta di registro.
Con il sesto motivo, la ricorrente censura la carenza di motivazione in merito alla disapplicazione delle sanzioni.
Con il settimo motivo, invece, si censura la sentenza impugnata per avere il giudice d’appello motivato solo in modo apparente in merito alla mancata condanna alle spese.
Assume carattere dirimente il primo motivo di ricorso, relativo, benché irritualmente rubricato con richiamo al n. 5 dell’art. 360 c.p.c., ad un error in procedendo (ed in tali termini deve essere correttamente riqualificato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.).
8.1. Nella sentenza della CTR, infatti, è stato affermato che: ‘l’appello deve essere ritenuto affetto da evidenti profili di inammissibilità attesa l’irrituale introduzione del processo: va infatti ricordato che, secondo l’art. 53, comma 2, del D.Lgs. 546/92, il ricorso è proposto nelle forme di cui all’art. 20, commi 1 e 2, prevedendo le relative norme che la spedizione del ricorso a mezzo posta deve essere fatta in plico raccomandato senza busta con avviso di ricevimento, e che in tal caso il ricorso si intende proposto al momento della spedizione nelle forme indicate. Nel caso in esame risulta che l’appello veniva spedito mediante affrancatura del plico a cui veniva apposto il timbro dell’ufficio postale di spedizione; sia la tipologia di spedizione impiegata, sia la illeggibilità del timbro con riguardo alla data di spedizione impediscono di considerare provata la tempestività dell’appello per
l’impossibilità del giudice di controllarla e per l’effetto l’impossibilità di applicare l’art. 20 e verificare la regolare ammissibilità della costituzione in giudizio ex art. 22 sul rispetto delle formalità del deposito. L’appellante nella sua memoria dichiara di aver notificato il gravame in data 18.12.2014 all’Agenzia delle entrate, spedendolo a mezzo posta come da timbro postale in calce, ma dai documenti di causa prodotti non è dato evincere l’attendibilità della data, vergata a mano a margine di un timbro illeggibile, con l’effetto di non poterla considerare provata quale giorno di spedizione del plico e per l’effetto rilevante sulla tempestività dell’appello, che peraltro risulterebbe egualmente tardivo rispetto alla pubblicazione della sentenza impugnata del 3.5.2014’.
8.2. L’esame dell’atto di appello depositato dall’odierna ricorrente nel giudizio di secondo grado -acquisito all’esito dell’ordinanza interlocutoria -ha consentito di verificare che, come affermato dal giudice regionale, il timbro postale è del tutto illeggibile e sull’atto di impugnazione è presente una data, vergata a mano, che indica come data della notifica il 18.12.2014.
Da tali elementi non è possibile trarre la prova della tempestività dell’appello, prova a carico dell’impugnante.
Va, infatti, affermato che, come ribadito di recente da questa Corte, con orientamento condiviso dal Collegio, l’onere della prova dell’osservanza del termine d’impugnazione e, quindi, della sua tempestività e ammissibilità, anche in ragione della ricorrenza di cause ostative al decorso del termine stesso, incombe sulla parte impugnante, sicché il mancato assolvimento di tale onere comporta che il gravame debba essere dichiarato d’ufficio inammissibile (Cass. Sez. 3, n. 20054 del 13/07/2023, Rv. 668461 – 01).
Del tutto inconferenti le censure relative al preteso raggiungimento dello scopo, non predicabile in caso di tardività dell’impugnazione e conseguente formazione del giudicato.
Il rigetto del primo motivo porta all’assorbimento degli ulteriori sei motivi di ricorso.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
A carico di parte ricorrente, stante il rigetto del ricorso, sussiste l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto secondo un accertamento spettante all’amministrazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 65719801), ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna NOME COGNOME al pagamento delle spese di lite in favore della controricorrente che quantifica in € 2.500,00, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 25/06/2025 .